Ansia: cause, sintomi e quando diventa un problema
Ti è mai capitato di sentirti agitato senza motivo apparente?
Di avere il cuore che accelera, i pensieri che si rincorrono, una stretta allo stomaco, la sensazione che “sta per succedere qualcosa”, anche se non sai cosa?
O ancora, ti ritrovi a evitare situazioni – parlare in pubblico, prendere un mezzo, restare da solo – per paura di come potresti sentirti?
Se la risposta è sì, probabilmente conosci bene l’ansia. Quella sensazione pervasiva che ti toglie lucidità, serenità e libertà. Che può diventare così invadente da influenzare scelte, relazioni, perfino l’identità.
Eppure, l’ansia non è un nemico. Di per sé, è un meccanismo adattivo, una risposta naturale del nostro corpo al pericolo.
Il problema nasce quando questo meccanismo si attiva in assenza di un pericolo reale, o diventa così frequente da cronicizzarsi.
Allora, quello che dovrebbe proteggerci comincia a sabotare la nostra quotidianità.
Disturbi d’ansia: quali sono le cause quotidiane che la alimentano
Molte persone passano anni a cercare di capire “da dove viene la mia ansia”. Cercano cause nel passato, leggono libri, si analizzano.
Ma la verità – secondo la psicoterapia breve strategica – è che sapere perché l’ansia c’è non basta a farla andare via.
L’approccio strategico parte da una domanda diversa:
“Cosa faccio oggi che mantiene e alimenta la mia ansia, anche se penso di volerla eliminare?”
In altre parole, l’ansia non è solo “qualcosa che accade a me”, ma anche qualcosa che senza volerlo contribuisco a far accadere e a far crescere.
Disturbi d’ansia: le strategie disfunzionali più comuni da evitare
Vediamo alcune delle cosiddette tentate soluzioni disfunzionali più comuni nei disturbi d’ansia:
- evitare ciò che temiamo: evitiamo le situazioni che ci fanno paura: i luoghi affollati, le responsabilità, il giudizio, il silenzio. Nel breve ci sentiamo sollevati. Ma nel lungo, l’evitamento rafforza l’ansia, perché conferma alla mente che quella situazione era davvero pericolosa. Così la paura cresce e lo spazio di vita si restringe;
- cercare rassicurazioni continue: chiedere conferme a chi ci sta vicino (“andrà tutto bene?”, “secondo te ho qualcosa che non va?”), monitorare i sintomi su Google, fare esami. Anche qui: nel breve ci calmiamo, ma nel lungo stiamo insegnando al cervello che senza rassicurazione non possiamo gestire nulla da soli.
- controllare ogni sensazione: chi soffre d’ansia impara a scandagliare ogni piccolo cambiamento corporeo: battito, respiro, giramenti di testa, formicolii. Questo ipercontrollo aumenta l’ansia, perché dirige l’attenzione su un pericolo imminente, anche quando non esiste;
- parlare e riparlare del problema: spesso le persone ansiose passano molto tempo a descrivere, analizzare e condividere la loro ansia. Ma più ne parli, più la rendi presente, più la ingrandisci. La narrazione continua diventa una trappola.
Ansia: protocolli concreti per un cambiamento rapido e duraturo
L’approccio breve strategico non considera l’ansia come un “difetto da correggere” o un trauma da scavare nel passato, ma come una forma di apprendimento disfunzionale, che può essere disimparata.
Il modello si basa su protocolli specifici, sviluppati attraverso anni di ricerca su casi reali, con un focus concreto:
interrompere le tentate soluzioni che mantengono il problema, e creare nuove esperienze correttive che smontano la percezione di pericolo.
Il cambiamento, spesso, non richiede anni, ma settimane. E non avviene tanto attraverso l’insight (la comprensione mentale), quanto attraverso il fare qualcosa di diverso, anche solo per poco.
Bibliografia
- Nardone, G., & Portelli, C. (2005). Psicoterapia breve strategica. Milano: Raffaello Cortina Editore.