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Iperferritinemia

Dr. Claudio Cerchione

Dr. Claudio Cerchione

Ematologo Medico Chirurgo - Dottore di Ricerca, specialista in Ematologia Creato il: 19/03/2018 Ultimo aggiornamento: 26/06/2025
L'iperferritinemia, comunemente definita come “ferro alto”, è un termine medico che indica un'elevata concentrazione di ferritina nel sangue, spesso associata a un accumulo eccessivo di ferro nell'organismo.

Il ferro è un elemento essenziale per l'organismo: interviene nel trasporto dell'ossigeno attraverso il sangue, nel suo deposito nei muscoli, nei processi di respirazione cellulare, nella replicazione delle cellule e nella formazione delle strutture di tessuti e organi.

La ferritina è una proteina di forma globulare, che è presente sia nel sangue che nei tessuti corporei, e rappresenta il principale sistema di immagazzinamento del ferro nell’organismo. Al suo interno può contenere un numero elevato di atomi di ferro, che vengono conservati in una forma non tossica e prontamente disponibile. La struttura della ferritina è composta da più sub-unità proteiche che si assemblano formando una sorta di guscio sferico: è all'interno di questo guscio che il ferro viene depositato.

La ferritina è una proteina presente all'interno delle cellule, dove svolge un ruolo fondamentale nell'accumulo e nel rilascio del ferro. In condizioni di necessità, essa rilascia il ferro immagazzinato, rendendolo prontamente disponibile per le esigenze dell’organismo. La sua funzione principale è quindi quella di fungere da riserva di ferro, contribuendo a mantenerne l’equilibrio all’interno del corpo.

Questa capacità è resa possibile dalla particolare struttura molecolare della ferritina, composta da due tipi di subunità, denominate L (light) e H (heavy), che si assemblano in proporzioni variabili a formare un involucro proteico. Le molecole di ferritina con una prevalenza di subunità H sono più attive nello scambio rapido del ferro, mentre quelle con una maggiore presenza di subunità L sono specializzate nell’immagazzinamento stabile del metallo all’interno delle cellule.

La ferritina è presente anche nel sangue, sebbene in quantità molto ridotte ed in maniera transitoria. In condizioni normali, la sua concentrazione nel circolo ematico riflette quella immagazzinata nei tessuti. La ferritina rappresenta quindi una forma di riserva del ferro, a cui l’organismo può fare riferimento in caso di aumentato fabbisogno, come durante l’attività fisica intensa o in condizioni particolari quali la gravidanza o l’allattamento.

Anche se transitoria, la concentrazione di questa proteina nel sangue costituisce un valido indicatore della disponibilità di ferro per l’organismo. La maggior parte della ferritina si trova in organi quali, ad esempio, fegato, milza, midollo osseo e muscoli scheletrici, mentre solo circa l’1% del totale circola normalmente nel sangue. Una riduzione dei livelli sierici di ferritina rappresenta un indicatore precoce della carenza di ferro nei depositi corporei, una condizione che può precedere l'insorgenza dell’anemia ferrocarenziale o da deplezione marziale. Al contrario, un aumento dei livelli di ferritina nel sangue può segnalare un accumulo eccessivo di ferro. In questi casi si parla di iperferritinemia, ovvero di una condizione in cui la parte circolante di ferritina nel sangue supera i valori fisiologici, superando la soglia dell’1% del totale.

L’iperferritinemia può essere diagnosticata attraverso semplici esami del sangue, che evidenziano valori di ferritina superiori a 120 nanogrammi per millilitro (ng/mL) nelle donne e a 200 ng/mL negli uomini. Un incremento dei livelli di ferritina può rappresentare un indicatore di numerose condizioni patologiche, talvolta anche gravi. Questo parametro ematico ha una particolare rilevanza di valore clinico, in quanto riflette con accuratezza l’entità delle riserve di ferro nell’organismo.

La ferritina svolge infatti un ruolo fondamentale come principale proteina di deposito del ferro, contribuendo al mantenimento dell’equilibrio metabolico di questo minerale essenziale. Per queste ragioni, è importante monitorarne regolarmente i livelli, così da poter individuare precocemente eventuali alterazioni e intervenire in modo tempestivo, qualora necessario.

