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Prolasso rettale

Dr. Francesco Saverio Mari

Dr. Francesco Saverio Mari

Chirurgo Proctologo Medico Chirurgo, specialista in Chirurgia Generale Creato il: 07/07/2017 Ultimo aggiornamento: 11/10/2023

Con il termine prolasso rettale si intende lo scivolamento dell’ultimo tratto dell’intestino verso il basso, che può arrivare alla fuoriuscita, attraverso l’ano, della parete completa o del solo strato mucoso. A seconda del grado di scivolamento e/o del tipo di tessuto che protrude attraverso l’ano, si parlerà di:

  • prolasso rettale completo, quando le pareti rettali fuoriescono totalmente dall'ano;
  • prolasso mucoso del retto, quando a prolassare al di fuori dell’ano è solamente lo strato mucoso. Molto spesso, al prolasso della mucosa, si associa anche quello dei vasi emorroidari (prolasso muco-emorroidario);
  • prolasso rettale interno, quando le pareti del retto scivolano dentro sé stesse cerando un’invaginazione dell’ultimo tratto dell’intestino. In questi casi, si parlerà di intussuscezione retto-rettale, se il retto prolassa dentro sé stesso, o di intussuscezione retto-anale, se il retto prolassa nel canale anale.

Il prolasso rettale può colpire le persone di qualsiasi età, compresi i bambini (prolasso congenito), anche se si ha maggiore incidenza nei soggetti al di sopra dei 50 anni e nelle donne.

Come tutte le patologie anatomiche, il prolasso del retto va trattato chirurgicamente, andando a ricostruire i mezzi di fissità o asportando il tessuto sovrabbondante. La terapia medica riveste solo il ruolo della gestione della sintomatologia.

Prolasso rettale

Cause Cause

Il prolasso rettale, escludendo le forme congenite pediatriche, ha una genesi multifattoriale, legata ad una predisposizione genetica (minor resistenza ed elasticità dei tessuti), associata ad una serie di fattori di rischio.

I principali fattori di rischio sono:

  • l’aumento della pressione endoaddominale (come avviene in presenza di stipsi cronica o ripetuti episodi di diarrea, di bronchite cronica o in gravidanza);
  • il cedimento dei mezzi di sostegno muscolo-tendinei (come avviene in seguito a traumi da precedenti interventi chirurgici, da parto naturale, alle conseguenze di malattie neurologiche oppure come semplice esito del processo di invecchiamento dei tessuti).

Sintomi Sintomi

Il prolasso rettale, specie nelle forme iniziali, può dare una sintomatologia talmente sfumata da non essere percepita e, spesso, ci si accorge solamente della sporgenza del tessuto rettale attraverso l’ano, durante la defecazione.

Nelle forme più avanzate, il quadro clinico è caratterizzato dai seguenti sintomi:

  • difficoltà all’evacuazione o sensazione di evacuazione incompleta;
  • necessità di evacuazioni multiple per ottenere un soddisfacente svuotamento intestinale;
  • evacuazioni frammentate e/o di scarsa quantità;
  • necessità di una significativa e prolungata spinta evacuatoria;
  • necessità di aiuti alla defecazione (svuotamento manuale, digitazioni, clismi, lassativi, etc.);
  • tenesmo (sensazione prolungata di dover evacuare in assenza di feci in ampolla rettale);
  • stipsi;
  • prurito anale;
  • ano umido (soiling);
  • incontinenza ai gas o alle feci;
  • sanguinamento post-evacuazione;
  • emorroidi o ragadi anali ricorrenti.
Nelle donne, il prolasso rettale si associa spesso a patologie del pavimento pelvico, come:
 
  • prolasso della vescica e/o dell’utero;
  • incontinenza urinaria;
  • dolore pelvico cronico;
  • dispareunia (dolore con i rapporti sessuali).

Diagnosi Diagnosi

La diagnosi di prolasso rettale è principalmente clinica, infatti, attraverso un semplice esplorazione rettale magari associata ad un’anoscopia è possibile identificare la presenza e le caratteristiche del prolasso.

Nei pazienti con prolassi avanzati, o in presenza di un quadro sintomatologico invalidante, è bene integrare il percorso diagnostico con esami specifici, come:

  • colonscopia totale;
  • RMN o RX Defecografia o Cisto-colpo-defecografia;
  • manometria Ano-rettale;
  • risonanza Magnetica Pelvica;
  • tac addome e pelvi.

