Cosa si intende per violenza sessuale?

Nella coscienza di ognuno il “NO” di una donna ad un atto sessuale, in qualunque momento o circostanza venga dato, deve acquistare la dignità di limite invalicabile, oltrepassando il quale inizia la violenza sessuale. Le gravi conseguenze per la salute fisica e psichica che ne conseguono hanno fatto sì che, sia la FIGO nel ’97, che nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), si siano concretamente impegnati a contrastare tale fenomeno ubiquitario tramite la ratificazione di protocolli di assistenza medico-legale e la spinta alla formazione degli operatori sanitari che si impattano con le vittime di tale reato. 

Illustrazione 1 - Ginecologia e Ostetricia

Quando è diventata reato? 

In Italia la Legge n. 66 del 1996 è stata determinante nei confronti della violenza sessuale, fondamentale la mutata visione. Da reato "contro la morale“a “reato contro la persona”. Questa trasmigrazione rappresenta un riconoscimento anche a livello normativo della sessualità come componente essenziale della persona, come bene meritevole di tutela diretta con il conseguente inasprimento delle pene. Alla persona viene garantita anche la tutela penale del suo diritto fondamentale alla titolarità e all’esercizio della libertà sessuale, come libertà da aggressioni sessuali e come libertà di autodeterminarsi in maniera autonoma nell’esercizio della sessualità. 

Come si configura il reato di violenza sessuale? 

Nel 2004, il WHO definisce la violenza sessuale come la somma degli atti o dei tentativi tesi ad ottenere una prestazione sessuale, senza che la persona ne sia consenziente. La violenza sessuale viene praticata utilizzando coercizione nei confronti della vittima. Tutti i contesti (lavoro, famiglia o estranei) possono generare violenza sessuale. 

Negli USA, ogni anno, vengono denunciati 75.000 casi di violenza sessuale ai danni di donne di ogni strato sociale. La stima dei casi non denunciati è da due a dieci volte maggiore. Il 90% dei violentatori colpisce donne della stessa razza, il 50% è conosciuto dalla vittima e, spesso, è un membro della famiglia. 

La maggior parte delle violenze sessuali è premeditata e più della metà dei violentatori fa uso di un’arma, solitamente un coltello, per minacciare la vittima. Circa il 50% delle donne violentate mostra i segni di un trauma fisico.

Da uno studio condotto in Italia si evince che, nell'arco della loro vita,

  • il 51,6% delle donne intervistate subisce molestie sessuali;
  • il 3,6% tentati stupri;
  • lo 0,6% stupri.

Gli stupri e i tentati stupri, nel 70% dei casi circa, avvengono da parte di uomini conosciuti dalla vittima (Dati ISTAT). 

 

Come viene attuata una violenza sessuale?

Le modalità con cui viene messa in atto la violenza sessuale possono essere molteplici e vanno dalle molestie sino allo stupro. Può essere intrafamiliare, effettuata da persone conosciute o da sconosciuti. Anche il coniuge che costringe ad un rapporto sessuale con violenza o minaccia compie un reato. Non è, tuttavia, necessaria la penetrazione vaginale, anale o orale, perche si configuri il reato di violenza sessuale. 

Se gli aggressori presenti all'episodio di violenza sessuale sono più di uno si configura una violenza di gruppo, sia nel caso in cui partecipino tutti attivamente, che nel caso ne siano intenzionalmente testimoni. 

 

Quali sono le conseguenze sulla vittima?

Le conseguenze della violenza sessuale possono essere:

  • fisiche: la violenza può, infatti, causare fratture, ecchimosi, lacerazioni, malattie sessualmente trasmissibili, HVB, HIV, gravidanza indesiderata, dolore pelvico cronico senza causa organica identificabile, dismenorrea, disturbi gastroenterici cronici ecc.;
  • psicologiche, generando traumi o pensieri come: turbe del sonno, fobie, panico, scarsa autostima, fino alla sindrome post traumatica da stress,...
  • sessuali: disturbi del desiderio, dispareunia, anorgasmia ecc. 

