Tumore esofago

A cura del Dr. Alberto Vannelli
Chirurgo Proctologo Medico Chirurgo, specialista in Chirurgia Generale
Cos'è
L'esofago è un organo che costituisce il tratto del canale alimentare che collega la faringe allo stomaco.
Il significato stesso del termine ha origine dal greco oisophágos, composto appunto dalle parole di oísein "portare" e phageîn "mangiare". Organo a forma cilindrica è un tubo fibromuscolare presente in quasi tutti i vertebrati, attraverso il quale, grazie a contrazioni peristaltiche, permette il passaggio del bolo alimentare dalla faringe allo stomaco. È lungo approsimativamente 25-30 centimetri e largo 2-3 centimetri, ed è costituito di una parete rivestita da mucosa e circondata da muscoli (striati nella parte craniale e lisci nella parte medio-distale) che mediante un meccanismo di contrazione progressiva, la peristalsi appunto, garantiscono il movimento verso lo stomaco. La componente di muscolatura liscia è innervata dai nervi involontari (nervi simpatici attraverso il sistema nervoso simpatico e parasimpatico attraverso il nervo vago), mentre i nervi volontari (motoneurone inferiore) attraverso il nervo vago, innervano i muscoli striati.
Il passaggio verso lo stomaco avviene mediante un meccanismo a valvola costituito dal cardias, che impedisce al bolo alimentare e ai succhi gastrici di refluire. La mucosa è un epitelio stratificato di tre strati composto da: epitelio di rivestimento (di tipo pavimentoso stratificato non cheratinizzato), tonaca propria e muscularis mucosae; è ricca di ghiandole produttrici di muco, che hanno la funzione di lubrificare le pareti, facilitando il transito del bolo alimentare.
Da quanto fin qui descritto, appare chiaro che il tumore dell'esofago definito come la crescita incontrollata delle cellule che lo rivestono internamente oppure delle cellule che formano le ghiandole che producono il muco, può dare origine a diversi tipi di tumore:
- carcinoma a cellule squamose (squamocellulare o spinocellulare), che si sviluppa di solito nella parte superiore e centrale del canale a carico delle cellule di rivestimento, è il più comune e rappresenta il 50% dei tumori esofagei;
- adenocarcinoma, che origina dalle ghiandole della mucosa e inizia più di frequente nell'ultimo tratto, vicino alla giunzione con lo stomaco (terzo inferiore); in verità può originare anche da isole di mucosa gastrica ectopiche o da ghiandole del cardias o della sottomucosa esofagea. Questo tipo di neoplasia costituisce circa il 45% dei tumori esofagei;
- il rimanente 5% è costituito da carcinomi a piccole cellule, verrucosi, mucoepidermoidi, adenoido-cistici, carcinosarcomi,
sarcomi (leiomiosarcomi, fibrosarcomi e GIST), melanomi, linfomi e NET.
Nel 50% dei casi origina dal terzo medio, nel 35% dal terzo inferiore e nel restante 15% dal terzo superiore dell'organo.
La posizione come vedremo successivamente, condiziona la tecnica chirurgica di approccio e la possibilità di operare.

Cause
Le cause sono le stesse come in tutti i tumori dei diversi distretti: dieta, stile di vita e genetiche.
- Dieta. In Europa la maggiore incidenza è in Normandia, Calvados e in Italia nel Triveneto; non è un caso che una dieta povera di frutta e verdura e un ridotto apporto di vitamina A, di alcuni metalli come zinco e molibdeno, possono aumentare il rischio di tumore dell'esofago. Per contro nella società moderna dobbiamo riconoscere una sempre maggiore tendenza verso una dieta ricca di grassi, da cui il conseguente aumento dell’indice di massa corporeo (BMI), che come sappiamo è stato ampiamente studiato e aumenta il rischio fino a 3 volte rispetto a un BMI nei limiti di norma. Il BMI è correlato direttamente al livello di molti ormoni che creano l’habitat ideale all'insorgenza dei tumori (carcinogenesi). Il sovrappeso e l'obesità si associano anche ad un altro fattore predisponente oggi molto conosciuto: il reflusso gastroesofageo, con un conseguente rischio di sviluppare la ben nota patologia dell'esofago di Barrett, presente in una percentuale variabile tra l’8 e il 20% dei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo (GERD). Nello specifico oggi si tende a dividere: fumo e alcol per la forma squamosa, GERD e sovrappeso seguiti da fumo e alcool per l’adenocarcinoma.
