Tumore del fegato
Dr. Roberto Valente
Chirurgo Generale Medico Chirurgo, specialista in Chirurgia Generale Creato il: 30/06/2017 Ultimo aggiornamento: 27/12/2023I tumori maligni del fegato sono rappresentati da neoformazioni cellulari, benigne o maligne, che colpiscono, per l’appunto, il fegato. I tumori maligni possono svilupparsi da diverse cellule dell’organo e in base a quello possono essere definiti come:
- epatocarcinomi: che originano dalle cellule principali del fegato (epatociti);
- colangiocarcinomi: che originano dalle cellule che rivestono i dotti biliari (colangiociti).
Questi si dividono in due grandi gruppi: i tumori maligni primitivi e tumori maligni secondari o metastatici. Tra le neoformazioni benigne, invece, rientrano:
- gli angiomi: noduli costituiti dalla proliferazione delle strutture vascolari;
- l’iperplasia nodulare focale;
- gli adenomi.
Cause
Nell’insorgenza dei tumori del fegato possono contribuire diversi fattori di rischio. Per gli angiomi non esistono particolari fattori di rischio riconosciuti. L'incidenza è comunque più frequente nei soggetti di sesso femminile. Nell’adenoma epatico e nell’iperplasia nodulare focale, invece, le donne in età fertile sono maggiormente esposte a rischi, soprattutto come conseguenza dell’assunzione di anticoncezionali estroprogestinici. In questi casi, l’adenoma può regredire quando viene interrotta la terapia.
L’epatocarcinoma ha molte cause possibili, tra cui:
- malnutrizione;
- cancerogeni presenti nella dieta;
- infezioni parassitarie e virali;
- tossine;
- cirrosi epatica di varia natura;
- fumo;
- ormoni sessuali.
Le situazioni più frequenti associate alla presenza di tale tumore sono tuttavia:
- epatite da virus B: l’85% dei casi di epatocarcinoma si osservano nei paesi che hanno alti tassi di infezione cronica da virus B dell’epatite. Questa si trasmette soprattutto per l’esposizione a sangue infetto o a fluidi corporei, come sperma e liquidi vaginali. L’evoluzione verso la forma tumorale dell’epatite B può avvenire secondo due meccanismi: il primo riguarda la replicazione del virus, che può comportare alterazioni a carico del DNA cellulare con un effetto carcinogenico; il secondo, invece, è legato alla cronicizzazione dell’infezione, che può dar luogo a un quadro di cirrosi che aumenta il rischio di tumori;
- cirrosi epatica: la cirrosi è lo stato terminale di alcune malattie epatiche, in cui il fegato viene pesantemente attaccato da lesioni, cicatrici e noduli. In questo caso, la costante proliferazione delle cellule epatiche può dar luogo a degenerazioni di tipo tumorale. Tra le cause della cirrosi rientrano: etilismo cronico, le infezioni virali croniche (epatite B e C), la steatoepatite cronica non alcolica (cirrosi dismetabolica) o l'emocromatosi.
Per il colangiocarcinoma non esistono particolari fattori di rischio individuali; tuttavia, si ha una maggiore incidenza nei pazienti colpiti da infezioni parassitarie croniche (più comuni nei paesi asiatici o in via di sviluppo). Nei fattori di rischio di origine patologica, invece, rientra la colangite sclerosante primitiva, una malattia infiammatoria cronica dei dotti biliari, a sua volta strettamente associata alla rettocolite ulcerosa, una malattia infiammatoria cronica dell'intestino. La malattia di Caroli (cisti e dei dotti biliari intraepatici), una malattia congenita del fegato, e le cisti del coledoco si associano ad un rischio maggiore di colangiocarcinoma.
Sintomi
I tumori benigni del fegato non hanno una sintomatologia conclamata; occasionalmente, se questi diventano di grandi dimensioni, possono causare: dolore, sensazione di peso addominale o addirittura la comparsa di una massa palpabile. In casi molto rari, angiomi e adenomi possono rompersi in seguito a traumi, causando emorragie addominali.
Nelle fasi iniziali, anche i tumori maligni sono asintomatici: l’epatocarcinoma, per esempio, compare in presenza di una malattia epatica cronica (che può essere un’epatite o una cirrosi) e la sua sintomatologia può essere coperta da quella della malattia sottostante. Quando presenti, i sintomi più comuni sono rappresentati da:
- malessere generale;
- febbricola;
- dimagrimento;
- inappetenza.
In caso di epatopatia cronica avanzata spesso troviamo anche manifestazioni come ingrandimento della milza, addome disteso per la presenza di grandi quantità di liquido (ascite), colorazione gialla della cute e delle mucose (ittero), presenza di circoli venosi superficiali addominali di compenso.
Anche nei tumori delle vie biliari, la sintomatologia è poco riconoscibile; l’unico sintomo più evidente è rappresentato dall’ittero, generalmente associato all’accumulo di bilirubina; questo può avvenire in quanto la massa tumorale va a occludere la via biliare principale, impedendone la secrezione.
Le metastasi epatiche sono generalmente asintomatiche al momento della diagnosi, in quanto si manifestano su un fegato sano. L’insufficienza epatica, in questi casi, si può manifestare solo in fasi molto avanzate, quando il tumore ha sostituito la maggior parte del tessuto sano.
