Cos'è l’elastocompressione?

L’elastocompressione rappresenta una metodica di fondamentale importanza nel trattamento decongestivo combinato degli arti, di facile gestione, previa adeguata preparazione del paziente, e sicuramente è la metodica che più di ogni altra garantisce risultati duraturi a breve e lungo termine evitando ripetute - e sconfortanti - recidive.

Nel lavoro presentato si riportano le conoscenze fisiopatologiche di base del bendaggio elastico ed ipoelastico. Saranno descritte le componenti intrinseche di manifattura, sia delle bende che delle calze, unitamente ai principi d’azione emodinamica sulle strutture anatomiche sottoposte a compressione. 

Particolare rilevanza si è dato agli esempi dimostrativi delle bende sugli arti, in virtù del fatto che questa metodica, più di ogni altra, è caratterizzata da una forte componente pratica, dalla corretta applicazione e sorveglianza nel tempo delle stesse.

Vengono richiamati, infatti, i limiti e le complicanze dovute ad un'errata applicazione delle bende e l'ottimizzazione della compliance del soggetto, momento di particolare importanza nel determinare  il successo del risultato atteso.

Infine, viene riportata l’esperienza ottenuta dall’autore su una popolazione di 72 pazienti (tutti affetti da linfedema agli arti superiori ed inferiori) sottoposti a trattamento decongestivo combinato con elastocompressione. Si evidenzieranno i risultati soddisfacenti sia in termini centimetrici delle circonferenze misurate, che in termini di qualità della vita dei soggetti. Essi, infatti, sono già fortemente provati da questa disabilità che spesso, se trascurata, può determinare la pressoché totale compromissione delle normali attività (ADL).

 

Un caso studio sull’elastocompressione 

Cos’è il linfedema?

Il Linfedema rappresenta, oggi, una malattia cronica altamente invalidante sul piano sociale, con alti costi di gestione e di difficile controllo terapeutico.

​​Come si guarisce dal linfedema?

Certamente, nell’ambito degli interventi terapeutici disponibili, il Trattamento Fisico Riabilitativo Combinato (T.F.R.C.) rappresenta il metodo migliore per ottenere risultati duraturi nel tempo, soprattutto se confrontati con quelli ottenuti con la sola farmacologia o il trattamento chirurgico.

Questo studio vuole dimostrare, peraltro, come l’elastocompressione nell’ambito della stessa T.F.R.C. riveste un ruolo chiave nell’ottenimento dei risultati prefissati.

 

Cos'è il bendaggio elastocompressivo?

Metodica terapeutica fisica, ma allo stesso tempo scienza ed arte, consistente nel fasciare con presidi di varia estensibilità parti del corpo, al fine di prevenire e curare la malattia del sistema veno linfatico (Fig 1 e 2)

Illustrazione 1 - Chirurgia Vascolare  Fig. 1Illustrazione 2 - Chirurgia Vascolare  Fig. 2

 

I principi d’azione dell'elastocompressione: le prime fasi del trattamento

Nell’ambito della risoluzione dell’edema, abbiamo una prima fase di trattamento (diminuzione volumetrica) in cui sarà utilizzata la compressione con bende, unitamente alla preparazione della cute, insieme ad altre metodiche fisiche riabilitative quali il drenaggio linfatico manuale e la ginnastica isotonica.

Una volta ottenuto un risultato stabile e soddisfacente, al di sotto del quale non otterremo ulteriori riduzioni volumetriche, si transiterà nella seconda fase di trattamento (stabilizzazione dei risultati) nella quale sarà osservato l’utilizzo del tutore elastico associato sempre ad esercizio motorio del soggetto e, talvolta, associando anche il  D.L.M. e, se necessaria, la compressione pneumatica intermittente.

Le due fasi di trattamento sono comunque strettamente interconnesse tra loro e transitabili l’una nell’altra.

Come si effettua un bendaggio elastocompressivo? 

Per ciò che concerne il bendaggio, esistono diversi parametri che ne influenzano l’ottimizzazione.

Essi sono:

  • la struttura fisica della benda;
  • la proprietà elastomerica;
  • la qualità ed usura del bendaggio;
  • la grandezza e forma dell’arto;
  • l’attività fisica del paziente;
  • l’abilità ed esperienza dell’operatore.

In base all’estensibilità, possiamo suddividere le bende in:

  • bende non elastiche: bende allo zinco e bende-garze;
  • bende ad estensibilità corta: < 70% (Fig 3).

Illustrazione 3 - Chirurgia Vascolare  Fig. 3

  • bende ad estensibilità media: tra 70-140%
  • bende ad estensibilità lunga: > 140% (Fig. 4)

Illustrazione 4 - Chirurgia Vascolare Fig.4

 

L’estensibilità della benda è la quantità della forza espressa in: “1Kg/cm di larghezza”, è capace di determinare il massimo allungamento della stessa. Ma la qualità di una benda è determinata anche dalla proprietà elastomerica della fibra contenuta nella stessa. Un tipo di filato, infatti,  può determinare la minore (short-stretch) o maggiore estensibilità (long-stretch bandage) se a lavorazione con fibra di cotone intrecciata ed increspata (Fig. 5)

Illustrazione 5 - Chirurgia Vascolare Fig. 5

o con lavorazione a maglia con fibre elastiche in viscosa o nylon (Fig .6 e 7).

