La notizia di essere affetto da una malattia grave, somatica o psichica che sia, implica sempre delle conseguenze.
Ad una prima analisi il tipo e l’intensità della reazione emotiva del paziente sembra dipendere almeno in parte dal tipologia e dalla gravità della malattia.
Riflettendoci è possibile inserire nell’elaborazione un’ulteriore variabile, che è quella della struttura cognitiva del paziente e infine quella del tipo di contesto sociale in cui il soggetto vive (più o meno accettante e/o in grado di fornirgli sostegno nei confronti di quel tipo specifico di malattia).
Proviamo ad analizzarli.
Cosa viene definito "malattia"?
La malattia comprende più aspetti:
- Quello medico in senso stretto,che è oggettivo, vale a dire legato al tipo di malattia, ai sintomi, allo stadio, alla guaribilità o curabilità, all’eziopatogenesi, alla prognosi
- Quello soggettivo, legato alla persona malata, a come vive la malattia e a che tipo di impatto ha sulla sua vita in quel preciso momento storico
- L’ultimo aspetto è dato dalla cultura e dalla società che ci accoglie: alcune malattie hanno un impatto notevole come ad esempio la malattia legata all’invalidità totale oppure malattia legata al pregiudizio, come sono spesso quelle sessuali
Cos'è la salute?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 1946) definisce la salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto assenza di malattia.
La Salute rappresenta la condizione essenziale per il raggiungimento di beni futuri per il soggetto.
La conseguenza è che l’essere ammalato comporta il precludersi di alcuni scopi della nostra vita, in via temporanea o definitiva ( a seconda della malattia e della sua gravità).
Facciamo un esempio: se consideriamo il futuro prossimo di un individuo con una frattura alla gamba l’impatto sarà diverso per un giovane ballerino rispetto ad un tranquillo impiegato vicino alla pensione.
Quanto incide la struttura cognitiva sulla malattia?
Il punto nodale della reazione del paziente alla notizia di malattia non è soltanto legato alla importanza dell’invalidazione che viene subita , ma soprattutto dalla personalità del paziente che ci “ deve fare i conti”: il modo in cui costruisce il mondo, il grado di elasticità con cui il sistema cognitivo è in grado di assorbire un’invalidazione e di adattarsi ad essa sono importanti e costruiscono il decorso della malattia.
Un esempio: una struttura cognitiva rigida che non concepisce di essere invalidata, che non ha risorse al momento della malattia (per poter costruire un’alternativa) o che pure ha costruito in modo rigido un sé sano ( fonte di autostima), difficilmente accetterà di subire anche solo una piccola perdita funzionale.
Come incide la struttura cognitiva sulla malattia?
Vediamo secondo la REBT terapia razionale comportamentale emotiva (Ellis A, 1976 ) e la terapia cognitiva (Beck A, 1976,) quali sono i pensieri, le credenze e le convinzioni del paziente che possono giocare un ruolo patologico nell’elaborazione dell’evento malattia:
- Idea di insopportabilità – “per me questa malattia è insopportabil Idea di terribilizzazione – “star così male è terribile”
- Ragionamento dicotomico (bianco/nero) (sano/malato,autonomo/dipendente, valido/invalido); per la persona non esiste grigio e quindi la realtà o è bianca o è nero…quindi “o sono malato o sono sano”,il tutto agli estremi
- Perdita di organo/ perdita di funzione (generalizzazione che porta a sentirsi ancora piè malato di quello che si è … se ho una gamba rotta, perdo la capacità di camminare ….)
- Mancata definizione temporale della malattia: se non vedo una fine della malattia, sarà piü facile deprimermi …
- Credenze legate all’essere sano ( e conseguenze dell’idea di essere ammalato): Essere sano = valere, Essere sano = essere in grado di farcela, di successo o addirittura amato.
Le emozioni più frequenti: gestire l’invalidazione della malattia
Il nostro sistema cognitivo (Sassaroli S. Lorenzini, 1995) può affrontare la notizia di malattia grave in vari modi, vale a dire cosa mette in moto la nostra testa:
- l’esplorazione del contesto malattia, vale a dire in modo equilibrato ( cerco di avere il maggior numero di informazioni possibili che mi possano servire per guarire o stare meglio …)
- l’evitamento (il problema non esiste … non faccio nulla e non mi muovo …)
- l’immunizzazione ( minimizzo la malattia fino ad annullare le conseguenze del problema … tappo tipo reazione AG-AC (antigene-anticorpo))
- l’ostilità ( non ascolto l’altro (anzi lo svaluto) e impongo solo il mio modo di pensare).
La notizia di malattia grave
Facciamo una veloce rassegna della “tempesta emotiva” ( quello che sentiamo) che spesso si scatena alla notizia di essere gravemente ammalati.