Diagnosi
Per molti tumori benigni, la diagnosi viene quasi sempre posta in seguito a indagini (perlopiù radiologiche) svolte per altre patologie. In genere, però, la tecnica diagnostica di elezione per l’individuazione di questi tumori è rappresentata dall’ecografia addominale (che nell’80% dei casi è sufficiente di porre la diagnosi di angioma); nei casi in cui l’ecografia non sia sufficiente, si fa spesso ricorso a tecniche come la risonanza magnetica e la TAC dell’addome con mezzo di contrasto. Un esame bioptico si può rendere necessario nei casi in cui anche queste tecniche non riescano a dare una diagnosi certa.
Le indagini radiologiche sono essenziali anche nella diagnosi dell’epatocarcinoma. In genere, queste (risonanza magnetica e TAC) vengono svolte con l’uso di un mezzo di contrasto. Poiché il tumore ha un comportamento molto specifico nei confronti del mezzo di contrasto, di solito la diagnosi non richiede la conferma della biopsia se vi sono almeno due esami con esito concordante. Occasionalmente, può essere utile effettuare una biopsia mirata sotto guida radiografica. Di buona utilità per la diagnosi e per il follow-up di pazienti con epatocarcinoma è l’alfa-fetoproteina, un marker tumorale che si dosa mediante un semplice esame del sangue. Come esami di complemento, in genere, si possono effettuare radiografie toraciche, scintigrafie ossee e, in caso di disturbi neurologici, una TAC dell’encefalo per valutare l'insorgenza di eventuali metastasi.
Per quanto riguarda il colangiocarcinoma, la diagnosi strumentale si avvale delle stesse metodiche descritte per l'epatocarcinoma, in particolare TAC e risonanza magnetica.
La diagnosi delle metastasi epatiche, in genere, avviene in conseguenza di esami di completamento diagnostico per altri tumori o durante il follow-up. Le metodiche, comunque, sono sempre di tipo radiologico.
Rischi
I rischi legati ai tumori benigni sono molto ridotti e spesso questi non richiedono trattamenti terapeutici. Nel caso degli adenomi, il rischio è in genere costituito dalla trasformazione maligna, che però di solito ha un’incidenza molto bassa.
Per quanto concerne l’epatocarcinoma, i rischi principali sono rappresentati dall’evoluzione del tumore, che, oltre a compromettere gradualmente la funzionalità epatica fino all’insufficienza terminale, può dar luogo a metastasi e mettere a rischio la sopravvivenza del paziente.
Cure e Trattamenti
Per i tumori benigni, il trattamento di riferimento è di tipo chirurgico e si rende necessario se adenomi e angiomi raggiungono dimensioni significative.
Nel trattamento dell’epatocarcinoma la chirurgia costituisce ancora la strategia terapeutica di elezione ma ogni paziente necessita di valutazioni specifiche per avere informazioni sulle caratteristiche della massa (estensione, multifocalità, metastasi a distanza) e, soprattutto, sulla funzionalità del fegato.
Poiché molti tumori del fegato insorgono in presenza di altre patologie che ne compromettono la funzionalità, è bene notare che un intervento di resezione del tumore può lasciare in sede un fegato non più in grado di rispondere alle necessità dell’organismo, causando un’insufficienza epatica grave; pertanto, l’intervento deve sì essere radicale a sufficienza per rimuovere il tumore ma anche risparmiare quanto più tessuto sano possibile. Ciò, però, non esclude il rischio di una recidiva derivante dalla malattia epatica sottostante. In questi casi, quindi, un trattamento risolutivo è rappresentato dal trapianto di fegato.
Nei casi in cui la malattia ha raggiunto uno stadio troppo avanzato per consentire l’intervento chirurgico, esistono alcune metodiche alternative, come:
- TACE (chemioembolizzazione epatica transarteriosa), che consiste nella somministrazione di un farmaco chemioterapico in maniera selettiva attraverso i rami arteriosi che irrorano la massa neoplastica;
- TARE (radioembolizzazione epaticha transarteriosa), un analogo della TACE, ma il cui effetto distruttivo sulle cellule tumorali si ottiene mediante l'utilizzo di microsfere radioattive anziché di farmaci chemioterapici;
- alcolizzazione percutanea, che consiste nella iniezione sotto guida ecografica di alcool etilico all'interno della massa tumorale, provocandone la distruzione;
- termoablazione, in cui la distruzione delle cellule tumorali viene ottenuta applicando calore nella zona della lesione, ciò si può ottenere usando radiofrequenze o microonde;
- crioterapia, che consiste nella distruzione delle cellule neoplastiche con applicazione di basse temperature.
Nel trattamento dei colangiocarcinomi, la chirurgia è ancora la terapia di elezione ma la prognosi è generalmente peggiore dell’epatocarcinoma e i margini di intervento molto più ridotti. Se poi il tumore si diffonde alle vie biliari extraepatiche, il quadro dell’intervento si complica ulteriormente, in quanto può rendersi necessaria un’anastomosi tra la via biliare residua e l'intestino per consentire il normale deflusso della bile. Se invece risulta coinvolto il tratto più terminale della via biliare, è necessario comprendere nell’asportazione anche la testa del pancreas e il duodeno (duodenocefalopancreasectomia).
Per il trattamento delle metastasi epatiche, si ricorre in genere alla chemioterapia. Infatti, la comparsa delle metastasi è associata alla presenza di un tumore primitivo in stadio avanzato, per cui l’intervento chirurgico può non essere sufficiente. Le eccezioni, in questo senso, sono rappresentate dalle metastasi dei tumori del colon-retto e dei tumori neuroendocrini del tratto gastro-intestinale, in cui l’intervento di resezione può presentare una soluzione efficace.Bibliografia
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