Riassunto

L’elastocompressione rappresenta una metodica di fondamentale importanza nel trattamento decongestivo combinato degli arti, di facile gestione, previa adeguata preparazione del paziente e sicuramente metodica che più di ogni altra garantisce risultati duraturi a breve e lungo termine evitando ripetute e sconfortanti recidive.

Nel lavoro presentato si riportano le conoscenze fisiopatologiche di base del bendaggio elastico ed ipoelastico con la descrizione delle componenti intrinseche di manifattura sia delle bende che delle calze, unitamente ai principi d’azione emodinamica sulle strutture anatomiche sottoposte a compressione. 

Particolare rilevanza si è dato agli esempi dimostrativi delle bende sugli arti in virtù del fatto che questa metodica,più di ogni altra, è caratterizzata da una forte componente pratica, dalla corretta applicazione e sorveglianza nel tempo delle stesse.

Vengono richiamati,infatti, i limiti e le complicane dovute ad un errata applicazione delle bende e la ottimizzazione della compliance del soggetto, momento di particolare importanza nel determinare  il successo del risultato atteso.

Infine viene riportata l’esperienza ottenuta dall’autore su una popolazione di 72 pazienti affetti da linfedema agli arti sia superiori che inferiori  sottoposti a trattamento decongestivo combinato con elastocompressione evidenziando i risultati soddisfacenti sia in termini centimetrici delle circonferenze misurate sia in termini di qualità della vita in questi soggetti, già fortemente provati da questa disabilità che spesso, se trascurata, può determinare la pressocchè totale compromissione delle normali  attività della vita (ADL).

Introduzione

Il Linfedema rappresenta,oggi, una malattia cronica,altamente invalidante sul piano sociale, con alti costi di gestione e di difficile controllo terapeutico.

Certamente nell’ambito degli interventi terapeutici disponibili il Trattamento Fisico Riabilitativo Combinato(T.F.R.C.) rappresenta,oggi, il metodo migliore per ottenere risultati duraturi nel tempo se confrontati con quelli ottenuti con la sola  Farmacologia od il Trattamento Chirurgico.

Questo studio vuole dimostrare, peraltro, come l’Elastocompressione nell’ambito della stesso T.F.R.C.,costituito nell’attuare strategicamente tra di loro il D.L.M., la Compressione Pneumatica Intermittente,l’Ultrasuono-terapia, l’Elettrostimolazione, la Termoterapia la Ginnastica Isotonica Individuale o di Gruppo, la Ginnastica Ventilatoria, l’Idrochinesiterapia, riveste un ruolo chiave nell’ottenimento dei risultati prefissati.


Definizione  di Bendaggio Elastocompressivo

Metodica terapeutica fisica,contemporaneamente scienza ed arte, consistente nel fasciare con presidi di varia estensibilità parti del corpo,al fine di prevenire e curare la malattia del sistema venolinfatico (Fig 1 e 2)

  Fig. 1

                     

  Fig. 2

Principi d'azione dell'’Elastocompressione

Nell’ambito della risoluzione dell’edema abbiamo una prima fase di trattamento (diminuizione volumetrica) in cui sarà utilizzata la compressione con bende unitamente alla preparazione della cute ed ad altre metodiche fisiche riabilitative quali il drenaggio linfatico manuale e la ginnastica isotonica.

Una volta ottenuto un risultato stabile e soddisfacente, al di sotto del quale non otterremo ulteriori riduzioni volumetriche, si transiterà nella seconda fase di trattamento (stabilizzazione dei risultati) nella quale sarà osservato l’utilizzo del tutore elastico associato sempre ad esercizio motorio del soggetto e talvolta associando anche il  D.L.M. e se necessaria, la compressione pneumatica intermittente.

Le due fasi di trattamento sono comunque strettamente interconnesse tra loro e transitabili l’una nell’altra.

Per ciò che concerne il bendaggio esistono diversi parametri che ne influenzano l’ottimizzazione.

Essi sono:

  • la struttura fisica, la proprietà elastomerica , la qualità ed usura dello stesso
  • la grandezza e forma dell’arto 
  • l’attività fisica del paziente
  • l’abilità ed esperienza dell’operatore

In base all’estensibilità possiamo suddividere le bende in:

  • bende non elastiche: bende allo zinco e bende-garze
  • bende ad estensibilità corta: < 70% (Fig 3)

  Fig. 3

    • bende ad estensibilità media: tra 70-140%
    • bende ad estensibilità lunga: > 140% (Fig. 4)

 Fig.4

L’estensibilità della benda è la quantità della forza espressa in: 1Kg/cm di larghezza

capace di determinare il massimo allungamento della stessa.

