Ipercortisolismo (sindrome di Cushing)
Dr.ssa Paola Loli
Endocrinologo Medico Chirurgo, specialista in Endocrinologia Creato il: 25/01/2018 Ultimo aggiornamento: 18/12/2023L’ipercortisolismo è una condizione che si associa a un’eccessiva concentrazione di cortisolo nell’organismo. Questa condizione è anche definita sindrome di Cushing.
Il cortisolo è un ormone normalmente prodotto dalle ghiandole surrenali e indispensabile per la vita, in quanto coinvolto in alcuni meccanismi di regolazione dell’organismo, come:
- resistenza dell’organismo allo stress;
- controllo della pressione arteriosa;
- controllo del metabolismo degli zuccheri, proteine e grassi.
Il cortisolo ha anche azione antinfiammatoria e immunosoppressiva a livello sistemico, in quanto attiva una serie di recettori specifici a livello cellulare. Questi recettori sono interessati anche dall’azione di alcuni farmaci a base cortisonica, la cui formulazione potenzia l’azione infiammatoria rispetto al cortisolo naturalmente prodotto dall’organismo. I farmaci cortisonici, quindi, mimano parzialmente l’attività del cortisolo endogeno.
Cause
La causa più frequente della sindrome di Cushing è proprio l’assunzione di dosi eccessive di farmaci cortisonici, come spesso avviene nel trattamento di malattie autoimmuni, infiammatorie croniche o tumorali (ipercortisolismo iatrogeno).
Tuttavia, esiste anche una forma di ipercortisolismo che insorge spontaneamente nell’organismo ed è detta endogena; questa condizione è rara e abbastanza severa. In media, l’ipercortisolismo endogeno colpisce 1-2 persone su ogni milione ogni anno e, nella maggior parte dei casi, è conseguenza di un adenoma ipofisario, ossia un tumore benigno che porta alla secrezione eccessiva di ormone adenocorticotropo (ACTH), stimolando le ghiandole surrenali a secernere quantitativi eccessivi di cortisolo. Tra le cause più rare rientrano:
- produzione ectopica (ossia originata in una sede diversa da quella naturale) di ACTH;
- adenomi e carcinomi del surrene;
- iperplasia macronodulare e, in alcuni casi, micronodulare, del surrene.
In queste ultime forme la produzione eccessiva di cortisolo da parte dei surreni non è dipendente dalla stimolazione di ACTH ipofisario o ectopico.
In genere, l’ipercortisolismo endogeno colpisce maggiormente il sesso femminile e insorge soprattutto tra i 30 e i 50 anni di età.
Sintomi
In generale, il più comune sintomo della sindrome di Cushing è rappresentato da un aumento del peso corporeo, con l’accumulo di grasso che è maggiormente localizzato sul viso e sul tronco. A questo, spesso, si associano:
- ipertensione arteriosa;
- alterazione del metabolismo degli zuccheri;
- iperglicemia a digiuno;
- intolleranza agli zuccheri;
- nei casi più gravi, diabete.
- osteoporosi;
- sindrome dell’ovaio policistico;
- ipopotassemia (carenza di potassio);
- calcolosi renale;
- maggior frequenza di infezioni;
- alterazioni dell’umore e della memoria (insonnia, irritabilità);
- acne;
- alterazioni mestruali;
- rallentamento della crescita o pubertà precoce nei bambini;
- fragilità della pelle;
- viso rubizzo e tondeggiante;
- perdita di tono muscolare, soprattutto sulle spalle e sulle anche.
Il numero e la gravità di sintomi che si manifestano dipendono dalle caratteristiche dei pazienti e della sindrome stessa, che può essere più o meno grave a seconda del quantitativo di cortisolo prodotto e della presenza di recettori.
Diagnosi
Essendo la sindrome di Cushing caratterizzata da una sintomatologia molto eterogenea per entità e varietà, la diagnosi clinica, soprattutto nei casi lievi, può essere molto complessa. Infatti, molti sintomi caratteristici della condizione non sono specifici (es. obesità, ipertensione, diabete, depressione, irregolarità mestruali) e quindi, in assenza di sospetto da parte del medico, la diagnosi può risultare anche tardiva.
