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Gotta

Dr. Alberto Frosi

Dr. Alberto Frosi

Medico Internista Medico Chirurgo, specialista in Medicina Interna ed in Igiene e Medicina Preventiva Creato il: 10/08/2017 Ultimo aggiornamento: 23/10/2023
Il termine gotta descrive un’artrite infiammatoria, generata da una deposizione di tipo cronico, a carico delle articolazioni, di cristalli di urato monosodico. Si tratta di un sale dell’acido urico e, quando si verifica un aumento di questa sostanza nel sangue e nell’intero organismo, con deposizione della stessa nelle articolazioni, si può manifestare la patologia in questione.

La gotta rappresenta la conseguente risposta infiammatoria ai cristalli di urato.

Con iperuricemia si intende un aumento dell’acido urico nel sangue e, dunque, nell’organismo. Tale condizione può generare tre stati differenti:
 
  • iperuricemia senza deposizione di cristalli di urato;
  • iperuricemia con deposizione di cristalli di urato, ma senza gotta sintomatica;
  • iperuricemia con deposizione di cristalli di urato e gotta sintomatica, a sua volta con:
    1. artrite gottosa acuta (attacco o più attacchi);
    2. gotta avanzata (gotta con tofi – gotta tofacea, artrite gottosa cronica, artrite gottosa cronica erosiva).
Va detto che l’evoluzione della patologia, con un graduale passaggio da uno stadio all’altro, non è inevitabile, al di là di quella che possa essere la terapia seguita.

L’iperuricemia viene considerata patologica in presenza di valori superiori ai 6,8 mg/dL (più precisamente, 6 nella donna e 7 nell’uomo, cioè la donna deve avere valori un poco più bassi). Attenzione, perché esiste anche un valore limite inferiore di acido urico nel sangue, cioè, di 3 mg/dL. Per valori più bassi di 3, è possibile un danno al sistema nervoso centrale. Si può avere aumento dell’uricemia, mediante i seguenti meccanismi:
 
  • una produzione eccessiva di urato da parte del fegato e del turnover cellulare (catabolismo delle purine ---> xantine ---> urato; l’ultimo passaggio, xantine ---> urato è mediato dall’enzima xantina-ossidasi. Le purine sono composti organici molto presenti nelle cellule, sia nel nucleo che nel citoplasma – nel DNA, RNA, ATP, NAD);
  • escrezione renale ridotta (2/3 dell’escrezione totale), o intestinale (1/3 dell'escrezione), dell’urato prodotto.
I cristalli di urato monosodico si formano in alcuni soggetti affetti da iperuricemia.

Iperuricemia e gotta rappresentano due concetti che, seppur tra loro correlati, devono essere tenuti separati. I fattori che determinano la formazione dei cristalli di urato non sono attualmente noti del tutto. Sappiamo che la solubilità dell’urato è influenzata da:
 
  • sua concentrazione;
  • temperatura;
  • pH;
  • composizione della matrice cartilaginea delle articolazioni.
Nel caso in cui le temperature e il pH siano molto bassi, la cristallizzazione dell’urato nelle articolazioni è possibile che si verifichi anche a concentrazioni ematiche di 6 mg/dL.

La nucleazione dell’urato (formazione di aggregati) si ha quando le molecole di urato arrivano ad una massa stabile critica e non sono più soggetti di dissoluzione nel solvente.

Alcune persone con deposizione di cristalli di urato intra-articolare sviluppano una risposta infiammatoria acuta, che si verifica con l’attacco o gli attacchi di artrite gottosa acuta. In queste situazioni, i cristalli di urato interagiscono coi globuli bianchi detti macrofagi, mettendo in azione il sistema immunitario innato (inflammasoma). La risposta infiammatoria è amplificata dall’attivazione dei globuli bianchi neutrofili e delle mastcellule, portando al rilascio di citochine pro-infiammatorie (Interleuchina 1), chemochine, prostaglandina E2 e enzimi lisosomiali. 

