Cardioversione

A cura del Dr. Alfredo Macchiusi
Cardiologo Medico Chirurgo, specialista in CardiologiaIndice
Cos'è
La Cardioversione, farmacologica o elettrica, è la procedura che viene utilizzata, quando indicato e quando possibile, per interrompere aritmie cardiache stabilizzate e persistenti, ripristinando il ritmo normale del cuore, detto sinusale. In entrambi i casi può essere effettuata sia in condizioni elettive, cioè programmate, sia in condizioni d'urgenza.
Più frequentemente si applica per aritmie sopraventricolari, rappresentate molto spesso da fibrillazione, flutter e tachicardia atriale o da tachicardie parossistiche sopraventricolari.

Sintomi
Tali disordini del ritmo possono decorrere del tutto asintomatici o creare disturbi come:
- palpitazioni
- affanno
- dolore al petto
- stato di confusione mentale
- profonda debolezza o svenimento.
Possono verificarsi in soggetti con malattie cardiache di diversa gravità, ma anche in persone sane.
Rischi
La principale controindicazione alla cardioversione è costituita dalla presenza di coaguli, o di fattori che possano favorirne la formazione, all’interno delle strutture cardiache. Infatti, quando le pareti del cuore si contraggono in maniera disordinata e irregolare, come avviene per esempio durante la fibrillazione atriale, il sangue non scorre con un flusso omogeneo ed è più facile che si formino dei piccoli “grumi” trombotici. All’atto del ripristino del normale impulso questi coaguli potrebbero essere espulsi nella circolazione sistemica e, attraverso le arterie, raggiungere, nel peggiore dei casi, il cervello, causando un ictus.
Per evitare questa grave complicanza si ricorre alla terapia anticoagulante, che va effettuata secondo modalità e tempi molto precisi, e, immediatamente prima della cardioversione, all’Ecocardiogramma transesofageo (ETE), che sfruttando lo stretto contatto esistente tra l’esofago ed il cuore, permette di visualizzare in maniera molto dettagliata determinate strutture, come le auricole, ed escludere con ragionevole certezza il rischio tromboembolico.
Cure e Trattamenti
Salvo pochissimi e selezionati casi, la cardioversione va sempre eseguita in ambiente ospedaliero, da personale esperto, sotto monitoraggio dei principali parametri vitali.
Se il principio della cardioversione farmacologica (CVF) è rappresentato dalla somministrazione per via endovenosa di un medicinale che, per le sue specifiche caratteristiche, interviene nei fenomeni bioelettrici del cuore, la cardioversione elettrica (CVE) agisce attraverso l’erogazione di un’energia elettrica a diretto contatto con la parete toracica (Direct Current – “DC shock”), che si trasmette al cuore, determinando l'immediata e simultanea contrazione di tutte le cellule; questo fenomeno fa sì che vengano aboliti tutti i potenziali “anomali”, con la ripresa del battito fisiologico e regolare.
A parte rare circostanze in cui viene effettuata in emergenza, in condizioni di pericolo di vita per il malato, e in questi casi è più frequente l’origine ventricolare, nella maggior parte delle situazioni, anche in quelle di relativa urgenza, è possibile eseguirla avendo sottoposto il paziente a una sorta di preparazione preliminare, che minimizzi i possibili rischi legati alla procedura stessa.
Una volta soddisfatte le condizioni per eseguirla, si può procedere con la cardioversione elettrica. Questa viene praticata dal cardiologo, con assistenza infermieristica, in ambienti specificamente dedicati, con il paziente (che deve essere a digiuno da almeno sei ore), collegato a un monitor per la registrazione in continuo dell’elettrocardiogramma, a un pulsossimetro per la misurazione dell’ossigenazione del sangue, a uno sfigmomanometro per la rilevazione della pressione.
Una volta applicate le piastre sul torace (attualmente sono in uso dei “patches” adesivi sicuramente molto meno “scenografici” rispetto a quanto si vede nei serial TV, in cui il medico è letteralmente con le braccia sopra il petto del malato, ma molto più pratici e meno faticosi nell’utilizzo) e connesse al defibrillatore con un cavo, avendo praticato una sedazione profonda con un farmaco dall’effetto molto breve, si esegue la procedura: verificati i parametri e il livello di sedazione, il cardiologo carica il defibrillatore al livello di energia necessario e, avendo sincronizzato l’impulso con l’elettrocardiogramma, preme il pulsante dello shock.
Solo raramente è necessario erogare una seconda o terza scossa, magari a energie crescenti, per ottenere un effetto efficace e stabile. Qualora non si ripristini il ritmo sinusale nell’immediato, può essere ripetuta a distanza di qualche ora, previa somministrazione di farmaci antiaritmici, per ottenerne una sinergia d’azione.
La cardioversione elettrica ha una percentuale di successo molto alta, pari a circa il 90%, inversamente proporzionale alla durata dell’aritmia e alla gravità della patologia sottostante. Risulta esente da rischi particolari ed è ripetibile anche più volte.
Il paziente si risveglia in pochi minuti, e dopo un’osservazione di un paio d’ore può tornare a casa con il consiglio di non guidare o di non svolgere attività che richiedano attenzione per il resto della giornata, più che altro per i residui effetti del sedativo somministrato.
Preso atto delle indicazioni e delle prescrizioni del cardiologo, potrà tornare alle comuni attività dal giorno successivo.
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A cura del Dr. Alfredo Macchiusi
Cardiologo Medico Chirurgo, specialista in Cardiologia Creato il: 01/07/2017 Ultimo aggiornamento: 27/08/2017Articoli correlati
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