Nell’insieme gli aspetti psicosociali sono quelli più a rischio e richiedono un’attenta gestione, trattando la paziente con estrema delicatezza e rispetto, rassicurandola sul fatto che non corre pericoli, dimostrando comprensione ed empatia, spiegando in dettaglio come procederà la valutazione.

Nel lungo termine si potrà osservare una cronicizzazione di:

  • disfunzioni sessuali;
  • abuso di sostanze;
  • alcolismo;
  • disturbi alimentari;
  • comportamenti autolesionistici,
  • disturbi borderline di personalità,
  • tentato suicidio. 

Mentre le ferite fisiche guariscono rapidamente, i lividi sull’anima permangono a lungo, spesso residuando una cicatrice psichica indelebile. 

 

Come combattere la violenza sessuale?

Gli interventi che è possibile intraprendere per arginare il fenomeno della violenza sessuale sono di tre tipi: 

  • prevenzione primaria: tramite programmi di educazione ed informazione;
  • prevenzione secondaria: dando risposte adeguate quando la violenza si è ormai presentata; 
  • prevenzione terziaria: con percorsi di rieducazione e reinserimento nella società della vittima. 

In Italia, negli anni 90-2000, i primi modelli appropriati di prevenzione secondaria sono stati l’SVS a Milano e Torino.

Sono Ospedali che trattano violenza sessuale (U.O. di Ostetricia e Ginecologia) in rete con altri professionisti, tra cui:

  • assistenti sociali;
  • medici legali;
  • psicologi;
  • psichiatri; 
  • ginecologi. 

L’obiettivo di un Protocollo in setting Ospedaliero è quello di supportare gli operatori sanitari, soprattutto i ginecologi, migliorando la qualità dell'assistenza medica e psicologica alla vittima, fornendo strumenti per la raccolta degli elementi probativi a scopo forense, come prove irripetibili dei fatti accaduti. 

La violenza sessuale rappresenta il reato nel quale il trasferimento di materiale biologico dall’aggressore alla vittima - e viceversa - è superiore a qualsiasi altro reato, quindi l’analisi del DNA, in particolare in PCR trova specifica applicazione.

 

Quali sono le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità?

Le Linee Guida del WHO precisano che:

  • il benessere della vittima è prioritario;
  • l'organizzazione ideale è quella in cui cura ed indagine forense sono attuate nel medesimo momento;
  •  la formazione specifica deve essere diffusa a tutti gli operatori;
  • la relazione con gli altri servizi è costruttiva e tale da assicurare continuità nell’assistenza alla vittima;
  • il modello integrato (medico clinico e forense) è da promuovere. 

Dal 2001 opera in Italia un gruppo di lavoro nazionale dell'AOGOI sui problemi della violenza sessuale alle donne ed ai minori che ha formalizzato protocolli di intervento, ha proposto l'adozione di schede cliniche per rendere omogenea la raccolta dei dati ed ha studiato i percorsi formativi per gli operatori coinvolti nella prima assistenza alle vittime di violenza.
  

Come aiutare una persona vittima di violenza?

L’Ospedale potrà dare risposta a 

  • accoglienza h24; 
  • apparecchiature biomedicali per la diagnosi; 
  • farmaci per contraccezione e prevenzione MTS; 
  • competenze specifiche (ginecologo, medico legale, psichiatra) che garantiscono un aiuto tempestivo alla paziente, un adeguato numero di visite e accertamenti diagnostici, un’attenta raccolta anamnestica; 
  • raccordo con autorità giudiziaria, con il Pronto Soccorso Sociale e una Casa d’accoglienza per le donne. 

Nel caso in cui la vittima presenta sintomi particolari, quali uali stato di coscienza alterato, segni genitali che non riesce a spiegare, riferisce uno stato “out off body” o, ancora, non ricorda come si è vestita, bisogna sospettare l’uso di sostanze stupefacenti come la Ketamina, GHB, cocaina, benzodiazepine ecc. che facilitano l’abuso sessuale.

Il momento dell'accoglienza è il più "delicato. E’, inoltre, anche l'elemento centrale dell'intervento condizionando il rapporto che si instaura fra le parti, rendendo possibile - o meno - la relazione d’aiuto. Ciò è anche quanto emerge da un'indagine, di tipo qualitativo, realizzata dall'Istituto di ricerche Archivio Disarmo per conto di Telefono Rosa, nell'ambito del progetto Cassiopea promosso dal Ministero per le Pari Opportunità. 