Illustrazione 6 - Chirurgia Vascolare Fig. 6     Illustrazione 7 - Chirurgia Vascolare Fig. 7

 

Da qui la giustificata indicazione dell’utilizzo delle stesse in soggetti con attività motoria più - o meno - valida (arti edematosi in soggetti capaci di autonomia motoria saranno trattati con l’uso della benda ane – ipoelastica. Per contro, quelli appartenenti a soggetti parzialmente o totalmente ipovalidi, osserveranno un bendaggio elastico).

Il tutto, naturalmente, con la massima versatilità di migrare, a secondo le necessità, in un tipo o nell’altro tipo di bendaggio e con, addirittura, la sovrapposizione di diversi tipi di bendaggio nello stesso soggetto (bendaggio misto)

In base alle proprietà adesive delle bende possiamo distinguere:

  • bendaggi non adesivi: la maggior parte delle bende utilizzate per il linfedema;
  • bendaggi coesivi: linfedema dei genitali e nella prevenzione degli arrotolamenti dei bendaggi praticati alla radice della coscia;
  • bendaggi adesivi: raramente usati nel linfedema e/o in casi con associazione di problematiche ortopediche.

Per ciò che concerne la grandezza e forma dell’arto (Fig. 8) occorre tener presente la misura delle bende attualmente esistenti sul mercato per poter gestire, nella maggior parte dei casi, le problematiche legate a questo parametro.

 

  Illustrazione 8 - Chirurgia Vascolare  Illustrazione 9 - Chirurgia Vascolare  Illustrazione 10 - Chirurgia Vascolare  Illustrazione 11 - Chirurgia Vascolare  

Per il bendaggio di piede e di gamba, infatti, ci avvalleremo di bende della misura di 4, 6 o 8 cm. Per il bendaggio di coscia, invece, di bende larghe 10, 12, 20 cm o maggiori.

Si potranno, inoltre, comprendere i principi fisici che regolano le pressioni esercitate dalle bende su particolari conformazioni di arti e su particolari distretti e/o salienze ossee. Basterà tenere presente la legge di Laplace (Fig. 9) che recita: Pressione = tensione/raggio con le variabili introdotte da Einarsson: Pressione = Tensione x N / Raggio x A dove:

  • N = numero di strati;
  • A = ampiezza della benda utilizzata.

Da qui la possibilità di poter dosare la pressione (bendaggio =  arte!)

 

 Illustrazione 12 - Chirurgia VascolareFig. 9

 

Le problematiche più ricorrenti relative alla grandezza e forma degli arti, sono relative a

  • arti dismorfici di soggetti portatori di malformazioni congenite;
  • arti con limitazione funzionali importanti;
  • soggetti con notevole grembiule adiposo addominale debordante la piega inguinale;
  • arti con svasatura alla radice.

In tutti questi casi, si porrà particolare attenzione all’utilizzo di materiale da sottobendaggio in gomma schiuma (padding). Sarà infatti capace di donare una forma cilindrica all’arto in questione (Fig. 10 e 11) e prevenire l’eventuale irritazione della cute dovuta alla formazione di pieghe e arrotolamenti delle bende stesse.

Illustrazione 13 - Chirurgia Vascolare Fig.10 Illustrazione 14 - Chirurgia Vascolare Fig.11

In commercio sono disponibili rotoli da 10,15,20 cm ed oltre.

Si porrà particolare attenzione all’applicazione del padding per evitare scalinature tra le varie spire di bendaggio. Svolgendo il padding a spirale sopra un tubolare di cotone di protezione per la pelle,s i evita di trazionare i materiali sottostanti.

L’uso di materiale da sottobendaggio facilita l’applicazione, la tenuta in situ del bendaggio stesso e garantisce una più tollerata pressione di riposo. Può essere, inoltre, lavato e sterilizzato.

Altro parametro da tenere presente nella pratica, per una buona riuscita dell’effetto elastocompressivo sui tessuti, è il tipo di attività fisica del soggetto.

Quando saremo di fronte a soggetti con deambulazione valida useremo un bendaggio ipoelastico che, in virtù della sua caratteristica, conterrà entro determinati limiti l’espansione delle masse muscolari indirizzando verso la profondità la pressione scaturitasi. Quest’ultima determinerà, a sua volta, lo spostamento dei fluidi distrettuali contenuti esercitando una pressione di lavoro tre volte maggiore rispetto al bendaggio elastico (bendaggio con maggiore possibilità di scomporsi!).

Di contro, nel caso di soggetti allettati e con capacità motoria compromessa, ci si orienterà verso un tipo di bendaggio elastico con alte pressioni a riposo (maggiore possibilità, in questo caso, di conservare la posizione originaria!)  