Ma la qualità di una benda è determinata anche dalla proprietà elastomerica della fibra contenuta nella stessa.

Infatti un tipo di filato, se a lavorazione con fibra di cotone  intrecciata ed increspata (Fig. 5)

 Fig. 5

o con lavorazione a maglia con fibre elastiche in viscosa o nylon (Fig .6 e 7)

 Fig. 6      Fig. 7

può determinare la minore (short-stretch) o maggiore estensibilità (long-stretch bandage).

Da qui la giustificata indicazione dell’utilizzo delle stesse in soggetti con attività motoria più o meno valida (arti edematosi in soggetti capaci di autonomia motoria saranno trattati con l’uso della benda aneipoelastica per contro quelli appartenenti a soggetti parzialmente o totalmente ipovalidi osserveranno un bendaggio elastico)

Il tutto, naturalmente, con la massima versatilità di migrare, a secondo le necessità, in un tipo o nell’altro tipo di bendaggio e con, addirittura,la sovrapposizione di diversi tipi di bendaggio nello stesso soggetto (bendaggio misto)

In base alle proprietà adesive delle bende possiamo distinguere:

  • bendaggi non adesivi: la maggior parte delle bende utilizzate per il linfedema
  • bendaggi coesivi: linfedema dei genitali e nella prevenzione degli arrotolamenti dei bendaggi praticati alla radice della coscia
  • bendaggi adesivi: raramente usati nel linfedema e/o in casi con associazione di problematiche ortopediche

Per ciò che concerne la grandezza e forma dell’arto (Fig. 8)

          

occorre tener presente la misura delle bende attualmente esistenti sul mercato per poter gestire nella maggior parte dei casi le problematiche legate a questo parametro.

Infatti per il bendaggio di piede e di gamba ci avvalleremo di bende della misura di 4; 6 o 8 cm; mentre per il bendaggio di coscia di bende larghe 10,12,20,o maggiori di 20 cm.

Inoltre si potranno comprendere i principi fisici che regolano le pressioni esercitate dalle bende su particolari conformazioni di arti e su particolari distretti e/o salienze osseee tenendo presente

 la legge di Laplace (Fig. 9) che recita: Pressione = tensione/raggio

 Fig. 9

con le variabili introdotte da EinarssonPressione = Tensione x N / Raggio x A

dove N = numero di strati

        A = ampiezza della benda utilizzata

Da qui la possibilità di poter dosare la pressione (bendaggio =  arte!)

Le problematiche più ricorrenti relative alla grandezza e forma degli arti sono relative ad arti dismorfici di soggetti portatori di malformazioni congenite, ad arti con limitazione funzionali importanti, soggetti con notevole grembiule adiposo addominale debordante la piega inquinale ed arti con svasatura alla radice.

In tutti questi casi si porrà particolare attenzione all’utilizzo di materiale da sottobendaggio in gomma schiuma (padding) tale da donare una forma cilindrica all’arto in questione (Fig. 10 e 11) e prevenire l’eventuale irritazione della cute dovuta alla formazione di pieghe e arrotolamenti delle bende stesse.

 Fig.10  Fig.11

In commercio sono disponibili rotoli da 10,15,20 cm ed oltre.

Si porrà particolare attenzione all’applicazione del padding per evitare scalinature tra le varie spire di bendaggio evitando di trazionare i materiali sottostanti, svolgendolo a spirale al di sopra di un tubulare di cotone di protezione per la pelle.

L’uso di materiale da sottobendaggio facilita l’applicazione, la  tenuta in situ del bendaggio stesso e garantisce una più tollerata pressione di riposo.

Può essere, inoltre, lavato e sterilizzato.

Altro parametro da tenere presente nella pratica per una buona riuscita dell’effetto elastocompressivo sui tessuti è il tipo di attività fisica del soggetto.

Quando saremo difronte a soggetti con deambulazione valida useremo un bendaggio ipoelastico che in virtù della sua caratteristica conterrà entro determinati limiti l’espansione delle masse muscolari indirizzando verso la profondità la pressione scaturitasi e  che determinerà,a sua volta, lo spostamento dei fluidi distrettuali contenuti esercitando una pressione di lavoro tre volte maggiore rispetto al bendaggio elastico (bendaggio con maggiore possibilità di scomporsi!).

Di contro nel caso di soggetti allettati e con capacità motoria compromessa ci si orienterà verso un tipo di bendaggio elastico con alte pressioni a riposo (maggiore possibilità, in questo caso di conservare la posizione originaria!)  

Non ultima per ordine di importanza l’esperienza dell’operatore (medico o paramedico che sia).