La gotta è una malattia autoinfiammatoria. Generalmente, dopo dieci anni dal primo attacco di artrite gottosa acuta, si verifica la gotta avanzata. Va specificato, comunque, che tale situazione non si verifica in tutte le persone. La sua manifestazione è maggiormente probabile in quei casi in cui si registra un’assenza di terapia adeguata, finalizzata alla diminuzione dell’uricemia. In questa fase della patologia, risultano compromessi sia il sistema immunitario innato che quello adattativo.

Con l’espressione tofo gottoso, infine, ci si riferisce a un granuloma da corpo estraneo formatosi intorno a un accumulo di urato come risposta infiammatoria cronica. L’infiltrazione dei tofi, a carico delle ossa, rappresenta la ragione principale delle erosioni ossee e del danno delle articolazioni.

In Italia, si riscontrano tassi in aumento per quanto riguarda la presenza di gotta. Si registra, infatti, un aumento dal 6,7 ogni 1000 abitanti (dati risalenti al 2005) per passare al 9,1 ogni 1000 abitanti, nel 2009, appena quattro anni più tardi. Tale condizione si presenta quattro volte di più nel sesso maschile rispetto a quello femminile, aumentando gradualmente con l’incedere dell’età. Questo vuol dire che il problema interessa un numero di persone considerevole. La gotta è la più comune artrite infiammatoria.
 
Gotta

Cause Cause

La gotta rappresenta una condizione patologica articolata. La sua causa vede l’interazione tra:
 
  • varianti di rischio genetiche ereditarie;
  • fattori ambientali.
Nel caso di tale patologia, risulta più corretto parlare di fattori di rischio, piuttosto che di cause. Tra questi, il fattore di rischio di maggior rilevanza è rappresentato dall’iperuricemia.

Tra i fattori di rischio genetici, possiamo rintracciare:
 
  • sesso maschile;
  • familiarità;
  • gruppo etnico (ad esempio, Maori e Polinesiani sono a maggior rischio);
  • varianti genetiche ben identificate (per cui si rimanda a pubblicazioni specialistiche; la loro ricerca non è in uso nella pratica clinica).
Per quanto concerne i fattori di rischio ambientali, indichiamo i seguenti:
 
  • carne, inteso come elevato consumo di carne, specie di carni rosse, interiora (pancreas, timo, rene, fegato);
  • alcuni pesci (acciughe, sardine); 
  • mitili;
  • alcol in generale, maggiormente i superalcolici e la birra;
  • bevande zuccherate, specie se con fruttosio;
  • farmaci (si citano i più diffusi):
    1. diuretici
    2. ACE-inibitori (per l’ipertensione arteriosa)
    3. sartanici (per l’ipertensione arteriosa), salvo losartan, che anzi è uricosurico
    4. beta-bloccanti (per l’ipertensione e le malattie del cuore)
    5. pirazinamide (per la tubercolosi)
    6. ritonavir (per l’HIV).
    7. Acido acetilsalicilico a basso dosaggio (quello diffusamente usato nella prevenzione cardiovascolare); mentre alle dosi intinfiammatorie, anti-dolorifiche e anti-piretiche ha effetto terapeutico per la gotta (sebbene poco usato a questo scopo).
Di seguito, inoltre, vengono indicati anche ulteriori fattori di rischio, che possono essere alla base della gotta:
 
  • età avanzata;
  • per le donne, l’avvento della menopausa;
  • sovrappeso, obesità, aumento di peso;
  • ipertensione arteriosa;
  • iperlipidemia, ipertrigliceridemia;
  • ridotta tolleranza al glucosio;
  • sindrome dell’apnea notturna;
  • scompenso cardiaco;
  • insufficienza renale cronica;
  • anemie emolitiche;
  • anemia falciforme;
  • leucemie, linfomi, sindromi mieloproliferative;
  • esposizione a piombo (gotta saturnina, malattia professionale, oggi rara in Italia);
  • psoriasi.
Gli ultimi sei fattori determinano quella che viene definita gotta secondaria. Esistono, infine, anche fattori, detti protettivi, che possono rappresentare un vantaggio rispetto all’insorgenza della gotta. Tra questi, troviamo il caffè e i prodotti latteo-caseari, responsabili della riduzione dell’uricemia.
 

