Un’ alternativa alla terapia chirurgica per il fibroma all’utero


Una crescente parte della letteratura sostiene l’efficacia dell’embolizzazione delle arterie uterine nel trattamento dei disturbi associati alla presenza di fibromi, menorragia, dolore pelvico e disturbi da compressione con una sostanziale riduzione delle dimensioni dei fibromi in molte pazienti. La procedura è associata a tempi di ospedalizzazione e convalescenza ridotti e ad una morbilità minore rispetto alla chirurgia tradizionale. 

Basandosi sulle attuali evidenze, l’embolizzazione delle arterie uterine può essere considerata una valida alternativa alla terapia chirurgica (isterectomia o miomectomia) nel management di selezionate donne con fibromi uterini sintomatici. Ulteriori ricerche sono necessarie per definire il ruolo di tale procedura nel trattamento di donne desiderose di gravidanza. 
 

Illustrazione 1 - Ginecologia e Ostetricia

 

Cosa comporta avere un fibroma all'utero?

Il fibroma uterino è il tumore benigno più frequente nel sesso femminile, interessando più del 25% delle donne di età superiore ai 30 anni. L’età di massima incidenza è tra i 35 ed i 40 anni. La reale prevalenza di questa patologia è probabilmente più elevata, essendo i fibromi riscontrabili con ultrasonografia in più del 45% di donne asintomatiche e rilevabili all’esame istopatologico in più del 77% di uteri asportati per altre indicazioni. 

Come si diagnostica?

Circa il 50% delle donne affette da fibroma uterino è asintomatico e, in questi casi, la diagnosi viene fatta occasionalmente nel corso di una visita di controllo o di una ecografia di routine. In molte donne, tuttavia, la presenza di uno o più fibromi è causa di sintomi - quali sanguinamenti uterini anomali, dolore pelvico, disturbi da compressione e/o alterazioni della funzione riproduttiva- la cui natura ed intensità sono determinate principalmente dalla localizzazione e dalle dimensioni. I fibromi sintomatici sono fra le cause più frequenti di ricovero in ospedale delle donne adulte e rappresentano l’indicazione più frequente all’isterectomia.
 

Qual è il trattamento di un fibroma all'utero?

Il trattamento tradizionale dei fibromi sintomatici è essenzialmente di tipo chirurgico: isterectomia (addominale, vaginale o laparoscopica) per le donne che abbiano completato il proprio programma riproduttivo e miomectomia (addominale, isteroscopica o laparoscopica) per le donne desiderose di futura gravidanza. Negli ultimi dieci anni, anche in ragione della crescente richiesta da parte delle pazienti di terapie efficaci ma meno invasive rispetto a quelle chirurgiche, si è andata affermando una nuova metodica, non chirurgica, di trattamento dei fibromi: l’embolizzazione delle arterie uterine.

Illustrazione 2 - Ginecologia e Ostetricia

 

Cos’è l’embolizzazione delle arterie uterine?

L’embolizzazione delle arterie uterine è una procedura minimamente invasiva di radiologia interventistica utilizzata da oltre 20 anni in campo ostetrico-ginecologico per il trattamento di emergenze emorragiche non responsive alle terapie convenzionali e come misura preoperatoria nella chirurgia ad alto rischio emorragico. L’applicazione elettiva di questa procedura nel trattamento dei fibromi è iniziata in Francia nei primi anni novanta e si è rapidamente imposta come valida alternativa terapeutica alla chirurgia tradizionale.

E’ efficace?

