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Trauma cranico

Dr. Mauro Colangelo

Dr. Mauro Colangelo

Neurochirurgo Medico Chirurgo, specialista in Neurologia ed in Neurochirurgia Creato il: 26/07/2017 Ultimo aggiornamento: 21/09/2023

Il trauma cranico è, generalmente, un danno a carico del distretto cranio-encefalico, generato da un qualsiasi evento fisico di tipo meccanico. Si tratta di una patologia responsabile del 50% di tutte le morti traumatiche, ma anche del 2% di tutti i decessi.

I traumi cranici vengono classificati o in base alla severità del danno, in un range da lieve a severo, oppure in relazione al meccanismo, come traumi cranici chiusi o penetranti, o anche in relazione alla zona d’impatto.

Al trauma cranico, possono fare seguito molteplici sintomi residui sul piano fisico, cognitivo, sociale, emozionale e comportamentale, con esiti che spaziano dal recupero completo ad una disabilità permanente.

I traumi cranici costituiscono la maggior causa di morte e disabilità nel mondo intero, specialmente fra i bambini ed i giovani adulti. I maschi sono soggetti a danni traumatici del cervello, con una frequenza quasi doppia rispetto alle femmine.

In questo e nell’ultimo quarto del secolo scorso, l’evoluzione sia delle possibilità diagnostiche che terapeutiche hanno diminuito la percentuale delle morti ed hanno migliorato gli esiti dei traumi cranici.

Trauma cranico

Cause Cause

Le cause includono cadute, collisione fra veicoli, violenza, incidenti sul lavoro e sport.

Nelle società industrializzate, la causa principale dei traumatismi cranici, nelle persone con età inferiore ai 75 anni, è legata a incidenti di transito (48%), in cui vi sia coinvolgimento di auto, motocicli o biciclette e pedoni. Per le persone, invece, di età superiore ai 75 anni, la maggior parte dei traumi cranici è causata da cadute fortuite ed incidenti domestici (25%). Nei bambini fra 2 e 4 anni, le cadute sono la causa più frequente di trauma cranico, ma nell’età pediatrica il 19% dei traumi è legato a violenza domestica. Nel 4% di tutti i traumi cranici, si individua la violenza come causa (aggressione a scopo di rapina e ferite da arma da fuoco, rissa, litigio per futili motivi), nel 8% si rilevano infortuni sul lavoro e circa il 10% sono dovuti a ferite nel corso di attività sportive. Più del 50% dei pazienti con trauma cranico ha un grave politrauma associato.

Per comprendere in maniera adeguata le numerose lesioni che possono conseguirne, è opportuno spiegare, in via preliminare, i meccanismi del trauma cranico. In base alla loro dinamica, è possibile distinguere traumi diretti e traumi indiretti, a seconda che un corpo contundente, dotato di energia cinetica, urti direttamente contro il capo, o il capo vada a battere contro un ostacolo, o ancora se le forze traumatiche sono trasmesse indirettamente al cranio, da un’altra struttura (ad esempio trauma da caduta sui talloni o sulle natiche). I traumi diretti ricorrono più frequentemente, ma è fondamentale specificare se, al momento dell’impatto, il capo era fisso o, invece, in movimento, in quanto il potenziale della dinamica lesiva è abbastanza diverso.

Nei traumi a capo fisso, infatti, il grado di lesione è inferiore se il cranio, restando fermo, risulta colpito da un corpo contundente a superficie puntuta o smussa (ad esempio una pietra o un proiettile di arma da fuoco). Ciò è dovuto al fatto che le lesioni sono generalmente localizzate nella zona d’impatto. Nei traumi a capo in movimento, invece, come ad esempio quello che subisce un motociclista che sbalza dal mezzo e batte la testa al suolo, il potenziale lesivo è sicuramente maggiore. Questo è dovuto al fatto che l’encefalo è sottoposto, all’inizio, ad una notevole energia cinetica di accelerazione, seguita da una altrettanto brusca decelerazione, nell’attimo in cui il cranio urta in maniera violenta contro un ostacolo immobile. Ciò determina lesioni diffuse e molto gravi da “strisciamento” degli strati del parenchima e dei vasi cerebrali, che interessano non solo la zona di impatto, ma anche altre regioni più lontane dell’encefalo (lesioni da contraccolpo). Al danno prodotto nel momento traumatico fanno seguito alterazioni a carico del flusso ematico cerebrale e della pressione intracranica, che conferiscono maggiore gravità al trauma.

Un altro fattore rilevante, che contribuisce a modulare l’effetto del trauma, è rappresentato dalle caratteristiche della superficie d’impatto contro il cranio. Se l’urto avviene contro una superficie piana ed ampia, ne consegue una deformazione della scatola cranica che, se supera i limiti di tolleranza e di elasticità dei tavolati ossei, si produce una frattura lineare. Al contrario, se la superficie di impatto è piccola (come, ad esempio, quella di un martello) si genera una introflessione dei tavolati ossei, con formazione di una frattura infossata.

