Salute mentale e società

Un tema sempre attuale è certamente quello della relazione fra salute mentale e società. In questo periodo assai critico, come molti altri periodi storici, appare evidente come la salute mentale o la malattia mentale, di cui la depressione è una delle declinazioni possibili, sia un esito di connessioni differenti e non un mero fatto biologico. Inoltre, la malattia mentale, in quanto capace di paralizzare il soggetto e renderlo ancora più fragile, incide a sua volta sulle capacità lavorative e produttive, e può in tal modo peggiorare la condizione socioeconomica.

Illustrazione 1 - Psichiatria

 

Il ruolo delle condizioni socioeconomiche

Pensiamo alla disoccupazione, allo scarso livello culturale delle aree povere, all’impoverimento emotivo che si genera in condizioni di grave disagio socioeconomico, come in certi contesti migratori, ad esempio. La deprivazione socioeconomica è certamente un significativo fattore di rischio per la salute mentale e non solo. Oltre a questa condizione incidono il livello culturale e scolare, l’età (giovani e anziani sono più fragili e più esposti), la povertà relazionale, la capacità morale, la situazione conflittuale anche come conflitti fra culture. In poche parole, si può generare un circolo vizioso fra condizione socioeconomico culturale e salute/malattia mentale.

I soggetti possono trovarsi in condizioni di povertà assoluta o relativa, in ogni modo, la vulnerabilità può aumentare quanto peggiorano le condizioni di vita e il livello culturale-scolare. È in gioco la qualità della vita, che incide sulla salute e dunque sulla malattia, poiché salute e malattia sono strettamente correlate come in un gioco di equilibrio continuo.

La malattia mentale è, come tale, invalidante. Così la depressione può risultare estremamente invalidante. Va considerata anche la variabile aspettativa di vita, il che fa entrare in gioco la dimensione ideale e immaginaria, e la soddisfazione (o meno) di vita, rispetto ai propri progetti.
 

Depressione e altre condizioni

In un recente convegno della Sopsi (Società italiana psicopatologia), il presidente, prof. Siracusano, ha individuato una percentuale maggiore di depressione unipolare rispetto alla bipolare, rispettivamente 11% e 3% ed ha riattualizzato il legame fra dimensione sociale e depressione.

Sempre nell’intervento citato, il Prof. Siracusano considera l’insonnia o il suo contrario, la ipersonnia, come sintomo-segnale assai rilevante. Ma possono essere presenti altri sintomi, persino fisici, in quell’incontro corpo/mente, per cui si generano somatizzazioni. Il dolore cerca le sue strade, e lascia le sue marche, sia nel corpo che nella mente. 

Vediamo come la reazione individuale ad avvenimenti della vita, o a una scarsa stima di sé, possano portare a depressione, specie in assenza o scarsità di un supporto sociale o famigliare adeguato. Pensiamo ad eventi stressanti, traumi, lutti, perdite di occupazione, incertezza economica, rotture affettive, cambiamenti di casa e lavoro, cambiamenti più radicali come nella migrazione, difficoltà e prove, come gli esami e non ultimi situazioni come aborti o abusi sessuali. 

Poiché esiste per tutti un punto di rottura, possiamo immaginare facilmente come certi avvenimenti possano generare una grande fragilità, rendendo le persone, i soggetti, più vulnerabili. La salute è infatti un esito fra processi culturali e biologici, fra struttura soggettiva e contesto sociale. Il corpo non è una macchina, il che sarebbe di un riduzionismo assurdo, ma si costruisce a sua volta sull’esperienza con cui interagisce; per questo motivo la stessa emotività non può essere messa da parte, anzi. Pensiamo alle patologie alimentai, ad esempio, in cui la depressione è presente. 

L’intensità del vissuto è dunque di assoluta rilevanza. Pertanto, le politiche della salute dovrebbero non cessare di prestare attenzione ad una maggiore equità, giustizia sociale, in quanto la tutela della salute è centrale in qualsiasi programmazione.

Ma anche le politiche economiche dovrebbero prestare attenzione alla salute, in quanto la mancanza di speranza per il futuro, la caduta di speranza in senso economico, non può che generare malessere, facendo precipitare il soggetto in un ripiegamento marginalizzante, da cui può essere difficile uscire. La risposta medica e psichiatrica, non può limitarsi dunque a una semplice prescrizione di farmaci, senza comprendere la storia del soggetto che domanda aiuto.

Per questo, quando un paziente dice “mi dia delle pastiglie, delle gocce, ma mi tolga questa depressione, non ho voglia di raccontarle niente, a cosa serve.” bisogna cominciare a pensare che la sua autostima è molto scarsa, in quanto la sua stessa storia non varrebbe la pena di essere narrata.  Non esistono soggetti senza storia, per quanto volessero negarla ma certo si può non amare la propria storia ed essere depressi.
 

Bibliografia

  • Ervasti J, Vahtera J, Pentti J, Oksanen T, Ahola K, Kivimäki M, Virtanen M. Depression-related work disability: socioeconomic inequalities in onset, duration and recurrence. PLoS One. 2013 Nov 20;8(11):e79855.