Protesi alla spalla: cos'è?
In questi ultimi anni si è parlato molto di protesi di ginocchio e di anca in pazienti che soffrono di artrosi. Però, se facciamo attenzione, scopriremo che anche l'artrosi della spalla non è così infrequente.
A tale riguardo, infatti, sono state create delle protesi di spalla al titanio che danno degli ottimi risultati.
Ne parliamo oggi con il Dottor Giovanni Di Giacomo, specialista in ortopedia e traumatologia, Responsabile del Concordia Hospital di Roma, uno dei principali centri europei di chirurgia della spalla.
Quali tipologie di protesi per la spalla esistono attualmente?
Sono di due tipologie. Una anatomica, che riveste e ricalca esattamente le superfici anatomiche della spalla: con il titanio la testa dell'omero e con il polietilene la cavità glenoidea. Viene impiantata in soggetti che abbiano una buona qualità dei tendini e offre risultati eccezionali. La durata di questo tipo di protesi va dai dieci ai venti anni. Nei soggetti che invece abbiano avuto fratture o danni importanti, o un'artrosi particolarmente grave, che ha compromesso i tendini della cuffia dei rotatori, si utilizza una protesi "inversa".
Quali sono i vantaggi di queste protesi?
Quello principale è che tolgono sicuramente il dolore. Per quanto riguarda il recupero del movimento, molto dipende dalla qualità della cuffia dei rotatori ed eventualmente del deltoide.
Quindi, oggi, sul tema dei risultati nella riduzione del dolore nel recupero della funzionalità, le protesi di spalla sono equiparabili alle protesi di ginocchio o di anca.
Cos'è la Protesi di spalla inversa?
E' definita in questo modo perchè la testa dell'omero, che è convessa, viene sostituita da un'unità concava, e la superficie concava della scapola. la glenoide, viene sostituita da una sfera, che è una superficie convessa. Questi due elementi si incastrano dal punto di vista meccanico, e permettono al deltoide di far alzare il braccio.
Che deve ricorrere a un operazione di protesi inversa di spalla?
Il primo sintomo è senza dubbio il dolore, cioè l'artrosi dolorosa resistente al trattamento riabilitativo, conservativo o eventualmente infiltrativo. Quindi i pazienti che vivono male nonostante abbiamo tentato già varie strade terapeutiche devono essere incoraggiati verso un trattamento di protesi, avvisandoli che sicuramente avranno un buon risultato dal punto di vista della qualità della vita e del dolore.
Un ortopedico esperto, valutando TAC e Risonanza Magnetica, potrà predire anche il risultato funzionale, ossia quanto i pazienti potranno poi alzare il braccio.
Come si articola la riabilitazione?
Per entrambe le protesi, prevede un tutore che va indossato per circa 15-20 giorni, seguito poi da un trattamento riabilitativo che dura tre- quattro mesi.
La riabilitazione deve essere eseguita da personale specializzato che sia in stretta comunicazione con l'ortopedico, perchè effettuare un lavoro di squadra è fondamentale per i pazienti, spesso non più giovanissimi.
Solo attraverso questo scambio di informazioni si può raggiungere il migliore risultato possibile.
La fase riabilitativa è dolorosa?
Se l'intervento è eseguito da chirurghi esperti e l'indicazione chirurgica è corretta, questa non comporta alcun dolore. La parola chiave è proprio indicazione, cioè una selezione corretta dei pazienti. E qui può fare la differenza esclusivamente l'esperienza dell'ortopedico.
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