Sintomi Sintomi

È possibile distinguere una sintomatologia differente, a seconda della forma di gotta che si presenta. Pertanto, avremo un’artrite gottosa acuta, che si caratterizza per:
 
  1. dolore;
  2. gonfiore;
  3. cute calda e arrossata; (tipica, non c’è ad esempio nell’artrite reumatoide);
  4. difficoltà di movimento dell’articolazione colpita, che è spesso un’articolazione del piede o la caviglia.
Difficilmente il primo attacco è bilaterale. La sede di maggior insorgenza, il più delle volte, coincide con l’articolazione metatarso-falangea di un piede (tipicamente, la “radice” dell’alluce). La condizione in questione è chiamata podagra. Va specificato, tuttavia, che non si tratta dell’unica area anatomica di insorgenza: tutte le articolazioni, infatti, fatta eccezione per la spalla, potrebbero esserne affette. Si localizza più spesso a carico delle articolazioni del:
 
  • piede;
  • caviglia;
  • ginocchio;
  • dita delle mani.
Esistono diverse situazioni che possono favorire l’insorgenza, tra cui:
 
  • recenti “strapazzi alimentari” a base di proteine di origine da carni;
  • bevute alcoliche smodate;
  • traumi;
  • interventi chirurgici;
  • una grave malattia intercorrente (infarto, ictus).
Nelle 24 ore precedenti, può manifestarsi un periodo prodromico, che presenta fastidio e formicolio nell’area anatomica in cui si presenterà l’attacco acuto. Tale attacco, di solito, avviene di notte, tanto da svegliare il paziente, il quale lamenterà un dolore intenso e pulsante.  Generalmente, in una scala che va da 0 a 10, l’individuo indicherà un dolore superiore a 7. In alcuni casi, è possibile che il paziente venga colpito da febbre e brividi. Mediamente, tale attacco si risolverà, in maniera spontanea, nel giro di una o due settimane, senza ricorrere a nessuna terapia.

Nel caso in cui l’iperuricemia dovesse persistere, possono registrarsi ulteriori attacchi. Questi saranno sempre più ricorrenti e prolungati, andando ad interessare diverse articolazioni. In questo caso, si parlerà di artrite gottosa poli-articolare

Per quanto riguarda la gotta avanzata, questa si manifesta in quei soggetti nei quali, dopo molti anni dal primo attacco gottoso, non è stata curata l’iperuricemia. Abbiamo, poi, la gotta tofacea, che è caratterizza dalla presenza di tofi, ossia di alcuni noduli sottocutanei (ovvero, sotto la pelle). Essi possono essere rintracciati:
 
  • nelle mani;
  • nei gomiti;
  • nei piedi;
  • sporadicamente, sui padiglioni auricolari;
  • nello specifico, le sedi tipiche di insorgenza interessano la prima articolazione metatarso-falangea (ovvero l’alluce), il tendine di Achille e il tendine peroneale.
Generalmente, si presentano privi di dolenzia, ma sono soggetti a infiammazione, ulcerazione e infezione. Essi, inoltre, possono anche fistolizzare all’esterno, emettendo materiale tipo “pasta dentifricia”.

