Cosa sono i Papilloma Virus?

I Papilloma Virus sono un ampio ed eterogeneo gruppo di virus a DNA a doppia elica contenuti in un capside icosaedrico di 55 nm di diametro comprendente circa 100 genotipi completamente caratterizzati e più di 100 putativi nuovi tipi.

La condilomatosi genitale e le lesioni intraepiteliali squamose (SIL) del basso tratto genitale sono le manifestazioni cliniche più frequenti della infezione genitale da HPV. I Papilloma Virus infettano la cute o le mucose determinando infezioni in genere asintomatiche, associate a lesioni benigne, oppure a lesioni pre-neoplastiche e neoplastiche.  

Gli HPV, dall'inglese Human Papilloma Virus, afferiscono ai generi α, (prevalentemente mucosali) e β (cutanei). Il genere alfa comprende 50 genotipi diversi di HPV che infettano prevalentemente la mucosa genitale, alcuni tipi (16, 18, 45, 31, 33, 35, 39, 51, 52, 56, 58, 59, 68) sono associati ad un rischio più elevato di progressione verso lesioni maligne, rispetto ad altri tipi (6 ,11, 42, 43, 44), che vengono raramente trovati nei tumori maligni, ma che solitamente sono associati a condilomi e a L-SIL.  I condilomi anogenitali sono considerati oggi la più frequente malattia sessualmente trasmessa nei paesi occidentali.

Anche in Italia, secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, la condilomatosi genitale  è la malattia sessualmente trasmessa più diffusa seguita dall’herpes e dalla sifilide.  Più del 90% delle lesioni condilomatosi genitale sono associate ai tipi di HPV 6 e 11.  

Illustrazione 1 - Ginecologia e Ostetricia

Come si trasmette il virus?

Il virus si trasmetta in giovane età con i primi rapporti sessuali, il periodo di incubazione è di circa 3 mesi, nella maggior parte dei casi (80%) guarisce spontaneamente entro 8-12 mesi. Persistenza e progressione vengono osservate solamente nel 20%.  

La maggior parte delle infezioni non è associata a manifestazioni cliniche, è transitoria (con una durata media di 8 mesi) e guarisce spontaneamente nel corso di due anni. Si ritiene che circa il 75% delle donne e degli uomini venga esposta al virus durante la vita.  
L'infezione persistente con HPV oncogeni è la condizione necessaria per l'evoluzione a carcinoma, il Fumo di sigaretta, l’uso prolungato di contraccettivi orali, coinfezione da HIV ed elevata parità sono cofattori certi nella carcinogenesi cervicale

La persistenza dell'infezione e l'eventuale progressione a neoplasie invasive maligne, generalmente dopo un intervallo di decenni, sono correlate al tipo di HPV ed alla risposta del soggetto. Data l'ampia e ubiquitaria diffusione dei ceppi di HPV, il carcinoma della cervice uterina rappresenta, a livello mondiale, la seconda neoplasia delle donne dopo il carcinoma della mammella e, nei Paesi in via di sviluppo, la neoplasia a più elevata incidenza e la prima causa di morte femminile. Ogni anno questo carcinoma colpisce nel mondo circa 470.000 donne (3.500 solo in Italia), causando circa 230.000 morti (1.100 circa quelle stimate in Italia).  

Cos’è e come funziona la prevenzione secondaria?

La prevenzione della neoplasia cervicale condotta da anni mediante l'esame citologico messo a punto e sviluppato da Papanicolaou: il Pap test ha sicuramente contribuito alla drastica riduzione (6-7 volte) dell'incidenza del carcinoma della cervice uterina nei paesi occidentali.

Il Pap test, tuttavia, ha alcune limitazioni rappresentate dalla modesta sensibilità, risultante in una rilevante componente di falsi negativi (soggetti con lesioni non diagnosticate) e da una alta specificità (86%-100%) che non è esente da falsi positivi (soggetti sani erroneamente indicati come affetti da patologie).

Attualmente lo screening ha a disposizione un'ulteriore arma diagnostica: l'identificazione e la caratterizzazione dei ceppi di HPV che possono essere presenti nel tratto genitale (HPV Test).

