È noto da tempo il ruolo svolto dalla vitamina D nell’omeostasi fosfocalcica e nel metabolismo osseo. Alcuni studi ne hanno, inoltre, suggerito un ruolo nella prevenzione delle patologie neoplastiche, autoimmuni e cardiovascolari, confermando gli effetti pleiotropici della vitamina D. Solo di recente sono emerse le sue implicazioni sul sistema riproduttivo maschile e femminile e, dunque, sulla fertilità. L’osservazione iniziale derivante da studi condotti su animali è stata poi rafforzata dall’evidenza negli uomini che i livelli di vitamina D sono associati nelle donna, all’outcome delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, alla sindrome dell’ovaio policistico e all’endometriosi, e nel maschio, alla qualità globale del liquido seminale (conta, motilità e morfologia), aprendo pertanto un intrigante scenario sul complesso meccanismo dell’infertilità e preludendo a nuove opportunità di cura.

Illustrazione 1 - Andrologia

Vitamina D: che cos’è?

La vitamina D è un ormone steroideo sintetizzato nella cute fotoesposta a partire dal 7-deidrocolesterolo il quale, per effetto delle radiazioni ultraviolette solari, viene convertito a provitamina D3 che a sua volta isomerizza spontaneamente a colecalciferolo (vitamina D3).  Il colecalciferolo così prodotto viene rilasciato nella circolazione e trasportato verso i tessuti metabolizzatori attraverso una proteina legante specifica (vitamin D-binding protein).  Approssimativamente  l’80-90% del colecalciferolo deriva dalla biosintesi cutanea indotta dall’irraggiamento solare, mentre una minima quota (10-20%)  di vitamina D preformata deriva dall’alimentazione e/o dalla supplementazione dietetica. 
 

Dove posso trovare la vitamina D?

Il colecalciferolo è presente naturalmente in grande quantità nel grasso del pesce azzurro e nell’olio di fegato di merluzzo, ma oggigiorno sono disponibili in commercio numerosi alimenti artificialmente arricchiti con vitamina D preformata (latte e derivati). La vitamina D3 di origine biosintetica o alimentare viene idrossilata in posizione 25, principalmente a livello epatico, ad opera dell’enzima CYP2R1 supportato da CYP27A1; la 25(OH)vitamina D3 è successivamente convertita nel rene, per 1-idrossilazione ad opera di CYP27B1, nella forma metabolicamente attiva, 1-25(OH 2)vitamina D3. L’enzima 1-idrossilasi in realtà è presente in altri tessuti permettendo un’attivazione locale, paracrina, della vitamina D.
 

Come agisce?

L’azione biologica della vitamina D è mediata da un recettore nucleare (vitamin D-receptor [VDR]) distribuito nelle cellule di vari tessuti, in particolare scheletro e ghiandole paratiroidi. Quando l'1-25(OH 2)vitamina D3 lega il proprio recettore, questi costituisce un eterodimero con il retinoid X receptor. L’eterodimero è in grado di legare il DNA in corrispondenza del responsive element ubicato nella regione promoter dei geni bersaglio e di interagire con altri fattori proteici di modulazione per determinare modifiche della trascrizione genica che si realizzano in un arco di tempo variabile da poche ore ad alcuni giorni (effetto genomico). In realtà, lo stesso recettore è in grado di regolare l’azione di altre proteine recettoriali di membrana ubicate sulla superficie cellulare o sul reticolo endoplasmatico e il rilascio di secondi messaggeri che conducono ad una più rapida risposta che si realizza nell’arco di pochi secondi fino a qualche minuto (effetto non genomico).
 

Vitamina D e fertilità: un possibile collegamento

Gli specifici meccanismi attraverso i quali la vitamina D influenza la fertilità maschile rimangono in parte misconosciuti.

La variabilità della qualità del liquido seminale nel corso dell’anno solare rifletterebbe le variazioni stagionali della vitamina D (oltre che delle gonadotropine), la cui biosintesi dipende dalla durata dell’esposizione alla luce.

Le basi fisiopatologiche della interrelazioni tra vitamina D e riproduzione implicano pertanto la presenza del VDR e degli enzimi metabolizzatori [25-idrossilasi (CYP2R1, CYP27A1), 1-idrossilasi (CYP27B1) e 24-idrossilasi (CYP24A1)] nei vari tessuti del sistema riproduttivo maschile e nel seme. Inizialmente il VDR è stato identificato nel tratto genitale maschile dei roditori e in particolare nel muscolo liscio dell’epididimo, negli spermatogoni e nelle cellule dei Sertoli. 
 