Alcune condizioni (come gravidanza, alcuni disturbi psichiatrici come la depressione, disturbo d’ansia, disturbi ossessivi-compulsivi, diabete scompensato, alcolismo) possono portare a un’attivazione continua del surrene, per cui l’ipercortisolismo risulta difficilmente distinguibile da quello patologico, dando luogo a una condizione detta pseudo-Cushing. Altre situazioni che possono dar luogo a ipercortisolismo ma non in forma patologica, per quanto confondibile, sono:
- esercizio fisico strenuo;
- stress fisico;
- malnutrizione;
- anoressia nervosa.
La diagnosi in genere viene effettuata mediante dosaggi ormonali ottenuti da esami di sangue, saliva e urine. Una volta accertato l’ipercortisolismo, è necessario eseguire test ormonali per distinguere l’ipercortisolismo da assunzione di cortisonici da quello endogeno. Questi test vengono effettuati mediante stimolazione e/o soppressione della secrezione di cortisolo o anche con procedure di cateterismo dei seni petrosi inferiori che consentono la determinazione di ormoni nel sangue provenienti da un sito molto vicino all’ipofisi. Generalmente vengono effettuati test multipli per confermare la diagnosi.
In generale, in seguito alle indagini ormonali, si eseguono delle indagini radiologiche che possono permettere l’individuazione dell’eventuale adenoma o del tumore alla base della sindrome.
Rischi
Dagli studi epidemiologici si è osservato che la sindrome di Cushing endogena, se non trattata correttamente, è associata ad alcune complicanze sistemiche con una maggiore mortalità rispetto alla popolazione generale. Questa, generalmente, è dovuta alla maggiore incidenza di infezioni ed eventi cardiovascolari.
Nei pazienti che, invece, vengono trattati correttamente per la sindrome, la mortalità torna effettivamente sovrapponibile a quella della popolazione generale.
Cure e Trattamenti
La strategia terapeutica di riferimento per la sindrome di Cushing consiste nella normalizzazione dei livelli di cortisolo nell’organismo, in modo da ridurre o eliminare la sintomatologia. Generalmente, questo trattamento viene associato a una terapia per correggere le manifestazioni della malattia (disturbi psichiatrici, diabete, ipertensione, infezioni, osteoporosi, dislipidemia).
Il trattamento di elezione per la sindrome è rappresentato dall’asportazione chirurgica del tumore alla base. Se questo ha interessato l’ipofisi, la procedura prevede l’accesso alla ghiandola a partire dal naso o dal labbro superiore, con la rimozione esclusiva dell’adenoma. Nel 70% dei casi riportati, l’intervento è risolutivo e privo di ricadute.
Tra le strategie alternative per il trattamento del tumore ipofisario rientrano:
- radioterapia;
- radiochirurgia, ossia radioterapia eseguita direttamente nella zona interessata;
- terapia medica;
- asportazione delle ghiandole surrenali (bisurrenectomia), che è totalmente risolutiva e impedisce la produzione di cortisolo da parte dell’organismo. Questa pratica deve essere associata a una terapia ormonale sostitutiva a base di analoghi del cortisolo e di aldosterone per regolare l’equilibrio idrico e salino dell’organismo.
La radioterapia e la radiochirurgia richiedono alcuni anni prima che la produzione di cortisolo rientri nella normalità e pertanto il paziente deve seguire una terapia farmacologica per contenere la produzione di cortisolo nel frattempo. Al momento sono presenti sul mercato numerosi farmaci che consentono la regolazione della produzione di cortisolo, contribuendo alla regolazione di tutte le forme di ipercortisolismo endogeno.
In ogni caso, la scelta della terapia più adatta richiede una valutazione specialistica da parte di un endocrinologo, il quale può tenere correttamente conto della possibilità di risoluzione della malattia e delle preferenze del paziente stesso.
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