Cos’è la dietoterapia?

La sfida a cui tutti siamo chiamati è inedita e difficile: si tratta di imparare a mangiare per vivere. Possiamo continuare a mangiare per abitudine oppure iniziare a dare al cibo l’importanza dovuta. Rimango infatti ogni volta di stucco quando dopo corsi di formazione e aggiornamento dedicati a noi medici, al momento del pranzo il menù proposto è esattamente il contrario di quello che è stato detto in aula, persino quando il tema è la corretta alimentazione.

Illustrazione 1 - Dietologia


Eppure, già Ippocrate sosteneva che il cibo è la prima medicina e gli ultimi studi ribadiscono che una corretta prevenzione e gestione delle malattie deve partire dall’alimentazione. dietoterapia, infatti, significa implementare un regime alimentare non solo corretto, ma finalizzato a ottimizzare i risultati delle terapie medico-farmacologiche in atto. E finalmente un numero sempre maggiore di specialisti ha acquisito la consapevolezza della necessità di adottare anche specifici protocolli dietoterapici nella gestione delle patologie multifattoriali o complesse, correlate a stili di vita non salutari.
 

Qual è la giusta misura del cibo?

La parola “medicina” deriva dal verbo latino mederi, che significa curare, ma la radice indoeuropea di mederi porta in sé il significato di “misurare”, riferito al concetto platonico che ogni cosa possiede la propria giusta misura intrinseca. C’è molto da imparare da questa “vecchia” medicina, che presta attenzione ai processi patologici che hanno generato la malattia e continuano ad alimentarla e riconosce che ognuno di noi ha enormi e inutilizzate risorse interiori.

Siamo passati dall’era in cui gli uomini primitivi spendevano tutta la loro energia per procurarsi il cibo; ai giorni d’oggi, in cui l’alimentazione occidentale non solo è in eccesso, ma il processo per portare in tavola gli alimenti è addirittura sconosciuto ai più. Purtroppo l’attuale modo di mangiare è un misto di istinti primordiali del tutto inconsapevoli e di pesanti condizionamenti frutto del marketing dell’industria alimentare. Di conseguenza essere coscienti di come mangiamo e delle conseguenze di questo semplice atto, in origine del tutto naturale, non è per niente facile. Eppure, saper mangiare è fondamentale per il nostro benessere e per la “salute” dell’ intero pianeta.
 

Prestare attenzione a ciò che si mangia

Ma la maggior parte di noi, medici compresi, mangia in maniera automatica e poco attenta, con un livello di consapevolezza piuttosto basso: dove, come e quanto sembra non riguardarci più. Il cibo è l’altra medicina che, insieme alle terapie convenzionali, va a ripristinare la giusta misura intrinseca nell’organismo quando questa è alterata. I cibi giusti sono quelli che a fine pasto ci fanno sentire più leggeri, più attivi e più sereni, ovvero in grado di esprimerci al meglio su tutti i piani.

Spesso invece si assumono alimenti cosiddetti spazzatura (junk food) che sottraggono energia - solitamente utilizzata dal corpo per compensare gli effetti nocivi provocati dal cibo sbagliato - invece che fornirla all’organismo. Abbiamo dimenticato che mangiare è un modo per conoscere il mondo e noi stessi. Basta solo ricordare quando da piccoli ci mettevamo le cose in bocca per capire. Limitarsi a sedersi a tavola e continuare a mangiare cibo spazzatura senza pensare è pura incoscienza.

Rallentare per (ri)conquistare la consapevolezza di sé, del proprio corpo e della propria alimentazione. Oggi i magazine parlano di “filosofia della lentezza” e c’è addirittura chi diffonde lo slow food: finalmente, forse, sta emergendo quella che è una vera e propria necessità. La velocità ci ha procurato più danni che benefici. Bisogna rallentare, fare tutto il meglio possibile e non il più velocemente possibile. E, soprattutto, scegliendo un ritmo di vita che privilegi le relazioni umane. Prestare attenzione alle cose essenziali e alle persone è la cosa più difficile al mondo. Ma vivere e mangiare consapevolmente è per tutti la sfida del nostro tempo.

“Buongiorno disse il piccolo principe” “Buongiorno disse il mercante”. Era un mercante di pillole che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una la settimana e non si sentiva più il bisogno di bere. “Perché vendi questa roba?” disse il piccolo principe. “E’ una grossa economia di tempo” disse il mercante “Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatré minuti alla settimana” “E che cosa se ne fa di questi cinquantatre minuti?” “Se ne fa quel che si vuole…” “Io” disse il piccolo principe “se avessi cinquantatre minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana…” (da “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupery cap.XXIII).

 

Bibliografia

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