L’aspetto dei tofi ricorda una raccolta di gesso, coperto da pelle trasparente e vascolarizzata. Essi possono presentare difficoltà e problematiche di varia natura, quali:
 
  • problemi estetici;
  • difficoltà a calzare le scarpe e a trovarne un paio adatte;
  • limitano i movimenti delle articolazioni e la prensione (mani).
L’artrite gottosa cronica (ed erosiva) ha specifici tratti sintomatici, a carico delle articolazioni colpite, le quali si presenteranno:
 
  • dolenti;
  • gonfie;
  • con cute arrossata e calda.
Nella forma erosiva, invece, le articolazioni appaiono deformate.

Concludendo il discorso relativo alla sintomatologia della gotta, va specificato un ultimo aspetto, ovvero come tale condizione patologica possa avere delle presentazioni atipiche. Tra queste, troviamo:
 
  • gotta tofacea, che può manifestarsi anche in assenza di precedenti attacchi di artrite gottosa acuta;
  • sedi di manifestazione anomale, quali:
    1. orecchio;
    2. naso esterno;
    3. colonna vertebrale;
    4. visceri (rene: frequente; occhio, con possibili disturbi visivi, canale vertebrale, con compressione sul midollo spinale: rari).

Diagnosi Diagnosi

La diagnosi di gotta è eseguita da uno specialista, che può avvalersi di numerosi strumenti e metodiche a sua disposizione. Tra questi, troviamo gli esami di laboratorio, ossia quelli relativi al sangue (ematici) e delle urine, utili per rilevare la presenza e la quantità di:
 
  • acido urico (uricemia). Soltanto l’iperuricemia, infatti, non basta per fare diagnosi di gotta, perché molte persone con iperuricemia non hanno la gotta. La gotta è improbabile se l’uricemia è inferiore a 6 mg/dL. I valori di uricemia possono “normalizzarsi” durante un attacco acuto di artrite gottosa. Se il sospetto è concreto, l’uricemia deve essere ripetuta;
  • aumento della proteina C reattiva (a volte molto alta durante gli attacchi) e della VES;
  • aumento dei leucociti neutrofili nel sangue.
Esistono anche altri esami indispensabili, soprattutto per valutare le ricorrenti comorbidità. Tra questi test, troviamo quelli della:
 
  • glicemia, HbA1C, creatinina, aminotransferasi, colesterolo, trigliceridi, emocromo, esame delle urine completo con sedimento (cristalluria);
  • ogni altro esame di laboratorio che il medico ritenga utile per la diagnosi differenziale da altre artropatie (v. oltre);
  • esame del liquido sinoviale o del materiale tofaceo (prelevato con un ago dall’articolazione colpita, in rigorosa asepsi) al microscopio a luce polarizzata.
Il liquido sinoviale appare giallo, torbido non viscoso, molto ricco di globuli bianchi neutrofili, anche più di 50.000 cellule per mm3 (si possono contare come si fa per le cellule del sangue). Una volta analizzato al microscopio a luce polarizzata, il liquido presenta i cristalli di urato con una forma di aghi a birifrangenza negativa. Nell’artrite da cristalli di pirofosfato di calcio, i cristalli si presentano più corti, per lo più romboidali, e manifestano birifrangenza positiva. Le persone affette da gotta presentano cristalli di urato anche nel liquido delle articolazioni asintomatiche.

Questo esame rappresenta il gold standard per la diagnosi di gotta, anche se, all’atto pratico, spesso non viene eseguito, per una serie di motivi:
 
  • pur essendo semplice, la puntura dell’articolazione rappresenta una procedura invasiva e poco piacevole per il paziente. Essa può essere dolorosa e non sempre priva di rischio, per tale ragione, richiede un accurato livello di bravura ed esperienza da parte dello specialista;
  • l’attrezzatura richiesta per eseguire il test, ovvero il microscopio a luce polarizzata, non è disponibile in ogni laboratorio;
  • si ha bisogno di un buon livello di competenza analitica da parte dello specialista che va ad eseguire l’esame.
Un’alternativa allo studio del liquido sinoviale al microscopio è rappresentata dal dosaggio di laboratorio dell’acido urico nel liquido stesso. In caso di gotta, si riscontreranno valori altissimi, ben più alti che nel sangue dello stesso paziente. Tale procedura tutta via è poco in uso. E comunque richiede la puntura dell’articolazione colpita.