Non ultima per ordine di importanza l’esperienza dell’operatore (medico o paramedico che sia). Essa riveste un ruolo fondamentale per il buon confezionamento del bendaggio, al fine di ottimizzare i risultati conseguibili.

Tutto ciò richiede, inevitabilmente:

  • manualità;
  • abilità;
  • formazione ricorrente;
  • aggiornamento costante;
  • solido bagaglio culturale (Fig. 11b).

Illustrazione 15 - Chirurgia Vascolare 

Fig.11b

Si può affermare, come asseriva Fischer, di ”conoscere un bendaggio solo dopo averlo eseguito almeno mille volte”.

 

Come agisce l'elastocompressione sul macrocircolo?

L’azione del bendaggio sui tessuti e sulle vene ha lo scopo di esercitare un pressione dosata in rapporto alla capacità che un individuo ha di deambulare.

Inoltre, ha lo scopo di:

  • controllare l’edema
  • contrastare gli effetti negativi dell’ipertensione venosa persistente;
  • migliorare l’ossigenazione e l’apporto nutrizionale dei tessuti;
  • ottenere un’azione decongestiva.

In dettaglio, sul macrocircolo, l’elastocompressione:

  • determina una riduzione del calibro delle vene superficiali e profonde riducendo, altresì, eventuali reflussi patologici presenti;
  • migliora la pompa muscolare e le pressioni deambulatorie; 
  • aumenta la temperatura cutanea favorendo il drenaggio linfatico; 
  • previene il reflusso dei fluidi spostati con il D.L.M.; 
  • incrementa la fibrinolisi intra ed extravasale; 
  • incrementa la velocità di flusso nel circolo venoso; 
  • aumenta il volume minuto cardiaco ed infine stimola la diuresi.

Cosa determina l’elastocompressione sul microcircolo?

Sul microcircolo, invece, determina:

  • una diminuzione dell’ectasia capillare e relativo aumento della velocità di flusso nei capillari; 
  • un blocco dell’ispessimento della membrana basale; 
  • una diminuzione dell’edema interstiziale, della filtrazione delle plasmaproteine; 
  • una diminuzione della pressione endolinfatica e dell’interazione dei leucociti con i capillari endoteliali.

Di fronte a tanta evidenza clinica e sulla validità dell’elastocompressione sui tessuti, viene spontaneo porsi la domanda: ma esiste,oggi, un analogo presidio in grado di poter ottenere contemporaneamente tutti questi effetti benefici?

 

Raccomandazioni per una valida compressione

Esistono delle raccomandazioni in grado di sorvegliare, nel tempo, l’adeguatezza di ciò che si è confezionato e, al tempo stesso, porre sicuri rimedi contro eventuali fenomeni indesiderati dovuti ad un erroneo bendaggio e limitarne i danni.

  • Un bendaggio dovrà essere energico ma non causa di dolore, né costrizione circolatoria, specie a riposo (bende a corta estensibilità);
  • la tensione di avvolgimento della benda sull’intero arto deve essere mantenuta costante;
  • un bendaggio deve essere pratico e consentire i movimenti articolari, bendando questi ultimi nelle posizioni funzionali.
  • deve rimanere quanto più possibile in situ, senza arrotolamenti, anche dopo terapia fisica riabilitativa;
  • bisogna esercitare una graduale compressione decrescente in senso disto-prossimale ed uniforme;
  • è necessario proteggere le aree a rischio (tipo salienze ossee, tendinee, lesioni cutanee infette etc…) impiegando adeguato materiale morbido da sottobendaggio e creme protettive specifiche.

Il bendaggio multistrato ha controindicazioni?

Esistono delle controindicazioni sia assolute che relative alla pratica del bendaggio multistrato.

Tra le controindicazioni assolute troviamo:

  • l’insufficienza cardiaca congestizia scompensata;
  • l’arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori(I.W.< 70mmHg);
  • la poliartrite;
  • la sclerosi progressiva sistemica(sclerodermia);
  • l’atrofia di Sudek.

Tra quelle relative:

  • l’arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori (I.W.> 70%);
  • l’ipertensione arteriosa;
  • l’aritmia cardiaca e/o stenosi dei vasi cardiaci;
  • la linforrea;
  • la distrofia cutanea;
  • gli arti particolarmente dismorfici.

 

Alcuni esempi applicativi pratici di bendaggio

Arti Inferiori

Al fine di praticare un bendaggio quando più possibile funzionale, il paziente assumerà la posizione completamente supina e rilassata nel bendaggio di gamba e nell’articolazione del ginocchio. Sarà, invece, in posizione ortostatica durante il bendaggio di coscia (Fig. 13)

La benda arrotolata và fissata intorno alla parte distale del piede con un doppio giro, quindi avvolta a spirale fin sopra la caviglia, per poi ritornare al tallone a mò di” 8” (v. Fig. 14)

Infine, la fasciatura continua lungo la gamba e la coscia, a spirale, conservando costante la tensione determinata dall’estensione.