Essa riveste un ruolo fondamentale per il buon confezionamento del bendaggio, al fine di ottimizzare i risultati conseguibili….evitando approssimativi e controproducenti trattamenti.

Tutto ciò richiede, inevitabilmente, manualità, abilità, formazione ricorrente, aggiornamento costante e solido bagaglio culturale.(Fig. 11b)

Si può affermare, come asseriva Fischer, di”conoscere un bendaggio solo dopo averlo eseguito almeno mille volte”. 

Fig.11b

Si può affermare, come asseriva Fischer, di”conoscere un bendaggio solo dopo averlo eseguito almeno mille volte”.

 

Scopi ed effetti dell'elastocompressione sul macro e microcircolo

L’azione del bendaggio sui tessuti e sulle vene ha lo scopo di esercitare un pressione dosata in rapporto alla capacità che un individuo ha di deambulare.

Inoltre ha lo scopo di controllare l’edema; contrastare gli effetti negativi dell’ipertensione venosa persistente; migliorare l’ossigenazione e l’apporto nutrizionale dei tessuti ed infine ottenere un’azione decongestiva.

In dettaglio sul macrocircolo l’elastocompressione determina una riduzione del calibro delle vene superficiali e profonde riducendone,altresì, eventuali reflussi patologici presenti; migliora, inoltre, la pompa muscolare e le pressioni deambulatorie; aumenta la temperatura cutanea favorente il drenaggio linfatico; previene il reflusso dei fluidi spostati con il D.L.M.; incrementa la fibrinolisi intra ed extravasale; incrementa la velocità di flusso nel circolo venoso; aumenta il volume minuto cardiaco ed infine stimola la diuresi.

Sul microcircolo, invece, esercita una diminuizione dell’ectasia capillare e relativo aumento della velocità di flusso nei capillari; determina un blocco dell’ispessimento della membrana basale; una diminuizione dell’edema interstiziale, della filtrazione delle plasmaproteine; della pressione endolinfatica e dell’interazione dei leucociti con i capillari endoteliali.

Di fronte a tanta evidenza clinica e sulla validanza dell’elastocompressione sui tessuti viene spontaneo porsi la domanda: ma esiste,oggi, un analogo presidio in grado di poter ottenere contemporaneamente tutti questi effetti benefici?

Raccomandazioni per una valida compressione

Esistono delle raccomandazioni in grado di sorvegliare nel tempo l’adeguatezza di ciò che si è confezionato e porre sicuri rimedi contro eventuali fenomeni indesiderati dovuti ad un erroneo bendaggio e per limitarne i danni.

Quindi un bendaggio dovrà essere energico ma non causa di dolore, né costrizione circolatoria, specie a riposo (bende a corta estensibilità).

Soprattutto la tensione di avvolgimento della benda sull’intero arto deve essere mantenuta costante.

Deve essere, inoltre, pratico e consentire i movimenti articolari, bendando questi ultimi nelle posizioni funzionali.

Deve rimanere quanto più possibile in situ, senza arrotolamenti, anche dopo terapia fisica riabilitativa.

Esercitare una graduale compressione decrescente in senso disto-prossimale ed uniforme.

E’ necessario proteggere le aree a rischio (tipo salienze ossee,tendini,lesioni cutanee infette etc…) impiegando adeguato materiale morbido da sottobendaggio e creme protettive specifiche.

Controindicazioni al bendaggio multistrato

Esistono delle controindicazioni sia assolute che relative alla pratica del bendaggio multistrato.

Tra le controindicazioni assolute troviamo:

  • L’insufficienza cardiaca congestizia scompensata
  • L’arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori(I.W.< 70mmHg)
  • La poliartrite 
  • La sclerosi progressiva sistemica(sclerodermia)
  • L’atrofia di Sudek

Tra quelle relative:

  • L’arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori (I.W.> 70%)
  • L’ipertensione arteriosa
  • L’aritmia cardiaca e/o stenosi dei vasi cardiaci
  • La linforrea
  • La distrofia cutanea
  • Gli arti particolarmente dismorfici

Esempi applicativi pratici di bendaggio

Arti Inferiori

Al fine di praticare un bendaggio quando più possibile funzionale il paziente assumerà la posizione completamente supina e rilassata nel bendaggio di gamba ed nell’articolazione del ginocchio mentre il soggetto sarà in posizione ortostatica durante il bendaggio di coscia (Fig. 13)

La benda arrotolata và fissata intorno alla parte distale del piede con un doppio giro, quindi avvolta a spirale fin sopra la caviglia, per poi ritornare al tallone a mò di” 8” (v. Fig. 14)

Infine la fasciatura continua lungo la gamba e la coscia, a spirale , conservando costante la tensione determinata dall’estensione.