Le cause dei traumi cranici, che sono state individuate attraverso le modalità d’azione sinteticamente descritte, generano un danno primario, che si verifica nel momento del trauma a carico dei tegumenti epicranici, del cranio, del tessuto cerebrale e del suo rivestimento (dura), ed un danno secondario, che ha carattere evolutivo, potendo aggravarsi ed estendersi nelle ore e nei giorni successivi al trauma. Una grande percentuale di decessi fra i traumatizzati cranici non avviene per il danno primario, ma per l’instaurarsi dei complessi processi biochimici caratteristici del danno secondario, che peggiora drammaticamente il quadro neurologico.

Sintomi Sintomi

In premessa, come è stato mostrato in precedenza, i sintomi del trauma cranico possono essere estremamente variabili, relativamente all’entità ed alle modalità applicative dell’evento traumatico, tanto da determinare solo danni primari o anche secondari, che possono richiedere ore o giorni prima di manifestarsi. Per questo motivo, i traumi cranici, in base all’estensione del danno al cervello, sono classificati come lievi, moderati o gravi.

Il trauma cranico è definito chiuso se non vi è soluzione di continuo dei tegumenti, oppure aperto se è stato prodotto da una lesione penetrante (oggetti acuminati, proiettili). Al trauma, può seguire una perdita di coscienza passeggera (commozione cerebrale), caratterizzata dalla perdita della consapevolezza di se stessi e dell’ambiente circostante, con incapacità di rispondere e capire.

A tal proposito, un’altra modalità di classificazione è appunto quella che, al di là del fatto che ci sia stata o meno una perdita di conoscenza, distingue i traumi cranici in commotivi oppure non commotivi. Il criterio, attualmente adottato in maniera universale, è quello di classificare i traumi cranici con il punteggio (o score) della scala proposta, nel lontano 1974, dai Neurochirurghi Graham Teasdale e Bryan Jennett di Glasgow, per valutare il livello di coscienza dopo un trauma cranico e definita, pertanto, Glasgow Coma Scale o semplicemente GCS. Al paziente, è assegnato un punteggio in base alla risposta (oculare, verbale e motoria) fornita agli stimoli indotti dall’esaminatore. La somma delle valutazioni esprime il punteggio GCS, che va dal massimo di 15, che esprime uno stato di coscienza integra, al minimo di 3, che indica coma profondo. In base a questo criterio, il trauma cranico è lieve con uno score GCS 14-15, moderato con GCS 9-13 e grave con GCS ≤ 8.

Sulla base di questa premessa, la sintomatologia del trauma cranico lieve (GCS 14-15) può consistere in:  

  • una fugace perdita di coscienza, seguita da un leggero stato confusionale con difficoltà di concentrazione;
  • cefalea;
  • sonnolenza;
  • acufeni;
  • possibile amnesia retrograda (il soggetto, cioè, non conserva il ricordo dell’evento traumatico e delle sue modalità).

Questi sintomi si verificano in maniera più prolungata e marcata nel trauma cranico moderato (GCS 9-13) ed, inoltre, quasi sempre, vi si associa:

  • vomito incoercibile;
  • agitazione;
  • difficoltà nella comunicazione;
  • disturbi della coordinazione.

Nel trauma cranico grave (GCS ≤ 8), questi sintomi peggiorano, con un crescente grado di intensità, e si presentano:​​​​​​

  • deficit neurologici;
  • alterazione delle facoltà intellettive e della coscienza;
  • alterazioni pupillari (midriasi, anisocoria).

L’aggravamento della sintomatologia del trauma cranico indica il prodursi di lesioni più profonde, che consistono in lacero-contusioni del parenchima, con associato edema cerebrale.

Le conseguenze più temibili del trauma cranico sono le emorragie intracraniche, che possono, qualche volta, progredire velocemente fino a determinare la morte dell’individuo. È il caso dell’ematoma extra-durale, che consiste in una raccolta di sangue tra la meninge esterna o dura, che avvolge il cervello ed il tavolato interno del cranio, dovuto a lesione di un ramo dell’arteria meningea (nell’80% dei casi è il ramo medio, che decorre nella regione temporale), prodotta quasi sempre da una frattura lineare dell’osso temporale.

Il decorso di questa gravissima condizione è abbastanza tipico: il soggetto può avere un fugace episodio commotivo, avere quindi una ripresa che viene definita intervallo lucido e, dopo qualche ora, entrare in coma profondo e perdere la vita, se non trattato chirurgicamente con la massima urgenza. In passato, quando le attuali disponibilità diagnostiche e terapeutiche non erano ancora presenti, per indicare questo quadro clinico, con decorso a due tempi, era consuetudine definirli “pazienti che parlano e muoiono”. 

