Dipartimento di Scienze Biochimiche, Fisiologiche e della Nutrizione
Facoltà di Medicina e Chirurgia A.O.U. “G. Martino”
Università di Messina
L’obesità è una complessa patologia cronica multifattoriale derivante dalla interazione di fattori genetici ed ambientali. Sulla fisiopatologia dell’obesità emergono fattori sociali, comportamentali, culturali, metabolici e neuroendocrini non ancora completamente studiati (1). Il rapido e continuo aumento della prevalenza dell’obesità riscontrato negli ultimi anni ha portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a definire questa patologia un’epidemia globale”globesity” (2). Negli Stati Uniti il 32% degli adulti è in sovrappeso e il 22,5% è obeso (3). Valori molto simili o superiori si riscontrano in Europa (4). In Italia è obeso il 9% degli adulti e il 33,5% è in sovrappeso (5). La prevalenza è più alta nella mezza età, nelle aree del Sud e fra gli individui con basso reddito e basso livello culturale (6,7,). La prevalenza di obesi in età evolutiva varia tra il 10 ed il 30% (8); l’obesità in questo periodo di vita è un fattore di rischio per l’obesità dell’età adulta.(9)L’obesità è un eccessivo accumulo di grasso corporeo, frequentemente risultante da un bilancio energetico positivo protratto nel tempo. La massa grassa eccedente risulta essere costituita da una ipertrofia e da una iperplasia degli adipociti (10). A livello individuale la valutazione delle caratteristiche dell’obesità richiede l’analisi della composizione corporea che può essere rilevata con varie tecniche; per consentire l’impostazione di protocolli terapeutici personalizzati a livello di popolazione è sufficiente fare ricorso ad indicatori semplici, facilmente misurabili. L’indice di massa corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI), calcolato come rapporto tra il peso in Kg e il quadrato dell’altezza in m2, proposto da istituzioni o organizzazioni internazionali (2 ), risulta correlato con la percentuale di massa grassa ed associato all’incidenza di diverse patologie e alla mortalità (11). La classificazione degli stati ponderali (WHO, 1998) prevede le seguenti categorie:sottopeso : BMI < 18,5 Kg/m2 normopeso: BMI 18.5-24,9 Kg/m2 sovrappeso : BMI 25-29,9 Kg/m2 obesità: BMI > 30 Kg/m2 grande obesità: BMI > 40/m2 La distribuzione regionale del grasso corporeo,non valutabile per mezzo del solo BMI, è più importante per la salute che non il grasso totale (12, 13). Il deposito intraddominale o viscerale del grasso è associato alle complicanze in particolare alla malattia cardiovascolare. È molto più accurato quindi considerare sia il BMI che la circonferenza della vita (14). Quantità eccessive di grasso corporeo costituiscono un pericolo per la salute, sia per il rischio d’insorgenza di malattie dismetaboliche sia per le conseguenze meccaniche provocate del sovraccarico sulle articolazioni (15). L’equilibrio articolare risente infatti negativamente di un carico eccessivo e duraturo. L’artrosi si può considerare il risultato di uno scompenso tra quantità di lavoro richiesto alle articolazioni e la capacità di lavoro da queste sostenibile (16). Questo scompenso può essere la conseguenza di incapacità da parte delle strutture articolari di sopportare sollecitazioni normali oppure di un sovraccarico continuo di strutture normali. Questi meccanismi implicati in varia percentuale nelle forme primarie e secondarie sono alla base delle alterazioni degenerative del processo artrosico (16). L’inizio della patologia articolare si manifesta come un sovvertimento della struttura cartilaginea, a cui i condrociti reagiscono con la produzione di sostanza fondamentale non correttamente strutturata. Ne consegue una patologia infiammatoria e degenerativa che, coinvolgendo le altre componenti articolari (osso epifisario al disotto della cartilagine, membrana sinoviale, strutture capsulo-legamentose), sfocia nell’osteoartrosi. La localizzazione