La scoperta dell’iperferritinemia avviene frequentemente in modo casuale, in occasione di esami di laboratorio eseguiti per controlli di routine o per il monitoraggio di altre condizioni cliniche. Lo specialista, di fronte a tale riscontro, ha il fine di individuarne la causa e valutare la presenza o l’assenza di un sovraccarico di ferro a livello epatico. I primi esami di approfondimento, sempre da interpretare alla luce dell’anamnesi del paziente, spesso possono permettere di identificare quattro delle cause più comuni di ferritina sierica elevata: abuso di alcol, stati infiammatori, danno epatocellulare (citolisi) e sindrome metabolica.

Nessuna delle condizioni comuni è di per sé associata a un marcato sovraccarico di ferro a livello epatico. Solo in presenza di una saturazione della transferrina superiore al 50% si può ipotizzare una emocromatosi ereditaria, una condizione rara rispetto ad altre più frequenti.

In una fase successiva, è opportuno considerare le patologie meno comuni. Tra queste, solo alcune condizioni ematologiche croniche (di origine acquisita o congenita), un’eccessiva assunzione di ferro e le trasfusioni ripetute (come nei pazienti in dialisi cronica o in atleti ad alto livello agonistico) comportano un reale rischio di sovraccarico marziale.

In un terzo momento, qualora permanga un’incertezza sulla causa dell’iperferritinemia o si osservi un valore di ferritina particolarmente elevato o in progressivo aumento, è fondamentale valutare il contenuto di ferro a livello epatico per escludere un effettivo sovraccarico.

Lo strumento diagnostico di riferimento, utile sia per la diagnosi sia per il monitoraggio terapeutico, è la Risonanza Magnetica, che consente una stima accurata del carico di ferro. È comunque importante sottolineare che oltre il 40% dei pazienti con iperferritinemia presenta una combinazione di più fattori tra quelli sopra menzionati. La rilevazione dell’iperferritinemia, nelle prime fasi, può creare disorientamento nello specialista, per almeno due ragioni principali:
 
  • il dosaggio della ferritina viene comunemente eseguito nel sospetto di una sua carenza, rendendo il riscontro di valori elevati un esito inatteso;
  • sorge spesso il timore che la causa sottostante non venga individuata con precisione.
Nella maggior parte dei casi, è sufficiente un approfondimento diagnostico semplice e non invasivo per individuare la causa dell’iperferritinemia.

I livelli sierici di ferritina tendono ad aumentare progressivamente dall’infanzia all’età adulta, raggiungendo un valore stabile nell’uomo intorno ai 120 μg/L dopo i 32 anni. Nelle donne, invece, tali livelli rimangono sensibilmente più bassi a causa delle perdite fisiologiche legate al ciclo mestruale, per poi aumentare fino a circa 80 μg/L dopo la menopausa.

L’iperferritinemia è un riscontro relativamente comune, osservato in alcune popolazioni fino nel 13% dei soggetti. Una volta identificata, è fondamentale approfondire le cause sottostanti e verificare l’eventuale presenza di un sovraccarico di ferro nell’organismo.

Infatti, l’iperferritinemia può rappresentare un segnale d’allarme per numerose condizioni patologiche, anche non manifeste. È importante sottolineare che in circa il 40-50% dei casi, l’aumento della ferritina è attribuibile a più di una causa concomitante.

Queste evidenze sottolineano la necessità di un inquadramento diagnostico accurato, da eseguire sotto la guida di un professionista esperto. Uno degli errori più comuni è rappresentato dai tentativi di autodiagnosi, che rischiano di compromettere la corretta interpretazione del quadro clinico.
 
Iperferritinemia

Cause Cause

Oltre il 90% dei casi di iperferritinemia è riconducibile a quattro principali cause:
 
  • alcolismo;
  • processi infiammatori;
  • danno cellulare (citolisi);
  • sindrome metabolica.
A queste si aggiunge una quinta causa, distinta per natura e meccanismo patogenetico: l’emocromatosi genetica, che richiede una considerazione separata.

Per una corretta valutazione clinica, è fondamentale raccogliere un’anamnesi dettagliata e richiedere un pannello di esami di laboratorio che comprenda:
 
  • emocromo con formula leucocitaria;
  • Proteina C reattiva (PCR);
  • esami della funzionalità epatica;
  • saturazione della transferrina;
  • profilo lipidico (colesterolo totale e trigliceridi);
  • creatinfosfochinasi (CPK);
  • glicemia;
  • TSH;
  • conta dei reticolociti;
  • aptoglobina.
Questi esami permettono di orientarsi verso una delle cinque principali cause dell’alterazione riscontrata, tenendo conto anche delle possibili forme di citolisi, sia epatica che muscolare, per le quali è indicata la valutazione delle transaminasi.