In prossimità dell’articolazione del ginocchio si effettueranno giri ad 8 per evitare fenomeni di slippageb (v. Fig 15).                                                                         

(Fig. 12)

(Fig.13)
mentre  il soggetto sarà in posizione ortostatica durante il bendaggio di coscia (Fig. 13) La benda arrotolata và fissata intorno alla parte distale del piede con un doppio giro, quindi avvolta a spirale fin sopra la caviglia, per poi ritornare al tallone a mò di” 8” (v. Fig. 14)   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Fig.14)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quella descritta (bendaggio a spirale) è una delle metodiche di svolgimento ed applicazione della benda, ma esistono altre metodologie che per brevità ci limiteremo solo ad accennarle.

Esse consistono nella metodica cosiddetta a spina di pesce determinata dall’applicazione sequenziale di un giro trasverso ed uno obliquo e l’altra definita ad “Xcaratterizzata dall’applicazione sequenziale di un giro obliquo a destra e un giro obliquo a sinistra.

In ogni caso è molto importante includere il tallone nella fasciatura per evitare l’effetto emostatico della caviglia con conseguente edema del piede.

Materiale richiesto:

  • Tubolare in cotone
  • Garze elastiche da 3 o da 4 cm
  • 4 o 6 rotoli di benda morbida  non tessuta(cotone di Germania) o strisce di gomma piuma
  • Bende a corta estensione( una da 6/8 cm, quattro da 10, tre da 12, due da 20 per bendare il tronco)
  • Crema protettiva per la cute

Arti Superiori

 Fig. 16

Il bendaggio viene eseguito con paziente seduto e rilassato.(Fig. 16)

Nel bendaggio dell’arto superiore e specie nei casi di soggetti portatori di linfedema post-mastectomia con interessamento del distretto della mano sarà necessario ricorrere al bendaggio della stessa comprese le dita.

In questo caso il bendaggio richiede una notevole esperienza dell’operatore Fig. 16 nonché adeguata preparazione a dover fronteggiare via via situazioni di difficile compliance del soggetto nei confronti del bendaggio stesso.

Particolare attenzione si presterà nel bendaggio delle dita della mano utilizzando specifici accorgimenti nell’evitare fenomeni di sofferenza delle vie linfatiche superficiali ed irritazione della cute (Fig. 17; 18; 19; 20 e 21).

 

 

 

Fig.17       

 

 

                                            

 

 

 

Fig.18

 

 

 

 

 

Fig.19                                                     

 

 

  

 

 

 

Fig.20

 

 

 

 

 

Fig.21

 

Analoga attenzione si porrà anche quando si applicano le bende in sovrapposizione tra loro; si raccomanda in questo caso un bendaggio in senso orario ed antiorario sequenziale.

Al termine del bendaggio sarà opportuno fissare l’orlo dell’ultima benda con cerotto in tela risparmiando tassativamente la cute! e ribaltare la bordatura del tubolare in cotone sia sull’inizio che sulla fine del bendaggio a scopo protettivo.(Fig. 22; Fig. 23; Fig. 24)

 Fig.22       Fig.23        Fig.24

Controllare sempre il gradiente di pressione, la mobilità e il colorito delle dita dell’arto interessato.

Materiale richiesto:

  •  Tubolare in cotone
  •  Garze elastiche da 3 o 4 cm
  •  2-3 rotoli di benda morbida non tessuta(cotone di Germania) o strisce di gomma piuma
  •  Bende a corta estensione(una da  6 cm, una da 8 cm, due/quattro da 10 cm)
  •  Crema protettiva per la cute (Fig. 25 e 26)

 Fig.25       

 

 Fig.26

Limiti e complicanze

Nella pratica del bendaggio elastocompressivo capita frequentemente di dover assistere a fenomeni di resistenza psicologica da parte del soggetto (Fig. 27) o ad intolleranza al materiale utilizzato od anche a complicanze legate a mancata esperienza pratica dell’operatore.

Tra i limiti principali riconosciamo, dunque, l’opposizione psicologica da parte del paziente ad una sovrastruttura, quale il bendaggio, che, soprattutto se multistrato, può assumere connotati di   antiesteticità e visibilità tali da affliggere l’ammalato in misura maggiore della stessa infermità.