- Stili di vita. Alcol e fumo sono tra i fattori di rischio più importanti, tenuto conto che in Europa e Stati Uniti l'80-90% di questi tumori è correlato al consumo di alcol e tabacco, quest’ultimo sia fumato che masticato. L’elemento forse più importante come fattore predisponente l’evento cancerogeno, è l’acetaldeide: prodotto derivato sia dell’alcool che del fumo di sigaretta. I fumatori hanno probabilità di ammalarsi 5-10 volte maggiori rispetto ai non fumatori, in relazione al numero di sigarette fumate e degli anni di consuetudine al fumo, i cui effetti vengono incrementati dall'alcol. Quest'ultimo, infatti, oltre ad agire con un meccanismo oncogenetico diretto, accresce l'azione tumorale del fumo e le persone che consumano sigarette e alcol, insieme hanno un rischio di ammalarsi di cancro esofageo amplificato fino a 100 volte. Il tutto si gioca sull'infiammazione cronica della mucosa che riveste l'esofago. La forma più frequente è l'esofagite peptica, cioè un'infiammazione cronica della parte terminale dell'esofago, causata dal reflusso di succhi gastrici acidi (mancata o ridotta tenuta del cardias, la giunzione che separa l'esofago dallo stomaco). Questo fenomeno che si produce in un danno cronico, corrompe l'epitelio dell'esofago (ovvero il tessuto di rivestimento interno) rendendolo simile a quello dello stomaco: è questo il meccanismo predisponente il tumore. Questo quadro è patologico e prende il nome di "esofago di Barrett" ed è considerato a tutti gli effetti una lesione precancerosa; in questi casi si impone un’attenta valutazione del medico per valutare la necessità al ricorso della chirurgia al fine di evitare la completa trasformazione dell'epitelio da non pre-maligno a maligno.
- Fattori genetici: il tumore dell'esofago non presenta un quadro di malattia genetica intesa come ereditarietà oncologica come per altre forme di tumore. Ad ogni modo è importante ricordare che i pazienti affetti da tilosi palmare e plantare, una rara malattia ereditaria contraddistinta da ispessimento (ipercheratosi) della pelle delle palme delle mani e delle piante dei piedi: disordine genetico segregante con modalità, autosomica dominante (gene TOC), sviluppano frequentemente un tumore esofageo nella forma squamocellulare. L’infezione virale da papilloma virus (HPV), con HPV-DNA, non ha rilevanza in Italia. La predisposizione familiare invece è stata osservata in presenza di polimorfismo del gene ALDH2 (aldeide deidrogenasi 2) con incremento dell’effetto cancerogeno dei metaboliti alcolici. Altri fattori oggi riconosciuti sono le mutazioni di geni coinvolti nella replicazione cellulare (TP53), così come l’amplificazione del gene della ciclina D1, l’inattivazione trascrizionale del gene FHIT e l’alterazione del gene DLC-1 (deleted in lung and oesophageal cancer ). Anche la sindrome di Bloom e la sindrome di Fanconi, autosomiche recessive, caratterizzate da instabilità cromosomica e da sviluppo di neoplasie linfoematopoietiche, si associano ad aumentata incidenza di tumore esofageo dopo i 20 anni.
Sintomi
Quanto fin qui riportato, ci fa capire che il tumore all'esofago è una neoplasia poco diffusa, ma molto aggressiva e a rapida crescita, con fattori predisponenti generici quali l'abuso di alcol e tabacco sia nella componente fumata che masticata, una dieta povera di frutta e verdura, e l'infiammazione cronica delle pareti esofagee (causata da varie affezioni gastriche, come la malattia da reflusso gastroesofageo e l'ernia iatale).
Questa premessa è di doverosa per capire che non esistono sintomi esclusivi e tipici, ma una serie di manifestazioni che devono destare attenzione nel paziente e da riferire al proprio medico di base per eseguire, ove necessario, i corretti accertamenti. Bassa incidenza, bassa accettabilità e costi elevati da una parte, sommati ai disagi di una diagnosi di malattia infiammatoria asintomatica o paucisintomatica dall’altra (esofago di Barrett), non rendono percorribile uno screening endoscopico come nei tumori del colon retto.