L’ipotesi diagnostica di emocromatosi dovrebbe essere considerata solo dopo l’esclusione delle prime quattro cause più comuni, in particolare nei casi caratterizzati da una saturazione della transferrina superiore al 50%.

L’emocromatosi di tipo 1 è una patologia genetica a trasmissione autosomica recessiva, la cui diagnosi si basa sull’identificazione della mutazione omozigote C282Y nel gene HFE. Questa forma è particolarmente diffusa nell’Europa occidentale, con una prevalenza che varia dal 2 al 5 per mille in Francia, fino a raggiungere l’1% della popolazione in Irlanda.

Tra i soggetti con iperferritinemia, circa il 3% presenta la mutazione C282Y in omozigosi. È importante ricordare che questa rappresenta solo la forma più comune di emocromatosi: esistono anche altre varianti genetiche, la cui ricerca deve essere affidata allo specialista in presenza di un sospetto clinico fondato.

Alcune cause meno comuni di ferro alto includono:
 
  • porfiria cutanea tarda: una malattia rara che colpisce la pelle e il fegato;
  • sindrome ereditaria da iperferritinemia con cataratta: una condizione genetica che causa alti livelli di ferritina e la comparsa precoce della cataratta.
  • ipertiroidismo: un’attività eccessiva della tiroide;
  • tumori;
  • malattia di Gaucher: una malattia genetica rara che colpisce il metabolismo;
  • alcune malattie del sangue, sia ereditarie sia acquisite, che compromettono la produzione dei globuli rossi e possono portare ad accumulo di ferro. In questi casi, il sovraccarico di ferro dipende da vari fattori: livello di anemia, necessità di trasfusioni (una trasfusione apporta circa 200 mg di ferro), presenza di ipossia (carenza di ossigeno). Alcuni esempi sono: anemia di Blackfan-Diamond, anemia falciforme, sindromi mielodisplastiche, anemie emolitiche, deficit dell’enzima piruvato chinasi. In questi pazienti, oltre al fegato, anche il cuore può accumulare ferro e subire danni;
  • somministrazione eccessiva di ferro per motivi terapeutici, ad esempio in persone in dialisi o in atleti professionisti sottoposti a trattamenti intensivi;
  • alcune malattie infiammatorie gravi, che possono far salire la ferritina a valori molto alti (oltre 5000 ng/mL), come: Sindrome da attivazione macrofagica, malattia di Still;
  • Sindrome da iperferritinemia, che include quattro condizioni molto serie che possono presentarsi anche insieme: indrome da attivazione macrofagica, malattia di Still, Sindrome catastrofica da anticorpi antifosfolipidi (CAPS), shock settico.

Sintomi Sintomi

L’iperferritinemia è spesso una condizione silente, priva di sintomi evidenti, e in molti casi viene scoperta in modo fortuito, poiché i pazienti non sono consapevoli della sua presenza. Solo raramente si possono osservare segni visibili, come aree cutanee iperpigmentate, che possono costituire un indizio clinico della patologia.

I primi sintomi del ferro alto nel sangue possono includere, negli uomini, il sovraccarico marziale (accumulo di ferro) può anche manifestarsi con una riduzione della libido e disfunzione erettile. Nelle fasi più avanzate della malattia, il ferro in eccesso può causare danni a diversi organi, portando allo sviluppo di cirrosi epatica, diabete mellito e scompenso cardiaco refrattario alla terapia, che rappresenta la complicanza cardiaca più grave.

Solo quando i livelli di ferritina raggiungono valori particolarmente elevati possono comparire sintomi più marcati, come dolori gastrici, tachicardia o artralgie.

Altri sintomi possono manifestarsi negli organi in cui si verifica un accumulo più marcato di ferro, compromettendone la funzionalità:
 
  • l'accumulo di ferro nei testicoli può determinare una riduzione del volume testicolare e disfunzione erettile;
  • nel pancreas, l'eccesso di ferro ostacola la produzione di insulina, favorendo l'insorgenza del diabete mellito;
  • nel muscolo cardiaco, i depositi di ferro possono causare una cardiomiopatia, con conseguente insufficienza cardiaca e/o disturbi del ritmo;
  • nel fegato, l’accumulo può evolvere in cirrosi ed è correlato a un aumentato rischio di tumori epatici;
  • a livello articolare, la presenza di ferro può determinare artropatie dolorose.

