Scompenso cardiaco
Prof. Andrea Semplicini
Medico Internista Medico Chirurgo - Professore Associato, Specialista in Medicina Interna ed in Farmacologia Clinica Creato il: 06/07/2017 Ultimo aggiornamento: 21/09/2023Lo scompenso cardiaco (insufficienza cardiaca) è una sindrome clinica, cioè un insieme di sintomi e segni clinici, causata da anormalità strutturali e/o funzionali del cuore, che comportano riduzione della gittata cardiaca e/o aumento delle pressioni di riempimento nelle cavità cardiache.
Lo scompenso cardiaco risulta essere tra le patologie di tipo cardiovascolare maggiormente frequente nei Paesi industrializzati, mostrando tuttora un aumento di prevalenza, incidenza e numero di decessi. L’insufficienza cardiaca riguarda, in particolar modo, la popolazione di mezza età, aggirandosi intorno all’1% negli individui a ridosso dei cinquanta anni, e gli anziani, che sono interessati nel 10% dei casi, specialmente intorno agli ottanta anni.
Recentemente, nelle popolazioni industrializzate, l’incidenza dell’insufficienza cardiaca aggiustata per età non ha fatto registrare cambiamenti significativi. Si è visto, poi, come sia aumentato il numero delle ospedalizzazioni, dovute a scompenso cardiaco, legate all’invecchiamento della popolazione, nonché al miglioramento della terapia della cardiopatia ischemica, che ha permesso una più lunga sopravvivenza. Lo scompenso cardiaco, non a caso, è la ragione principale di ricovero in ospedale negli individui con più di sessantacinque anni e, anche per questo motivo, viene valutato come un problema di salute pubblica di enorme importanza.
In Italia, a soffrire di tale scompenso, si registrano circa 600.000 persone. È stimato, inoltre, che il numero dei casi raddoppi a ogni decade di età: superati i sessantacinque anni, arriva al 10% circa.
Cause
La causa dello scompenso cardiaco è ischemica nel 50% dei casi.
Tra i fattori di scompenso cardiaco non ischemico, vanno ricordate:
- le cardiomiopatie;
- le cardiopatie valvolari;
- la cardiopatia ipertensiva, diabetica, alcolica, amiloidotica;
- le tachimiopatie o miocardiopatie post-tachicardiche.
Nella maggior parte dei casi, quando compare lo scompenso cardiaco, la terapia delle cause dello scompenso è ormai inefficace a modificare la storia naturale della malattia cardiaca. Per tale motivo, sono state proposte altre classificazioni, che hanno ricadute cliniche, terapeutiche e prognostiche.
Lo scompenso è classificato come “sinistro”, quando prevalentemente causato da una disfunzione del ventricolo sinistro, con sintomi di bassa portata cardiaca ed elevata pressione polmonare, e “destro”, quando dominano i segni di ritenzione idrica e congestione venosa. La maggior parte dei pazienti, però, presenta contemporaneamente segni sia di scompenso sinistro che destro.
Sintomi
I sintomi dello scompenso sono conseguenza diretta delle alterazioni fisiopatologiche sopra ricordate, cioè la bassa portata cardiaca e la stasi venosa. Sono diversi nello scompenso cardiaco acuto, nel quale domina la “mancanza di fiato” o dispnea, improvvisa e a riposo, rispetto allo scompenso cronico, nel quale dominano i segni della ritenzione idrica, con edemi ai piedi ed alle caviglie, ed una progressiva riduzione della capacità di tollerare l’attività fisica.
Il sintomo più comune dello scompenso cardiaco cronico sinistro è la mancanza di fiato, che compare, inizialmente, sotto sforzo e che peggiora progressivamente, manifestandosi per sforzi sempre più lievi, fino a costringere il paziente a dormire in posizione seduta, nelle fasi più avanzate della malattia.
Un altro sintomo importante è la nicturia, cioè una diuresi abbondante durante la notte. Nei pazienti con scompenso destro o congestizio, predominano, invece:
- i segni della ritenzione idrica, con edema dei piedi e delle caviglie;
- congestione epatica;
- perdita dell'appetito;
- nausea;
- gonfiore addominale con formazione di liquido libero nell'addome;
- ascite.