 Pertanto il segreto di un buon successo dipende dalle motivazioni del paziente che possono essere influenzate da fattori quali l’isolamento sociale o il dolore causato dalla terapia.

di resistenza psicologica da parte del soggetto(Fig. 27)o ad intolleranza al materiale utilizzato od anche a complicanze legate a mancata esperienza pratica dell’operatore 

 

 

 

 

Fig.27

Tra le complicanze più frequenti annoveriamo: 

  • Il dolore incontrollato
  • L’occlusione arteriosa 
  • L’ischemizzazione
  • La trombosi
  • La gangrena
  • L’allergia cutanea 
  • Le lesioni da decubito
  • Le flittene 
  • La mancanza della riduzione dell’edema in un mese

Analizzando le singole complicanze bisogna puntualizzare che un bendaggio non deve mai essere inizialmente doloroso per cui sarà bene riconfezionarlo all' inizio se il paziente riferisce dolore a riposo o col movimento (Fig. 28).

Se, invece, il dolore compare successivamente e spesso associato a cianosi ed edema di avampiede, è sufficiente il semplice esercizio fisico od il riconfezionamento dello stesso.

E' molto importante, comunque, saper distinguere la sintomatologia minore da quella realmente espressione di un’intolleranza assoluta al dispositivo compressivo.

inizialmente doloroso per cui sarà bene riconfezionarlo ab inizio se il paziente riferisce dolore a riposo o col movimento(Fig. 28). Se, invece, il dolore compare successivamente e spesso associato a cianosi ed edema di avampiede, è sufficiente il semplice esercizio fisico od il riconfezionamento dello stesso. E’ molto importante, comunque, saper distinguere la

 

 

Fig. 28

 

 

Il rischio maggiore è la riduzione del flusso ematico (Fig 29, 30,31)

  

 

 

Fig.29

 

 

 

 

Fig.30

 

 

 

 

 

 

 

 

Fig.31

 

dovuto alla compressione dei vasi arteriosi sottoposti al bendaggio elastocompressivo, specie nei distretti articolari.

Pertanto risulta di estrema importanza verificare la perfusione ematica col flussimetro (I.W.< 0,7 bisogna astenersi dal bendaggio, > di 0,7 bendaggio solo di giorno!).

In ogni caso in letteratura sono stati descritti casi di occlusione arteriosa, trombosi, necrosi e gangrena.

Per prevenire una possibile ischemia è importante non sottovalutare: pallore, cianosi delle dita e dolore.  

La possibilità di allergia al materiale utilizzato è reale, specie se si usano bende all’ossido di zinco e/o cerotti dotati di colle particolari  a stretto contatto con la cute.(Fig 32, 33,34)

L’allergia va soprattutto prevenuta con la raccolta di dati anamnesici (storie positive per episodi per episodi analoghi, allergie a metalli etc…).

Una complicanza molto frequente,specie nelle prime esperienze, è rappresentata dalle lesioni da decubito.

 Esse sono dovute

  • a pratica non corretta di bendaggio
  • conformazione atipica di arto
  • traumatismo localizzati ripetuti (professionali,torsioni e/o flessioni frequenti di segmenti di arto)

Si verificano in questi casi lesioni bollose, ischemizzazioni parcellari di cute e sottocute con possibili effetti di strangolamento delle vie linfatiche superficiali di determinate zone.(Fig.35, 36,37,38,39,40)

 Fig.35

 Fig.36

 Fig.37

 Fig.38

 Fig.39

 Fig.40

Questo tipo di complicanza è dovuta, per la maggior parte dei casi, a lunghi periodi di allettamento e in alcuni casi all’effetto “slippagedelle bende arrotolate.

Per le flittene,quindi, c’è da osservare che un bendaggio errato o l’incuria dello stesso può causare profonde pieghe che vanno a strozzare le vie linfatiche di superfice con formazione di piccole e/o grandi lesione bollose.(Fig 41,42,43,44,45)

 Fig.41

 Fig.42

 Fig.43

 Fig.44

 Fig.45

E’ importante, in questi casi,  non disepitelizzare la lesione ma di limitarsi alla fuoriuscita della linfa e meticolosa cura della pelle con presidi ad hoc onde evitare sovrapposizione di infezioni.

Casistica personale: pazienti e metodi

Sono stati studiati presso il Servizio di Riabilitazione Vascolare dell’Azienda Sanitaria Locale Ce/2,

nel periodo Gennaio 2005- Ottobre 2006, soggetti portatori di linfedema primitivo e secondario degli arti ed in grado di attvità fisica valida al fini di valutare la capacità riduttiva del trattamento terapeutico combinato con elastocompressione.

Il numero dei soggetti sottoposti allo studio ammonta  a 72 unità di cui 56 donne e 16 uomini, con età media 25-72 anni, affetti da linfedema (32 primari e 40 secondari) e con un tempo di insorgenza della patologia che variava da 9 mesi a 15 anni.

Prima del trattamento i pazienti sono stati sottosti ad un esame bioumorale di routine, ad un esame E.C.G. con visita cardiologica ed un esame clinico con la rilevazione centimetrica delle principali circonferenze dell’arto (o degli arti) interessati dall’edema.