Diagnosi Diagnosi

Per ridurre il rischio di errori diagnostici nell’identificazione di un sovraccarico di ferro, la Risonanza Magnetica rappresenta uno strumento particolarmente utile. È indicata in specifiche circostanze: quando i livelli sierici di ferritina superano i 500 μg/L o quando la saturazione della transferrina è superiore al 50%, in assenza di una causa nota; quando si osserva un incremento progressivo della ferritina nel tempo senza che sia identificabile una spiegazione; oppure quando i valori aumentano nonostante la causa nota sembri essere sotto controllo.

La misurazione della ferritina ematica avviene tramite un semplice prelievo venoso. I valori medi di riferimento variano tra 20 e 120 nanogrammi/mL nelle donne e tra 20 e 250 nanogrammi/mL negli uomini. Tali valori possono subire variazioni fisiologiche legate all’età — ad esempio, livelli elevati alla nascita — o a condizioni temporanee come la gravidanza o l’attività fisica intensa e regolare.

Il ferro alto nel sangue può essere una condizione secondaria a patologie genetiche, come l’emocromatosi, a un accumulo eccessivo di ferro nei tessuti (emosiderosi), oppure a un aumento dell’introito alimentare di questo minerale.

Una volta confermata la presenza di iperferritinemia, è possibile risalire alla causa sottostante analizzando altri parametri ematochimici alterati. Tra questi, l’ipersideremia – ovvero l’elevata concentrazione di ferro nel plasma – può indicare un sovraccarico marziale.

Per identificare la causa dell’iperferritinemia si ricorre a ulteriori indagini diagnostiche, tra cui:
 
  • indici infiammatori elevati, che possono essere indicativi di processi infiammatori acuti o cronici;
  • transaminasi aumentate, che suggeriscono una possibile compromissione epatica;
  • alterazioni di colesterolo, trigliceridi, glucosio e urea, che possono orientare verso una patologia di tipo dismetabolico;
  • emocromo e conta dei reticolociti, utili per evidenziare un eventuale sovraccarico di ferro associato a specifiche forme di anemia;
  • biopsia epatica, impiegata per valutare l’eventuale presenza di danno epatico e per quantificare con precisione l’accumulo di ferro nei casi clinicamente non chiari;
  • TIBC test (capacità totale legante il ferro), che consente di misurare la concentrazione di transferrina, la principale proteina deputata al trasporto del ferro nel sangue.

Rischi Rischi

Un eccesso di ferro nell'organismo può accumularsi nei tessuti, in particolare negli organi e nelle articolazioni, provocando danni di entità variabile, fino a compromettere in modo significativo la loro funzionalità.

Un eccesso di ferro nell'organismo può accumularsi nei tessuti, in particolare negli organi e nelle articolazioni, provocando danni di entità variabile, fino a compromettere in modo significativo la loro funzionalità.

Gli organi maggiormente esposti a questi effetti tossici sono il cuore, il fegato e i testicoli, insieme alle articolazioni, dove l’accumulo di ferro può causare artropatie dolorose. Numerosi studi hanno evidenziato una correlazione tra iperferritinemia (elevati livelli di ferritina nel sangue) e un aumentato rischio di diabete mellito gestazionale. Uno studio condotto a Camden, nel New Jersey, su circa 1500 donne in gravidanza e in buona salute, ha confermato questa associazione.

Tra le ulteriori conseguenze del ferro alto nel sangue, l’iperferritinemia è stata collegata al diabete mellito di tipo 2. In questi pazienti, l’insulino-resistenza può favorire lo sviluppo della steatosi epatica, ossia l’accumulo di lipidi all’interno delle cellule epatiche. Tuttavia, un recente studio ha osservato che, in soggetti maschi con diabete mellito e livelli elevati di ferritina, si registra una significativa riduzione delle macroangiopatie, cioè delle patologie che interessano le arterie di grosso e medio calibro. Questo avviene nonostante la presenza di un'elevata resistenza insulinica e di marcatori associati alla steatosi epatica.

Questi risultati suggeriscono che, paradossalmente, alti livelli di ferritina o la presenza stessa di steatosi epatica potrebbero essere associati a un rischio cardiovascolare ridotto in uomini affetti da diabete mellito.
 