L’efficacia terapeutica dell’embolizzazione delle arterie uterine si fonda sulla differente vascolarizzazione dei fibromi rispetto al miometrio circostante. Il supporto ematico ai fibromi infatti origina quasi esclusivamente dal tratto terminale (ascendente) delle arterie uterine mentre il miometrio normale è rifornito anche da un ricco circolo collaterale pelvico. Questa differenza di vascolarizzazione spiega perché l’occlusione del tratto ascendente delle arterie uterine mediante iniezione transcatetere di micro particelle embolizzanti provochi una condizione di ischemia acuta che è transitoria per il miometrio normale, che viene rapidamente riperfuso dal circolo collaterale pelvico, ma irreversibile per i fibromi, che vanno incontro a necrobiosi e successiva degenerazione ialina. Attraverso tale effetto, la procedura è in grado di determinare una sostanziale, anche se variabile come entità, riduzione delle dimensioni dei fibromi ed il miglioramento, di solito molto rapido, dei sintomi ad essi associati in più del 90% dei casi

La procedura di embolizzazione viene effettuata dal radiologo interventista in sala angiografica. Utilizzando come accesso l’arteria femorale destra, viene introdotto un catetere angiografico con il quale vengono cateterizzate in successione entrambe le arterie uterine fino al loro tratto ascendente. A questo livello vengono iniettate attraverso il catetere micro particelle embolizzanti (generalmente di alcool polivinilico) che, trasportate dal flusso libero, progrediscono verso il letto vascolare dei fibromi fino a determinare il completo arresto del flusso sanguigno. L’intera procedura ha una durata media di 60 minuti e viene effettuata con la paziente sedata ma cosciente.

Quali sono gli effetti collaterali?

Il più importante effetto collaterale della procedura è l’insorgenza quasi costante di dolore pelvico crampiforme nelle ore successive all’embolizzazione. Il dolore è di solito severo nelle prime 6-8 ore richiedendo la somministrazione di analgesici per via endovenosa. Successivamente, il dolore diminuisce rapidamente di intensità e può essere efficacemente controllato con analgesici per via orale. Le pazienti vengono dimesse a 24-36 ore dalla procedura con prescrizione di terapia analgesica orale per 3-5 giorni e sono generalmente in grado di riprendere le normali attività entro una settimana dalla procedura.

L’embolizzazione è una tecnica relativamente sicura. I dati della letteratura indicano che il tasso cumulativo di complicanze a breve termine è di circa il 5%, significativamente inferiore rispetto a quello della miomectomia (38,6%) e dell’isterectomia (40.1%). Complicanze maggiori, quali la necessità di un’isterectomia d’urgenza per insorgenza di ischemia uterina massiva o di infezione pelvica secondaria, sono state riportate in meno dell’1% dei casi. Relativamente frequenti sono le complicanze minori, quali l’espulsione transvaginale di fibromi necrotici (circa 3-5% dei casi) o la leucorrea persistente (4%). 

L’embolizzazione delle arterie uterine determina un decremento volumetrico medio dei fibromi del 60-70% e dell’utero del 50-60% ed è efficace nel controllo di tutti i sintomi associati ai fibromi.

Le percentuali di successo clinico sono infatti dell’86-92% per quanto riguarda i sintomi mestruali, del 40-70% per quanto riguarda i disturbi da compressione e del 64-90% per quanto riguarda i sintomi algici.
 

L’embolizzazione delle arterie uterine rende sterili?

Un aspetto molto dibattuto di questa nuova modalità di trattamento dei fibromi è il suo possibile impatto sulla funzione riproduttiva. In realtà, la maggior parte delle donne che effettuano tale procedura presenta una sostanziale riduzione della quantità del flusso mestruale ma continua a mestruare regolarmente. Inoltre, sono ormai numerose le segnalazioni di gravidanze regolarmente portate a termine in donne trattate con l’embolizzazione.

Tuttavia, in una minoranza di donne (1-10%) per lo più in età perimenopausale, è stata riportata l’insorgenza di amenorrea, transitoria o permanente, immediatamente dopo la procedura.

L’eziologia dell’amenorrea è oscura e probabilmente multifattoriale. Tuttavia, il rischio di tale complicanza e l’attuale mancanza di dati certi sugli effetti a lungo termine dell’embolizzazione delle arterie uterine sulla funzione ovarica ed endometriale e sulla capacità gestazionale sono gli aspetti che, allo stato attuale, fanno ritenere prematura l’utilizzazione di tale procedura come terapia primaria dei fibromi sintomatici in donne che desiderano preservare la propria capacità riproduttiva.
 