Nei pazienti con associate patologie del pavimento pelvico, è utile integrare il percorso diagnostico, con esami specifici per il pavimento pelvico.

Rischi Rischi

Come la maggior parte delle patologie anatomiche, il prolasso non genera alterazioni biologiche che possano condizionare la sopravvivenza, ma genera solamente dei sintomi disagevoli, legati al malfunzionamento meccanico del retto e degli organi del pavimento pelvico. Il mancato trattamento del prolasso non modifica la sopravvivenza, ma può solamente aggravare il quadro sintomatico, peggiorando la qualità di vita di chi ne è affetto.

Gli unici rischi del prolasso rettale sono quelli specifici delle varie tecniche chirurgiche, che possono essere utilizzate per il suo trattamento.

Cure e Trattamenti Cure e Trattamenti

La cura del prolasso rettale è chirurgica ed è principalmente rivolta alla ricostruzione dei mezzi di fissità del retto e/o alla resezione del tessuto prolassato.

La terapia medica è rivolta alla gestione o al miglioramento del quadro sintomatologico. Modifiche dietetico-comportamentali, uso di lassativi o clisteri o di specifiche manovre per favorire l’evacuazione consentono di ridurre i sintomi della stipsi da defecazione ostruita. In presenza di una malattia emorroidaria associata, l’utilizzo di flavonoidi può alleviare la sintomatologia ed il sanguinamento rettale.

La terapia chirurgica si avvale di differenti tecniche, che possono essere suddivise, a seconda della via d’accesso, in addominali e transanali. Viste le caratteristiche differenti del prolasso rettale e delle patologie associate tra un paziente ed un altro, è fondamentale la personalizzazione del percorso terapeutico chirurgico. Ad oggi, non esiste una tecnica chirurgica migliore in assoluto e la scelta tra una procedura ed un'altra va fatta sulle caratteristiche di ogni singolo paziente. Tra le tecniche per via addominale più diffuse troviamo:

  • intervento di Frykman – Goldberg: che prevede la resezione del sigma (solitamente ridondante nei pazienti con prolasso completo del retto) e la sospensione del retto all’osso sacro;
  • intervento di Ripstein: che consiste nella mobilizzazione del retto dal mesoretto e il suo risollevamento mediante l’utilizzo di una protesi che viene fissata sul sacro (rettopessi sacrale). Di questa procedura esistono alcune varianti in base al tipo di protesi utilizzata (biologica o sintetica) e al tipo di ancoraggio al sacro (punti, tack, clip);
  • resezione anteriore del retto: questo tipo di intervento è indicato in presenza di un prolasso completo del retto con il sigma particolarmente lungo e ridondante. Non prevedendo la ricostruzione dei mezzi di fissità del retto questa tecnica è gravata da un maggior rischio di recidive a lungo termine.

Le procedure chirurgiche più utilizzate, tra quelle eseguibili per via transanale, sono:

  • resezione transanale del retto con stapler: con questo nome si intendono alcune tecniche che prevedono la correzione del prolasso del retto mediante una resezione del tessuto prolassato che viene condotta attraverso l’ano con l’ausilio di suturatrici meccaniche dedicate. L’esecuzione della resezione per via transanale consente di ridurre l’invasività della procedura chirurgica mentre la possibilità di personalizzare la procedura scegliendo la tecnica e la suturatrice più indicata caso per caso garantisce un ottimo risultato anatomico. Queste procedure sono anche utilizzate nella terapia della malattia emorroidaria associata al prolasso mucoso del retto;
  • Intervento di Altemeier: che si basa sulla resezione del tratto di retto prolassato, estroflettendolo all’esterno e creando un’anastomosi manuale o meccanica, immediatamente al di sopra della linea pettinata. Si tratta di una procedura che presenta un alto rischio di recidive. È consigliata specialmente per i pazienti anziani e defedati;
  • Intervento di Delorme: che consiste nella resezione della mucosa del segmento di retto prolassato e la plicatura della parete muscolare. Si tratta di un intervento che comporta un alto rischio di recidive. È raccomandata specialmente nei casi di prolassi minori e per i pazienti anziani e defedati.

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