Le misurazioni sono state effettuate a diversi livelli standard e nello stesso momento è stata controllata sia la consistenza dell’edema che il peso del soggetto.

Sono stati eseguiti diversi esami diagnostici strumentali specifici prima di avviare i pazienti allo studio: tra questi un esame ecografico del sottocute per la valutazione del grado di consistenza dell’edema e di eventuali raccolte (laghi linfatici) o di vie o linfonodi megalici visibili ed ancora: un esame linfoscintigrafico, un esame ecocolordoppler per eventuale report di una patologia arteriosa o venosa concomitante.

Durante lo studio è stato più volte utilizzato l’esame E.C.D. per monitorare i risultati ottenuti tenendo presente dei precisi punti di riferimento anatomici.

Gli arti dei pazienti da studiare sono stati trattati con bende anelastiche in profondità e con bende a media elasticità in superficie per favorire l’azione compressiva durante il riposo o le ore nottrurne, con tecnica a multistrato e con materiale da sottobendaggio di protezione per la cute.

E’ stata anche effettuata opera di istruzione,sia nei confronti dei pazienti che dei familiari, per l’autobendaggio ed il riconfezionamento del presidio in caso di scomposizione dello stesso durante la permanenza presso il proprio domicilio.

I pazienti sono stati invitati ad effettuare esercizi individuali e/o di gruppo sia  in percorsi deambulatori controllati che su apparecchiature elettromedicali con monitoraggio dell’attività cardiaca (ciclette, tapis roulant, pedane basculanti etc…).

Quotidianamente i pazienti venivano messi nelle condizioni di poter verificare personalmente i risultati conseguiti al fine di infondere fiducia nei confronti dei protocolli terapeutici riabilitativi a cui venivano sottoposti.

Risultati

Al termine  dello studio in esame la maggior parte dei pazienti (70 pazienti su 72 studiati) presentava dei risultati sia in termini di:

  • riduzione dell’entità dell’edema (netta riduzione delle lacune linfatiche)
  • della sua consistenza (riduzione della fibrosi con diminuizione dello spessore del tessuto epi e sottofasciale e dell’ecogenicità tessutale)

Un solo paziente presentava una riduzione parziale e segmentaria dell’edema oggetto dello  studio con riduzione totale a livello di coscia, parzialmente a livello di gamba e nulla a carico del piede.

Un altro paziente ha abbandonato lo studio per sopraggiunte problematiche cliniche non relazionate allo sudio in esame.

I risultati più marcati si sono avuti negli stadi intermedi della stadiazione clinico-strumentale del linfedema e quindi in quadri

Ad insorgenza più o meno recente i dati di cui sopra sono stati confrontati con i dati ricavati dalle misurazioni centimetriche rilevate nei punti di repere precedentemente stabiliti.

In dettaglio si è avuto a livello della caviglia una riduzione media di circa 18 mm, a livello di gamba una riduzione media di 25 mm e di 20 mm a livello di coscia.

I risultati più sorprendenti si sono avuti naturalmente nei soggetti che hanno osservato una capacità di movimento costante durante tutto il periodo di studio, ottimizzando la compliance con i presidi in uso.

Conclusioni

E’ evidente dai risultati riportati come il bendaggio multistrato degli arti affetti da linfedema conduce a risultati decongestivi sorprendenti e soprattutto con bassi costi di gestione.

Ciò presuppone condizioni particolari ed in particolare il risultato sarà garantito quanto più sono rispettate le seguenti condizioni:

  • fasi precoci di intervento riabilitativo
  • soggetti con mobilità autonoma valida
  • qualità dei presidi utilizzati
  • adeguata preparazione professionale dell’operatore

Solo a risultato conseguito al paziente verrà consigliato il presidio di seconda fase consistente nella prescrizione della calza elastica secondo le modalità di seguito riportate e dei programmi riabilitativi di mantenimento che per evidenti ragioni non ci soffermiamo ad illustrare.

Compressione con calze

Classificazione in base all’elasticità

  • Calza a corta estensibilità: alta pressione di lavoro e bassa pressione a riposo (manifattura a trama piatta-linfedema)
  • Calze ad alta estensibilità: bassa pressione di lavoro ed alta pressione (manifattura tubolare-problematiche ulcerose e profilassi)

Costituzione e lavorazione

Sono costituite nel loro insieme da fibre a decorso longitudinale e trasversale.

Il mescolamento di queste fibre tra di loro, ossia l’intensità dell’intreccio di quelle trasverse all’interno della maglia, determina l’elasticità del presidio. Questi filamenti sono costituiti da fibre in gomma o poliuretano, nella maggior parte avvolte da filamenti di cotone o poliammide (nylon) o miscela di essi.

