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Artrite reumatoide

Prof. Antonio Riccio

Prof. Antonio Riccio

Reumatologo Medico Chirurgo - Professore Aggregato emerito, specialista in Reumatologia Creato il: 11/07/2017 Ultimo aggiornamento: 22/09/2023
L'Artrite Reumatoide (AR), largamente conosciuta come Malattia Reumatoide, per via di una significativa ricorrenza dell'interessamento extra-articolare, è una patologia di origine autoimmune, a carattere infiammatorio. Tale malattia interessa le articolazioni in modo variabile e, in circa il 25-30% dei casi, può presentarsi a carico anche dei distretti extra-articolari (gli organi e gli apparati).

Il processo infiammatorio, nel corso del tempo, presenta la propensione a distruggere le cartilagini articolari. Negli stadi più avanzati della patologia, le articolazioni colpite possono evolvere in anchilosi, con conseguenti deformità.

Nella popolazione italiana, la prevalenza si attesta sull’1%. La prevalenza è marcatamente femminile, con un rapporto di 7:1 con il sesso maschile.
 

Cause Cause

Allo stato attuale, così come per la gran parte delle patologie autoimmuni, non è stata ancora identificata una causa specifica dell’Artrite Reumatoide. La versione, oggi più accreditata, individua un’origine multifattoriale alla base della patologia. I fattori eziologici, dunque, sono molteplici: specialmente virali, ma non solo. Tali fattori determinano, da parte dell’organismo, in condizioni specifiche, una risposta anticorpale deviata, che colpisce parti dell’organismo stesso.

Proprio per questo motivo, nel caso dell’Artrite Reumatoide, si parla di autoanticorpi. Nel caso specifico della patologia in questione, l’autoanticorpo è il Fattore Reumatoide (FR).

In altre parole, la causa può variare, ma il meccanismo con cui essa agisce (patogenesi) è comune. Tali autoanticorpi, unendosi ai rispettivi "autoantigeni" (componenti dell'organismo modificati in modo patologico, e pertanto non più riconosciuti dall'organismo come suoi propri) degli "immunocomplessi", che a livello articolare vengono "fagocitati", cioè, inglobati, da cellule dette "macrofagi". Quest’ultimi costituiscono, all'interno delle articolazioni colpite, un tessuto patologico, detto "panno sinoviale", che attacca la cartilagine articolare, distruggendola.

Va riconosciuto, restando nel discorso delle cause, il ruolo giocato dai: 
 
  • fattori genetici: è descritta una familiarità, anche se non è corretto parlare di ereditarietà;
  • fattori ormonali: si tratta di una patologia con un’incidenza maggiore nel sesso femminile, specialmente in età fertile, verificandosi più sporadicamente durante la menopausa.
Possono presentarsi anche fattori scatenanti, come traumi o infezioni. L’esordio, tuttavia, è più frequentemente indipendente.
 

Sintomi Sintomi

L'esordio dell’Artrite Reumatoide può essere vario: subdolo, graduale o acuto. Il primo sintomo è quello del dolore articolare, che è frequentemente associato a rigidità articolare mattutina. In alcuni casi, possono registrarsi anche episodi di cefalea nucale e/o nevralgia (specie quella occipitale). Il dolore articolare, talvolta, può anche manifestarsi prima della comparsa delle tumefazioni, che, la maggior parte delle volte, riguardano le articolazioni delle dita di entrambe le mani (andamento simmetrico), con possibile successivo coinvolgimento delle articolazioni sovrastanti, come i polsi e i gomiti (si parla di andamento aggiuntivo).

Si parla di:
 
  • forme poliarticolari, quando l’interessamento è a più articolazioni;
  • forme oligoarticolari, quando l’interessamento è a quattro, o meno, articolazioni (avviene più raramente);
  • forma monoarticolare: quando l’interessamento è a una sola articolazione (si tratta di un’evenienza eccezionale).
La successiva evoluzione in sublussazioni e infine anchilosi (quarto stadio) è dovuta alla graduale erosione delle cartilagini articolari, da parte del panno sinoviale. Va detto, tuttavia, che oggi, grazie al miglioramento delle prospettive terapeutiche, accade più raramente, rispetto al passato, di arrivare al quarto stadio. Quando questo si verifica, possono crearsi deformità caratteristiche, quali, per esempio, alle mani, quelle chiamate a "colpo di vento" o a "collo di cigno".