Tutto quindi ritorna al punto centrale dei sintomi. I sintomi, intesi come una sensazione soggettiva di un qualche disturbo o malattia che altera la normale sensazione di sé e del proprio corpo, sono spesso correlati alla dimensione del tumore, normalmente i sintomi più importanti si manifestano quando il tumore occupa oltre la metà del lume del canale esofageo, purtroppo questo momento coincide con una fase di malattia da considerare avanzata. La comparsa dei sintomi è generalmente di tipo meccanico quindi causata dal restringimento del canale esofageo.
La rapida crescita di questo tumore, avviene principalmente verso l’interno del canale esofageo: quasi il 90% dei pazienti riferiscono una difficoltà alla deglutizione (definita tecnicamente disfagia) seguita da una perdita progressiva di peso. La disfagia normalmente compare in modo progressivo: inizialmente il paziente avverte una difficoltà a deglutire i cibi solidi e solo successivamente quelli liquidi. È bene sottolineare che, se è vero che i paziente con tumore all’esofago riferiscono con estrema facilità questi disturbi, non è altrettanto vero che chi riferisce questi disturbi debba pensare al tumore all’esofago come prima causa.
Torniamo al tumore dell’esofago: la sua rapida crescita può avvenire anche verso l'esterno del canale esofageo e in questo caso, se il coinvolgimento è compreso nella porzione alta (esofago prossimale), il paziente potrebbe riferire un disturbo della voce (disfonia). Quest’alterazione può presentarsi con iniziale difficoltà a produrre suoni gravi (raucedine), fino alla completa perdita di voce (afonia). I diversi gradi di alterazione del timbro di voce, sono dovuti ai diversi gradi di coinvolgimento dei nervi che regolano l'emissione dei suoni (nervo laringeo inferiore o ricorrente, ramo del nervo vago). Se il coinvolgimento del tumore è compreso nella porzione centrale (terzo medio dell’esofago), l’interessamento della zona mediastinica: lo spazio compreso tra cuore, polmoni, sterno e colonna vertebrale, si può manifestare una paralisi del diaframma o, ancora, un dolore al torace, appena dietro lo sterno. Inoltre, la nausea, la tosse o il singhiozzo, riconoscono lo stesso meccanismo irritativo e sono sintomi che possono essere presenti in questi pazienti. Anche in questo caso è bene sottolineare che i paziente con tumore all’esofago riferiscono con meno facilità questi disturbi e peraltro non è altrettanto vero che chi riferisce questi disturbi debba pensare al tumore all’esofago come prima causa.
Cosa succede se lo stadio di riscontro della malattia è ancora più avanzato? La capacità di assumere correttamente cibo può diventare disagevole. Se poi il tumore si presenta ulcerato (come una ferita aperta), la deglutizione potrebbe anche diventare dolorosa (odinofagia). L’ulcera ove presente, può manifestarsi con il sanguinamento. In questo caso il sanguinamento può avvenire sia verso l’alto tramite la bocca (ematemesi), sia verso il basso e rendersi evidente con le feci dal caratteristico colore nerastro, untuose, di aspetto simile al catrame (feci picee). In alcuni casi il quadro di presentazione è rappresentato da un’emorragia gastrointestinale, dovuta alla perforazione negli strati più profondi del canale esofageo. Se invece la perforazione della neoplasia non si manifesta con il sanguinamento, è possibile avere un segno indiretto con la presenza di aria libera nella cavità mediastinica, lo spazio compreso tra i polmoni (pneumomediastino) o l’infiammazione di questo spazio (mediastinite). Quando la neoplasia supera il volume critico per la corretta funzione del canale esofageo, si verifica un ostacolo alla corretta discesa del cibo lungo l'esofago e questo può determinare episodi di rigurgito; l’impossibilità alla deglutizione viene tecnicamente definita con il termine di afagia. Anche in questo caso è bene sottolineare che i paziente con tumore all’esofago possono riferire questi disturbi che peraltro possono essere presenti in molte altre patologie non di natura tumore.