In prossimità dell’articolazione del ginocchio si effettuano giri ad “8” per evitare fenomeni di slippageb (v. Fig 15).                                                                         

(Fig. 12)
Illustrazione 16 - Chirurgia Vascolare

(Fig.13)
Illustrazione 17 - Chirurgia Vascolare   

 

(Fig.14)

Illustrazione 18 - Chirurgia Vascolare

  

Quella descritta (bendaggio a spirale) è una delle metodiche di svolgimento ed applicazione della benda, ma esistono altre metodologie che, per brevità, ci limiteremo solo ad accennare.

Esse consistono nella metodica cosiddetta ”a spina di pesce”, determinata dall’applicazione sequenziale di un giro trasverso ed uno obliquo e l’altra definita ad “X”, caratterizzata dall’applicazione sequenziale di un giro obliquo a destra e un giro obliquo a sinistra.

In ogni caso, è molto importante includere il tallone nella fasciatura per evitare l’effetto emostatico della caviglia con conseguente edema del piede.

Materiale richiesto:

  • tubolare in cotone;
  • garze elastiche da 3 o da 4 cm;
  • 4 o 6 rotoli di benda morbida  non tessuta(cotone di Germania) o strisce di gomma piuma;
  • bende a corta estensione( una da 6/8 cm, quattro da 10, tre da 12, due da 20 per bendare il tronco);
  • crema protettiva per la cute.

 

Arti Superiori

 

Illustrazione 19 - Chirurgia Vascolare Fig. 16

Il bendaggio viene eseguito con paziente seduto e rilassato.(Fig. 16) Nel bendaggio dell’arto superiore, specie nei casi di soggetti portatori di linfedema post-mastectomia con interessamento del distretto della mano, sarà necessario ricorrere al bendaggio della stessa comprese le dita.

In questo caso il bendaggio richiede una notevole esperienza dell’operatore Fig. 16, nonché adeguata preparazione a dover fronteggiare via via situazioni di difficile compliance del soggetto nei confronti del bendaggio stesso.

Particolare attenzione si presterà nel bendaggio delle dita della mano, utilizzando specifici accorgimenti nell’evitare fenomeni di sofferenza delle vie linfatiche superficiali ed irritazione della cute (Fig. 17; 18; 19; 20 e 21).

Illustrazione 20 - Chirurgia Vascolare

Fig.17      

 

Illustrazione 21 - Chirurgia Vascolare                                            

Fig.18

 

Illustrazione 22 - Chirurgia Vascolare

Fig.19                                                     

 

 

 Illustrazione 23 - Chirurgia Vascolare

Fig.20

 

Illustrazione 24 - Chirurgia Vascolare 

  Fig.21

 

Analoga attenzione si porrà anche quando si applicano le bende in sovrapposizione tra loro. Si raccomanda, in questo caso, un bendaggio in senso orario ed antiorario sequenziale.

Al termine del bendaggio, sarà opportuno fissare l’orlo dell’ultima benda con cerotto in tela risparmiando tassativamente la cute. Si dovrà, inoltre, ribaltare la bordatura del tubolare in cotone sia sull’inizio, che sulla fine del bendaggio, con uno scopo protettivo. (Fig. 22; Fig. 23; Fig. 24)

Illustrazione 25 - Chirurgia Vascolare Fig.22      Illustrazione 26 - Chirurgia Vascolare Fig.23       Illustrazione 27 - Chirurgia Vascolare Fig.24

Bisogna controllare sempre il gradiente di pressione, la mobilità e il colorito delle dita dell’arto interessato.

Materiale richiesto:

  •  tubolare in cotone;
  •  garze elastiche da 3 o 4 cm;
  •  2-3 rotoli di benda morbida non tessuta(cotone di Germania) o strisce di gomma piuma;
  •  bende a corta estensione (una da  6 cm, una da 8 cm, due/quattro da 10 cm);
  •  crema protettiva per la cute (Fig. 25 e 26).

Illustrazione 28 - Chirurgia Vascolare Fig.25       

 

Illustrazione 29 - Chirurgia Vascolare Fig.26

 

Ci sono limiti o complicanze dell’elastocompressione?

Nella pratica del bendaggio elastocompressivo capita, frequentemente, di dover assistere a fenomeni di resistenza psicologica da parte del soggetto (Fig. 27). Altre voltre, il soggetto può essere intollerante al materiale utilizzato o, non di rado, ci possono essere complicanze legate ad una mancata esperienza pratica dell’operatore.

Tra i limiti principali riconosciamo, dunque, l’opposizione psicologica da parte del paziente ad una sovrastruttura quale il bendaggio che, soprattutto se multistrato, può assumere connotati di   antiesteticità e visibilità tali da affliggere l’ammalato in misura maggiore della stessa infermità.

Pertanto, il segreto di un buon successo dipende dalle motivazioni del paziente. Esse possono essere infatti influenzate da fattori quali l’isolamento sociale o il dolore causato dalla terapia.