È particolare il caso delle persone anziane, in cui i disturbi potrebbero comparire settimane dopo un trauma anche lieve, di cui, in molti casi, non conservano nemmeno il ricordo. Si tratta del caso dell’ematoma sub-durale, che, a differenza del precedente, si forma tra la dura ed il cervello e non presenta una natura arteriosa. È invece generato dalla rottura dei sottili vasi venosi, che vanno dalla dura alla superficie del cervello. Il quadro clinico è patognomonico: cefalea, deterioramento cognitivo, sonnolenza, talvolta deficit neurologici focali.

Il trauma cranico grave può originare un danno diffuso agli emisferi cerebrali, che può portare all’instaurarsi di una complicanza gravissima, definita stato vegetativo persistente. In questo caso, il paziente non è cosciente, ma può anche avere periodi di veglia, senza percepire nulla di ciò che accade intorno a lui. Agli studi con neuroimaging, il danno diffuso può sembrare un danno cerebrale minimo. Le lesioni, invece, sono evidenti con tecnica microscopica post-mortem e, negli ultimi anni, è stato individuato con la Risonanza Magnetica DTI (Diffusion Tensor Imaging), che mostra sia le fibre della sostanza bianca che sono proiettate dalla corteccia del cervello, che l’estensione del danno assonale diffuso come edema o contusione.

Conseguenza di danni gravi al tronco dell’encefalo è la perdita di qualsiasi attività cerebrale, che contraddistingue la morte cerebrale, caratterizzata dall’elettroencefalogramma piatto, che la legge considera come irreversibile.

Diagnosi Diagnosi

La prima valutazione dell’entità del trauma cranico inizia, generalmente, nel momento in cui l’equipe medica giunge sul luogo dell’incidente o quando il paziente con trauma cranico arriva al pronto soccorso di un ospedale, con la determinazione del valore del GCS. Nel soggetto che abbia riportato un trauma cranico, è fondamentale, in maniera preliminare, valutare la presenza di “fattori di rischio” (età avanzata, trattamento con farmaci antiaggreganti o anticoagulanti o patologie, che favoriscono il sanguinamento, storia di epilessia, intossicazione da alcool o droghe).

L’esame neurologico consente di accertare eventuali deficit e lesioni traumatiche dei tessuti di rivestimento del cranio.

Le linee guida del protocollo nazionale dei traumi cranici indicano che, in quei soggetti che hanno subito un trauma cranico minore e non presentano “fattori di rischio”, non c’è indicazione all’esecuzione di TC dell’encefalo in urgenza. Quando, invece, il GCS depone per un trauma cranico moderato-grave, si impone il ricorso alla TAC, che è capace di individuare la presenza di danno cerebrale, di emorragie o ematomi o di frattura delle ossa del cranio. L’esame radiografico diretto si rivela del tutto inutile.

Tralasciando i traumi cranici lievi, che presentano, nella maggior parte dei casi, reperti di tipo normale, Ie lesioni che è possibile documentare con la TAC, nei casi di trauma moderato e grave, variano dal danno focale, associato a contusione più o meno estesa del tessuto cerebrale, alla emorragia (che può essere intra-parenchimale, extra-durale, sub-durale o sub-aracnoidea), al gravissimo danno assonale diffuso. Il sanguinamento può assumere dimensioni catastrofiche se, oltre che nel parenchima, si manifesta dentro il sistema ventricolare, determinando una condizione di idrocefalo acuto emorragico. La TAC, inoltre, prova anche il quadro di edema cerebrale, che consegue al processo anossico, causato da una grave contusione del parenchima che, con un meccanismo “a cascata”, diminuisce progressivamente il flusso di sangue tessutale, peggiorando sempre più il rigonfiamento del cervello e, in tal modo, estendendo il danno anche a regioni del cervello non direttamente coinvolte dalla noxa traumatica.

La Risonanza Magnetica può mostrare più dettagli della TAC, per esempio, evidenziando il danno assonale diffuso oppure dare informazioni aggiuntive sugli esiti prognostici a lungo termine del trauma, ma non è di adozione corrente nella diagnostica di Pronto Soccorso, sia per la lunga durata dell’esame che per le difficoltà al posizionamento celere del paziente e, non da ultimo, per la incompatibilità con oggetti metallici, che sono di frequente adoperati nelle prime cure del traumatizzato.

Altro possibile reperto è la frattura delle ossa del tavolato cranico, che può essere lineare oppure comminuta ed infossata, nel qual caso si associa di frequente effrazione della meninge esterna o dura mater con fuoriuscita del liquor cefalo-rachidiano.

