Quando la mente non si ferma

Chi soffre d’ansia lo sa bene: la mente non smette mai. Riflette, anticipa, immagina scenari, analizza ogni parola detta o non detta. Ma invece di chiarire, confonde. Il pensiero diventa un rumore di fondo continuo, che stanca e logora.

Il rimuginio è questo: una catena di pensieri ripetitivi e negativi, centrati su pericoli futuri, colpe passate o decisioni da prendere. È l’illusione di “tenere tutto sotto controllo” attraverso la mente, quando in realtà il controllo è proprio ciò che si perde.
Molte persone descrivono il rimuginio come un “pensare troppo”. Ma il problema non è pensare: è non riuscire smettere.

Illustrazione 1 - Psicologia

Perché la mente rimugina

Il rimuginio nasce da una buona intenzione: ridurre l’incertezza. Quando sentiamo ansia, il cervello cerca soluzioni per eliminarla. Ma invece di accettare l’emozione, la mente inizia a produrre pensieri per spiegare, anticipare o neutralizzare ciò che teme.

È una trappola cognitiva: ogni tentativo di risolvere mentalmente l’ansia la alimenta. Come scrive Thomas Borkovec, “il rimuginio è una forma di evitamento cognitivo”: serve a non sentire le emozioni, non a gestirle.
Pensare diventa quindi un anestetico temporaneo. Ma a lungo andare, il prezzo è alto: più la mente pensa, più si disconnette dal corpo e dalle sensazioni reali.
 

Il ciclo che mantiene l’ansia


Il rimuginio funziona come un circolo vizioso:
 
  1. Preoccupazione → la mente anticipa un problema (“e se succede?”).
  2. Ansia fisica → il corpo reagisce con tensione, tachicardia, respiro corto.
  3. Conferma mentale → “lo sapevo, c’è qualcosa che non va”.
  4. Nuovo pensiero → il cervello riparte, cercando una soluzione.
Ogni volta che proviamo a “risolvere con la testa”, il sistema si rinforza.
L’ansia diventa un programma in background che non si chiude mai.
 

Rimuginio e controllo: un’illusione potente

Chi rimugina non è debole, ma iper-responsabile. È la persona che vuole capire, prevedere, non lasciare nulla al caso. Il rimuginio dà una sensazione di attività e padronanza — come se pensare fosse agire.
Ma non lo è. È una strategia di controllo inefficace: serve solo a tenere l’ansia lontana per qualche minuto, per poi ritrovarla più forte. La mente ansiosa confonde il “pensare” con il “prevenire”.
In realtà, prevenire il disagio non è possibile; gestirlo, sì.
 

Come interrompere il rimuginio

Spegnere il rimuginio non significa “smettere di pensare”, ma riconoscere che stai pensando. È il passaggio da identificazione a osservazione: da “sono i miei pensieri” a “sto avendo un pensiero”.

Le strategie più efficaci della psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) includono:
 
  1. Mindfulness e defusing: osservare il pensiero senza seguirlo. Esempio: dire “sto avendo il pensiero che potrei fallire” invece di dire “fallirò”. Questa distanza riduce il potere del pensiero.
  2. Interruzione del ciclo anticipatorio: riconoscere quando stai cercando di controllare qualcosa che non dipende da te. Chiediti: “Questo pensiero mi è utile o mi tiene bloccato?”
  3. Coinvolgimento del corpo: il rimuginio è tutto “su”: nella testa. Tornare al corpo — respirare, camminare, percepire — riporta la mente nel presente, dove l’ansia non può prosperare.
  4. Programmare il “tempo del pensiero”: tecnica CBT classica: stabilire un momento preciso della giornata (15 minuti) per affrontare le preoccupazioni. Fuori da quel tempo, rimandare il pensiero a “più tardi”: incredibilmente, spesso non si presenta più.
 

Ritrovare spazio mentale

Il contrario del rimuginio non è la calma perfetta, ma lo spazio interno. È la possibilità di avere un pensiero senza esserne trascinati. Di poter dire: “adesso posso lasciarlo andare”.
Liberarsi dal rimuginio non è questione di forza, ma di consapevolezza. Più smetti di combattere i pensieri, più loro si indeboliscono. La mente, se non viene spinta, rallenta da sola.
 

Cosa puoi fare oggi

Nota quando inizi a rimuginare: di solito accade nei momenti di stanchezza o incertezza.
Scrivi il pensiero su carta (o su smartphone), invece di tenerlo in mente. Porta l’attenzione al respiro o al corpo. Chiediti: “Sto cercando di risolvere o sto solo evitando di sentire?”
Se ti riconosci in questi pensieri che non si fermano, sappi che non sei sola: l’approccio cognitivo-comportamentale non “spegne” i pensieri, insegna a riconoscerli, accoglierli e trasformarli.
È un percorso pratico e basato su evidenze scientifiche ma, soprattutto, è un cammino di consapevolezza.
 

Bibliografia

  • Borkovec, T. D. (2004). Avoidance Theory of Worry and Generalized Anxiety Disorder.
  • Wells, A. (1997). Cognitive Therapy of Anxiety Disorders: A Practice Manual and Conceptual Guide.
  • Hayes, S. C., Strosahl, K. D., & Wilson, K. G. (2012). Acceptance and Commitment Therapy: The Process and Practice of Mindful Change.
  • Clark, D. M., & Beck, A. T. (2010). Cognitive Therapy of Anxiety Disorders. Guilford Press.
  • Hofmann, S. G., & Asmundson, G. J. (2017). The Science of Cognitive Behavioral Therapy. Academic Press.