Ippocrate, sempre lui, disse: <Il vino è una cosa meravigliosamente appropriata per l'uomo, sia in salute che in malattia, purchè lo si usi a proposito e con giusta misura, seconda la costituzione individuale>.
Ancor oggi è difficile dire qualcosa di più appropriato.
La <giusta misura> è, infatti, il discrimine tra la piacevole euforia del bere e l'alcolismo, con le sue nefaste conseguenze, che ne fanno la terza causa di morte (considerando, oltre alle patologie provocate, gli incidenti e le tragedie ad esso connesse).
Se 2-3 bicchieri al giorno di buon vino influiscono favorevolmente sul metabolismo e sull’umore un consumo quotidiano che superi i 400 ml comincia a determinare problemi all’organismo, in particolare al fegato (le morti per epatopatie alcoliche sono in Italia più di ventimila l’anno) e al cervello.
Secondo una recentissima ricerca della Sussex University, Gran Bretagna, l’alcol avrebbe il potere in acuto, leggi sbornia, di spazzare via i brutti ricordi, preservando quelli piacevoli; alla lunga, però, un uso smodato di alcol danneggiando in maniera permanente le capacità mnemoniche, per cui scompaiono anche i ricordi piacevoli.
<IN VINO VERITAS>, ma non solo: il paradosso francese
Confrontando le statistiche di mortalità per malattie cardio-vascolari tra la Francia e alcuni altri Paesi occidentali, in particolare Stati Uniti, Inghilterra e Germania, si è evidenziato che i francesi, pur introducendo molti più grassi (sono celebri i lori formaggi superburrosi, i loro patè di fois gras, la maionese), hanno un’incidenza di malattie cardiovascolari molto inferiore degli statunitensi, degli inglesi e dei tedeschi.
Per tale motivo si è cominciato a parlare di paradosso francese.
Poichè l'incidenza degli altri noti fattori di rischio (ipercolesterolemia, ipertensione, fumo, diabete, obesità) non è molto diversa, l’attenzione è stata focalizzata su qualcosa che fosse particolare nell'alimentazione dei transalpini rispetto all’alimentazione delle altre popolazioni prese in esame.
Quel <<qualcosa>> è stato ipotizzato fosse il vino, in particolare quello rosso, e la correlazione tra un moderato consumo e una riduzione del rischio cardio-circolatorio ha cominciato a farsi strada.
Si ipotizza che i meccanismi protettivi cardiovascolari del vino siano:
- migliora l'assetto lipidico, aumentando la concentrazione plasmatica delle lipoproteine HDL (a effetto anti-aterogeno, cioè che contrasta l’aterosclerosi) e diminuendo le lipoproteine LDL (a effetto aterogeno);
- combatte i radicali liberi attraverso sostanze antiossidanti di cui è ricco, in particolare, il resveratrolo (appartenente alla famiglia dei polifenoli), che previene l’ossidazione delle LDL e contrasta l’aggregazione delle placche aterosclerotiche; i polifenoli sono contenuti nelle bucce degli acini d’uva e si trovano maggiormente nei vini rossi che durante i processi di vinificazione permangono molto più a lungo a contatto con le bucce.
- svolge un'azione antiaggregante piastrinica, simile a quella dell'aspirina, per la presenza di fitoalexine nella buccia dell'uva;
- stimola l’endotelio delle arterie a produrre l'enzima t-PA (attivatore tissutale del plasminogeno), che ha effetto antitrombotico (è la sostanza utilizzata per una trombolisi in caso di infarto del miocardio);
- riduce i livelli di fibrinogeno e del fattore VIIc, che hanno invece proprietà pro-trombotiche;
- riduce i livelli della proteina C reattiva, un indicatore del livello di infiammazione nell’organismo;
- riduce la concentrazione plasmatica della lipoproteina (a), un indicatore che consente di prevedere il rischio coronarico;
- riduce l’insulino-resistenza, migliorando la sensibilità delle cellule all’azione biologica dell’insulina;
- produce vasodilatazione periferica, diminuiedo i valori pressori.