al ginocchio è la più frequente e una delle più disabilitanti (17). L’associazione obesità e artrosi del ginocchio risulta ben documentata. Ne soffre il 17,8% degli italiani. Maggiormente colpito è il sesso femminile. Oltre al sovrappeso e all’obesità, altri fattori di rischio come lassità legamentosa, difetti assiali (ginocchio varo o valgo) e sedentarietà predispongono al determinarsi della patologia osteoarticolare. Un segnale importante è il dolore, assente a riposo e presente nella stazione eretta o nella deambulazione. Progressivamente, l’articolazione diventa sempre più limitata nel movimento inducendo sedentarietà, impedendo attività quotidiane e peggiorando la qualità di vita. Nel bambino l’obesità causa danneggiamento dei nuclei di accrescimento scheletrico, insorgenza di dolori muscolari e alterazioni della postura che coinvolgono ginocchia e piedi. Ciò è predittivo nei confronti dell’artrosi che si manifesterà nell’adulto. Importante è promuovere in ogni paziente obeso una riduzione graduale del peso corporeo per prevenire disabilità, così come nel soggetto artrosico non obeso è importante evitare un eccessivo incremento ponderale che provocherebbe un aggravamento e una evolutività del processo morboso (18). Il trattamento dell’obesità è fondamentale per il funzionamento dell’apparato osteo-articolare, anche in assenza del dolore. L’articolazione risente progressivamente in modo negativo dell’eccessivo carico ed un equilibrato regime dietetico ipocalorico, secondo le linee guida è spesso sufficiente a ripristinare l’equilibrio perduto. È importante sottolineare che il sovrappeso o l’obesità talvolta possono essere secondari ad una preesistente condizione artrosica che, a causa del dolore e della limitazione funzionale, porta alla sedentarietà. Anche in questi casi bisogna adottare una terapia alimentare adeguata in associazione alle cure più idonee (19). La terapia contro l’obesità ha come obiettivo la riduzione del peso corporeo dell’ordine del 10% rispetto a quello iniziale. Questo risultato riduce in modo significativo la severità dei fattori di rischio associati, può essere raggiunto nell’arco di sei mesi e può essere mantenuto nel tempo. Una dieta equilibrata diretta a provocare un deficit calorico di 500/1000 Kcal/die, rispetto al consumo del paziente, tale da provocare una riduzione ponderale non superiore ad 1 Kg alla settimana , dovrebbe essere una componente essenziale della strategia del trattamento dell’obesità. La combinazione della dieta ipocalorica, l’incremento dell’attività fisica e la terapia comportamentale costituisce la terapia di maggior successo per la perdita e il mantenimento del peso corporeo. Per soggetti attentamente selezionati con obesità morbigena (BMI > 40) o con BMI >35 e patologie concomitanti, quando i metodi meno invasivi si sono rivelati inefficaci, una possibile strategia è la chirurgia bariatrica (20). La combinazione di perdita di peso ed un moderato esercizio fisico risulta significativamente più efficace di ciascun intervento da solo o del counseling su uno stile di vita migliore nella riduzione del dolore e nel miglioramento della funzionalità in pazienti con osteoartrosi del ginocchio (21, 22).
BIBLIOGRAFIA
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22. Messier S.P., Loesre R.F., Miller G.D., Morgan T.M., Rejeski W.J., Sevick M.A., Ettinger W.H., Pahor M., Williamson J.D. Exercise and dietary weight loss in overweigth and obese older adults with knee osteoarthritis. Arthritis & Rheum 50: 1501-1510, 2004.
Obesità e artropatie

A cura del Prof.ssa Elena B. Adamo
Dietologo Medico Chirurgo - Professore Aggregato, specialista in PediatriaL'informazione presente nel sito deve servire a migliorare, e non a sostituire, il rapporto medico-paziente. In caso di disturbi e/o malattie rivolgiti al tuo medico di base o ad uno specialista.
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