tratto dal Libro "Una Mela al Giorno", casa editrice Priuli & Verlucca

Cosa sono i lipidi?

Nell'immaginario collettivo i Lipidi (dal greco lipos = grasso) non godono di buona reputazione, venendo associati a situazioni negative per la salute, quali:

  • dislipidemie;
  • aterosclerosi;
  • malattie cardiovascolari.

Eppure senza un adeguato apporto alimentare di lipidi la vita non sarebbe possibile.

Illustrazione 1 - Dietologia

Cos’è il “grasso”?

Oltre a essere la più importante riserva energetica dell'organismo, accumulandosi  nel tessuto adiposo e, in parte minore, nei muscoli, i lipidi sono costituenti essenziali delle membrane cellulari e delle strutture intracellulari (grassi di struttura). 

A cosa serve il “grasso”?

Essi svolgono ruoli fondamentali all’interno dell’organismo, soprattutto in fase di sviluppo:  

  • veicolano l’assorbimento intestinale delle vitamine liposolubili come la vitamina D;
  • regolano il funzionamento degli ormoni surrenalici e sessuali, degli acidi biliari e di composti quali la prostaglandine, la prostacicline, i  leucotrieni e i trombossani, che svolgono importanti funzioni regolatrici della circolazione.
  • costituiscono la mielina, la fibra nervosa che avvolge i neuroni, responsabile della corretta trasmissione nervosa. Proprio la mielina infatti, isola il neurone e garantisce la non dispersione dell’impulso elettrico. 

Quanti tipi di “grasso” esistono?

I lipidi possono essere introdotti sia in forma visibile, sotto forma di condimenti, sia in forma invisibile, quali costituenti di diversi alimenti, soprattutto di origine animale.

La quasi totalità (dal 98 al 99%) dei lipidi alimentari è costituita da trigliceridi, composti da 3 molecole di acidi grassi  legati a 1 molecola di glicerolo. I fosfolipidi e il colesterolo sono i costituenti essenziali delle membrane biologiche.
 

Cosa sono gli acidi grassi?

Gli acidi grassi sono i componenti elementari dei lipidi, così come gli aminoacidi e il glucosio lo sono delle proteine e dei glucidi. Sono proprio gli acidi grassi a caratterizzare le peculiarità dei grassi introdotti con l’alimentazione. Le loro  proprietà biologiche dipendono essenzialmente dal numero e dalla posizione dei doppi legami fra gli atomi di carbonio presenti nella loro molecola. 

Quanti acidi grassi esistono?

In base al loro numero - nessuno, uno o più di uno – gli acidi grassi sono definiti:

  • saturi: presenti a temperatura ambiente allo stato solido (es. lardo);
  • insaturi: a loro volta divisi in monoinsaturi e polinsaturi, che si presentano a temperatura ambiente allo stato liquido (es. i vari oli); 

Acidi grassi saturi e insaturi: dove si trovano?

In genere, nei grassi di origine animale prevalgono gli acidi grassi saturi mentre in quelli di origine vegetale gli acidi grassi poli-insaturi. Fanno eccezione a questa regola: 

  • olio d’oliva, in cui prevale un acido grasso mono-insaturo (l’acido oleico)
  • olio di cocco e olio di palma, che hanno in larga misura acidi grassi saturi;
  • grassi degli animali marini (pesci, foche, balene) che contengono acidi grassi insaturi

Quali fanno male?

L’assunzione di alimenti ricchi di acidi grassi saturi tende a fare innalzare il colesterolo nel sangue più di quanto non faccia  l’assunzione di colesterolo stesso.

Sia gli acidi grassi monoinsaturi (l’acido oleico contenuto prevalentemente nell’olio di oliva), sia i polinsaturi (contenuti prevalentemente nell'olio di soia, di girasole, di vinacciolo, di mais) hanno invece proprietà protettive sulla circolazione, essendo in grado di far diminuire i livelli di colesterolo, grazie alla capacità di aumentare i recettori per le LDL ( Low Density Lipoprotein = Lipoproteina a bassa densità), attraverso i quali viene rimosso il colesterolo dal sangue circolante.

Quali sono le differenze tra monoinsaturi e polinsaturi?