Illustrazione 30 - Chirurgia Vascolare 

 

Fig.27

Tra le complicanze più frequenti annoveriamo: 

  • il dolore incontrollato;
  • l’occlusione arteriosa; 
  • l’ischemizzazione;
  • la trombosi;
  • la gangrena;
  • l’allergia cutanea;
  • le lesioni da decubito;
  • le flittene;
  • la mancanza della riduzione dell’edema in un mese.

Analizzando le singole complicanze, bisogna puntualizzare che un bendaggio non deve mai essere inizialmente dolorosoper. Sarà, quindi, bene riconfezionarlo all' inizio se il paziente riferisce dolore a riposo o col movimento (Fig. 28).

Se, invece, il dolore compare successivamente e, spesso, è associato a cianosi ed edema di avampiede, è sufficiente il semplice esercizio fisico od il riconfezionamento dello stesso.

E' molto importante, comunque, saper distinguere la sintomatologia minore da quella che realmente esprime un'intolleranza assoluta al dispositivo compressivo.

Illustrazione 31 - Chirurgia Vascolare

Fig. 28

Il rischio maggiore è la riduzione del flusso ematico (Fig 29, 30,31) dovuto alla compressione dei vasi arteriosi sottoposti al bendaggio elastocompressivo, specie nei distretti articolari. Pertanto, risulta di estrema importanza verificare la perfusione ematica col flussimetro (I.W.< 0,7 bisogna astenersi dal bendaggio, > di 0,7 bendaggio solo di giorno!).

 

  
Illustrazione 32 - Chirurgia Vascolare

Fig.29

Illustrazione 33 - Chirurgia Vascolare

Fig.30

 

Illustrazione 34 - Chirurgia Vascolare

Fig.31

In ogni caso, in letteratura, sono stati descritti casi di occlusione arteriosa, trombosi, necrosi e gangrena. Per prevenire una possibile ischemia, è importante non sottovalutare: 

  • pallore;
  • cianosi delle dita;
  • dolore.  

La possibilità di allergia al materiale utilizzato è reale, specie se si usano bende all’ossido di zinco e/o cerotti dotati di colle particolari  a stretto contatto con la cute.(Fig 32, 33,34)

Illustrazione 35 - Chirurgia Vascolare

L’allergia va soprattutto prevenuta con la raccolta di dati anamnesici (storie positive per episodi analoghi, allergie a metalli etc…).

Una complicanza molto frequente, specie nelle prime esperienze, è rappresentata dalle lesioni da decubito.

 Esse sono dovute a: 

  • pratica non corretta di bendaggio;
  • conformazione atipica di arto;
  • traumatismi localizzati ripetuti (professionali, torsioni e/o flessioni frequenti di segmenti di arto).

Si verificano, in questi casi, lesioni bollose, ischemizzazioni parcellari di cute - e sottocute - con possibili effetti di strangolamento delle vie linfatiche superficiali di determinate zone.(Fig.35, 36,37,38,39,40)

Illustrazione 36 - Chirurgia Vascolare Fig.35

Illustrazione 37 - Chirurgia Vascolare Fig.36

Illustrazione 38 - Chirurgia Vascolare Fig.37

Illustrazione 39 - Chirurgia Vascolare Fig.38

Illustrazione 40 - Chirurgia Vascolare Fig.39

Illustrazione 41 - Chirurgia Vascolare Fig.40

Questo tipo di complicanza è dovuta, per la maggior parte dei casi, a lunghi periodi di allettamento e, in altri,  all’effetto “slippage” delle bende arrotolate.

Per le flittene, quindi, c’è da osservare che un bendaggio errato - o l’incuria dello stesso - può causare profonde pieghe che vanno a strozzare le vie linfatiche di superficie,  con formazione di piccole e/o grandi lesioni bollose.(Fig 41,42,43,44,45)

Illustrazione 42 - Chirurgia Vascolare Fig.41

Illustrazione 43 - Chirurgia Vascolare Fig.42

Illustrazione 44 - Chirurgia Vascolare Fig.43

Illustrazione 45 - Chirurgia Vascolare Fig.44

Illustrazione 46 - Chirurgia Vascolare Fig.45

E’ importante, in questi casi, non disepitelizzare la lesione. Bisogna, invece, limitarsi alla fuoriuscita della linfa e alla meticolosa cura della pelle con presidi ad hoc, onde evitare sovrapposizione di infezioni.

 

Casistica personale: pazienti e metodi

Sono stati studiati, presso il Servizio di Riabilitazione Vascolare dell’Azienda Sanitaria Locale Ce/2, nel periodo Gennaio 2005 - Ottobre 2006, soggetti portatori di linfedema primitivo e secondario degli arti. I soggetti, icon capacità di attività fisica valida, sono stati presi in esame per valutare la capacità riduttiva del trattamento terapeutico combinato con elastocompressione.

Il numero dei soggetti sottoposti allo studio ammonta  a 72 unità, di cui 56 donne e 16 uomini con età media 25-72 anni, affetti da linfedema (32 primari e 40 secondari) e con un tempo di insorgenza della patologia che variava da 9 mesi a 15 anni.

