Malattia di Kawasaki

Prof. Riccardo Longhi
Pediatra Medico Chirurgo - Professore Associato, specialista in Pediatria ed in Neonatologia Creato il: 28/01/2025
Cause
Le cause esatte della malattia di Kawasaki rimangono sconosciute e si suppone che queste possano includere una combinazione di fattori genetici, ambientali e immunologici. Al momento si suppone che la Kawasaki sia la conseguenza di un’infezione a cui l’organismo di alcuni bambini, geneticamente predisposti, reagisce in modo eccessivo, causando uno stato infiammatorio diffuso. Esistono anche altre ipotesi, che correlano la malattia a un meccanismo di autoimmunità ancora non pienamente noto.
In genere, la malattia di Kawasaki colpisce soprattutto i bambini di origine giapponese, e in modo maggiore i maschi rispetto alle femmine, manifestandosi soprattutto entro i 5 anni di vita e principalmente durante la primavera e l’inverno.
Sintomi
La malattia di Kawasaki in genere si sviluppa in tre fasi: acuta, subacuta e convalescente. La fase acuta, che è quella d’esordio, si manifesta con una febbre elevata (oltre i 39 °C) associata a una congiuntivite.Dopo circa cinque giorni dalla comparsa della febbre solitamente si manifesta un’eruzione cutanea, che può avere molteplici forme e spesso si accompagna a un gonfiore della lingua, che assume la tipica forma “a fragola”. In genere, dopo alcuni giorni si manifesta un eritema o un edema su mani e piedi. Non è raro che in questa fase le unghie diventino pallide.
Durante la fase finale della fase acuta possono comparire le manifestazioni cardiache, che in genere consistono in coronaropatie (per esempio, trombosi o aneurismi) con conseguente aumento del rischio di infarti.
La fase subacuta in genere dura per due settimane dopo la scomparsa della febbre e si manifesta con una desquamazione delle zone colpite dall’eruzione cutanea e spesso dolori muscolari o articolari. In questa fase il paziente può ancora presentarsi irritabile e non intenzionato a mangiare.
La fase di convalescenza in genere include le tre settimane seguenti la fine della fase subacuta e si caratterizza per una normalizzazione delle condizioni di salute.
Diagnosi
La diagnosi della malattia di Kawasaki può essere complessa, in quanto non esiste un test specifico per confermarla. In genere, la presenza dei sintomi può essere decisiva nella diagnosi ma anche questa non è sempre risolutiva, in quanto alcuni pazienti possono sviluppare lesioni alle coronarie senza mostrare altri sintomi. Tra gli esami più specifici si può fare ricorso a un prelievo di sangue, che permette di valutare la presenza dello stato infiammatorio grazie all’aumento dei globuli bianchi e dei marker infiammatori (VES e PCR).
In genere, l’ecocardiografia viene sempre effettuata in quanto consente di valutare le dimensioni e la funzione del cuore, in particolare per rilevare eventuali anomalie nelle arterie coronarie.

Rischi
La malattia di Kawasaki può avere decorsi molto variabili a seconda del coinvolgimento o meno delle arterie coronarie. Nei casi in cui questo sia presente, i rischi maggiori sono dati dalle possibili complicanze a carico del cuore, che possono includere: - aneurisma coronarico: consiste in un'anomalia nell'arteria coronaria che si gonfia o deforma, aumentando il rischio di rottura o della formazione di trombi che possono portare all’ostruzione;
- infarto del miocardio: l’occlusione o la rottura delle coronarie comporta la diminuzione del flusso sanguigno al cuore, aumentando il rischio di necrosi e quindi di infarto del miocardio. L’infarto acuto è una delle cause più comuni di morte nei pazienti con malattia di Kawasaki.
Cure e Trattamenti
Il trattamento precoce è cruciale per ridurre il rischio di complicanze associate alla malattia di Kawasaki. Il trattamento tipico comprende una combinazione di farmaci e terapie per gestire l'infiammazione e prevenire danni ai vasi sanguigni e al cuore. Solitamente il primo trattamento include la somministrazione per via endovenosa di immunoglobuline (IVIG); questo è un trattamento di tipo protettivo che aiuta a prevenire le lesioni delle coronarie e accelera la regressione dei sintomi. In genere, la terapia viene accoppiata alla somministrazione di alte dosi di acido acetilsalicilico, che aiuta a ridurre l'infiammazione e prevenire la formazione di trombi nelle arterie coronariche. È importante notare che quest’ultimo non deve essere somministrato ai bambini che presentano infezioni virali (per esempio, varicella o influenza), in quanto l’acido acetilsalicilico aumenta il rischio di sindrome di Reye, una grave malattia che colpisce il fegato e il cervello.
Se i pazienti mostrano particolari fattori di rischio (come ad esempio, l’infiammazione grave e le coronaropatie presenti) è necessario fare ricorso anche a una terapia con corticosteroidi ad alto dosaggio per prevenire complicanze legate alla risposta immunitaria.
I bambini con malattia di Kawasaki devono essere monitorati attentamente per valutare la funzione cardiaca e il flusso sanguigno alle arterie coronariche. Questo include prelievi di sangue ed ecocardiografie eseguiti regolarmente (circa ogni due settimane) dall’inizio della malattia.
Anche dopo la guarigione, il monitoraggio deve essere mantenuto regolarmente, in quanto i pazienti che hanno mostrato un interessamento delle coronarie per la malattia possono avere un maggior rischio di sviluppare malattie cardiache anche più avanti nella vita. Gli esami, in questo caso, includono elettrocardiogramma ed ecocardiografie regolari e un attento monitoraggio del rischio cardiovascolare.
Bibliografia
- Sundel RP. Kawasaki disease. Rheum Dis Clin North Am. 2015;41(1):63-73, viii.
- Saguil A, Fargo M, Grogan S. Diagnosis and management of kawasaki disease. Am Fam Physician. 2015 Mar 15;91(6):365-71.
- Kawasaki T. Kawasaki disease. Int J Rheum Dis. 2014 Jun;17(5):597-600.
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