Da un punto di vista laboratoristico, nel siero, si riscontra generalmente un aumento dei cosiddetti indici infiammatori (VES, PCR, alfa.-2 globuline nel quadro proteico). Al tempo stesso, si registra, in circa l'80% dei casi, la positività del Reumatest, indice della presenza del FR (AR detta sieropositiva), di cui è importante, ai fini prognostici, la titolazione o determinazione quantitativa, i titoli più alti essendo associati a forme più severe. Nel 20% dei casi, il Reumatest è negativo (AR detta sieronegativa), anche se in realtà, in gran parte di questi casi, il FR è comunque presente, ma non è evidenziabile con gli usuali metodi o magari è presente solo a livello articolare e non nel sangue.

È importante compiere una distinzione tra le due forme. Questo perché, solo nella sieronegativa, possono verificarsi manifestazioni extra-articolari, come, per esempio, i noduli reumatoidi. Questi si localizzano tipicamente dietro i gomiti o su altri tendini, ma, talvolta, anche in organi interni, come, ad esempio, nei polmoni.

Restando sempre nel campo dell’Artrite Reumatoide sieropositiva, va detto come possa verificarsi anche la comparsa della vasculite reumatoide. Si tratta di un processo infiammatorio a carico delle pareti delle arterie, spesso agli arti inferiori.

Il FR non è specifico per l'AR, esso può esser presente anche in altre malattie, quali tubercolosi, epatiti croniche da virus B e C, tiroiditi, altre patologie autoimmuni come il LES, nonchè in una ridotta (5%) percentuale di soggetti sani. Quest’ultima possibilità va sempre presa in considerazione, in caso di Reumatest positivo, qualora ci sia un’assenza di sintomatologia artritica. Nel 25% dei casi di AR, sono anche presenti gli anticorpi antinucleo (ANA).

Il decorso dell'Artrite Reumatoide è molto variabile: si va da forme acute e rapidamente ingravescenti, a forme relativamente lievi (soprattutto le sieronegative) e ad altre con periodiche riacutizzazioni. Molto dipende da quanto precocemente venga eseguita la diagnosi, nonché dallo scrupolo e dall’accortezza del paziente nel seguire la terapia indicata dallo specialista. 
 

Diagnosi Diagnosi

La diagnosi va eseguita quanto prima possibile. Ciononostante, bisogna specificare come sia fondamentale la sua stessa certezza, a rischio di sottoporre il paziente a trattamenti non congruenti. Per questo motivo, a livello internazionale, sono stati codificati diversi elementi, definiti criteri diagnostici. Si tratta di elementi, sia clinici che laboratoristici e radiologici, dei quali, se presenti nel paziente, in un numero minimo di quattro, danno la certezza della diagnosi.

Generalmente, il riscontro obiettivo delle tumefazioni articolari è fondamentale per la diagnosi. Nei casi dubbi, invece, laddove siano presenti solo sintomi soggettivi (il dolore),  è raccomandato uno stretto monitoraggio, prima di attuare terapie che, se non idonee, possono causare effetti indesiderati o addirittura nascondere dei sintomi, confondendo il quadro clinico e ritardando, quindi, la diagnosi corretta. In casi del genere, si possono rivelare utili indagini strumentali quali:
 
  • la scintigrafia articolare
  • la risonanza magnetica.
Si ricorre alle radiografie, che evidenziano segni chiari, invece, quando sono presenti le tumefazioni.
 

Rischi Rischi

Il rischio più grande è che la patologia evolva al quarto stadio, che può comportare gravi invalidità. Per questo motivo, risultano decisivi:
 
  • la precocità della diagnosi; 
  • l'inizio della terapia;
  • il successivo monitoraggio, che, inizialmente, nelle prime fasi del trattamento, va eseguito ogni tre - quattro mesi, anche in base alla risposta terapeutica, nonchè all'eventuale insorgenza di effetti collaterali dei farmaci. In tal senso, molto importante è la collaborazione tra il medico specialista e il medico di base. Altrettanto fondamentale, è lo scrupolo del paziente nel mettere in pratica, e seguire, il trattamento che gli viene indicato.  
A tal proposito, uno degli errori più spesso commessi dai pazienti allorquando si verificano miglioramenti sensibili, è quello di abbandonare ogni tipo di cura. Il paziente crede di essere guarito, ma ciò è impossibile, in quanto l'Artrite Reumatoide, essendo una malattia cronica per definizione, non è soggetta a guarigione definitiva.

