L’ansia non è solo mentale

Quando pensiamo all’ansia, la associamo spesso a pensieri, preoccupazioni, rimuginii. In realtà, l’ansia vive nel corpo prima ancora che nella mente. Il battito accelera, il respiro si fa corto, lo stomaco si chiude.

Sono risposte automatiche del sistema nervoso che, percependo una minaccia (reale o immaginata), attiva l’antico meccanismo di attacco o fuga. È una reazione fisiologica: il corpo prepara energia per difendersi o scappare.

Ma se questa risposta resta accesa troppo a lungo, anche in assenza di un pericolo reale, si trasforma in uno stato cronico di allerta. È quello che accade nei disturbi d’ansia: il corpo continua a comportarsi come se fosse in pericolo, anche mentre siamo fermi in ufficio o sul divano.

Illustrazione 1 - Psicologia

Quando il corpo parla prima della mente

Molte persone si accorgono di stare male non per i pensieri, ma per i sintomi fisici:
 
  • tachicardia o extrasistoli;
  • tensioni muscolari diffuse;
  • difficoltà respiratoria;
  • vertigini o sensazione di “testa vuota”;
  • disturbi gastrointestinali;
  • insonnia o risvegli notturni.
Spesso questi segnali vengono interpretati come sintomo medico di qualcosa di grave, portando a esami, visite e controlli i cui risultati, poi, rientrano tutti “nella norma”. A quel punto arriva la frase più frustrante: «È solo ansia». In realtà, quel “solo” è fuorviante.

Il corpo non mente: sta comunicando un sovraccarico. L’ansia è un linguaggio corporeo, una forma con cui il sistema nervoso dice che sta lavorando troppo.
 

Il dialogo invisibile tra mente e corpo

Secondo l'approccio cognitivo-comportamentale, ansia e corpo si alimentano reciprocamente.

Un pensiero ansioso (“e se succedesse qualcosa?”) attiva il corpo; la risposta fisica (cuore che accelera, respiro corto) viene percepita come conferma del pericolo, rinforzando il pensiero iniziale.
Si crea così un circolo vizioso di pensiero → reazione → paura del sintomo → nuovo pensiero ansioso.

È un meccanismo automatico che può essere interrotto. Riconoscere il legame mente-corpo è il primo passo per sciogliere l’ansia cronica.
 

Il ruolo del sistema nervoso: il corpo in allerta

L’ansia prolungata mantiene attivo il sistema nervoso simpatico, quello che prepara il corpo all’azione. Il sistema parasimpatico, invece, quello che dovrebbe riportarci alla calma, resta in secondo piano.
Il risultato è uno stato di “semi-attivazione costante”: dormiamo, ma non riposiamo; respiriamo, ma non ossigeniamo; siamo fermi, ma non rilassati.

È come se il corpo non trovasse più il pulsante “pausa”: quando percepiamo sicurezza, il nervo vago stimola il rilassamento e la connessione sociale; quando viviamo in allerta, quel sistema resta disattivato e prevale la difesa.
 

Come la psicoterapia cognitivo-comportamentale aiuta a ristabilire l’equilibrio

L’obiettivo non è “calmare” il corpo a tutti i costi, ma ripristinare la comunicazione tra corpo e mente. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) interviene su entrambi i livelli:

1. Cognitivo
 
  • Riconoscere i pensieri che amplificano la paura (“sto per svenire”, “avrò un infarto”).
  • Metterli alla prova con esperienze reali, imparando a verificare invece che credere automaticamente.
  • Introdurre l’idea che il sintomo non è un pericolo, ma un segnale.
2. Comportamentale
 
  • Lavorare sul corpo con esercizi di respiro consapevole (espirazione più lunga dell’inspirazione per stimolare il nervo vago).
  • Praticare rilassamento muscolare progressivo, per riconoscere e sciogliere la tensione.
  • Usare tecniche di mindfulness per osservare le sensazioni senza reagire.
Quando la persona inizia a tollerare la sensazione fisica, il corpo smette di “urlare”. E la mente, di conseguenza, si quieta.
 

Psicoeducazione: capire per calmare

Sapere cosa accade riduce la paura. Quando comprendiamo che il battito accelera perché il cervello pensa di doverci proteggere, l’ansia perde parte della sua forza.

La conoscenza non è solo informazione: è regolazione emotiva. In terapia si lavora molto su questo: spiegare i processi fisiologici aiuta a ristabilire fiducia nel corpo e a ridurre la sensazione di “perdita di controllo”.
 

Dal corpo alla mente: il ritorno alla calma

Non possiamo calmare la mente pensando di più ma possiamo farlo respirando meglio. La regolazione fisiologica è la chiave: il corpo è la porta d’ingresso per riequilibrare l’intero sistema emotivo.
Spesso, quando il corpo si rilassa, i pensieri si fanno più chiari. 

Non perché “smettiamo di preoccuparci”, ma perché torniamo nel presente, nel qui e ora. La Terapia Cognitivo-Comportamentale aiuta proprio a questo: riportare la persona alla consapevolezza del corpo come luogo di sicurezza, non di pericolo.
 

Cosa puoi fare oggi

  • Nota un punto del corpo dove senti tensione.
  • Fai tre respiri profondi: inspira per 4 secondi, espira per 6.
  • Chiediti: “Di cosa ho bisogno adesso, più che di cosa ho paura?”
  • Ricorda: il corpo non è contro di te. Sta solo chiedendo ascolto.
 

In sintesi

L’ansia non è un difetto del corpo ma un segnale di connessione interrotta. Solo ascoltando il corpo possiamo spegnere il ciclo di allerta e tornare a sentirci integri. La mente, quando è pronta, può imparare di nuovo a fidarsi del corpo — e viceversa.
 

Bibliografia

  • Barlow, D. H. (2002). Anxiety and Its Disorders: The Nature and Treatment of Anxiety and Panic. Guilford Press.
  • Clark, D. M., & Beck, A. T. (2010). Cognitive Therapy of Anxiety Disorders. Guilford Press.
  • Wells, A. (1997). Cognitive Therapy of Anxiety Disorders: A Practice Manual and Conceptual Guide. Wiley.
  • McEwen, B. S. (2007). Physiology and neurobiology of stress and adaptation: Central role of the brain.Physiological Reviews, 87(3), 873–904.