Qual è lo stato dell'arte?

Negli studi condotti su cavie sottoposte ad alimentazione vitamina D deficiente, era evidente come gli esemplari maschi presentassero una riduzione globale della fertilità e della capacità di accoppiamento rispetto ai controlli sani; l’esame istologico dei testicoli documentava una spermatogenesi incompleta con degenerazione dell’epitelio germinativo e depauperamento delle cellule del Leydig. La supplementazione di calcio era apparentemente sufficiente a recuperare la fertilità. Lo sviluppo di modelli animali knockout ha contribuito notevolmente a implementare le conoscenze attuali sul ruolo della vitamina D.  I ratti knockout (VDR null-mutant) presentano una significativa riduzione rispetto al wild-tipe dell’attività aromatasica testicolare che si traduce in un quadro clinico di ipogonadismo ipergonadotropo, associato  ad alterazioni istologiche delle gonadi e ad una riduzione della conta e della motilità nemaspermica, parzialmente  reversibili con supplementazione di calcio e/o di estradiolo.

Gli studi sull’uomo hanno confermato la presenza del VDR nell’omogenato di tessuto testicolare attraverso la dimostrazione di un sito di legame specifico per vitamina D radiomarcata. Recentemente, le moderne tecniche di immunoistochimica e di western blot hanno consentito di descrivere la simultanea espressione del VDR e degli specifici enzimi metabolizzanti la vitamina D negli spermatozoi maturi e nei precursori, nelle cellule del Leydig, nelle vescicole del caput epididimi, nell’epitelio ghiandolare della cauda, nelle vescichette seminali e nella prostata.

Di particolare interesse appare la localizzazione ultrastrutturale del VDR nelle cellule germinali. L’espressione nucleare del VDR nei precursori (spermatogoni) e negli spermatozoi indica un’azione genomica eminentemente protettiva: nel controllo dell’integrità del DNA nemaspermico e nel mantenimento della stabilità del corredo genetico. L’1-25(OH2)vitamina D3 sembra modulare il trasporto del colesterolo, la fosforilazione dei residui tirosinici delle proteine spermatiche con conseguenti effetti sulla sopravvivenza cellulare. In aggiunta, negli spermatozoi maturi, ormai trascrizionalmente inattivi, l’1-25(OH2)vitamina D3 esplica effetti non genomici attraverso i recettori citoplasmatici localizzati nella porzione post-acrosomiale  e nel tratto intermedio, incrementando da un lato l’afflusso di calcio, necessario per potenziare la motilità nemaspermica e la reazione acrosomiale, e dall’altro  promuovendo il catabolismo lipidico, indispensabile per soddisfare l’aumentato fabbisogno energetico durante il processo di capacitazione; gli esperimenti in vitro testimoniano inoltre una curva dose-risposta di tipo bifasico con un effetto stimolante per esposizione a basse concentrazioni nanomolari di vitamina D e un effetto detrimenti per concentrazioni maggiori.

Inoltre, l’1-25(OH2)vitamina D3 sostiene l’attività secretoria della cellula del Sertoli, attraverso l’incremento dell’uptake intracellulare del calcio e dell’attività gamma-glutamil-transpepitidasica di membrana; promuove la steroidogenesi attraveso l’espressione del cholesterol homeostasis ATP-binding cassette transporter 1 (ABCA1) nella cellula del Leydig che, a sua volta, esprimendo una quota significativa di 25OH-idrossilasi (CYP2R1), è implicata nell’attivazione extra-epatica della vitamina D.

Gli enzimi attivanti la vitamina D sono in realtà distribuiti in tutti i tessuti del tratto riproduttivo. L’espressione di CYP2R1 è scarsa nell’epidimo e nella prostata e significativa nel testicolo, mentre l’espressione di CYP27B1 è maggiore nelle vescichette seminale e modesta nel testicolo: tale distribuzione testimonia un ruolo nella modulazione del trasporto transcellulare di ione calcio (analogamente a quanto avviene nell’intestino e nel rene) a testimonianza dell’elevata concentrazione di calcio nel fluido epididimario, vescicolare e prostatico.

Tuttavia, i dati in vivo suggerenti un ruolo favorevole della vitamina D nella funzione riproduttiva maschile sono ancora scarsi. Un recente studio ha dimostrato che individui con grave compromissione della spermatogenesi o con sindrome a sole cellule del Sertoli idiopatica presentano una più bassa concentrazione sierica di 25(OH)vitamina D, un maggiore livello di marcatori di riassorbimento osseo e un peggiore T-score sia a  livello femorale sia a livello lombare rispetto ai controlli sani, nonostante livelli sovrapponibili di testosterone ed estradiolo.

