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Safenectomia

Prof. Attilio Marchese

Prof. Attilio Marchese

Chirurgo Vascolare Medico Chirurgo - Professore a contratto, specialista in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso ed in Urologia Creato il: 01/07/2017 Ultimo aggiornamento: 21/09/2023
Nell’arto inferiore esiste un sistema venoso articolato che si compone di tre distretti:
 
  • il sistema venoso profondo, situato all’interno delle fasce muscolari (il più rappresentativo in termini di funzione emodinamica, in quanto convoglia verso il cuore l’80-90% del sangue refluo dall’ arto);
  • il sistema venoso superficiale, a localizzazione sottocutanea;
  • il sistema delle vene perforanti, costituito da vene che mettono in comunicazione i due sistemi fra di loro.
Gli assi safenici rappresentano i più importanti collettori venosi del sistema superficiale, in quanto raccolgono il sangue proveniente dalla fitta rete di collettori venosi superficiali, facendolo confluire nel sistema venoso profondo. In ogni arto sono presenti un asse safenico interno ed un asse safenico esterno. Il primo decorre lungo tutto l’arto in sede postero-mediale, confluendo nella vena femorale a livello inguinale, il secondo decorre lungo la linea mediana posteriore dal piede fino alla confluenza con la vena poplitea, dietro al ginocchio. Comunemente vengono denominate la prima “safena interna” e la seconda “safena esterna”; in precedenza venivano usati anche i termini di “grande safena” e “piccola safena".

Per poter consentire al sangue refluo dagli arti inferiori di essere spinto verso il cuore in direzione antigravitaria, intervengono sia la forza propulsiva delle pareti venose che la cosiddetta “pompa muscoloplantare” (anche detta “di Servelle e Lejars”), che viene attivata durante la deambulazione pompando il sangue venoso verso l’alto. Le vene sono comunque provviste di meccanismi valvolari atti ad impedire il ritorno del sangue verso il basso per forza di gravità.

Quando, a seguito di una insufficienza della forza propulsiva delle vene per fattori costituzionali o acquisiti oppure per il subentro di condizioni che portano ad una insufficienza della pompa muscolo plantare (funzionali od organici), si sviluppa una condizione di ipertensione venosa con dilatazione dei vasi venosi e perdita della funzione valvolare si parla genericamente di insufficienza venosa.

Quando tale condizione di dilatazione della parete e perdita dei meccanismi valvolari interessa gli assi safenici si parla di insufficienza safenica. In presenza di una insufficienza venosa si assiste ad un incremento delle pressioni venose di cui una delle possibili conseguenze è lo sviluppo, nell’ambito del sistema venoso superficiale di vene ectasiche e tortuose, comunemente dette “varici”.

È importante sottolineare che l'insufficienza safenica di per sé non è di necessità direttamente correlata alla presenza o meno di varici nell'arto inferiore interessato, essendo possibile osservare un'insufficienza safenica in assenza di varici così come la presenza di varici in assenza di insufficienza safenica; ciò in virtù della complessità dell'emodinamica venosa, dei suoi meccanismi di compenso e della possibilità che le varici possano svilupparsi anche dall'insufficienza di una o più vene perforanti, di gamba o di coscia (i cosiddetti "reflussi brevi", per distinguerli dai cosiddetti "reflussi lunghi", di origine safenica). 
 
Safenectomia

Cause Cause

All’origine dell’insufficienza degli assi safenici, possiamo affermare che vi è una meiopragia costituzionale del sistema venoso, che procede verso una condizione di insufficienza venosa, da definire quale patologia a carattere cronico, degenerativo ed evolutivo, molto frequente nel mondo occidentale.

Nell’ambito di tale meiopragia costituzionale, si inseriscono fattori ambientali ed errate abitudini di vita, che agevolano ed accelerano il progressivo sfiancamento delle pareti venose. Tra questi assumono particolare rilievo:
 
  • eccesso ponderale;
  • sedentarietà;
  • attività lavorativa in ortostatismo statico (molte ore fermi in piedi);
  • eccessive temperature ambientali;
  • eccessive esposizioni al sole;
  • assunzione di estroprogestinici orali; 
  • squilibri ormonali;
  • gravidanza;
  • diete squilibrate;
  • alterazioni dell'appoggio plantare con insufficienza della pompa muscolo-plantare;
  • calzature che impediscono la corretta funzionalità della pompa muscolo-plantare (tacchi molto alti);
  • attività sportive incongrue (attività di potenziamento muscolare in ortostatismo statico).