Prima del trattamento, i pazienti sono stati sottoposti ad un esame bioumorale di routine, ad un esame E.C.G. con visita cardiologica e ad un esame clinico con la rilevazione centimetrica delle principali circonferenze dell’arto (o degli arti) interessato dall’edema.

Le misurazioni sono state effettuate a diversi livelli standard e, nello stesso momento, è stata controllata sia la consistenza dell’edema, che il peso del soggetto.

Sono stati eseguiti, prima di avviare i pazienti allo studio, diversi esami diagnostici strumentali specifici. Tra questi c’è stato un esame ecografico del sottocute, al fine di valutare il grado di consistenza dell’edema ed eventuali raccolte (laghi linfatici)  di vie o di linfonodi megalici visibili. Ancora, sono stati effettuati:

  • un esame linfoscintigrafico;
  • un esame ecocolordoppler per eventuale report di una patologia arteriosa o venosa concomitante.

Durante lo studio, è stato più volte utilizzato l’esame E.C.D. per monitorare i risultati ottenuti, tenendo presente dei precisi punti di riferimento anatomici.

Gli arti dei pazienti da studiare sono stati trattati con bende anelastiche in profondità e con bende a media elasticità in superficie. Lo scopo è stato favorire l’azione compressiva, durante il riposo o le ore notturne, con tecnica a multistrato e con materiale da sottobendaggio di protezione per la cute.

E’ stata anche effettuata un’opera di istruzione, sia nei confronti dei pazienti che dei familiari, per l’autobendaggio ed il riconfezionamento del presidio in caso di scomposizione dello stesso durante la permanenza presso il proprio domicilio.

I pazienti sono stati invitati ad effettuare esercizi individuali e/o di gruppo, sia in percorsi deambulatori controllati, che su apparecchiature elettromedicali con monitoraggio dell’attività cardiaca (ciclette, tapis roulant, pedane basculanti etc…).

Quotidianamente, i pazienti venivano messi nelle condizioni di poter verificare personalmente i risultati conseguiti, ciò aveva lo scopo di infondere fiducia nei confronti dei protocolli terapeutici riabilitativi a cui venivano sottoposti.


Risultati dello studio

Al termine  dello studio in esame la maggior parte dei pazienti (70 pazienti su 72 studiati) presentava dei risultati sia in termini di:

  • riduzione dell’entità dell’edema (netta riduzione delle lacune linfatiche);
  • consistenza dell’edema (riduzione della fibrosi con diminuzione dello spessore del tessuto epi e sottofasciale, e dell’ecogenicità tessutale)

Un solo paziente presentava una riduzione parziale e segmentaria dell’edema oggetto dello  studio con riduzione totale a livello di coscia, parzialmente a livello di gamba e nulla a carico del piede.

Un altro paziente ha abbandonato lo studio per sopraggiunte problematiche cliniche non relazionate allo studio in esame.

I risultati più marcati si sono avuti negli stadi intermedi della stadiazione clinico-strumentale del linfedema e, quindi, in quadri ad insorgenza più o meno recente.

In dettaglio, si è avuto:

  • a livello della caviglia, una riduzione media di circa 18 mm;
  • a livello di gamba, una riduzione media di 25 mm;
  • a livello di coscia, una riduzione media di 20 mm.

I risultati più sorprendenti si sono avuti, naturalmente, nei soggetti che hanno osservato una capacità di movimento costante durante tutto il periodo di studio, ottimizzando la compliance con i presidi in uso.

 

Conclusioni dello studio

E’ evidente, dai risultati riportati, come il bendaggio multistrato degli arti affetti da linfedema conduce a risultati decongestivi sorprendenti e, soprattutto, con bassi costi di gestione.

Ciò presuppone condizioni particolari e, in particolare, il risultato sarà garantito quanto più sono rispettate le seguenti condizioni:

  • fasi precoci di intervento riabilitativo;
  • soggetti con mobilità autonoma valida;
  • qualità dei presidi utilizzati;
  • adeguata preparazione professionale dell’operatore.

Solo a risultato conseguito, al paziente verrà consigliato il presidio di seconda fase. Tale presidio consiste nella prescrizione della calza elastica - secondo le modalità di seguito riportate - e dei programmi riabilitativi di mantenimento (che, per evidenti ragioni, non ci soffermiamo ad illustrare).

 

Come usare le calze a compressione?

Classificazione in base all’elasticità

 
  • calza a corta estensibilità: alta pressione di lavoro e bassa pressione a riposo (manifattura a trama piatta-linfedema);
  • calza ad alta estensibilità: bassa pressione di lavoro ed alta pressione (manifattura tubolare-problematiche ulcerose e profilassi)

Da che materiale sono costituite le calze a compressione?

Sono costituite nel loro insieme da fibre a decorso longitudinale e trasversale.