Una recente revisione di tutti gli studi sul rapporto tra vino e malattie cardiovascolari ha dimostrato che gli astemi hanno il 33% di rischio in più di ammalarsi di malattie cardiovascolari rispetto agli abituali moderati consumatori di vino.
È consigliabile, quindi, una modica quantità di vino come medicina?
L'Oms non è propensa ad incoraggiare l'uso del vino, anche in modica quantità, come misura di salute pubblica, ritenendo pericoloso un messaggio che potrebbe diventare un alibi per un abuso cronico, dagli effetti devastanti.
Il consumo di alcol rappresenta infatti un’arma a doppio taglio. Forse nessun altro sostanza può indurre cambiamenti tanto profondi in una direzione o nell’altra in base al modo in cui viene inpiegato. Col superamento della <<giusta misura>>, corrispondente a circa a 2-3 bicchier di vino al giorno (corrispondenti a 2-3 Unità Alcoliche, vedi oltre) per l’uomo e a 1-2 per la donna, non soltanto cessa ogni beneficio, ma si ha una ripercussione negativa per un aumento della pressione arteriosa, di cardiopatia (con manifestazioni cliniche variabili, dall’aritmia allo scompenso cardiaco) e di accidenti cerebrovascolari, particolarmente frequenti nelle 24 ore dopo una forte bevuta.
Grande attenzione va posta alla interazione tra alcol e farmaci: molti farmaci vengono metabolizzati dal fegato dagli stessi enzimi che metabolizzano l’alcol, per cui può aversi un rallentamento dello smaltimento di entrambe le sostanze con percolo di fenomeni di sovradosaggio.
Non va, infine, dimenticato che l'alcol è un nutriente ad alto contenuto energetico (7,1 Kcal/ g), ma non è tuttavia un buon combustibile perché brucia troppo rapidamente: le calorie vengono rapidamente disperse sotto forma di calore che si dissolve in pochi minuti a causa della vasodilatazione cutanea che si verifica dopo aver bevuto.
L'alcol è assolutamente da sconsigliare al di sotto dei 18 anni, non essendo ancora dotato il fegato degli enzimi in grado di demolire velocemente l’etanolo, e durante la gravidanza e l’allattamento, per il rischio di seri danno al feto o al bambino. E’ scientificamente provato che il fegato della donna ha una capacità decisamente inferiore di metabolizzare l’alcol rispetto a quello di un uomo.
Dalla Consulta nazionale sull’alcol si denuncia che in Italia si beve sempre di più e sempre prima: abbiamo il poco onorevole primato che il battesimo dell’alcol da noi avviene tra gli 11 e i 12 anni, contro i 14 del resto d’Europa.
Si sta diffondendo, specialmente fra i giovani e le donne, il <binge drinking>>, l’ubriacature di fine settimana, secondo le abitudini anglosassoni e del Nord Europa, causa sempre più degli incidenti stradali del sabato sera. Secondo il ministero della Salute l’alcol provoca ogni anno in Italia la morte di oltre 20 mila persone ed è la causa di quasi la metà dei morti sulla strada, nonché la prima causa di decesso degli uomini al di sotto dei 40 anni.
La definizione di Unità Alcolica:
Una unità alcolica corrisponde a circa 12 grammi di etanolo o alcol etilico, il costituente caratteristico di ogni bevanda alcolica, che praticamente equivale a:
- un bicchiere piccolo (125 ml) di vino di media gradazione;
- una lattina di birra (330 ml) di media gradazione;
- una dose da bar (40 ml) di superalcolico.
False credenze sull’alcol:
- Non è vero che aiuti la digestione;
- non è vero che faccia buon sangue;
- non è vero che le bevande alcoliche dissetino, al contrario disidratano;
- non è del tutto vero che l’alcol ci riscandi;
- non è vero che l’alcol aiuti a riprendersi da uno shock;
- non è vero che l’alcol dia forza.
L’Alcol: nettare o flagello?

A cura del Dr. Antonio Tripodina
Endocrinologo Medico Chirurgo, specialista in Endocrinologia - DiabetologiaL'informazione presente nel sito deve servire a migliorare, e non a sostituire, il rapporto medico-paziente. In caso di disturbi e/o malattie rivolgiti al tuo medico di base o ad uno specialista.
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