Quando la malattia esce dal proprio territorio di origine e quindi produce metastasi, genericamente definita forma più avanzata, è possibile che il paziente presenti tumefazioni della regione del collo e sopra la clavicola, normalmente questi non sono più sintomi ma segni ovvero elementi obiettivi rilevati dal medico all'esame e del paziente stesso. Parliamo in questo caso di linfonodi laterocervicali o sovra-claveare. La malattia avanzata può ovviamente interessare altri distretti e in questi casi, spesso, i disturbi portano a selezionare esami che possono evidenziare la presenza di liquido nel rivestimento del polmone (versamento pleurico) con abbinata comparsa di difficoltà a respirare (dispnea), oppure ancora possono comparire dolori alle ossa o un aumento delle dimensioni del fegato: la causa di questi sintomi è in genere legata alla presenza di metastasi. In questi pazienti si abbinano anche altri sintomi molto generici e decisamente aspecifici come la sensazione di esaurimento fisico tipica a quella di una fatica eccessiva (astenia), le dita a bacchetta di tamburo (ippocratismo digitale). Piace ricordare che anche in questo caso, questi disturbi possono essere presenti in molte altre patologie non di natura tumore.
Diagnosi
Se i sintomi sono generici e sfumati e la raccolta dalla voce diretta del paziente, di tutte quelle informazioni, notizie e sensazioni che possono aiutare il medico a indirizzarsi verso una certa patologia può non essere conclusiva, così non è per la parte diagnostica.
Il pazienti sintomatico deve essere inviato dal medico ad un esame che permetta di escludere o confermare in maniera incontrovertibile il sospetto diagnostico, al fine di non perdere ulteriore tempo nel percorso assistenziale.
L'esofagogastroscopia ha l’indubbio vantaggio di consentire di vedere l'eventuale lesione e di ottenere materiale sufficiente per un esame istologico. Purtroppo le considerazioni a cui si faceva cenno nel precedente paragrafo devono essere tenute ben a mente: bassa incidenza, bassa accettabilità e costi elevati da una parte, sommati ai disagi di una diagnosi di malattia infiammatoria asintomatica o paucisintomatica dall’altra (esofago di Barrett), non rendono percorribile una campagna di screening con l'esofagogastroscopia al pari della colonscopia, come è oggigiorno in Italia per i tumori del colon retto.
In passato la radiografia dell'esofago con mezzo di contrasto serviva a escludere la presenza di malattie associate quali: alterazioni funzionale e morfologiche (acalasia esofagea), restringimenti del lume esofageo su base infiammatoria o neoplastica, formazioni diverticolari, alterazioni della mucosa del viscere (ulcere gastro duodenali). L'unione delle due procedure aumentava la sensibilità diagnostica fino al 99%; oggigiorno la disponibilità di metodiche più raffinate ne limita il suo ruolo.
Dopo la diagnosi di tumore dell’esofago il percorso terapeutico è definito dalle attuali linee guida che propongono un percorso principalmente medico o chirurgico a seconda dello stadio della malattia. È in questa fase che si rendono necessari i cosiddetti esami di secondo livello
L'ecoendoscopia è un altro tipo di esame che consente di determinare in maniera più accurata, quanto è profonda l'infiltrazione degli strati della parete esofagea e può evidenziare anche l’eventuale sospetto di linfonodi interessati da metastasi.
Una volta individuato il tumore, a corretto completamento è necessario fare una tomografia assiale computerizzata (TAC) del torace e dell'addome completo con e senza mezzo di contrasto per escludere la presenza di metastasi a distanza e un tomografia ad emissione di positroni (PET); parliamo in questo caso di una tecnica di medicina nucleare utilizzata per la produzione di bioimmagini (immagini del corpo). A differenza della TAC ma anche della Risonanza magnetica nucleare, che forniscono informazioni di tipo dimensionale (quantitativo), la PET fornisce informazioni di tipo funzionale (qualitativo), permettendo di ottenere mappe dei processi metabolici all'interno degli organi. In altre parole con la TAC possiamo vedere quanto è grosso il tumore, con la PET quanto è vitale il tumore.
Poiché il canale esofageo durante il suo decorso entra a stretto contatto con altre strutture e organi, è bene ricordare che per il tratto cervicale (alto) è buona norma eseguire anche un’ecografia del collo mentre per l’esofago medio è buona norma abbinare anche la broncoscopia.
Le lesioni della giunzione gastroesofagea vanno classificate secondo Siewert e sono oggetto di un percorso a parte.