La diagnosi, pertanto, il più delle volte, si basa sulla capacità, da parte di chi andrà ad eseguire gli esami di accertamento, di utilizzare, in maniera accurata e sapiente, le metodiche indicate di seguito. Questi esami, detti di immagine, permettono di indagare mediante tecniche di radiologia, quali:
 
  • la radiografia dell’articolazione, nell’attacco acuto, è normale o mostra segni di edema delle parti molli. Nella gotta avanzata, invece, può mostrare erosioni dell’osso peri-articolare, margini ossei sclerotici o apposizioni ossee;
  • l’ecografia muscolo-scheletrica-articolare è molto utile e può evidenziare:
    1. deposizione intra-articolare di cristalli, con il caratteristico segno del “doppio contorno” iper-ecogeno sulla superficie della cartilagine articolare (da deposizione di cristalli di urato). Il doppio contorno ha una sensibilità pari a 83% e una specificità del 76%;
    2. immagine a “bufera di neve” dei cristalli nel liquido sinoviale;
    3. laddove presenti, si visualizzano i tofi, sotto forma di materiale irregolarmente iper-ecogeno, circondato da un alone anecogeno.
I primi due aspetti si riconoscono anche nel 25% di pazienti che presentano iperuricemia asintomatica. Il rischio che questi soggetti sviluppino successivamente una gotta sintomatica non è, tuttavia, noto.

In questa fase della diagnosi, chi scrive reputa utile anche l’esecuzione di un’ecografia dell’apparato urinario, finalizzata alla ricerca di nefro-uro-litiasi.

Il medico specialista che si appresta ad eseguire una diagnosi di gotta dovrà essere abile ad operare una giusta ed esatta sintesi tra i vari elementi fin qui analizzati, ossia:
 
  • anamnesi, ovvero la storia clinica del paziente;
  • visita scrupolosa del paziente, mediante l’esame fisico (detto anche obiettivo);
  • esami di laboratorio;
  • laddove ritenuti necessari, esami di immagini, utili per approfondire l’indagine medica.
Come di frequente succede nel campo medico, la diagnosi è proprio il risultato di tutti questi elementi, che verranno esaminati analiticamente dallo specialista, alla luce della sua esperienza. In questo senso, il medico dovrà essere abile ad eseguire una diagnosi differenziale, utile per discriminare la gotta da altre patologie che necessitano di cure diverse. Tra queste patologie, possiamo trovare:
 
  • artrite settica (che, tuttavia, può convivere con la gotta). In caso di sospetto clinico, è necessario prelevare il liquido dall’articolazione e analizzarlo, in modo da ricercare i batteri - colorazione di Gram - e per l’esame colturale. L’artrite settica può distruggere, in maniera irreversibile, l’articolazione in poche ore e ha una mortalità pari al 10%. Per questa ragione, tale diagnosi deve essere esclusa tassativamente e in maniera rapida. La terapia dell’artrite settica è antibiotica ed è urgente;
  • artrite da cristalli di pirofosfato di calcio, detta anche pseudo-gotta o condrocalcinosi (localizzazione prevalente al ginocchio, diversamente dalla gotta; birifrangenza positiva dei cristalli; potrebbe avere una prevalenza ancora maggiore della gotta, spesso non è diagnosticata);
  • artrite da cristalli di fosfato basico di calcio (meno frequente);
  • artrite psoriasica, che, nel tempo, può anticipare la manifestazione della psoriasi;
  • artrite reattiva;
  • artrite da gonorrea;
  • artrite reumatoide: un reuma test positivo è presente in tanti individui che non sono affetti da artrite reumatoide, specialmente in età avanzata;
  • osteoartrite, che si rintraccia molto frequentemente nei pazienti anziani.
Fatta questa parentesi sulla diagnosi differenziale, è bene precisare, tuttavia, che ciò non esclude affatto un’eventuale coesistenza di queste patologie nel medesimo paziente.
 

