Cos’è la cronodietetica?
La cronodietetica è la branca della cronobiologia applicata alla nutrizione. Come tutti i fenomeni biologici dell’organismo, anche il metabolismo e l’assimilazione dei cibi va incontro ad una variabilità ciclica, condizionata dai bioritmi ormonali giornalieri e stagionali. In particolare del somatotropo e del cortisolo.
Esistono reciproche influenze tra alimentazione, sistema endocrino (cioè gli ormoni), sistema nervoso e sistemi enzimatici. La maggior parte degli ormoni ha ritmi circadiani (dal latino circa dies= che si ripete ogni 24 ore). Tipici quelli del somatotropo o GH, che viene secreto soprattutto durante il sonno notturno, e ha un effetto anabolico (cioè favorisce i processi di assimilazione del cibo) e del cortisolo, che raggiunge il massimo livello nelle prime ore del mattino, rimanendo abbastanza alto fino alle 4 del pomeriggio, per poi calare progressivamente, che ha invece un’azione catabolica (cioè stimolante il consumo delle riserve energetiche). Quindi il metabolismo al mattino tende ad accelerare, alla sera a rallentare.
Prendendo ispirazione dai principi della cronobiologia e delle variazioni degli ormoni del metabolismo nell’arco delle 24 ore, sarebbe buona norma consumare i nutrienti secondo il ritmo che consente la loro migliore metabolizzazione.
In particolare i carboidrati (pane, pasta, patate, riso legumi, cracker, cereali, fette biscottate, ecc.) andrebbero consumati nella prima parte della giornata (colazione e pranzo) perché sono subito bruciati e convertiti in energia; le proteine (carne pesce, latticini, uova) invece andrebbero assunti prevalentemente a cena, giacché sono utilizzate per la crescita e riparazione dei tessuti, sotto l’azione dell’ormone della crescita (GH o somatotropina), che aumenta nella prima parte della notte.
Uno stesso pasto consumato in momenti diversi della giornata può influenzare in maniera diversa il peso corporeo, indipendentemente dall’apporto calorico. Anche la propensione verso i cibi nel corso dell’anno è soggetta a una ciclicità, avendo il picco dei consumi di lipidi in primavera e quello dei glucidi in estate.
Quando e cosa mangiare?
La ripartizione dei pasti contribuisce a sincronizzare i diversi bioritmi dell’organismo durante il giorno, modulando gli equilibri biologici per la migliore assimilazione dei nutrienti.La prima colazione, proprio per la sua localizzazione temporale, è il principale pasto regolatore della giornata , in grado di condizionare l’utilizzazione dei pasti successivi. La tendenza a saltare la prima colazione è ampiamente diffusa in età pediatrica, ancor più nelle età successive, e ha implicazioni neuro-ormonali del tutto insospettate. Ma a parte questa sofisticata motivazione, una buona prima colazione è necessaria per dare ai muscoli e al cervello il giusto apporto energetico dopo il lungo digiuno notturno e per evitare che si abbia, verso le fatidiche ore undici, un calo della concentrazione e del tono dell’umore.
Molti evitano la prima colazione per motivi di linea, ritenendo utile cominciare a ridurre l’introduzione di calorie fin dal mattino. Il risultato è opposto a quello desiderato. È stato infatti dimostrato che la prima colazione ha un ruolo fondamentale nel mantenere il peso forma: chi la elude o chi si nutre in modo frugale al mattino va più facilmente incontro a sovrappeso, poiché diviene difficile tenere sotto controllo l’appetito nelle ore successive e resistere alla tentazione di snacks e merendine, alimenti non propriamente ipocalorici.
È proprio una caratteristica dei piccoli obesi la tendenza a consumare una prima colazione più ridotta rispetto ai soggetti di peso normale. È bene che al mattino si consumi almeno il 20% del bisogno calorico giornaliero. Per un sedentario che consuma 2000 calorie al dì, la colazione dovrà assicurarne almeno 400, meglio se vengono rispettate le proporzioni tra carboidrati (55-60%), grassi (30%) e proteine (10-12%).
La prima colazione ideale dovrebbe iniziare con un spremuta di arancia o di pompelmo, meglio se qualche minuto prima di ogni altro cibo, in quanto favorisce la secrezione del succo gastrico e migliora il tono della muscolatura dello stomaco (particolarmente utile per chi ha una ipotonia gastrica): apporta sostanze importanti, quali la vitamina C, i minerali e i citrobioflavanoidi (utili per la microcircolazione); in più, favorisce l’assorbimento del ferro contenuto nei cereali integrali. Dovrebbe continuare con pane (meglio se tostato, più digeribile) o fette biscottate, con un po’ di marmellata o di miele, latte o yogurt, in cui è bene mettere cereali integrali e/o muesli (miscela di fiocchi di cereali, non necessariamente integrali, con aggiunta di frutta secca, tipo uvetta, nocciole, mela disidratata). Secondo alcuni sarebbe bene aggiungere anche una fetta di prosciutto sgrassato o di formaggio, oppure un uovo, meglio se alla coque.
Facendo un’adeguata colazione al mattino si può alleggerire il pasto di mezzogiorno, cosa utile per chi deve tornare subito al lavoro o allo studio. Attenzione, tuttavia, a non alleggerirlo troppo, per non correre il rischio di fare sfracelli gastronomici a cena quando, tornati a casa dopo una lunga giornata di lavoro e di stress, ci si rilassa, perdendo i freni inibitori e ricercando soddisfazioni almeno nel cibo.
Lo stress, attivando una reazione d’allarme, ha come peculiarità quella di incrementare la produzione di cortisolo, il quale stimola il desiderio di carboidrati, nutrienti necessari alla sintesi di serotonina, un neurormone che calma il corpo e la mente. Come sanno in molti, non vi è sedativo migliore della pasta e dei dolci. Inoltre alla sera, come espressione dei bioritmi circadiani, si ha un rallentamento del metabolismo basale, per cui le calorie introdotte vengono bruciate più lentamente favorendo l’immagazzinamento di energia, in previsione del lungo digiuno notturno. Quindi, il sempre più diffuso pasto unico serale va incluso tra i fattori di rischio per l’obesità.
Alcune leggende metropolitane
Visto che siamo in tema di distribuzione dei pasti, giunge opportuno contestare la popolarissima dieta dissociata: non è mai stato provato scientificamente che evitare di abbinare in uno stesso pasto carboidrati, proteine e lipidi dia qualche beneficio nutrizionale o faccia più facilmente dimagrire; e contestare l’altra credenza di non consumare la frutta a fine pasto per non complicare il processo digestivo e per evitare fermentazioni: un apparato digerente sano tollera qualsiasi associazione, essendo il nostro organismo da milioni di anni abituato a digerire più alimenti contemporaneamente.
È, se mai, proprio la dieta dissociata o l’abolizione della frutta a fine pasto a determinare deficit nutrizionali, perché, come già detto, più varia è la composizione del singolo pasto, maggiore è la probabilità che siano apportati e utilizzati al meglio tutti gli elementi essenziali in esso contenuti. Per esempio, la vitamina C contenuta nella frutta migliora l’assorbimento del preziosissimo ferro contenuto in alcuni alimenti precedentemente introdotti.
Bibliografia
- Tripodina A., "Una Mela al Giorno", (Priuli & Verlucca, 2010)