Cure e Trattamenti Cure e Trattamenti

Il trattamento dell’iperferritinemia coincide spesso con la gestione delle condizioni che ne rappresentano la causa sottostante. È tuttavia fondamentale diagnosticare la presenza di un eventuale sovraccarico di ferro a livello epatico, condizione che richiede un intervento specifico da parte di un medico specialista con esperienza in materia.

In assenza di malattie genetiche, e in particolare nei casi in cui l’iperferritinemia sia associata a disturbi metabolici, è possibile intervenire con accorgimenti nell’alimentazione, adottando una dieta a basso contenuto di ferro. È importante che eventuali integratori alimentari non contengano ferro, prestando particolare attenzione ai prodotti multivitaminici, che spesso lo includono. Si consiglia inoltre di evitare l’assunzione di vitamina C, poiché favorisce l’assorbimento del ferro alimentare, e di astenersi dal consumo di alcolici, per il loro noto effetto dannoso sul fegato.

Sapere cosa mangiare è fondamentale per migliorare la fluidità del sangue: un’alimentazione ricca di frutta e verdura cruda può aiutare a migliorare la fluidità del sangue. Abbinare una dieta equilibrata a una regolare attività fisica — come camminata veloce, bicicletta, corsa o nuoto — contribuisce inoltre a mantenere il peso corporeo nella norma e a contrastare le alterazioni metaboliche che favoriscono l’aumento di colesterolo e trigliceridi.

In molti casi, il valore della ferritina può tornare nei limiti fisiologici adottando una dieta povera di ferro e, quando indicato, assumendo sostanze chelanti, in grado di legare il ferro in eccesso e favorirne l’eliminazione attraverso le urine.

Le terapie per l’iperferritinemia sono finalizzate a ridurre l’eccesso di ferro nell’organismo. Attualmente, i principali approcci terapeutici per affrontare il ferro alto nel sangue e capire come abbassarlo sono:
 
  • la flebotomia terapeutica,
  • la terapia farmacologica con farmaci ferrochelanti.
La flebotomia terapeutica rappresenta una versione moderna del tradizionale salasso. Rimuovere una certa quantità di sangue, infatti, è uno dei metodi più efficaci e semplici per abbassare i livelli di ferritina. Questo processo comporta una riduzione della concentrazione di ferro circolante, con un conseguente calo dei valori di ferritina sierica. Nei soggetti con iperferritinemia, le donazioni di sangue possono essere effettuate con una certa frequenza. Tuttavia, è fondamentale escludere la presenza di malattie infettive trasmissibili, attraverso valutazioni effettuate sia dal medico di medicina generale sia dal personale medico del centro trasfusionale, che stabilirà l’idoneità alla donazione.

La terapia farmacologica viene invece utilizzata nei casi in cui la flebotomia non è praticabile. I farmaci ferrochelanti, solitamente somministrati per via orale, possono anche essere iniettati per ottenere un effetto più diretto. Tali molecole si legano al ferro in eccesso, formando complessi solubili che vengono successivamente eliminati attraverso le urine o la bile. Il dosaggio viene personalizzato in base ai risultati degli esami diagnostici.

In sintesi, l’iperferritinemia può essere il risultato di numerose condizioni cliniche, anche gravi. È importante sottolineare che l’identificazione di una possibile causa non esclude la presenza concomitante di altri fattori contribuenti.

Quando i livelli sierici di ferritina sono inferiori a 5000 μg/L, la valutazione diagnostica iniziale dovrebbe concentrarsi sulle condizioni più comuni, che rappresentano oltre il 90% dei casi: abuso di alcol, stati infiammatori, citolisi (danno cellulare) e sindrome metabolica. In un secondo momento, si prende in considerazione anche l’emocromatosi genetica, da analizzare separatamente.

Al contrario, quando i valori di ferritina superano i 5000 μg/L, la priorità è escludere patologie potenzialmente gravi come la sindrome da attivazione macrofagica, la malattia di Still, la sindrome da iperferritinemia e le neoplasie ematologiche maligne.

Seguire un corretto iter diagnostico consente di identificare tempestivamente un possibile sovraccarico marziale a livello epatico, condizione che può richiedere un trattamento specifico.
 

Bibliografia

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  • Piperno A, Pelucchi S, Mariani R. Hereditary Hyperferritinemia. Int J Mol Sci. 2023 Jan 29;24(3):2560. doi: 10.3390/ijms24032560. PMID: 36768886; PMCID: PMC9917042.

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