Mentre i polinsaturi abbassano tutte le frazioni lipoproteiche, incluse le HDL (High Density Lipoprotein = Lipoproteina ad alta densità, che hanno, come vedremo,  effetto protettivo), i monoinsaturi mantengono  inalterato  il livello di queste, per cui è ancora maggiore l’effetto protettivo nei riguardi delle malattie cardiovascolari.

Un problema dei doppi legami è quello di attrarre gli atomi di ossigeno, di essere cioè più facilmente ossidati, condizione che li coinvolge più facilmente nel processo di aterosclerosi.

Gli acidi grassi monoinsaturi, avendo un solo doppio legame, sono più resistenti all’ossidazione. Questa proprietà, unita al fatto di contenere antiossidanti naturali (polifenoli e vitamina E) rende l’olio extravergine d’oliva  maggiormente resistente al deterioramento ossidativo provocato dalle alte temperature, per cui si ha una minore produzione di radicali liberi, motivo per cui si fa preferire agli altri oli  vegetali  per le fritture.
 

Cos’è l’idrogenazione?

Un sistema utilizzato dall’industria alimentare per evitare il processo di ossidazione dei lipidi è l’idrogenazione, processo attraverso cui tutti i doppi legami dei polinsaturi vengono rotti e saturati con molecole di idrogeno, creando, in tal modo,  acidi grassi di tipo trans, anch’essi non propriamente salubri, avendo la proprietà di innalzare il colesterolo LDL e di diminuire il colesterolo HDL, con riflessi negativi sul rapporto di rischio cardiovascolare.

Tra gli acidi grassi insaturi, un ruolo fondamentale è svolto dagli acidi grassi essenziali, così definiti in quanto l’organismo non è in grado di sintetizzarli partendo da altri elementi (proteine e carboidrati), come avviene per gli altri acidi grassi, per cui devono essere necessariamente assunti  dall’esterno con l’alimentazione. Questi sono l’acido linoleico e l’acido alfa-linolenico, capostipiti rispettivamente della serie omega-6 e della serie omega-3 (così detti in base alla posizione dell’ultimo doppio legame nella molecola).

Gli acidi grassi essenziali sono precursori degli eicosanoidi (leucotrieni, prostaglandine, trombossani e prostacicline), sostanze importanti per la regolazione della circolazione, per la modulazione dei processi immunitari, allergici e infettivi, e per essere  componenti delle membrane cellulari, in particolare delle cellule nervose.

Cos’è l’acido linoleico o omega-6 ?

L’acido linoleico (omega—6) è molto abbondante in natura e si trova nei semi di molte piante (tranne che nella noce di cocco, nel cacao e nelle palme). Esso è il principale acido grasso polinsaturo di alcuni oli vegetali, tra cui l’olio di mais e di girasole. 

L’acido alfa- linolenico (omega-3) di origine terrestre è presente in notevole quantità nei cloroplasti delle verdure e nei semi di lino e di soia ed è particolarmente abbondante nel grasso degli animali marini (aringa, sardina, sgombro, salmone), pur essendo anch’essi  di origine vegetale: sono le microalghe, di cui tali pesci si nutrono, le vere produttrici di omega-3.
 

Omega-6 e omega-3: quanto assumerne?

Gli acidi grassi polinsaturi  delle due famiglie dovrebbero essere assunti in un rapporto ideale (omega-3/omega-6 compreso fra 1/5 e 1/10) per evitare che l’eccesso degli uni possa inibire l’utilizzazione degli altri, essendovi una competizione fra di essi per l’attività degli stessi enzimi. Negli ultimi decenni questo rapporto è notevolmente sbilanciato a favore degli omega-6 per diverse ragioni: aumentato consumo di oli vegetali, limitato consumo di pesce, minor presenza di omega-3 nel pesce di allevamento rispetto a quello pescato nei mari, che si nutre di fitoplancton (o microalghe).

Sono stati osservati danni nello sviluppo cerebrale e psichico in caso di carenza di acidi grassi polinsaturi essenziali. Il cervello è particolarmente avido di polinsaturi della serie omega-3. E’ stato ipotizzato che proprio un'alimentazione ricca di pesci e molluschi fu determinante per lo sviluppo cerebrale dell’Homo habilis nell’area africana della Rift Valley,  tanto da farne l’Homo sapiens.
 