Rischi Rischi

Quando si parla di gotta, prendendo in analisi i suoi rischi e le relative complicazioni, bisogna considerare in primis la sua comorbidità con altre patologie, quali:
 
  • ipertensione arteriosa
  • obesità;
  • diabete;
  • malattie renali croniche;
  • infarto miocardico;
  • ictus cerebrale.
Oltre al discorso relativo alla compresenza di altre condizioni patologiche, che possono coesistere con la gotta, essa è associata a un aumento del rischio di morte. Ciò non rappresenta, comunque, un rischio diretto, ma correlato a cause di tipo cardiovascolare. Invece, l’iperuricemia non gottosa (il solo aumento dell’acido urico) non aumenta il rischio cardiovascolare.

La gotta, infine, è associata a un rischio ridotto di Malattia di Parkinson e Alzheimer.
 

Cure e Trattamenti Cure e Trattamenti

L’artrite gottosa acuta necessita di un trattamento immediato. L’applicazione di ghiaccio, frapponendo un panno, sulla parte colpita è di sicuro aiuto.

Esistono quattro metodiche di cura, che possono essere, solitamente, utilizzate in maniera alternativa tra di loro. Nello specifico, ci si riferisce a:
 
  1. colchicina: va assunta una compressa da 1 mg il prima possibile, a stomaco vuoto. Un’ora dopo, andrà assunta un’altra mezza compressa. Stando al parere degli esperti, come primo giorno di cura, si tratta di una dose sufficiente, presentando anche effetti collaterali ragionevoli. A detta di altri, invece, la terapia va proseguita con una mezza compressa a intervalli di un’ora, fino ad arrivare a un massimo di 4-6 ore o al manifestarsi di diarrea. Quest’ultimo rappresenta un effetto collaterale che ricorre spesso, ma con una risoluzione rapida, non comportando in genere motivo di preoccupazione. Appena si avverte il primo sintomo riconducibile alla diarrea, il trattamento va sospeso. A quel punto, andranno assunte una o due compresse di loperamide. Si tratta della cura “tradizionale”, solitamente indicata per l’attacco gottoso. La colchicina può avere interazioni dannose con altri farmaci, quali: diltiazem, verapamil, claritromicina, ciclosporina. Durante il trattamento che prevede l’assunzione di colchicina, non andrà ingerito né il pompelmo né il suo succo. Abbiamo personale esperienza di uso contemporaneo di colchicina (a basse dosi) e di claritromicina senza che si siano verificate interazioni negative. Laddove si sia in presenza di insufficienza renale, vanno ridotte le dosi iniziali. Bisognerà, inoltre, essere prudenti relativamente alla presenza di patologie epatiche e nell’uso contemporaneo di statine. La colchicina è controindicata nei pazienti che soffrono di malattie dell’apparato digerente, in particolare malattie infiammatorie intestinali;
  2. antinfiammatori non steroidei: si tratta dell’opzione attualmente più utilizzata. Ciononostante, è raccomandato osservare prudenza nei casi di insufficienza renale, epatica, nelle patologie di natura gastrica, intestinale e cardiovascolari. L’acido acetilsalicilico, alle dosi usuali, non è consigliato per la terapia della gotta, ma può essere proseguito se già in utilizzato, da parte del paziente, come anti-aggregante piastrinico;
  3. antinfiammatori inibitori-COX2: con essi sono ridotti gli effetti collaterali gastro-intestinali ma non quelli cardiovascolari;
  4. corticosteroidi: da usare in quelle situazioni in cui le tre opzioni precedenti siano controindicate (si tratta, comunque, di un’eventualità rara), e in cui sia stata tassativamente esclusa la presenza di artrite settica.
In quegli attacchi di gotta che si manifestino in maniera più grave, è possibile utilizzare i farmaci in associazione tra di loro (ad esempio, colchicina e antinfiammatori non steroidei). Di solito, il trattamento dura poco, in media dai due ai cinque giorni. Del resto, una cura accurata e scrupolosa mette fine a un attacco acuto in un breve lasso di tempo: dalle 24 alle 48 ore.