Sintomi Sintomi

Tra i sintomi più tipici dell'insufficienza safenica si ricordano:
  • edemi degli arti inferiori; 
  • gambe stanche e pesanti;
  • parestesie arti inferiori (sensazione di calore diffuso o localizzato);
  • crampi notturni;
  • irrequietezza degli arti, specialmente a letto (la cosiddetta "sindrome delle gambe senza riposo");
  • flebodinia ortostatica (intolleranza alla stazione eretta prolungata);
  • cruralgia flebostatica (dolore lungo la superficie mediale della coscia durante la stazione eretta);
  • varici tronculari;
  • varicosi teleangectasica (i cosiddetti "capillari")
  • ulcere cutanee su base flebostatica.

Diagnosi Diagnosi

In presenza di un quadro di insufficienza venosa complicata o meno da varici, in considerazione della complessità dell'emodinamica venosa e la necessità di una piena conoscenza dei meccanismi anatomofisioparologici che la regolano, è opportuno rivolgersi ad uno specialista flebologo, in grado, a seguito di una precisa anamnesi generale e flebologica, nonché a seguito di un accurato esame obiettivo, di inquadrare al meglio la patologia venosa del paziente.

L'ecocolordoppler rappresenta uno strumento diagnostico indispensabile ed insostituibile nella diagnostica da vascolare di primo livello, consentendo una precisa mappatura emodinamica delle varici del soggetto, con l'individuazione sia dei cosiddetti "punti di fuga" all'origine delle varici, siano essi reflussi lunghi dagli assi safenici o reflussi brevi dalle vene perforanti, che dei cosiddetti "punti di rientro" dei reflussi nel circolo profondo.

Il tutto in modo da poter eseguire degli interventi mirati e più stabili nel tempo ed evitare l'esecuzione di interventi meno specifici, più aleatori e meno efficaci nel tempo, sia in termini di stabilità che di risultati. Oltre che dall'ecocolordoppler, informazioni diagnostiche preziosi provengono dalla fotopletismografia venosa a luce riflessa, ossia una metodica semplice e non invasiva, che permette di analizzare lo svuotamento dinamico delle vene degli arti inferiori ed i tempi di riempimento venoso post-esercizio, in condizioni di base e dopo test funzionali.

Altre metodiche diagnostiche di livello superiore (angioTAC, RMN, fleboscintigrafia, ecc.), vengono utilizzate raramente, e solo in casi altamente selezionati.

 

Rischi Rischi

L’insufficienza venosa, specialmente quando non adeguatamente trattata, prevede l’evoluzione verso quadri clinici variegati e di diversa gravità, pur non volendo suscitare sterili allarmismi. Si ritiene, tuttavia, di dover sottolineare come le numerose possibili e gravi complicanze facciano sì che l'insufficienza venosa non possa essere considerata un semplice disturbo o un problema unicamente di carattere estetico, ma meriti controlli specialistici periodici e trattamenti più o meno invasivi nel tempo. In particolare, tra le possibili complicanze rientrano:
 
  • edemi degli arti inferiori;
  • trombosi venosi superficiali (varicoflebiti);
  • trombosi venose profonde;
  • embolie polmonari;
  • varicosi ingravescente; 
  • distrofie e discromie cutanee;
  • ulcere cutanee su base flebostatica.

Cure e Trattamenti Cure e Trattamenti

Nelle fasi iniziali dell'insufficienza venosa, trova indicazione il trattamento conservativo, che permette in genere un buon controllo della sintomatologia ed il rallentamento della evolutività della patologia. In particolare, il trattamento conservativo si basa su poche norme, semplici ma rigorose, quali:
 
  • indossare calze elastiche di compressione adeguata, rigorosamente prescritte dallo specialista flebologo curante;
  • assumere farmaci flebotropi, profibrinolitici e/o integratori alimentari specifici, su prescrizione specialistica;
  • evitare il sovrappeso;
  • seguire una dieta specifica, ricca di frutta e verdura fresche, meglio se dietro prescrizione del nutrizionista;
  • praticare regolarmente attività fisica di tipo aerobico (in particolare nuoto, cammino, nordik walking, corsa, bicicletta);
  • evitare sportive incongrue (in particolare attività di potenziamento muscolare in ortostatismo statico);
  • evitare gli estroprogestinici e gli anticoncezionali orali;
  • evitare le attività lavorative in ortostatismo statico (molte ore fermi in piedi);
  • evitare pantaloni attillati e/o elasticizzati;
  • indossare preferibilmente scarpe comode, con 3-4 cm. di tacco;
  • correggere le alterazioni dell'appoggio plantare con compromissione della pompa muscolo-plantare.
Laddove lo specialista flebologo abbia posto l’indicazione alla eliminazione di uno o più assi safenici, al fine di migliorare la sintomatologia e di rallentare l’evolutività della malattia venosa, le tecniche attuali possono essere suddivise in due gruppi:
 