Diagnosi
La diagnosi di scompenso cardiaco si basa su:
- una accurata indagine sui sintomi sopra riportati (tolleranza allo sforzo, dispnea, edemi, nicturia, perdita di appetito);
- sul rilevamento dei segni clinici caratteristici (irregolarità dell'attività cardiaca, rumori polmonari, ingrandimento del fegato e turgore delle vene giugulari, edema ai piedi ed alle caviglie);
- sul dosaggio di biomarcatori (peptidi natriuretici).
Una volta che si è fatta diagnosi di scompenso cardiaco, ci si avvale di esami strumentali, come ECG, ecocardiogramma, radiografia del torace, ed altri più specifici, per definire, se possibile, la causa della malattia.
Rischi
Quando clinicamente evidente, lo scompenso cardiaco con riduzione della frazione di elezione all’ecocardiogramma ha una prognosi sfavorevole.
La mortalità, a 5 anni, è del 50%, anche con un trattamento ottimale. La mortalità varia da meno del 5% per anno, dei pazienti con scarsi sintomi, fino al 30% per anno, in quelli con sintomi gravi e refrattari alla terapia.
Questi dati sottolineano l'importanza di una diagnosi e di una terapia precoce. La mortalità più alta si osserva negli individui di età più avanzata, con più bassa contrattilità cardiaca all'ecocardiogramma, sintomi più gravi, insufficienza renale e diabete.
Cure e Trattamenti
Il programma terapeutico dello scompenso prevede, innanzitutto, l’identificazione della causa e dei meccanismi fisiopatologici, che ne sono alla base (cause extracardiache, miocardiopatie secondarie, disfunzione diastolica), perché, in alcuni casi, solo la correzione specifica ne migliora la prognosi e ne previene le riacutizzazioni.
In secondo luogo, la corretta gestione del paziente con scompenso cardiaco cronico richiede il pronto riconoscimento e, laddove possibile, la correzione di tutte le cause scatenanti ed aggravanti dello scompenso (ipertensione arteriosa, ischemia miocardica, aritmie, sviluppo o peggioramento di valvulopatia, patologie associate o intercorrenti come embolie e infezioni, alterazioni metaboliche, disfunzioni tiroidee, eccessivo apporto di sale, alcool, sostanze da abuso, incompleta assunzione della terapia).
Cardine della terapia dello scompenso e della prevenzione delle sue complicanze è, però, la terapia farmacologica. Essa viene impostata sulla base dell’eziologia e dei meccanismi fisiopatologici della malattia. L’approccio più corretto è a gradini, associando via via più farmaci, in funzione della risposta terapeutica e della tollerabilità individuale.
Il numero dei farmaci disponibili per l’insufficienza cardiaca è elevato ed in continuo aumento. Essi sono distinguibili in classi principali, che differiscono per meccanismo d’azione, indicazioni elettive ed effetti collaterali.
Nella maggior parte dei pazienti con scompenso cardiaco, è necessario ricorrere alla polifarmacoterapia, per attuare la quale è necessario considerare i farmaci disponibili, le loro indicazioni elettive, le loro controindicazioni, nonché mettere in atto le misure igienico-dietetiche di carattere generale, necessarie ad ottimizzarne il risultato terapeutico e a prevenire le condizioni che possono precipitare lo scompenso acuto e le complicanze della malattia.
Le categorie farmacologiche principali sono:
- i diuretici;
- gli inibitori del sistema renina -angiotensina - aldosterone (ACE inibitori e sartani);
- i betabloccanti;
- gli inibitori di SGLT2;
- la digossina.
In casi particolari, si ricorre all'impianto di defibrillatori (ICD), alla resincronizzazione con stimolazione biventricolare, alla rivascolarizzazione coronarica e al trapianto cardiaco.
Importanti sono la dieta, con attenzione all'apporto idrico e salino, e l’esercizio fisico. Nei casi più avanzati, si deve ricorrere anche alle cure palliative.
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