Il mescolamento di queste fibre tra di loro, ossia l’intensità dell’intreccio di quelle trasverse all’interno della maglia, determina l’elasticità del presidio. Questi filamenti sono costituiti da fibre in gomma o poliuretano, nella maggior parte avvolte da filamenti di cotone o poliammide (nylon), o miscela di essi.

Come sono lavorate?

I tutori elastici, nella maggior parte dei casi, vengono lavorati su telai per maglieria a tramatura circolare con diametro di ago 0,30 mm o piatta. Sono, poi, utilizzate secondo indicazioni diverse.

Per quanto riguarda le calze a trama circolare, conosciute anche come le comuni calze di nylon e/o microfibra, esse non hanno cuciture se non per ragioni di moda e sono, inoltre, costruite su modelli cilindrici. Hanno sempre lo stesso numero di nodi per giro per l’intera lunghezza della calza.

Le fibre elastiche sono intrecciate a mò di spirale e l’adattabilità alla forma dell’arto è ottenuta dal pre-stretching a diverso grado e dalla varietà della dimensione ed altezza dei nodi della maglia. Sono calze disponibili per la profilassi e le prime classi di compressione terapeutica (gradevolissime all’aspetto).

Relativamente alle calze con lavorazione a trama piatta, bisogna osservare che esse sono lavorate a doppia fila seguendo un preciso modello e, soprattutto, elaborate come presidi su misura per arti deformati.

Su questi modelli la fibra elastica gira in avanti ed a ritorto e, giro dopo giro, la forza esercitata dall’intreccio ne determina il livello di pressione.

Le parti lavorate sono cucite tra di loro e le relative calze sono indicate nelle classi compressione 3 e 4 e, soprattutto, come tutori elastici nel linfedema degli arti superiori.

Come si scelgono le calze a compressione?

La compressione del tutore elastico viene espressa in mmHg e viene misurata alla caviglia  con lo scopo primario di ripristinare il fisiologico gradiente pressorio dalla caviglia alla radice della coscia.

Quando la pressione alla caviglia è minore di 18 mmHg le calze vengono definite riposanti, in caso contrario terapeutiche. Al di sotto dei 18 mmHg l’efficacia è controversa, così come per tutori la cui pressione è dichiarata in “den”. I punti di misurazione degli arti sono determinati su appositi moduli.

Le problematiche del sistema di classificazione

Purtroppo, c’è da osservare che attualmente non esiste, in Europa, un sistema di classificazione univoco tra le diverse classi di compressione per cui, come si potrà notare da un’analisi della Tabella riportata, ad una stessa classe corrispondono differenti valori di compressione. Le differenze  più marcate sono evidenziabili tra quella utilizzata in Francia (NFG 30 102 B)  e quella utilizzata in Germania (RAL GZ 387) che, attualmente, risulta quella più affidabile sia per i moderni sistemi di fabbricazione, che di controllo sulla qualità sui prodotti elastici immessi sul mercato.

Recentemente alcuni Paesi, tra cui anche l’Italia, hanno tentato di unificarsi ad un sistema di classificazione univoco, prendendo spunto da quello tedesco, ed hanno creato la  WG2-CEN TC 205 (Tab. n°1).

Essa, senza dubbio, rappresenta una classificazione più articolata rispetto alla precedenti.

 

Illustrazione 47 - Chirurgia Vascolare

Comunque, la percentuale di popolazione che riesce a soddisfare le misurazioni “a tabella”, soddisfa circa il 85% del totale, per altri si rendono necessari i tutori su misura, specie nelle classi 3°a e 4°.

Una particolarità seguono i tutori degli arti superiori il cui range di compressione varia tra la 1a e la 2a classe. 

Per alcune forme di linfedema ed in particolari fasi di trattamento, può essere necessario associare una 4a classe con una 3a o, addirittura, sovrapporre una benda elastica a corta estensibilità.

Come misurare gli arti?

L'arto va misurato in posizione ortostatica dopo il riposo notturno.(Fig. 46, 47). Per l’assimilazione delle tecniche di misurazione c’è bisogno di un training formativo specifico e, quindi, di personale esperto. Esse vanno utilizzate soprattutto nei casi di custon-made stockings e create su rilievi estremamente precisi, tenendo conto di determinati punti di repere (standard) sia sugli arti superiori, che inferiori.(Fig. 48)

Illustrazione 48 - Chirurgia Vascolare

Fig. 46

Illustrazione 49 - Chirurgia Vascolare

Fig.47

Illustrazione 50 - Chirurgia Vascolare Fig.49

Per il linfedema dell’arto superiore, molto spesso, si ricorre a presidi su misura.( Fig. 49)

Specie per i pazienti poco autonomi, le calze vengono costruite con cerniere (zipper) facilitanti la compliance delle stesse. A seconda, inoltre, delle diverse classi di compressione, le calze per gli arti inferiori possono essere dotate -  o meno - di punta chiusa. In alcuni casi, le calze possono essere dotate di cappucci elastici di periferia.