Lavorazione

I tutori elastici nella maggior parte vengono lavorati su telai per maglieria a tramatura circolare con diametro di ago 0,30 mm o piatta  ed utilizzate  secondo indicazioni  diverse.

Per quanto riguarda le calze a trama circolare, conosciute anche come le comuni calze di nylon e/o microfibra, esse non hanno cuciture se non per ragioni di moda e sono costruite su modelli cilindrici. Hanno sempre lo stesso numero di nodi per giro per l’intera lunghezza della calza.

Le fibre elastiche sono intrecciate a mò di spirale e l’adattabilità alla forma dell’arto è ottenuta dal pre-stretching a diverso grado e dalla varietà della dimensione ed altezza dei nodi della maglia.

Sono calze disponibili per la profilassi e le prime classi di compressione terapeutica (gradevolissime all’aspetto).

Relativamente alle calze con lavorazione a trama piatta bisogna osservare che esse sono lavorate a doppia fila seguendo un preciso modello ed elaborate come presidi su misura per arti deformati.

Su questi modelli la fibra elastica gira in avanti ed a ritorto, giro dopo giro ed il tipo e la forza esercitata dall’intreccio ne determina il livello di pressione.

Le parti lavorate sono cucite tra di loro  e le relative calze sono indicate nelle classi compressione 3 e 4 e soprattutto come tutori elastici nel linfedema degli arti superiori.

Classi di compressione    

La compressione del tutore elastico viene espressa in mmHg e viene misurata alla caviglia  con lo scopo primario di ripristinare il fisiologico gradiente pressorio dalla caviglia alla radice della coscia.

Quando la pressione alla caviglia è minore di 18 mmHg le calze vengono definite riposanti, in caso contrario terapeutiche.

Al di sotto dei 18 mmHg l’efficacia è controversa, così come per tutori la cui pressione è dichiarata in “den”.

I punti di misurazione degli arti sono determinati su appositi moduli.

Purtroppo c’è da osservare che attualmente non esiste, in Europea, un sistema di classificazione univoco tra le diverse classi di compressione per cui, come potrà notarsi da un’analisi della Tabella riportata, ad una stessa classe corrispondono differenti valori di compressione (le differenze  più marcate sono evidenziabili tra quella utilizzata in Francia - NFG 30 102 B  e quella utilizzata in Germania – RAL GZ 387 che attualmente risulta quella più affidabile sia per i moderni sistemi di fabbricazione che di controllo sulla qualità sui prodotti elastici immessi sul mercato.

Recentemente alcuni Paesi, tra cui anche l’Italia, hanno tentato di unificarsi ad un Sistema di Classificazione univoco, prendendo spunto da quello Tedesco, ed hanno creato la  WG2-CEN TC 205 (Tab. n°1).

Essa, senza dubbio,rappresenta una classificazione più articolata rispetto alla precedenti che va ad interporsi tra quelle sopra richiamate.

Comunque la percentuale di popolazione che riesce a soddisfare le misurazioni “a tabella” soddisfa circa il 85% del totale, per altri si rendono necessari i tutori su misura, specie nelle classi 3°a e 4°.

Una particolarità seguono i tutori degli arti superiori il cui range di compressione varia tra la 1a e la 2a classe.

Per alcune forme di linfedema ed in particolari fasi di trattamento, può essere necessario associare una 4a classe con una 3a o addirittura sovrapporre una benda elastica a corta estensibilità.

Approccio alle misurazioni

L’’arto va misurato in posizione ortostatica dopo il riposo notturno.(Fig. 46, 47)

Per l’assimilazione delle tecniche di misurazione c’è bisogno di un training formativo specifico e quindi di personale esperto. Esse vanno utilizzate soprattutto nei casi di custon-made stockings e create su rilievi estremamente precisi, tenendo conto di determinati punti di repere (standard) sia sugli arti superiori che inferiori.(Fig. 48)

 

 

 

Fig. 46

 

 

 

 

 

Fig.47

 

 

 Fig.49

Per il linfedema dell’arto superiore molto spesso si ricorre a presidi su misura.( Fig. 49)

Specie per i pazienti poco autonomi le calze vengono costruite con cerniere (zipper) facilitanti la compliance delle stesse.

A secondo, inoltre, delle diverse classi di compressione, le calze per gli arti inferiori possono essere dotate o meno di punta chiusa.ed in alcuni casi dotate di cappucci elastici di periferia.