Una volta risolto un attacco acuto, tuttavia, non è detto che questo non si verifichi più. Tale evento è possibile che si ripresenti anche iniziando una cura ipo-uricemizzante, che verrà seguita nel tempo in maniera regolare. Tale rischio si protrae anche nei mesi successivi e anche dopo che i livelli di acido urico sono ritornati nella norma. 

Per questo motivo, occorre, dopo la terapia dell’attacco acuto, proseguire con una profilassi antiinfiammatoria. Il farmaco da scegliere è, dunque, la colchicina, con una dose pari a mezza compressa una o due volte al giorno, per un periodo di sei mesi. In alternativa, si ricorrere anche a un antinfiammatorio non steroideo, a basso dosaggio quotidiano, associando la protezione gastrica laddove indicata.

Il secondo punto focale, per quel che riguarda il trattamento della gotta, è rappresentato dalla terapia a lungo termine, finalizzata a diminuire, e mantenere bassa, l’uricemia. Stiamo parlando della terapia ipo-uricemizzante

Questa cura è raccomandata in presenza di una delle condizioni elencate di seguito: 
 
  • in seguito a uno o più attacchi di artrite gottosa acuta. È raccomandato di non aspettare il secondo attacco, soprattutto in presenza di valori di uricemia molto alti, ossia > 8-9/mg/dL);
  • gotta tofacea;
  • artrite gottosa cronica (gotta avanzata);
  • calcoli renali di acido urico;
  • insufficienza renale cronica, dal secondo stadio in poi.
La cura a base di farmaci ipo-uricemizzanti è sconsigliata, invece, per quei pazienti che presentano iperuricemia asintomatica. Ciononostante, i valori di uricemia non devono essere > 11 mg/dL, con rischio di nefrolitiasi e compromissione renale. Con uricemia così alta è giustificato praticare la terapia ipouricemizzante anche se non c’è gotta. 

I valori di uricemia da raggiungere nella gotta sono di < 6 mg/dL. In condizioni patologiche caratterizzate da gotta tofacea e gotta avanzata più grave, invece, è preferibile spingersi a < 5 mg/dL.

La terapia in questione, stando al parere di vari esperti del settore, è preferibile cominciarla due settimane dopo l’attacco acuto, in quanto potrebbe far aggravare o far protrarre l’attacco stesso. 

Alcuni studi hanno evidenziato, tuttavia, che, se l’attacco acuto è ben curato, cominciare subito la terapia ipo-uricemizzante non comporta conseguenze negative. Ciò è confermato anche dalla nostra esperienza personale, in cui non sono mai stati rinvenuti problemi con un inizio immediato. In caso che la terapia ipo-uricemizzante fosse già in atto al momento dell’attacco acuto, questa non deve essere sospesa. 

Per quanto riguarda il trattamento con farmaci ipo-uricemizzanti, verranno indicati soltanto quelli presenti in Italia. Si tratta di medicinali che limitano la produzione di acido urico. Tra questi, troviamo:
 