  • tecniche ablative
  • tecniche di occlusione endovascolare.
Le prime prevedono la chirurgia sensu stricto: la vena safena viene preparata chirurgicamente a livello inguinale o a livello popliteo, e quindi, sulla guida di una specifica sonda vascolare o di un filo robusto che ne percorrono il lume sino al livello distale prescelto, viene asportata in maniera cruenta ("stripping"). Questa tecnica, molto utilizzata in passato, ora è sempre meno usata in ambito specialistico, preferendo tecniche meno cruenti e prive degli effetti collaterali e delle complicanze specifiche dello stripping (per esempio, ematomi, alterazioni della sensibilità cutanea, pigmentazioni residue, tempi di convalescenza prolungati, tempi chirurgici ed anestesiologici più lunghi rispetto alle tecniche endovascolari, ecc.).

Le seconde non prevedono l'asportazione cruenta della safena, ma la sua occlusione, per via endovascolare a seguito di un danno endoteliale di tipo chimico o termico cui segue la tasformazione del vaso in un cordone fibroso, che viene progressivamente riassorbito. Si tratta di tecniche ambulatoriali che solitamente non prevedono incisioni chirurgiche (salvo diverse preferenze dell'operatore) ma unicamente la cateterizzazione del vaso sotto controllo ecografico. In questo ambito, le tecniche oggi usate sono rappresentate da:
 
  • scleromousse ecoguidata: viene iniettato un agente sclerosante sotto forma di schiuma per aumentarne il tempo di contatto con la parete del vaso e quindi l'efficacia. L'iniezione della schiuma sclerosante viene effettuata tramite un catetere vascolare, sotto stretto controllo ecografico onde poterne valutare la sua progressione fino alla giunzione safenofemorale (o safenopoplitea), ed avere la certezza di una sclerosi completa del vaso;
  • occlusione con cianoacrilato (Super Glue): tramite il catetere vascolare viene iniettato nel lume una colla a base di cianoacrilato, potente adesivo da tempo utilizzato in ambito medico-chirurgico, che chiude immediatamente il lume del vaso; trattasi di una tecnica di origine anglosassone, ancora poco utilizzata in Italia e non ancora introdotta nelle Linee Guida Italiane, ma approvata dalla FDA americana, di cui è prevista una più ampia diffusione in futuro;
  • fototermosclerosi con laser (EVLT): viene introdotta nel lume del vaso una fibra laser che, generando calore, genera un danno di tipo fisico alla parete del vaso, determinandone l'occlusione;
  • termoablazione endovascolare con radiofrequenze (Closure): come nell'utilizzo del laser, viene introdotta nel lume del vaso una sonda, che in questo caso genera calore utilizzando radiofrequenze, con danno di tipo fisico alla parete del vaso, determinandone l'occlusione.
Relativamente alle caratteristiche intrinseche dei trattamenti endovascolare, in mani esperte tutti sovrapponibili in termini di efficacia, è opportuno dover specificare quanto segue:
 
  • la scleromousse è di semplice esecuzione, rapida ed economica, eseguibile in ambulatorio senza utilizzo di anestesia, facilmente ripetibile;
  • l'occlusione con cianoacrilato richiede un kit particolarmente costoso, è eseguibile in ambulatorio, è di rapida e semplice esecuzione, non richiede anestesia e non è ancora presente nelle Linee Guida Italiane, pur se approvata dalla FDA americana;
  • l'occlusione con laser o radiofrequenze richiede kit monouso costosi, è da eseguire preferibilmente in sala operatoria, necessita di una preparazione più complessa e di anestesia locale.
Tutte le tecniche prevedono l'utilizzo di una contenzione elastica dopo il trattamento e la celere ripresa delle abituali attività occupazionali. Essendo di efficacia pressoché sovrapponibile, lo specialista flebologo saprà consigliare il trattamento più opportuno in considerazione della propria esperienza e delle caratteristiche individuali del paziente.
 

Bibliografia

  • ITALIAN JOURNAL OF VASCULAR AND ENDOVASCULAR SURGERY; Vol. 23 - Suppl. 2 al N. 4.
  • LINEE GUIDA SICVE-SIF, della Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare e della Società Italiana di Flebologia; 2016.

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