Il successo della terapia compressiva è, comunque, garantita dalla cura del presidio stesso (lavaggio, asciugatura e conservazione) e dalle condizioni di fornitura del materiale utilizzato (due presidi per anno rimborsabili dal SSN tedesco!).

 

 

 

 

 

Fig. 49

 

Sistemi di fissaggio

Essi vanno considerati come sistemi di fissaggio rapidi: integrati o forniti separatamente.

I sistemi di fissaggio rapidi, definiti anche Fastening Systems, sono in grado di ottimizzare la compliance, specie nei soggetti con arti particolarmente fuori dagli standard di misura, facilitarne la vestibilità ed evitare gli arrotolamenti e pieghe.

Possono essere parte integrante dei presidi stessi o forniti separatamente.

Tra i sistemi di fissaggio integrati nei presidi stessi abbiamo i calzoncini compressivi (shorts), le cintole, i fissaggi a strappo per bracciali e calze elastiche, opzioni di allungamento e bende di fissazione poste all’estremità del presidio per evitare arrotolamenti.

I sistemi di fissaggio forniti separatamente comprendono, invece, i sistemi a giarrettiera aderenti sia alle calze che alla pelle tramite colle speciali ben tollerate.

Appropriatezza prescrittiva

Rappresenta un problema di particolare delicatezza nella fase 2 del trattamento del linfedema in quanto da un’errata individuazione del presidio ne scaturisce il fallimento di un intero percorso terapeutico finalizzato al miglioramento della qualità di vita del soggetto.

La prescrizione, ritengo, deve essere eseguita dallo Specialista Prescrittore competente per la patologia in esame (Angiologo e/o Chirurgo Vascolare con formazione specifica in Clinica Linfologica, e/o  Linfologo) e cioè personale adeguatamente formato professionalmente e fornito di adeguata attrezzatura di lavoro (modulo,tavole e nastri).

Non esiste allo stato una uniformità di prescrizioni ed indicazioni nei vari paesi e controllo di qualità in Italia per le motivazioni su esposte.

Comunque le misurazioni vanno prese su arti completamente svuotati dall’edema e possibilmente nelle prime ore mattutine.

La prescrizione deve riportare fedelmente:

  • numero di presidi necessari (numero di calze da utilizzare in sostituzione)
  • classe di compressione
  • tipo di presidio(es. gambaletto , mezza coscia…)
  • specificare se “su misura”
  • qualità di manifattura e nome del prodotto in modo da assicurarsi che la calza consegnata sia quella desiderata
  • diagnosi

Criticità Prescrittive e conclusioni

Tra le problematiche più importanti nel campo dell’elastocompressione abbiamo la necessità di ritrovare una procedura ottimale di applicazione del bendaggio (equilibrio tra drenaggio ed effetto costrittore); verifica dei criteri di scelta più adatti per l’elaborazione di un sistema di classificazione internazionale, al fine di uniformare la terminologia e riflettere in un linguaggio unico e comune le caratteristiche fisiche dei presidi e superamento delle difficoltà di poter ottenere la misurazione ideale delle pressioni alla caviglia (utilizzo di particolari sensori in quanto la vera pressione esercitata dalla benda rimane tuttora sconosciuta!)

Non ultimo l’esigenza di istituire, presso i Centri di Riabilitazione dedicati, una Equipe interdisciplinare in grado di identificare gli effetti clinici, le ricadute psico-sociali e le metodologie terapeutiche del linfedema in seno al contesto ambientale in cui è inserito il soggetto (Fig. 50)

Fig.50

 

Ma la problematica più importante per i soggetti affetti da edemi degli arti inferiori rimane oggi e come lo è stato in passato, la mancanza totale di presidi utili erogati gratuitamente dal S.S.N.

Il cosiddetto Nomenclatore Tariffario delle Protesi ed Ausilii (D.M. n° 332 del 22/08/1999) che racchiude all’interno presidi erogabili a soggetti aventi diritto (portatori di patologie a carattere permanente ed invalidante) non prevede nulla per i portatori di disturbi del circolo linfatico che già dai primi stadi di malattia può determinare una importante riduzione della capacità delle A.D.L.(Activity Daily Leaving) fino alle compromissioni totali di capacità di vita di relazione  e ciò aggravando ulteriormente le spese e le condizioni di vita di questi soggetti già notevolmente colpiti.

Si auspica, quindi, che la nostra categoria sia adeguatamente rappresentata al Tavolo di Concertazione istituito presso il Ministero della Salute al momento della stilatura del Nomenclatore Tariffario delle Protesi alla stregua delle altre già presenti ed effettui opera di sensibilizzione sulle Autorità competenti Statali sull’aumento di incidenza tra la popolazione mondiale e sull’alto valore sociale che riveste questa malattia.

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