Al momento della comunicazione il soggetto risponde con
- incredulità e sorpresa (fase di shock) : “ non è possibile che questo stia capitando proprio a me !”,
- Oppure “ che cosa ho fatto di male per meritarlo?” (senso di colpa),
- “perché? Ma è proprio vero?”
In questo stadio il paziente può richiedere altri consulti medici o cerca di accantonare il problema alla ricerca di una realtà diversa. In alternativa può cominciare il suo iter di “malato” facendo buon uso degli strumenti che ha a disposizione.
Capire lo stato di paura
Dopo l’incredulità il paziente prova di solito paura, focalizzando la pericolosità della situazione patologica ( e a volte l’incapacità di farvi fronte).
L’emozione di paura dovrebbe dare un vantaggio polarizzando l’attenzione sull’oggetto pericoloso (malattia) alla ricerca di una soluzione (con l’esplorazione): se la soluzione non esiste o non si riesce a trovare in breve tempo, può insorgere ansia che si accompagna a sintomi legati allo stress (con l’attivazione del Sistema Nervoso Vegetativo).
Capire lo stato d'ansia
In un secondo momento passata l’incredulità, la sorpresa e la paura ci troviamo a fare i conti con altre emozioni:
- Ansia (già descritta), per mancata prevedibilità della situazione di essere ammalato da parte del sistema cognitivo; viene focalizzata solo la componente di pericolosità della situazione patologica con una inadeguatezza da parte del soggetto a farvi fronte;
- Depressione il sistema cognitivo focalizza la perdita legata alla patologia, la delusione (avrei potuto fare …) e l’impotenza (non ce la faccio …);
- Vergogna ,più spesso se è in gioco una malattia socialmente “esecrabile” (Aids, malattie veneree …);
- Rabbia, per il danno che viene dello stato di malattia (adesso non posso più fare …);
- Senso di colpa mettendo in correlazione il danno subito con le proprie condotte (me la sono cercata, non avrei dovuto fare…)
Quali sono le fasi di elaborazione del lutto?
Se la malattia è così grave da precludere definitivamente gli scopi di vita del paziente, il soggetto si trova ad esperire le fasi di lutto contraddistinte da :
- Shock, incredulità o sorpresa, già illustrati (sono appannaggio della notizia di malattia)
- Rabbia per il danno che il soggetto subisce nella sua esistenza e al quale cerca di porre rimedio
- Depressione, per la perdita e delusione
- Patteggiamento e infine accettazione
Non è detto che tutte queste fasi vengano vissute dalla prima all’ultima ed il paziente puo’ rimanere “congelato” in una di esse, senza raggiungere il processo di accettazione.
A seconda del tipo di malattia il lutto può essere fatto
- per una funzione (la deambulazione, la vista o l’udito, es. divento paraplegico, sordo, cieco..)
- per la perdita di sé a livello fisico (malattie oncologiche)
- o psichico (deterioramenti, malattie degenerative del Sistema Nervoso ).
Malattia e vantaggi secondari
Che la malattia fornisca dei vantaggi secondari è una nozione che apprendiamo fino da piccoli. Chi di noi non ricorda le coccole o le attenzioni forniteci se malati, dalla nostra stessa mamma o da un’altra figura che ci forniva accudimento ?
La prova tangibile sono i brodini, il latte col miele, sotto le coperte e niente scuola.
Lasciati da parte i ricordi infantili la malattia anche nell’età adulta fornisce la giustificazione all’esimersi dai propri doveri (di lavoro, di studio, di incombenze di casa …)
Alcune persone tendono a far perdurare più a lungo lo stato di malattia proprio per godere dei suddetti vantaggi, ma latri caparbiamente non tengono conto dello stato di malattia e dell’assenza giustificata dal fare di tutti i giorni …
Il passaggio dall’essere sani all’essere malati con conseguente incertezza, cambiamento di ruolo, trasformazioni fisiche per non parlare della sopportazione della sintomatologia invalidante, presume un lavoro del nostro corpo ( es. immunità già acquisita) ma anche della nostra mente. Per questa ragione se la malattia incrocia più volte la nostra vita, siamo più pronti ad assorbire la situazione.
Se la nostra prima volta si verifica in tarda età, l’intervallo libero da malattia sarà più lungo e più facilmente permarrà la credenza dell’essere sani per sempre.
Un mio caro è malato: cosa posso fare?
Avvicinarsi ad un soggetto malato a volte può essere veramente difficile e soprattutto penoso perché in quel momento egli impersonifica ai nostri occhi la debolezza e la fragilità di ogni essere umano ci riporta alla caducità della condizione umana ed infine nei casi peggiori ad un confronto con la morte.
Quello che noi sentiamo ci turba a volte cosi’ intensamente da stare lontano dal malato.
Bibliografia
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