Sulla base di queste premesse, quando bisogna guardare con sospetto ad un trauma cranico e ricorrere all’osservazione medica? In tutti i casi in cui vi sia stata sospensione, anche fugace dello stato di coscienza, il soggetto deve essere sottoposto ad osservazione ed indirizzato all’esecuzione di diagnostica strumentale. Nei casi in cui si sia verificata una ferita del cuoio capelluto, va sospettata la possibilità di una frattura delle ossa craniche. Anche nel trauma lieve che però causi una cefalea, che si protragga per molte ore, ancor più se accompagnata da vomito e lieve stato confusionale o tendenza ad addormentarsi, si impone l’esecuzione di una TAC del cranio.

Rischi Rischi

È facile immaginare come, nel trauma cranio-encefalico, da moderato a grave, i rischi possano essere alti: si può incorrere in gravissima invalidità o perdere addirittura la vita. Gli esiti di una estesa lacero-contusione cerebrale possono essere espressi da deficit motori e sensoriali, disturbi della coordinazione, disturbi cognitivi e comportamentali.

Un esito che merita un trattamento specifico è quello dell’epilessia post-traumatica. Come già accennato in precedenza, in alcuni casi, è possibile che si manifestino attacchi epilettici immediati. Quando ciò si verifica, pur aumentando il rischio di attacchi epilettici precoci, ovvero quelli che si sviluppano entro la prima settimana dopo la lesione, ciò non sembra essere predittivo di una epilessia post-traumatica stabile, che insorge a distanza di 1-2 mesi. Va anche detto che l’epilessia post-traumatica può presentarsi anche dopo un anno e, raramente, fino a cinque anni dal trauma.

Altre complicanze più rare di traumi di entità da moderata a grave sono costituite da:

  • idrocefalo, ossia la dilatazione del sistema ventricolare entro cui scorre il liquor cefalo-rachidiano. Questa evenienza è generalmente conseguenza di emorragia sub-aracnoidea o di estesi focolai lacero-contusivi cerebrali;
  • malattia di Alzheimer, ossia il deterioramento cognitivo progressivo. Oggi è riconosciuto che il trauma concorre ad accelerare la comparsa della malattia in soggetti predisposti;
  • malattia di Parkinson, caratterizzata da disturbi del movimento e dell’andatura, insorge a seguito di traumi che abbiano causato danni ai gangli della base.

Cure e Trattamenti Cure e Trattamenti

Se il soggetto con trauma cranico rientra in un basso score di GCS, avrà bisogno solo di osservazione e di “vigile attesa”, per un periodo di 24-48 ore. Durante questo arco temporale, si provvederà alla somministrazione di un supporto sintomatologico (paracetamolo, antibiotici in caso di ferite, etc.). Nel caso in cui, invece, ci sia un soggetto che presenta un elevato GCS, dovrà, come prima cosa, essere stabilizzato per quanto attiene l’ossigenazione e la pressione del sangue, in modo da scongiurare stati di ipossia, che peggiorerebbero in maniera drammatica il quadro.

Nel caso di una raccolta ematica extra-durale, l’intervento neurochirurgico di evacuazione dell’ematoma si impone come emergenza assoluta. La raccolta ematica sub-durale è considerata, invece, una urgenza differibile. Il focolaio di frattura infossato nel parenchima cerebrale, se non adeguatamente trattato con intervento di plastica ossea, diviene una delle più frequenti cause di epilessia post-traumatica.

Il grave traumatizzato cranico è un paziente estremamente instabile e che necessita di un’assistenza intensiva quale è quella erogata nei Trauma Centers, dove si procede ad una costante rivalutazione del caso mediante la diagnostica per imaging (TC e/o RM) e di tipo funzionale (ICP-monitoring). Questa procedura consente di monitorare il valore della pressione endocranica (ICP) che, per effetto dell’edema cerebrale, è estremamente instabile e può compromettere la vita del paziente. Infatti, se il valore della pressione intra-cranica si innalza al cervello, non perviene un adeguato flusso ematico e può verificarsi la temutissima erniazione cerebrale, che porta rapidamente il paziente a morte.

Il controllo della pressione intra-cranica si attua mediante la somministrazione di farmaci anti-edema (mannitolo, diuretici, barbiturici, cortisonici) o di procedure chirurgiche (ventricolostomia o drenaggio liquorale dai ventricoli). Il grave traumatizzato è parallelamente sottoposto a frequente valutazione dell’attività cerebrale mediante l’elettroencefalogramma.

La riabilitazione rappresenta una parte fondamentale del processo di recupero, per un paziente affetto da trauma cranico, nel contesto di un modello transdisciplinare. Essa, infatti, ha bisogno delle competenze integrate di tante figure specialiste, relativamente ai programmi di:

  • terapia fisica;
  • terapia occupazionale;
  • terapia del linguaggio;
  • rieducazione fisiatrica del movimento e psicologia.

Questi programmi sono finalizzati al recupero del danno residuo.

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