Cos’è il rettocele?
Per rettocele si intende un’erniazione patologica della parete anteriore del retto all’interno della vagina.
Anatomicamente, infatti, retto e vagina sono separati da una sottile e millimetrica parete fibroso-aponeurotica che non possiede funzioni di contenimento. La muscolatura del pavimento pelvico, il muscolo elevatore dell’ano, lo sfintere anale esterno ed il muscolo trasverso del perineo, aiutano a rinforzare tale parete ed a renderla resistente ai meccanismi di spinta durante l’evacuazione.
Come si forma?
Un aumento pressorio intra-rettale, spiegato ad esempio da un’ alterazione dei meccanismi di contrazione e rilasciamento sfinteriale al momento dell’evacuazione, ed una incoordinazione del pavimento pelvico, comportano un aumento della pressione positiva del retto verso la parete posteriore della vagina (l’unico punto debole, poiché per il resto il retto è circondato da rigide strutture ossee).
Tale pressione si manifesta cronicamente con un cedimento strutturale ed un’erniazione del retto nella vagina.
Perché si forma il rettocele?
Le sue cause principali sono:
- incoordinazione del pavimento pelvico;
- ostruita evacuazione da spasmo del muscolo puborettale;
- stipsi;
- debolezza dei meccanismi sospensori pelvici e ginecologici.
Quali sono i sintomi?
Il sintomo principale è la difficoltà evacuativa che si manifesta con il “tenesmo”, senso continuo di dover evacuare, anche al termine della defecazione.
Ulteriore ed associato sintomo è il senso di incompleta evacuazione, con la necessità da parte della donna di dover ricorrere alla digitazione vaginale per poter andare di corpo.
Può spesso associarsi un dolore pelvico, spesso determinato da una patologica attivazione di terminali dolorifici retto-vaginali e pelvici, o da una un ipertono sfinteriale del muscolo puborettale.
Qual è il trattamento?
Il trattamento è conservativo.
Anche se negli ultimi anni sono state “sponsorizzate” procedure chirurgiche poco invasive, nella promessa di una rapida risoluzione sintomatologica, l’intervento chirurgico deve sempre essere preso in considerazione come ultimo gradino di un percorso terapeutico complesso. Come sopra indicato, infatti, il rettocele è il risultato di un'alterazione dei meccanismi pressori e contenitivi pelvici e rettali, dove l’erniazione del retto nella vagina costituisce solo l’effetto e non la causa.
Trattare il rettocele senza trattare la causa che lo ha determinato è inutile, dannoso e quindi da evitare. Ripristinare l’anatomia pelvica, infatti, non garantisce una risoluzione clinica.
Che ginnastica fare per il prolasso rettale?
La Letteratura scientifica raccomanda un percorso riabilitativo costituito da una ginnastica pelvica (riabilitazione pelvica con elettrostimolazione e biofeedback), associato a consigli igienico-alimentari atti ad una correzione della stipsi spesso latente e mai adeguatamente trattata. La riabilitazione pelvica permette un “riordino” delle pressioni pelviche attraverso un riapprendimento dei meccanismi di contrazione e rilasciamento anorettali.
Tali esercizi facilitano una riduzione della pressione rettale a riposo e durante l’evacuazione riducendo la spinta verso la vagina, e l’eventuale dolore conseguente. Tale riabilitazione migliora anche l’evacuazione riducendo la stipsi (se essa è esclusivamente riconducibile ad un ostacolo retto-anale) e migliorando la qualità di vita della Paziente. La persistenza del “disconfort” determinato dalla patologica presenza di retto all’interno della vagina, può solo allora spingere verso una correzione chirurgica del rettocele.
Come si opera il rettocele?
Il trattamento chirurgico è costituito da una plastica per via vaginale della parete retto-vaginale (vulvo-perineoplastica) associata o meno al posizionamento di materiale protesico atto a consolidare la ricostruzione parietale.Bibliografia
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