Un altro studio trasversale condotto su oltre 300 individui apparentemente sani reclutati dalla popolazione generale ha documentato una correlazione positiva dei livelli ematici di 25(OH)vitamina D3 con la motilità nemaspermica totale e progressiva. Gli individui con ipovitaminosi D [25(OH)vitamina D3 < 25 nM ossia < 10 ng/mL] presentavano una più bassa percentuale di forme mobili, progressive e morfologicamente normali rispetto ai soggetti vitamina D-sufficienti. In realtà in un nuovo studio un sottogruppo della popolazione esaminata (età 18-21 anni) con alti livelli di vitamina D [25(OH)vitamina D3 > 93 nM ossia > 232 ng/mL], presentava un trend non statisticamente significativo verso una conta nemaspermica più scadente ed una percentuale di forme normali più bassa. Recentemente, è stato ipotizzato un effetto tossico o, comunque non benefico, determinato da alti livelli di vitamina D (> 50 ng/mL) sulla qualità del liquido seminale, in particolare sulla conta totale e sulla conta delle forme mobili progressive, a conferma degli studi in vitro già citati,  testimoni di un aspetto bifasico della curva dose-risposta.
 

Quali studi sono stati fatti?

Due diversi studi condotti su un numero limitato di soggetti hanno tentato di fornire l’evidenza di un possibile effetto favorevole della supplementazione con vitamina D sulla qualità del seme, sul testosterone e in generale sull’outcome riproduttivo.

Il primo, randomizzato e placebo-controllato, ha inteso valutare gli effetti dell’assunzione di vitamina D sui livelli di testosterone in soggetti con sovrappeso (età 20-49 anni) aderenti ad un programma di riduzione del peso corporeo. Tutti i partecipanti presentavano all’inizio dello studio una deficienza di 25(OH)vitamina D3 associata a livelli di testosterone ai limiti inferiori della norma. Un gruppo (31 pazienti) avrebbe assunto per un anno una dose giornaliera di 83 mcg di vitamina D (pari a 3332 UI); l’altro (23 pazienti) avrebbe seguitato con il placebo. Al termine dello studio si registrava un significativo aumento del testosterone totale, del testosterone biodisponibile e del testosterone libero nel gruppo supplementato con vitamina D diversamente da quanto osservato nel gruppo placebo, suggerendo pertanto un positivo effetto sui livelli ematici di testosterone.

Il secondo studio, randomizzato e placebo-controllato, è stato condotto su pazienti affetti da prostatite con l’intento di saggiare gli effetti dell’elocalcitolo, un analogo sintetico della vitamina D, dimostratosi negli studi pre-clinici in grado di inibire la proliferazione androgeno-dipendente e androgeno-indipendente nell’iperplasia prostatica benigna. Tra gli effetti documentati si descriveva una significativa riduzione dei livelli seminali di interleuchina-8, compatibile con un miglioramento della qualità del seme ed in particolare della motilità. La segnalazione di effetti collaterali  a carico delle basse vie urinarie ne ha interrotto anzitempo la sperimentazione multicentrica già avviata in un sottogruppo di pazienti infertili con astenozoospermia.
 

Conclusioni 

In conclusione, la positiva associazione tra livelli sierici di vitamina D e qualità del liquido seminale, sebbene nei limiti della significatività statistica, appare modesta e conferma solo parzialmente le osservazioni in vitro che indicano nella vitamina D un ruolo chiave nella funzione riproduttiva.

E' verosimile che la supplementazione potrebbe garantire un beneficio più evidente sulla fertilità solo in un sottogruppo di pazienti infertili con più severa deficienza vitaminica, analogamente a quanto osservato nei modelli animali. D’altro canto la dimostrazione della presenza del VDR e degli enzimi attivanti nel tratto intermedio degli spermatozoi maturi appare comunque confermare il ruolo fondamentale della vitamina D nello stimolare la motilità nemaspermica all’interno del sistema riproduttivo femminile, ove la ciclicità degli eventi ormonali  determina ampie fluttuazioni della concentrazione vitaminica nel fluido follicolare. 
 

E i casi di infertilità?

Proprio l’importanza dell’interrelazioni tra liquido seminale e fluido follicolare potrebbe in parte giustificare la scarsità di evidenze ottenute dagli studi osservazionali aventi come riferimento lo status nutrizionale del maschio infertile e non già quello della coppia infertile.

 

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