Quando rivolgersi a un linfologo
Dottor De Filippo chi cerca oggi un linfologo?Negli ultimi tempi si assiste ad una richiesta sempre più specifica di questa figura professionale.
Si tratta di uno Specialista che ha devoluto i suoi studi su un settore ben specifico del sistema circolatorio: il sistema linfatico, ai più sconosciuto.
I pazienti si accostano a questo specialista o inviati da un altro medico che ha esaurito le proprie potenzialità diagnostiche e/o terapeutiche o, nella maggior parte dei casi, è proprio il paziente che non addivenendo a nessun risultato nei confronti del proprio problema si accosta su internet alla ricerca della figura specialistica come il linfologo

Linfologo e linfedema: approccio clinico e indagini diagnostiche
Qual è il corretto approccio, da parte dello specialista, nei confronti di questi pazienti, molte volte sfiduciati perché nomadi di diversi specialisti e/o strutture sanitarie?È fondamentale innanzitutto infondere fiducia e prospettare che, a dispetto dei luoghi comuni in cui è ricorrente la frase” non c’è nulla da fare …è un problema con cui lei deve convivere”, bisogna invece prospettare al paziente che oggi la scienza offre ottime prospettive di risultati, in termini di riduzione del volume dell’arto e, se diagnosticati in fase precoce, anche la presunzione della guarigione dalla malattia.
Si passa subito alla ricerca di dati anamnestici (quali indagine su disturbi analoghi presenti nella stessa famiglia, tipo di lavoro praticato, eventuali pregressi traumi osteoarticolari subiti, interventi chirurgici subiti con eventuale asportazione di strutture linfonodali, punture di insetti o ferite accidentali, eventuali animali in casa, ma anche attività sportive praticate, etc.).
Eventuali indagini diagnostiche eseguite: ecografie, ecocolordoppler, tac, RMN, pet tac, esami del sangue.
Diagnosi del linfedema: esami clinici, ecocolordoppler e linfoscintigrafia
Oggi, quando un paziente con linfedema arriva da Lei, quali sono le indagini diagnostiche che mette in pratica?
L’esame clinico è di fondamentale importanza anche per differenziare il linfedema, per esempio, da un lipedema molte volte confuso tra di loro od un aumento di volume di un arto da una patologia ostruttiva vascolare.
La palpazione dei tessuti per la valutazione della fibrosi è prioritaria.
Sempre focalizzando l’attenzione sul linfedema e lipedema, anche se in letteratura ci sono molti punti di valutazione differenziale tra le due patologie, nella maggioranza dei casi, le due forme sono commiste tra loro e si parla, in questo caso, di linfolipedema (la linfa se permane a lungo nei tessuti, infatti, induce un aumento del tessuto adiposo).
Subito dopo si passa all’esame ecocolordoppler, sia venoso (si impone sempre davanti ad un arto aumentato di volume per escludere eventuali problematiche ostruttive), che arterioso (per la valutazione di una corretta perfusione sanguigna al fine della tolleranza di eventuale bendaggio compressivo).
Poi segue l’ecografia ad alta risoluzione dei tessuti molli sottocutanei per la ricerca di eventuali laghi linfatici e lo studio delle sedi linfonodali (inguine, ascella, fosse sopraclaveari o sedi laterocervicali) per lo studio morfo-volumetrico delle stesse.
Alla fine, si prospetta l’eventualità di un esame linfoscintigrafico segmentario degli arti per comprendere in maniera funzionale il danno linfatico subito.
Come trattare il linfedema: bendaggi, calze elastiche e terapie di mantenimento
Dottor De Filippo quali sono le possibilità terapeutiche che oggi possono prospettarsi al paziente affetto da linfedema?
Purtroppo se il linfedema non viene riconosciuto subito ed instaurato immediatamente un corretto trattamento terapeutico, nelle fasi più avanzate, rappresenta un quadro clinico sicuramente migliorabile ma che può condizionare tutta la vita del paziente.
Oggigiorno protocolli standardizzati e condivisi dalle maggiori Società Scientifiche Internazionali prevedono una fase di intervento intensivo (fase della riduzione dell’edema) e l’altra, subito a seguire, una fase estensiva e di mantenimento (utilizzo dell’indumento elastico definitivo).
Nella prima fase vengono rilevate le misurazioni centimetricamente dell’arto da sottoporre al confezionamento del bendaggio elasto-compressivo multistrato e multifunzionale, da monitorare nel tempo, per evitare spiacevoli inconvenienti tipo: slippage delle bende, specie nei pazienti validi alla deambulazione (esiste, comunque, una strategia tecnica per assicurare una conservazione nei giorni a seguire del bendaggio confezionato).
Le bende utilizzate in base al loro grado di stiffness (allungamento) dipende dal grado della fibrosi dei tessuti edematosi da sottoporre a compressione.
Naturalmente resta prioritario il trattamento e bonifica della cute dell’arto, specie se è presente linforrea e/o ulcere linfatiche.
Nel tempo verrà valutato il guadagno in termini di misurazione centimetrica e confrontato con le precedente misurazioni per poi procedere, eventualmente, ad un secondo bendaggio e così via.
La fase di bendaggio terminerà quando non si avranno più guadagni nelle misurazioni nel tempo. È questo è il momento in cui si entra nella seconda fase con l’utilizzo della calza elastica a trama piatta di 2° classe di compressione (K2), da utilizzare solo di giorno.
Da questo momento, i risultati ottenuti si manterranno nel tempo grazie a tecniche di drenaggio linfatico manuale e compressione pneumatica intermittente, da effettuarsi a cicli terapeutici nel tempo.
Un’ultima cosa da sottolineare è che i pazienti nella prima fase di trattamento utilizzeranno anche una terapia farmacologica iniettiva, che sarà gradualmente sostituita da farmaci per os e topici.