Il successo della terapia compressiva è, comunque, garantito dalla cura del presidio stesso (lavaggio, asciugatura e conservazione) e dalle condizioni di fornitura del materiale utilizzato (due presidi per anno sono rimborsabili dal SSN tedesco).

Illustrazione 51 - Chirurgia Vascolare

Fig. 49

Quali sono i sistemi di fissaggio necessari?

Essi devono essere sistemi di fissaggio rapidi: integrati o forniti separatamente.

I sistemi di fissaggio rapidi, definiti anche Fastening Systems, sono in grado di ottimizzare la compliance, specie nei soggetti con arti particolarmente fuori dagli standard di misura, facilitarne la vestibilità ed evitare gli arrotolamenti e pieghe.

Possono essere parte integrante dei presidi stessi o forniti separatamente.

Tra i sistemi di fissaggio integrati nei presidi stessi abbiamo:

  • i calzoncini compressivi (shorts);
  •  le cintole;
  • i fissaggi a strappo per bracciali e calze elastiche;
  •  opzioni di allungamento;
  •  bende di fissazione poste all’estremità del presidio per evitare arrotolamenti.

I sistemi di fissaggio forniti separatamente comprendono, invece, i sistemi a giarrettiera aderenti sia alle calze che alla pelle tramite colle speciali ben tollerate.

 

L’appropriatezza prescrittiva nel trattamento del linfedema

Rappresenta un problema di particolare delicatezza nella fase 2 del trattamento del linfedema, in quanto, da un’errata individuazione del presidio, ne scaturisce il fallimento di un intero percorso terapeutico finalizzato al miglioramento della qualità di vita del soggetto.

La prescrizione, ritengo, deve essere eseguita dallo specialista prescrittore competente per la patologia in esame (Angiologo e/o Chirurgo Vascolare con formazione specifica in Clinica Linfologica, e/o  Linfologo) e, cioè, personale adeguatamente formato professionalmente e fornito di adeguata attrezzatura di lavoro (modulo, tavole e nastri).

Non esiste, ad oggi, una uniformità di prescrizioni ed indicazioni nei vari paesi e controllo di qualità in Italia per le motivazioni su esposte.Comunque le misurazioni vanno prese su arti completamente svuotati dall’edema e, possibilmente, nelle prime ore mattutine.

La prescrizione deve riportare fedelmente:

  • numero di presidi necessari (numero di calze da utilizzare in sostituzione);
  • classe di compressione;
  • tipo di presidio (es. gambaletto , mezza coscia…);
  • specificare se “su misura”;
  • qualità di manifattura e nome del prodotto in modo da assicurarsi che la calza consegnata sia quella desiderata;
  • diagnosi.

Ci sono criticità? 

Tra le problematiche più importanti nel campo dell’elastocompressione, abbiamo:

  •  la necessità di ritrovare una procedura ottimale di applicazione del bendaggio (equilibrio tra drenaggio ed effetto costrittore);
  • la verifica dei criteri di scelta più adatti per l’elaborazione di un sistema di classificazione internazionale, al fine di uniformare la terminologia e riflettere in un linguaggio unico e comune;
  •  le caratteristiche fisiche dei presidi;
  • superamento della difficoltà di poter ottenere la misurazione ideale delle pressioni alla caviglia (utilizzo di particolari sensorii, la vera pressione esercitata dalla benda infatti rimane tuttora sconosciuta);
  • l’esigenza di istituire, presso i Centri di Riabilitazione dedicati, una Equipe interdisciplinare , che sia in grado di identificare gli effetti clinici, le ricadute psico-sociali e le metodologie terapeutiche del linfedema in seno al contesto ambientale in cui è inserito il soggetto (Fig. 50)

Illustrazione 52 - Chirurgia VascolareFig.50

La mancanza di presidi utili erogati gratuitamente dal S.S.N.

La problematica più importante per i soggetti affetti da edemi degli arti inferiori rimane, oggi come lo è stato in passato, la mancanza totale di presidi utili erogati gratuitamente dal S.S.N. Il cosiddetto Nomenclatore Tariffario delle Protesi ed Ausili (D.M. n° 332 del 22/08/1999) che racchiude all’interno presidi erogabili a soggetti aventi diritto (portatori di patologie a carattere permanente ed invalidante) non prevede, infatti, nulla per i portatori di disturbi del circolo linfatico. Tale circolo, già dai primi stadi di malattia, può determinare un’ importante riduzione della capacità delle A.D.L.(Activity Daily Leaving), fino alle compromissioni totali di capacità di vita di relazione e, in questo modo, aggravando ulteriormente le spese e le condizioni di vita di questi soggetti già notevolmente colpiti.

Si auspica, quindi, che la nostra categoria sia adeguatamente rappresentata al Tavolo di Concertazione istituito presso il Ministero della Salute al momento della stilatura del Nomenclatore Tariffario delle Protesi, alla stregua delle altre già presenti. Si auspica, inoltre, che esso effettui opera di sensibilizzazione sulle Autorità competenti Statali per l’aumento di incidenza tra la popolazione mondiale e per l’alto valore sociale che riveste questa malattia.
 

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