Rischi
Come abbiamo ricordato il tumore all'esofago è una neoplasia poco diffusa, ma molto aggressiva e a rapida crescita, con fattori predisponenti generici quali l'abuso di alcol e tabacco sia nella componente fumata che masticata, una dieta povera di frutta e verdura, e l'infiammazione cronica delle pareti esofagee (causata da varie affezioni gastriche, come la malattia da reflusso gastroesofageo e l'ernia iatale).
Ma quali sono i rischi?
È uno di quei tumori che possiamo definire come l’espressione del disagio sociale. Non a caso, infatti, nei paesi non industrializzati è molto frequente, classificandosi al sesto posto per incidenza, mentre nei paesi industrializzati scende al diciottesimo posto. C’è una differenza di sesso e infatti colpisce prevalentemente i maschi: è tre volte più frequente negli uomini che nelle donne, con 1.500 casi stimati l'anno in Italia contro 600 nel sesso femminile (secondo i dati pubblicati dal ministero). Per quanto riguarda l’età si sviluppa nella maggior parte dei casi dopo la sesta decade di vita.
Nel mondo la sua distribuzione è variabile: i paesi orientali, tra cui la Cina e Singapore, sono quelli dove la mortalità è più elevata e i casi sono circa 20-30 l'anno ogni 100.000 abitanti. In Italia il tasso di incidenza annuo è di circa 4 casi su 100.000. Come abbiamo già ricordato nei paragrafi precedenti, poiché si tratta di una forma di tumore a rapida crescita, la mortalità è ancora oggi elevata. In Italia, sempre secondo i dati forniti dai registri tumori, il numero di nuovi casi è in modestissima diminuzione negli uomini (-1,1% per anno), mentre resta stabile nelle donne. Se andiamo a leggere nel dettaglio questi dati, scopriamo che negli uomini sono in calo solo le forme squamose (-3,7%), mentre nelle donne solo le forme di adenocarcinoma (-1,9%). C’è sicuramente una differenza tra nord e sud in entrambi i sessi e vede tassi lievemente più alti nelle Regioni del Nord.
Gli ultimi dati disponibili in Italia per la mortalità sono del 2014 e hanno visto 1.825 i decessi per tumore dell’esofago (1.359 uomini e 466 donne), con una sopravvivenza a 5 anni nei tumori dell’esofago in Italia pari al 13% e dell'11% a 10 anni.
Cure e Trattamenti
Come abbiamo fin qui visto il tumore dell’esofago si avvale di una fase diagnostica centrata sull’istologica: il risultato della biopsia endoscopica definisce la strategia terapeutica. Non dobbiamo dimenticare che l’esofago può essere anche sede di metastasi di altre neoplasie (polmonari, mammarie, tiroidee, melanomi e linfomi) che, rispetto ai tumori primitivi, seguono un percorso completamente diverso. Inoltre con la fase diagnostica è possibile acquisire una serie di informazioni utili a definire il livello di infiltrazione e la presenza di linfonodi interessati da malattia.
Le lesioni della giunzione gastroesofagea vanno classificate secondo Siewert e sono oggetto di un percorso a parte che, come abbiamo già ricordato, non sono oggetto di trattazione in questo capitolo. Come per ogni tipo di tumore, le analisi della funzionalità midollare, renale, epatica, cardiaca, polmonare, profilo proteico e valutazione dietetica in caso di calo ponderale maggiore del 10% sono indispensabili.
Il trattamento del tumore dell'esofago richiede il rispetto di regole e principi oggigiorno ben standardizzati. Come gran parte dei tumori solidi il vantaggio maggiore deriva dalla chirurgia. Le lesioni del terzo superiore dell'esofago, rivestono particolare attenzione per la difficoltà tecnica così come nei casi in cui il tumore abbia già infiltrato gli organi vicini come trachea e bronchi. Esattamente come in altre forme di tumore anche le metastasi a distanza, le condizioni generali di salute precarie, oppure la presenza di altre malattie, possono controindicarne l'operazione.
Quanto di seguito riportato è frutto sempre di atteggiamenti multidisciplinari e non ha valore dogmatico. Ogni caso viene sempre discusso collegialmente con più figure che definiscono insieme la strategia da condividere poi con il paziente e i suoi familiari. Anche se esistono regole ben precise e comunemente rispettate da tutti gli oncologi, è bene ricordare che non esiste un tumore ma un paziente affetto da tumore e quindi ogni percorso va sempre cucito su misura per il paziente.