Questa indagine diagnostica biomolecolare ha una sensibilità > 90% e una specificità > 99% per l'identificazione di singoli ceppi di HPV o di gruppi di HPV (quali quelli ad "alto rischio" di progressione neoplastica identificati frequentemente nelle neoplasie avanzate). La specificità clinica invece è bassa, poiché la presenza di HPV non è necessariamente associata alla presenza di patologie. Pertanto, le due metodiche (citologica e molecolare) sono complementari e in alcune condizioni cliniche necessarie per la corretta valutazione diagnostica.

Le alterazioni cellulari provocate dall’integrazione dell’HPV ad alto rischio nel DNA della cellula ospite corrispondono alle alterazioni precancerose dell'epitelio cervicale, le SIL.

Le lesioni con un rischio apprezzabile di progressione sono quelle definite di alto grado e sono individuate citologicamente con le HSIL e istologicamente con CIN2 e CIN3. Maggiore è il grado di displasia (da CIN1 a CIN3), maggiore è la probabilità di progressione a carcinoma invasivo.

Al momento attuale non siamo ancora in grado di capire quali lesioni regrediscano e quali no, e quindi si devono sottoporre a trattamento tutte le lesioni CIN2 o più gravi. Un altro concetto essenziale sono i tempi molto lunghi necessari per la progressione, stimati dai 4 ai 7 anni da displasia lieve a CIS (carcinoma in situ) e in almeno 10 anni a carcinoma invasivo. La probabilità di progressione e la velocità dipendono strettamente dal tipo di virus: il tipo 16 è quello a maggiore probabilità di progressione e velocità nella trasformazione neoplastica. Anche il tipo 18 sembra avere una maggiore probabilità di progressione rispetto agli altri tipi ad alto rischio, ma minore del 16.

Il distretto in cui le alterazioni epiteliali si sviluppano di preferenza è l’epitelio metaplasico della zona di trasformazione, a livello della giunzione squamo-colonnare.

Come vengono trattate le lesioni?

Le linee guida della Società italiana di Colposcopia e Patologia Cervico Vaginale raccomandano nei casi di CIN II e III il trattamento della lesione privilegiando approccio escissionale, che diventa obbligatorio nei casi di endocervice positiva o di giunzione squamocolonnare non visibile

La procedura chirurgica escissionale più utilizzata per il trattamento delle CIN di alto grado è la conizzazione che può essere effettuata con il Laser C02 oppure con la Radiofrequenza (conizzazione con ansa sotto guida colposcopica).           

Quest'ultima è la tecnica più semplice, meno costosa, più rapida e sicura (a breve e lungo termine) a parità di efficacia terapeutica. Le innovazioni della strumentazione elettrochirurgica hanno consentito di adottare procedure escissionali ambulatoriali in anestesia locale denominate LLETZ (Large Loop Excision of the Transformation Zone) o LEEP (Loop Electrosurgical Excision Procedure). La tecnica prevede l'utilizzo di un generatore elettrochirurgico monopolare nel quale la corrente alternata, ad alta frequenza ed a basso voltaggio, vaporizza le cellule lungo le linee di escissione.

La capacità terapeutica della LEEP risulta elevata (superiore al 90%) e la frequenza delle complicanze, sia durante la procedura (sanguinamenti, eventuali lesioni ad organi vicini) che a lungo termine (stenosi cervicale, incontinenza cervicale), è molto bassa. Nella maggioranza dei casi, dopo il trattamento, la cervice uterina guarisce mantenendo la giunzione squamo-colonnare visibile, agevolando così un adeguato follow-up.

 

Prevenzione primaria: quali sono i vaccini?

