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Disprassia

Prof. Roberto Carlo Russo

Prof. Roberto Carlo Russo

Neuropsichiatra infantile Medico Chirurgo, specialista in Neuropsichiatria Infantile Creato il: 29/06/2017 Ultimo aggiornamento: 02/11/2023

La disprassia è un disturbo che, pur non causando alterazioni dello sviluppo motorio, impedisce a chi ne è affetto di eseguire movimenti tipici delle attività quotidiane (es. vestirsi), apparendo occasionalmente goffi.

Tra le capacità che possono essere inficiate dalla disprassia rientrano anche:

  • compiere gesti espressivi (es. comunicare felicità/tristezza);
  • compiere gesti transitivi (rivolti a un oggetto) e intransitivi (con contenuto simbolico).

L’esecuzione di atti motori richiede un’organizzazione che è alla base del processo evolutivo che porta allo sviluppo di una prassi. Questa, infatti, deve essere rapida, precisa e adattata al contesto in cui viene applicata.

Disprassia

Cause Cause

La disprassia è una condizione che non deriva solo da una disfunzionalità, ma anche dalla possibile carenza di esperienze nell’esecuzione di determinate azioni. Si individuano, in base ai settori interessati, disprassie:

  • assiali;
  • posturali;
  • degli arti;
  • facciali;
  • oculari;
  • verbali.

La disprassia, quindi, si manifesta come un deficit dell’organizzazione dei movimenti che colpisce i suoi tre processi maturativi, ossia:

  • coordinamento;
  • inibizione alla diffusione (capacità di selezionare quali muscoli impiegare e quali lasciare a riposo);
  • integrazione somatica (capacità di mantenere una corretta sequenza delle azioni).

Sintomi Sintomi

Un soggetto colpito da disprassia, quindi, o non riesce a eseguire alcune azioni o le esegue in modo non ottimale, occasionalmente stentato e con movimenti bruschi e lenti, che si alternano senza continuità. 

In base alle caratteristiche cliniche, possiamo individuare dieci categorie di disprassia:

  • disprassia melo-cinetica: il soggetto affetto ha difficoltà a eseguire movimenti in rapida successione;
  • disprassia ideomotoria: il soggetto non riesce a tradurre in gesto un’azione che sa come eseguire. Queste includono anche le disprassie posturali e assiali, in cui il soggetto ha difficoltà a organizzare spazialmente il suo corpo;
  • disprassia ideativa: il soggetto non sa cosa fare per raggiungere l’obiettivo fissato;
  • disprassia costruttiva: il soggetto non sa organizzare i rapporti spaziali bidimensionali e tridimensionali;
  • disprassia dell’abbigliamento: il soggetto ha difficoltà a rapportare lo schema di movimento degli abiti a quello del corpo;
  • disprassia della deambulazione: il soggetto non riesce ad adattare la camminata alle richieste;
  • disprassie facciali: il soggetto non riesce a eseguire azioni con i muscoli facciali, la bocca (buccali) o la lingua (linguali);
  • disprassia dell’espressività: il soggetto ha difficoltà nell’esprimere emozioni;
  • disprassie oculari: il soggetto non riesce a controllare intenzionalmente il suo sguardo;
  • disprassie verbali: il soggetto fatica ad articolare suoni, sia con che senza significato.

In genere, i sintomi si manifestano dopo il primo anno di vita; prima, infatti, è possibile solo individuare un modesto ritardo nello sviluppo globale e, nello specifico, nella capacità di afferrare gli oggetti.

Già a partire dal secondo anno di vita del bambino, è facile notare una persistente difficoltà nella presa e nell’organizzazione di attività complesse. Inoltre, le attività motorie del bambino rimangono spesso limitate e lente e l’interesse per gli oggetti scarso e superficiale. 

Dopo il terzo anno di vita, i bambini mostrano sintomi evidenti, hanno difficoltà a eseguire attività motorie e mostrano goffaggine nei grandi movimenti (es. corsa, salti e lanci), soprattutto se coinvolgono gli arti superiori. 

Tra gli altri sintomi che possono manifestarsi compaiono anche difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti posturali richiesti e nella mobilità fine delle mani (questa può poi evolvere in una disgrafia). Il linguaggio, in alcuni casi, può risultare strutturato in frasi semplici, scorretto o espresso lentamente.

I bambini affetti da disprassia mostrano spesso anche alcuni problemi relazionali, come:

  • scarso interesse evolutivo (tipico dell’età infantile);
  • passività e ricerca di dipendenza dall’adulto;
  • stati d’ansia;
  • rifiuto di situazioni nuove;
  • difficoltà nei rapporti interpersonali;
  • incapacità adattive;
  • intolleranza alle frustrazioni.

Con l’avanzare dell’età, il soggetto acquisisce un minimo di coordinazione per eseguire i movimenti più frequenti, ma questi rimangono lenti e poco efficienti.

Diagnosi Diagnosi

Per le diagnosi di disprassia esistono una grande varietà di test che permettono di esplorare la capacità o meno di eseguire azioni.

In base alla tipologia interessata, quindi, si possono trovare test per valutare le capacità di:

  • eseguire azioni in rapida sequenza;
  • imitare gesti e mantenere posture;
  • eseguire azioni complesse (es. accendere una candela);
  • comprendere i rapporti spaziali;
  • indossare e togliere vestiti;
  • adattare la camminata a richieste esterne;
  • muovere la lingua o alcune parti del viso;
  • esprimere emozioni su richiesta;
  • controllare correttamente la funzione visiva; 
  • articolare suoni.

Rischi Rischi

Chiaramente, la disprassia è una condizione che può essere, in base alle attività coinvolte, anche molto invalidante per chi ne è affetto. 

Per i pazienti, quindi, le conseguenze possono arrivare a colpire anche la sfera sociale e relazionale. Infatti, chi soffre di disprassia può andare facilmente incontro a momenti di rabbia, per la discrepanza tra la sua intenzione di eseguire un’azione e l’ostacolo pratico che si presenta per via della condizione.
 

Cure e Trattamenti Cure e Trattamenti

Il trattamento dei pazienti affetti da disprassia prevede un processo di tipo riabilitativo personalizzato sulle aree interessate dal disturbo specifico. In genere, il paziente viene affiancato da specialisti Neuropsichiatri infantili, nonché professionisti come fisioterapisti o logopedisti nel recupero delle attività compromesse. 

Inoltre, questo tipo di percorso viene spesso coadiuvato tramite il lavoro di psicologi e tramite il supporto offerto dalla famiglia e dagli insegnanti del paziente.

Bibliografia

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  • Dewey D. What is developmental dyspraxia? Brain Cogn. 1995 Dec;29(3):254-74.
  • Miyahara M, Möbs I. Developmental dyspraxia and developmental coordination disorder. Neuropsychol Rev. 1995 Dec;5(4):245-68.
  • Tanaka Y, Yoshida A, Kawahata N, Hashimoto R, Obayashi T. Diagonistic dyspraxia. Clinical characteristics, responsible lesion and possible underlying mechanism. Brain. 1996 Jun;119 ( Pt 3):859-73.
  • McCormick M. Dyslexia and developmental verbal dyspraxia. Dyslexia. 2000 Jul-Sep;6(3):210-4.

L'informazione presente nel sito deve servire a migliorare, e non a sostituire, il rapporto medico-paziente. In caso di disturbi e/o malattie rivolgiti al tuo medico di base o ad uno specialista.

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