In realtà non è proprio così.

Non è infrequente che il paziente confonda la malattia con l’anatomia normale. Le emorroidi sono strutture anatomiche complesse normali e che svolgono un ruolo cruciale nella fisiologia ano-rettale, soprattutto nel meccanismo della defecazione.

Ciò di cui molti sono convinti, spesso anche noi medici, è che esse siano vene. Nulla di più falso. In realtà sono complessi funzionali costituiti da arterie, capillari, vene, fibre connettive e muscolari e mucosa. Noi Proctologi riconosciamo tre plessi emorroidari principali (che io, seguendo la scuola spagnola, classifico in anteriore destro, posteriore destro e laterale sinistro) – anche se in realtà, situati tra i principali, esistono anche dei plessi accessori, più piccoli ma ugualmente importanti.

Qual è la funzione delle emorroidi? Ciascun plesso emorroidario è costituito da una serie di shunts artero-venosi, ovvero da vene e arterie che unendosi tra loro formano dei cuscinetti vascolari, le cui dimensioni variano a seconda della quantità di sangue che contengono, che a sua volta dipende dall'ingresso di sangue arterioso e dalla fuoriuscita di sangue venoso nei cuscinetti.

I cuscinetti sono ricoperti dalla mucosa dell’ultima parte del retto, e sono “mantenuti in sede” da un complesso di fibre connettivali e muscolari che ne garantiscono anche l’elasticità e quindi la possibilità di riempirsi e svuotarsi di sangue, modificando così il proprio volume.
Grazie alla loro plasticità, i cuscinetti emorroidari svolgono alcune funzioni fondamentali: accompagnare le feci verso la loro espulsione, impedendo che il passaggio nell’ultimo tratto del canale ano-rettale provochi dolore e consentire una chiusura ottimale dell’ano, cooperando con gli sfinteri anali. 

Purtroppo, quando la complessa impalcatura fibrosa delle emorroidi si altera cominciano i problemi e compaiono i sintomi. Le fibre connettivali e muscolari che sostengono la trama artero-venosa dei cuscinetti emorroidari possono andare incontro ad alterazioni, che alla fine ne causano l’allungamento e/o la rottura. Le vene emorroidarie cominciano allora a “scivolare” verso il basso, il che provoca una vera e propria “deformazione”: il risultato finale di questo processo degenerativo è la comparsa del prolasso emorroidario.

In tal modo si altera quel complesso meccanismo di accompagnamento delle feci e chiusura dell’ano di cui si è detto prima e le vene diventano più fragili, si dilatano e non riescono più a svuotarsi. Il sanguinamento (in genere non doloroso) è il segno più frequente della malattia emorroidaria; il sangue è di colore “rosso vivo”, proprio per la sua componente arteriosa e può essere notato sulla carta igienica o, meno frequentemente, nel water. L’alterazione del meccanismo sfinteriale può causare la perdita di materia fecale, soprattutto liquido, che causa dolore e prurito anale; nei casi più gravi può comparire il soiling (una forma minore di incontinenza fecale) od anche una stipsi da “occupazione di spazio” nel retto (la sindrome da ostruita defecazione); infine, può apparire il prolasso vero e proprio, ossia la fuoriuscita dall’ano di un "cilindro mucoso", costituito dalla mucosa rettale, che non sempre rientra e che può ulcerarsi e sanguinare, rappresentando spesso per i pazienti (che spesso sono anziani e portatori di molte altre patologie) un problema grave.