  • allopurinolo: si tratta del farmaco più comunemente utilizzato. Il più delle volte si rivela efficace e ben tollerato. Prevede un metabolismo renale e, al fine di utilizzarlo in maniera corretta, senza inconvenienti, consigliamo di attenersi alle linee guida e che il paziente non risulti ipersensibile al farmaco in questione. Appurarsi che il soggetto non assuma altri medicinali e che, quindi, questi possano interferire o aumentare il rischio di tossicità. È raccomandato cominciare con una dose di 1 c. da 100 mg al dì. Il dosaggio potrà progressivamente essere aumentato, per arrivare ad una compressa da 300 mg, in modo da ottenere uricemia < 6 mg/dL. Il paziente, poi, dovrà sottoporsi a controlli mensili, tenendo sotto osservazione l’uricemia, la funzione renale e quella del fegato (e l’ emocromo). Questo monitoraggio sarà necessario fino a quando sarà raggiunto il valore di uricemia desiderato. Successivamente, i controlli potranno essere eseguiti anche più sporadicamente Il medico, inoltre, dovrà tenere sotto osservazione anche eventuali effetti indesiderati, come, ad esempio, possibili eruzioni cutanee. In caso di effetti indesiderati, la cura andrà sospesa subito. Il soggetto dovrà essere tenuto sotto controllo anche per un’eventuale manifestazione della sindrome da ipersensibilità all’allopurinolo, che, di solito, si verifica entro le prime otto settimane di terapia.
  • febuxostat: potrebbe trattarsi del farmaco d’elezione per quei pazienti che presentano un’insufficienza renale lieve-moderata. Questo è dovuto al fatto che presenta un metabolismo prevalentemente epatico. Tale medicinale rappresenta una scelta obbligata in quelle persone intolleranti o con ipersensibilità all’allopurinolo. Nel caso dei cardiopatici o dei malati di fegato, invece, rappresenta la seconda opzione. È consigliato cominciare con la dose più bassa possibile, ossia una mezza compressa da 80 mg al dì e, laddove, dopo 12 settimane, non siano sortiti gli effetti auspicati (ovvero, uricemia < 6 mg/dL), aumentare il dosaggio fino a 80 mg/die. È raro che possa essere utile superare questa dose. Una volta ogni trenta giorni, andranno monitorate l’uricemia, la funzionalità epatica e renale. Per sei mesi, infine, è raccomandata la profilassi antinfiammatoria.
Un altro aspetto da tenere in considerazione, quando si parla di cura e trattamenti della gotta, è rappresentato dalla prevenzione e, di conseguenza, da una correzione di stili di vita sbagliati. Le persone obese o sovrappeso devono raggiungere una diminuzione del peso corporeo, mediante una dieta e l’attività fisica.

A tal fine, tra i cibi e le bevande da evitare, rientrano:
 
  • carni rosse;
  • timo e pancreas (animelle);
  • rene;
  • fegato;
  • acciughe;
  • sardine;
  • aringhe;
  • mitili;
  • cacciagione;
  • alcolici, soprattutto i superalcolici e la birra;
  • bevande zuccherate
  • ridurre l’utilizzo del sale da cucina
  • tutti quelli contenenti zuccheri semplici, specialmente il fruttosio
Al contrario, invece, è raccomandato consumare:
 
  • caffè;
  • latte e latticini, preferibilmente scremati (per evitare l’aumento del colesterolo che contribuirebbe ad aumentare il rischio cardiovascolare);
  • frutta ricca di vitamina C. Bisogna però stare attenti al fruttosio e non esagerare nemmeno con la frutta; le ciliegie fanno bene;
  • Vitamina C come supplemento: è utile, è uricosurica.
Il paziente, inoltre, dovrà assicurarsi di bere acqua, mantenendo un buon livello di idratazione. Per quanto riguarda l’attività fisica, infine, questa non è soggetta a restrizioni specifiche, fatta eccezione per le fasi più acute della malattia.
 

Bibliografia

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  • Clebak KT, Morrison A, Croad JR. Gout: Rapid Evidence Review. American Family Physician 2020; 102: 533-538.
  • Dalbeth N, Gosling AL, Gaffo A, Abhishek A. Gout. Lancet 2021; 397: 1843-1855.
  • Sesti G, Fiorentino TV. Gotta. In”SIMI Handbook, Terapia medica”. Sezione 13, pag. 898-904.

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