A tal riguardo, lo specialista deve essere molto chiaro col paziente, anche in virtù del fatto che, in particolari casi, con il passare del tempo, si può andare incontro, inevitabilmente, anche ad una riacutizzazione.
 

Cure e Trattamenti Cure e Trattamenti

La terapia dell'Artrite Reumatoide prevede l'uso di farmaci cosiddetti "di fondo", nel senso che agiscono sulle alterazioni immunologiche alla base della malattia. Possono essere considerati quindi curativi in senso stretto (DMARDS sigla inglese che sta per "Disease Modifying Anti-Rheumatic Drugs), associati ad antiinfiammatori non-steroidei (FANS), che hanno invece un'efficacia più che altro sintomatica, senza veri effetti curativi, ma necessari, perché ad azione antiinfiammatoria immediata. I DMARDS, invece, esplicano la loro piena efficacia terapeutica solo dopo un periodo di latenza, anche di varie settimane.

Per i casi iperacuti, va riservato il cortisone, nonché per quei casi contraddistinti da particolare compromissione degli indici infiammatori e di autoimmunità. Fra i DMARDS, quelli più utilizzati sono il methotrexate (MTX), disponibile sia in compresse che in fiale sottocute, a somministrazione settimanale, il leflunomide (Arava) e la ciclosporina (Sandimmun), a somministrazione giornaliera. Nei casi più lievi, soprattutto se sieronegativi, l'idrossiclorochina (Plaquenil), anch'essa a somministrazione quotidiana. L’uso di sali d'oro e penicillamina sono ormai in disuso, per via dell'elevata tossicità.

La scelta di un DMARD, piuttosto di un altro, è spesso legata all'esperienza dello specialista, oltre che alle condizioni specifiche del paziente. Non tutti i DMARDS sono sempre efficaci in egual misura, e, a causa del suddetto periodo di latenza, la loro azione potrà essere valutata solo dopo alcune settimane. In questo periodo, la sintomatologia, specialmente il dolore, verrà attenuata dall’uso contemporaneo di un FANS.

Qualora un DMARD dovesse rivelarsi inefficace, se ne adotta un’altra. In caso di scarsi risultati anche in questo caso, si passa ai farmaci biologici (anti-TNF e anti-interleuchine). Si tratta degli ultimi arrivati nel campo del trattamento dell’Artrite Reumatoide.

Il paziente è tenuto ad essere accuratamente informato, sia sulla terapia che sul programma dei controlli reumatologici nel tempo, almeno ogni tre - quattro mesi, fin quando la situazione clinica non si sia stabilizzata in una soddisfacente remissione. Dopodiché, i controlli potranno essere dilazionati a uno - due l'anno.

Un altro aspetto, sul quale il paziente deve essere tenuto al corrente, è quello relativo all’eventuale insorgenza di effetti collaterali dei farmaci usati, quali potrebbero essere:
 
  • epatolesività e mielotossicità per MTX;
  • ipertensione arteriosa e nefrotossicità per ciclosporina;
  • retinopatia per l'idrossiclorochina.
È chiaro come, un paziente già affetto da uno di questi apparati, non potrà utilizzare quello specifico farmaco.  

Ai FANS, per via della loro alta gastrolesività, va sempre associato un gastroprotettore. Tutto ciò fermo restando che, in caso di remissione clinica significativa e duratura, il FANS può essere anche sospeso. Il DMARD, invece, andrà continuato a tempo indeterminato.

Un altro aspetto, del quale tenere al corrente il paziente, è che l’eventuale terapia con farmaci biologici, generalmente, va eseguita in ambito ospedaliero, soltanto dopo aver escluso concomitanti patologie infettive e/o neoplastiche.

L’individuo affetto da AR va incoraggiato circa la larga disponibilità farmacologica attuale, che ha permesso di modificare in profondità il decorso di una patologia molto temuta in passato. La farmacologia odierna, inoltre, ha reso rari i casi gravi di invalidità. Contemporaneamente, il paziente deve essere tenuto al corrente sulle eventuali riacutizzazioni, che possono verificarsi specialmente in quei casi di scarso scrupolo nell’attenersi alla cura.

Di frequente, ricorrere al fisiatra e, eventualmente, all'ortopedico può rappresentare un supporto efficace al trattamento farmacologico. In ogni caso, tale trattamento resta comunque la base della terapia dell'Artrite Reumatoide, necessitando strettamente dell'azione dello specialista reumatologo.  
 

Bibliografia

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