A chi è più indicata questa procedura?

Potenziali candidate all’embolizzazione dei fibromi sono le donne con sintomi severi (menometrorragie, dolore pelvico, sintomi da compressione) attribuibili a fibromi singoli o multipli, che desiderano evitare l’intervento chirurgico o presentano un elevato rischio chirurgico e/o anestesiologico. Controindicazioni alla procedura sono i fibromi sottosierosi peduncolati, la presenza di infezioni pelviche, il sospetto di neoplasie pelviche.

E’ indispensabile un’accurata valutazione preliminare clinica e strumentale (Pap-test, isteroscopia con eventuale biopsia endometriale nelle donne di età superiore ai 40 anni, ecografia transvaginale e/o risonanza magnetica della pelvi) per escludere patologie concomitanti che richiedano ulteriori accertamenti diagnostici o che rendano opportuno il trattamento chirurgico tradizionale.

E’ un’alternativa valida alla terapia chirurgica?

In conclusione, allo stato attuale l’embolizzazione dei fibromi appare una promettente alternativa all’isterectomia ed alla miomectomia per le donne con fibromi uterini sintomatici. I suoi vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale (minima invasività, anestesia generale non necessaria, assenza di sanguinamento e di cicatrici chirurgiche, possibilità di trattare contemporaneamente più fibromi, tempi di ospedalizzazione e convalescenza più brevi, conservazione dell’utero), l’elevata efficacia clinica ed il basso tasso di complicanze fanno ritenere che essa possa assumere un ruolo sempre più rilevante nel moderno management della patologia fibromatosica.
 



Bibliografia 

  • Amoroso, Sonia, and Giovanna Tropeano. "Trattamento non chirurgico dei fibromi uterini sintomatici: embolizzazione delle arterie uterine." CIVITAS HIPPOCRATICA 6 (2006): 101-102.
  • Badawy et al. Uterine artery embolization : the role in obstetrics and gynecology. J Clin Imaging 2001; 25: 288-295.
  • Cramer SF et al. The frequency of uterine leiomyomas. Am J Clin Pathol 1990; 94(4): 435-438.
  • Farquhar et al. Hysterectomy rates in the United States 1990-1997. Obstet. Gynecol 2002; 99: 229-234.
  • ​​Polizzi, S., et al. "Embolizzazione arteriosa dei fibromiomi uterini." Giornale italiano di ostetricia e ginecologia 33.3 (2011): 163-167.
  • Pron et al. The Ontario Fibroid Embolization Trial 2. Uterine fibroid reduction and symptom relief after uterine artery embolization. Fertil Steril 2003; 79: 120-127.
  • Ravina J. et al. Arterial embolization to treat uterine myomata. Lancet 1995; 345: 671-672.
  • Salerno, Sergio, and Anna Maria BELLI. "e della qualità della vita." La Radiologia Medica 101 (2001): 360-364.
  • Sawin et al. Comparability of perioperative morbidity between abdominal myomectomy and hysterectomy for women with uterine leiomyomas. Am J Obstet Gynecol 2000; 183: 1448-1455.
  • Schwartz SM Epidemiology of uterine leiomyomas. Clin Obstet Gynec Jun 2001; 44 (2): 316-326.
  • Spies et. al. Uterine artery embolization for leiomyomata. Obstet Gynecol 2001; 98: 29-34.
  • Spies et al. Complications after uterine artery embolization for leiomyomas. Obstet Gynecol 2002; 100(5): 874-880.
  • Stewart EA. Uterine fibroids. Lancet 2001; 357: 293-298.
  • Tropeano G. The role of uterine artery embolization in the management of uterine fibroids. Curr Opin Obstet Gynecol 2005; 17: 329-332.
  • Tropeano G. et al. Uterine artery embolization does not have adverse effects on ovarian reserve in regularly cycling women younger than 40 years. Fertil Steril 2004; 81 : 1055-1061.
  • Vedantham S et al. Uterine artery embolization: an underused method of controlling pelvic hemorrhage. Am J Obstet Gynecol 1997; 176: 938-948.