Al momento dell’accoglienza, va posta la massima attenzione all’ambiente (riservatezza), l’atteggiamento operatori deve essere rassicurante, disponibile all’ascolto attivo, mai frettoloso o giudicante. Le procedure e gli spostamenti dovranno essere quelli strettamente necessari, bisognerà offrire spiegazioni su tutto l’iter della visita. 

La particolare complessità delle dinamiche che si vengono a creare di fronte ad un evento traumatico quale la violenza sessuale richiede che l’operatore sanitario si avvalga della collaborazione di un collega. Dall’esperienza dei diversi centri che accolgono vittime di violenza sessuale, emerge che è preferibile la presenza di un operatore di sesso femminile.
  

Perché l’anamnesi è fondamentale nei casi di violenza sessuale?

Nella cartella clinica verranno annotati 

  • una precisa raccolta dei dati anamnestici;
  • l’esame obiettivo;
  • la documentazione di tutti gli elementi necessari per una successiva perizia medico legale.

Sarà necessario, inoltre, raccogliere il Consenso al trattamento dei propri dati secondo l’articolo 10 della legge 675 del 31/12/1996, specificando l’Intenzione ad informare l’Autorità giudiziaria, a meno di una denuncia d'Ufficio. 

Illustrazione 2 - Ginecologia e Ostetricia

Come si raccoglie l’anamnesi?

L’anamnesi va raccolta in modo particolareggiato: è necessario riportare con precisione il racconto della vittima facendo emergere i fatti essenziali data/ luogo della violenza, notizie riguardanti l’aggressore ( numero aggressori/ conosciuti /grado parentela). E’ importante notare:

  • un’eventuale presenza di testimoni,
  • se vi è stata ingestione di sostanze stupefacenti/alcol,
  • se la donna ha avuto perdita di coscienza;
  • se c’è stato sequestro di persona;
  • se vi è stata  penetrazione vaginale e/o anale e/o orale unica o ripetuta;
  • l’eventuale uso di preservativo;
  • l’avvenuta eiaculazione;
  • manipolazioni digitali ecc.
     

E’ importante riportare il tempo trascorso tra la violenza e la visita, se vi sono state precedenti visite presso altri operatori o presidi sanitari, se è stata praticata la pulizia delle zone lesionate o penetrate, se vi è stato il cambio degli slip o di altri indumenti, se la vittima ha avuto minzione, defecazione, vomito o pulizia del cavo orale (secondo le diverse modalità della violenza). La paziente verrà fatta spogliare su un lenzuolino di carta che sarà conservato insieme agli indumenti in busta sigillata per successive analisi ai fini medico-legali. 

Bisogna riportare la sintomatologia riferita sia di tipo fisico come cefalea, dolori, algie pelviche, disturbi genitali o perianali ecc. che sintomi psichici manifestati quali paura, senso di impotenza, orrore, assenza di reattività emozionale, sensazione di stordimento, amnesia dissociativa, incapacità a ricordare aspetti importanti del trauma, pensieri, sogni, flashback ecc. 

Come si svolge l’esame obiettivo?

L’esame obiettivo dovrà riguardare tutto il corpo della vittima. Andranno cercate su tutta la superficie corporea, descritte e, possibilmente, documentate fotograficamente, tutte le lesioni presenti specificando l'aspetto, la forma e il colore, la dimensione e la sede. Le lesioni più comuni possono essere di tipo contusivo (ecchimosi, escoriazioni, lacerazioni e fratture), oppure essere provocate da un’arma

Come si svolge l’esame genito-anale?

L’esame genito-anale può essere effettuato ad occhio nudo, ma sarebbe meglio utilizzare il colposcopio che permette di evidenziare lesioni anche meno evidenti e di effettuare una documentazione fotografica. Va segnalata la presenza di lesioni recenti (arrossamenti, escoriazioni, soluzioni di continuo superficiali o profonde, aree ecchimotiche, sanguinamento o altro), specificando la sede (grandi e piccole labbra, clitoride, meato uretrale, forchetta, perineo e ano). 