Nelle tumori a basso grado e con stadio iniziale è possibile ricorrere alla chirurgia minivasiva: esofagectomia radicale per via laparo- e toracotomica destra (Ivor Lewis) con linfoadenectomia mediastinica e addominale (almeno 15 linfonodi esaminati), a patto che le condizioni generali del paziente siano adeguate (fit). Nelle forme molto superficiali, il tessuto tumorale può essere distrutto con radiofrequenza, laser, terapia fotodinamica o endoscopica (resezione mucosale endoscopica).
Esistono poi i casi operabili ma localmente avanzati o con sospette metastasi ai linfonodi, sono queste le situazioni in cui può essere indicata la radioterapia, associata alla chemioterapia, prima dell'intervento chirurgico (la cosiddetta terapia neoadiuvante). I farmaci più usati sono il cisplatino e i derivati delel fluoropirimidine, talvolta con l'aggiunta di epirubicina. Il 60-80% dei tumori esofagei presenta una sovraespressione di EGFR (recettore del fattore di crescita dell'epidermide), che può essere bersaglio di farmaci biologici. Sono in corso alcune sperimentazioni con cetuximab e anche con farmaci che inibiscono l'angiogenesi come il bevacizumab. Nei tumori che presentano una sovraespressione del gene HER2 (recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano) è possibile ricorrere al trastuzumab.
Infine i pazienti in fase avanzata con difficoltà a deglutire e dolore, nei quali non è proponibile né il trattamento chirurgico né quello chemio-radioterapico, possono trarre beneficio da cure palliative che permettano un adeguato supporto alimentare. Queste possono consistere nel posizionamento per via endoscopica di un tubo rigido in plastica, silicone o anche in metallo attraverso l'esofago che consenta il passaggio del cibo oppure la laser-terapia, che consiste nell'uso di un raggio laser diretto sul tumore per ricreare il passaggio. L’esofagectomia palliativa è un’opzione rara da considerare solo in caso di sanguinamento e/o perforazione con impossibilità a trattamento chemioradioterapico.
La chemioterapia standard consiste in cisplatino e fluorouracile per 4 cicli sia per i carcinoma squamocellulare sia per l’adenocarcinoma. L’associazione di radioterapia preoperatoria e carboplatino + paclitaxel settimanale secondo alcuni studi, sarebbe meglio tollerata e aumenterebbe la sopravvivenza, riducendo sia le recidive locali sia a distanza, rispetto alla sola chirurgia. Nell’adenocarcinoma, se si sceglie la chemioterapia perioperatoria, sono preferibili le combinazioni di platino e i derivati delle fluoropirimidine con 3 cicli prima dell’intervento e 3 cicli dopo l'intervento. La terapia neoadiuvante (radio + chemio preoperatoria) sebbene sia meno tollerata della sola chemioterapia preoperatoria è meglio tollerata rispetto alla chemioterapia perioperatoria. Nei pazienti con adenocarcinoma metastatico vi è un vantaggio in sopravvivenza associando il trastuzumab a cisplatino/fluoropirimidine. In questi pazienti a giudizio dell'oncologo viene richiesta una colorazione aggiuntiva sul preparato istologico per un recettore chiamato HER-2 (15-30%) con conferma di amplificazione alla FISH (si tratta di tecniche innovative ma molto comuni e presenti in quasi tutti i centri italiani). Nella malattia metastatica rimangono efficaci le combinazioni con derivati del platino associati a fluorouracile o a taxani. Negli adenocarcinomi in progressione dopo una prima linea di terapia, può essere utilizzato il farmaco biologico ramucirumab anche in associzione al paclitaxel.
E per concludere, in un celebre aforisma sul mangiare di Gustave Flaubert si legge: "Lo si schiaccia dolcemente tra lingua e palato; lentamente fresco e delizioso, comincia a fondersi: bagna il palato molle, sfiora le tonsille, penetra nell’esofago accogliente e infine si depone nello stomaco che ride di folle contentezza".
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A cura del Dr. Alberto Vannelli
Chirurgo Proctologo Medico Chirurgo, specialista in Chirurgia Generale Creato il: 18/01/2018 Ultimo aggiornamento: 22/02/2018Articoli correlati
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