Da circa dieci anni, sono stati sviluppati dei vaccini preventivi che, inducendo anticorpi neutralizzanti, di fatto determinano l'instaurarsi di una barriera protettiva in grado di bloccare l’attecchimento degli agenti patogeni alle cellule bersaglio. In Europa, nel 2006, è stato autorizzato per l'uso un vaccino quadrivalente per la prevenzione delle lesioni causate da HPV 6 e 11, responsabili del 90% circa dei condilomi genitali, e dei tipi 16 e 18, cui vengono attribuiti circa il 70% dei carcinomi della cervice uterina (Gardasil®, Sanofi Pasteur MSD); e nel 2007 il vaccino bivalente (contenente gli HPV 16 e 18) sviluppato dalla Glaxo Smith Kline (GSK) L'efficacia preventiva è stata valutata su oltre 25 mila donne in 33 Paesi di cinque Continenti, e a cui hanno contribuito anche vari istituti italiani.

Poiché il virus si contrae spesso nella prima adolescenza, anche in assenza di rapporti sessuali completi, il periodo ideale della vaccinazione è quello pre-adolescenziale. Tra i farmaci appena raccomandati dall’Ema, c’è Gardasil 9 (MSD), il nuovo vaccino contro l’HPV, che copre ben nove diversi tipi del virus, Il vaccino è diretto contro i seguenti tipi di virus: 6, 11, 16, 18, 31, 33, 45, 52, 58.

Commercializzato in Italia dal 1° novembre 2016, questo vaccino è raccomandato sia nei maschi che nelle femmine come protezione da alcuni tumori quali il cancro della cervice, della vagina e della vulva, cancro anale, del pene e dei tumori testa-collo (orofaringe e esofago).

Illustrazione 2 - Ginecologia e Ostetricia

Come funzionano?

La somministrazione prevede tre iniezioni separate, di cui la seconda a distanza di due mesi e la terza a distanza di sei mesi dalla prima.

Popolazione Target per il Gardasil 9:
 

  • Ragazzi di 12-26 anni;
  • Donne adulte di 26-45 anni.

Perché la Vaccinazione HPV va fatta anche nei maschi?

1. Principio di equità tra i sessi

  • La vaccinazione mono-genere priva il sesso maschile del diritto alla prevenzione e negando l’equità tra i sessi.

2. Riduzione della patologia Maschile :

  • Aumento nei Paesi Occidentali dei cancri maschili HPV correlati: ano, orofaringe;
  • Mancanza di screening specifici;
  • Vaccino 4HPV: efficacia vs AIN 2-3 74.9%;
  • Vaccino 4HPV: efficacia vs condiloma 89.3%.

3. Condizioni favorenti l’estensione

  • Insoddisfacente copertura della vaccinazione femminile;
  • Costante riduzione di prezzo del vaccino.

4. Scarsa efficacia dei vaccini monogenere

  • Fallimento di precedenti vaccinazioni monogenere (rosolia) o limitati a gruppi a rischio (fase iniziale dell’epatite B).

 

Quali sono i risultati delle vaccinazioni?

È possibile la riduzione del rischio di recidiva nelle donne trattate per patologia HPV correlate; nel lavoro di Joura, i dati suggeriscono che la vaccinazione anti-HPV in donne sottoposte a conizzazione o a trattamento per VIN, VaIN determina benefici in termini di prevenzione delle recidive (Joura E, BMJ 2012).

Nei trial combinati, nell’arco di circa 3,6 anni, 587 donne che avevano ricevuto il vaccino e 763 randomizzate a placebo sono state sottoposte a terapia definitiva cervicale; nella popolazione vaccinata si osserva una riduzione del 64% del rischio di successive malattie cervicali CIN 2+. Riduzione del 35% di nuovi casi di VIN e VaIN dopo trattamento chirurgico.

Nell'era dell'approccio vaccinale come strategia preventiva contro i tumori associati all'infezione da HPV, gli studi epidemiologici biomolecolari sulla distribuzione degli HPV ad alto rischio oncogeno in diverse regioni geografiche rappresentano uno strumento chiave per sviluppare vaccini multivalenti.

Inoltre, l'identificazione di tutti i virus ad alto rischio, anche quelli poco rappresentati nelle popolazioni in cui sono condotti i trials vaccinali, è un passo importante per l'identificazione di un'eventuale diffusione nella popolazione generale di ceppi rari propri di particolari nicchie, quali i gruppi di immigranti, che mostrano una eterogenea distribuzione di ceppi e varianti virali.

 

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