L’imene va descritto accuratamente, specificando la presenza - o meno - di incisure e la loro profondità, in particolare se raggiungono la base di impianto e la presenza di eventuali lesioni recenti. L’esame speculare deve essere effettuato per la raccolta degli eventuali spermatozoi dal canale cervicale, sede in cui permangono più a lungo, anche nei casi in cui la donna si sia lavata dopo la violenza. 

 

Come si trovano le tracce dell'aggressore sul corpo della vittima?

Andranno effettuati due tamponi sterili per la raccolta di spermatozoi e materiale genetico dell’aggressore nelle diverse sedi: 

  • vulva;
  • fornice vaginale posteriore;
  • canale cervicale;
  • retto;
  • cavo orale.

Il primo dei tamponi va strisciato su un vetrino da fissare con normale fissativo spray per l’esame citologico per la ricerca di spermatozoi. 

La persistenza degli spermatozoi nelle diverse sedi, può variare da poche ore come nel cavo orale, a due tre giorni come nel retto e nei genitali esterni, fino a dieci giorni nel canale cervicale. 

Tracce biologiche dell’aggressore possono essere ricercate sulla cute effettuando un tampone sterile asciutto e bagnato con fisiologica sterile o sotto le unghie della vittima (che vanno in questo caso tagliate e conservate), possono essere ricercati e raccolti eventuali peli pubici dell’aggressore con un pettine nuovo a denti mediamente spaziati. Tutto il materiale raccolto deve essere conservato presso strutture dotate di freezer a -20°/-80° che garantiscano una corretta conservazione delle prove raccolte e che consentano di rintracciarle con la sicurezza che non vi siano errori di attribuzione. La tipizzazione genetica, se richiesta dalla Magistratura, andrà effettuata in centri di provata esperienza. 

È di primaria importanza la raccolta meticolosa delle tracce e l’idonea conservazione, inoltre, se non vi è sufficiente documentazione relativa alla sede del prelievo, l’origine e la provenienza della traccia può essere contestata rendendo di fatto inutili tutti i progressi delle tecniche genetico - identificative. 

Altri esami utili 

Possono essere effettuati esami tossicologici ematici o sulle urine. E’ importante che i campioni di sangue e urine vengano raccolti in doppio per ulteriori e più sofisticate ricerche, e siano conservati in modo adeguato per impedire il deterioramento dei campioni ad opera dei batteri. Comunque, vanno tenuti in freezer che garantiscano una corretta conservazione delle prove e che consentano di rintracciare, con la sicurezza che non vi siano errori di attribuzione (garanzie sulla “catena delle prove”). Verrà effettuato uno screening per le malattie sessualmente trasmesse tramite l’esecuzione di tamponi vaginali e/o cervicali per:

  • la neisseria gonhorrea;
  • il trichomonas vaginale;
  • la clamydia trachomatis;
  • batteri comuni. 

Dovranno essere praticati prelievi ematici da ripetere a 1-3-6 mesi per VDRL-TPHA, HIV, markers per epatite B e C e verrà proposta una contraccezione d’emergenza utilizzando: Norlevo o Levonelle ,1 cpr subito e la 2° dopo 12 ore, oppure Evanor-D o Novogin 21, 2 cpr subito, e 2 ° dopo 12 ore. Nei casi in cui non siano trascorse più di 72 ore dall’aggressione, andrà prescritta una profilassi antibiotica che copra le diverse possibilità di trasmissione di MST. Chemioprofilassi empirica: con Ceftriazone 250 mg f i.m. (Rocefin), Metronidazolo 2 cpr per 4 volte/die per un totale di 2 gr/die in una sola giornata (Deflamon/Flagyl), Azitromicina 1 cpr 500mg per 2/die (Azitrocin), oppure Bassado 100mg x 2 per os per 7gg. 

Potrà essere prescritta l’immunoprofilassi antitetanica e epatite B. Potrà essere praticata una profilassi anti HIV, anche se il rischio di acquisire l’infezione da HIV da una singola violenza sessuale è da ritenersi basso ma non facilmente quantificabile. 