Quanti grassi assumere per una giusta alimentazione? 

In una corretta alimentazione, la quantità di lipidi  da assumere quotidianamente non dovrebbe superare il 30% delle calorie totali (circa 60-70  g) ed essere costituita per un terzo da grassi saturi, un terzo da grassi monoinsaturi e un terzo da  grassi polinsaturi.

L’assunzione del colesterolo, presente negli alimenti di origine animale e del tutto assente nei vegetali, non dovrebbe  superare i 300 mg al giorno: si tratta di una prescrizione non sempre facile da seguire, dato che il colesterolo è contenuto in moltissimi alimenti: nelle uova (un solo uovo ne fornisce 250 mg), nel burro, nei formaggi grassi, nelle carni grasse, nelle cervella e nei pesci grassi.

Per la proprietà dell’organismo di trasformare tra di loro le tre diverse classi di nutrienti, inoltre, se si introducono più calorie di quante ne servono sotto forma di glucidi o di proteine, questi possono essere trasformati  e depositati come grassi.

Negli anni Settanta aveva suscitato notevole sorpresa e interesse il fatto che gli Inuit, popolazione eschimese della Groenlandia, e gli abitanti dei villaggi costieri del Giappone e dell'Alaska, pur avendo un’alimentazione costituita da oltre il 60% di grassi, presentavano una  bassa incidenza di malattie cardiovascolari, tanto che si parlò di “paradosso eschimese”.

In un primo tempo si ipotizzò una qualche protezione genetica, ma questa ipotesi cadde quando si osservò che l'invidiabile prerogativa veniva persa da quei soggetti che, emigrando in altre zone, assumevano abitudini alimentari diverse.

L'attenzione dei ricercatori si spostò, allora, sull’alimentazione di tali popolazioni, caratterizzata da  un elevato consumo di pesce (aringhe, sardine, acciughe, sgombri, tonni, salmoni) e di carni di mammiferi (foche e trichechi), che di tali pesci si nutrono. Fu ipotizzato che i reconditi fattori protettivi di quelle popolazioni fossero gli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA), che in questo modo fecero la loro comparsa sulla scena della Medicina, contenuti in grande quantità nel grasso dei pesci dei mari freddi, assunti  dal  fitoplancton e dal  zooplancton, di cui quei pesci si nutrono.

Il motivo per cui queste sostanze avessero un tale  effetto positivo venne chiarito poco per volta negli  anni successivi, scoprendo sempre nuove prerogative.
 

Grassofobia? No grazie

Oggi sappiamo che gli omega-3:

  • stimolano la sintesi di molecole dotate di attività vasodilatatrice, antinfiammatoria e antiaggregante (leucotrieni e prostacicline) con un effetto finale sull’aggregazione piastrinica simile a quello dell’aspirina;
  • entrando nella composizione delle membrane cellulari dei globuli rossi ne aumentano la fluidità, favorendo la circolazione di tali cellule nel microcircolo;
  • garantiscono anche la fluidità e la funzionalità della membrana di cellule  altamente specializzate (retiniche,  dei neuroni, del miocardio), migliorando gli scambi con l’ambiente extra-cellulare;
  • riducono  il livello dei trigliceridi in circolo di circa il 30%, un pò meno il livello  del colesterolo e  aumentano il livello del colesterolo-HDL;
  • riducono la pressione arteriosa, sia negli ipertesi sia nei non ipertesi, riducendo la sintesi di sostanze vasocostrittrici (prostanoidi, noradrenalina) e aumentando la produzione di ossido nitrico (NO);
  • esercitano un effetto protettivo nei confronti delle aritmie cardiache, soprattutto di quelle ventricolari indotte da ischemia, per una maggiore stabilità della membrana plasmatica delle cellule cardiache  nei confronti di stimoli elettrici depolarizzanti.

Ecco alcune spiegazioni del e il motivo per cui le maggiori società scientifiche cardiologiche incoraggiano un  maggiore consumo di pesce (meglio se di mare e meglio se “azzurro”) da parte di tutti, ma soprattutto di chi presenta già qualche fattore di rischio,  associando l'utile  al dilettevole. Per chi non trova nel pesce motivo di diletto, sono disponibili in farmacia gelatinose, fredde e insapori capsule di fish oil, piene di EPA e di DHA.


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