Nei casi in cui il rischio di trasmissione è probabilmente alto (aggressore sieropositivo noto o tossicodipendente, con abitudini sessuali ad alto rischio, proveniente da aree geografiche ad alta prevalenza di questa patologia, in presenza di lesioni genitali sanguinanti, di rapporti anali o in caso di aggressori multipli) o se la vittima lo richiede, può essere somministrata la profilassi. La terapia consigliata consiste in ZIDOVUDINA + LAMIVUDINA + INIBITORE DELLE PROTEASI. Va iniziata il prima possibile, probabilmente al massimo entro 12-24 ore, ma comunque mai oltre le prime 72 ore e continuata per 4 settimane. 

È consigliabile fare riferimento a un centro specializzato per le malattie infettive che seguirà la paziente per il periodo della terapia e per il follow-up. Si prenderà in considerazione la necessità di richiedere una consulenza psichiatrica o di Neuropsichiatria Infantile per le minori o Consulenza tossicologica o di Medicina Legale e l’eventuale intervento del Servizio Assistenza Sociale.
  

Quando si ha l’obbligo di referto?

Si ha l’obbligo di referto nei seguenti casi: 

  • se la violenza sessuale viene commessa nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto 14 anni; 
  • se la violenza sessuale è commessa da genitore, anche adottivo o dal di lei convivente, o dal tutore ovvero altra persona cui il minore (meno di 18 anni) è affidato per ragioni di cura, educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia; 
  • se commessa da pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni; 
  • se la violenza è commessa insieme ad un altro delitto, per il quale si deve procedere d' ufficio;
  • se il soggetto violentato presenta lesioni personali per le quali è prevista la procedibilità d' ufficio (art.582 e seg. CP)  ;
  • lesione personale lieve (prognosi oltre 20 giorni) ;
  • lesione personale grave (prognosi oltre 40 giorni);
  • lesione personale gravissima (se produce la perdita di un senso, o l’uso di un organo, o alla capacità di procreare). 

Se la vittima vuole presentare querela si procederà alla compilazione di certificato da dare direttamente alla donna .
  

Quale deve essere il giusto approccio alla vittima di violenza sessuale?

I risultati della prima indagine Istat interamente dedicata al fenomeno della violenza fisica, psicologica e sessuale contro le donne, commissionata dal Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità, illustrano con chiarezza come il fenomeno sia assolutamente trasversale e distribuito in tutte le classi sociali, culturali e professionali. 

Una donna abusata rischia di entrare in un vortice che spesso ha effetti pesanti sulla propria salute e sulla crescita dei figli. La violenza di genere frena l'empowerment femminile e alza robuste barriere che ostacolano la piena partecipazione delle donne alla vita sociale, economica e politica del proprio Paese. 

Nei casi di violenza sessuale la visita ginecologica è solo uno dei tanti elementi che concorrono a definirne il quadro, infatti la letteratura riporta che un considerevole numero di donne vittime di violenza sessuale non presenta lesioni genitali, la maggioranza delle vittime non oppone resistenza, alcune per timore di essere uccise, non tutte le donne violentate sono in grado di reagire e di conseguenza diventa difficile rinvenire segni incontrovertibili che le aiutino a provare l’avvenuta violenza. 

Di conseguenza, raramente l’esame ginecologico permette di rilevare segni di certezza di avvenuta violenza, specie nei casi di donne adulte dove è presumibile che la maggioranza abbia già avuto rapporti sessuali in passato. Numerosi studi della letteratura internazionale riportano che le lesioni a livello genitale sono per la maggior parte lievi, costituite da arrossamenti, soluzioni di continuo, escoriazioni per lo più in sede anale o a livello di piccole labbra, forchetta e fossa navicolare e meno frequentemente a livello imenale. L’evidenza del trauma genitale è più elevata se l’osservazione viene effettuata nelle prime ventiquattro ore. L’uso del colposcopio migliora la rilevazione di piccole lesioni genitali. 

Le vittime di violenza sessuale necessitano non solo di un soccorso terapeutico medicopsicologico, ma anche di un sostegno sociale da parte di operatori adeguatamente formati e dotati di specifiche abilità ed esperienza, l’approccio alla vittima deve pertanto essere di tipo multidisciplinare

 

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