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Cosa rischia chi è obeso?
Il grasso addominale compete come materiale energetico con il glucosio che aumenta nel sangue, con conseguenze per pancreas e vasi circolatori.
Sempre più spesso ritorna l'allarme per il progressivo aumento dell'obesità e per i danni che ne vengono alla salute. Cosa ben nota.
Anche che "il fumo nuoce gravemente alla salute" è noto, se non altro perché è scritto su tutti i pacchetti di sigarette. Tuttavia, la lettura di questa frase, non pare abbia mai indotto qualcuno a smettere di fumare. Il messaggio scivola veloce come una goccia d'acqua su un impermeabile, senza che la ragione venga minimamente turbata. La stessa cosa può dirsi per il messaggio, ripetutamente letto e ascoltato, della pericolosità dell'obesità.
Cosa si deve fare per risolvere l'obesità?
Per indurre qualcuno a modificare abitudini di vita per molti versi gratificanti non bastano affermazioni apodittiche: è necessario che la ragione sia coinvolta e comprenda i meccanismi attraverso cui un danno può verificarsi.
Che dai più non sia compreso il motivo per cui l'obesità può produrre danni è dimostrato dal paradosso che domina il suo trattamento, per cui si vedono giovani donne che si dannano l'anima per migliorare il profilo dei propri fianchi, mentre le donne più avanti negli anni e gli uomini accarezzano con noncuranza il prominente profilo del loro ventre, del tutto ignari dei guai che quell'adipe sta loro preparando.
Già nel II secolo d.C., il famoso medico greco Galeno di Pergamo dedicò un trattato alla "Dieta dimagrante", raccomandando che lo scopo di questa dovesse essere non la vanità personale di carattere estetico, ma il benessere fisico.
Raccomandazione che è rimasta inascoltata fino ai giorni nostri, se è vero, com'è vero, che la quasi totalità (circa l'80%) dei tentativi di cura è ispirata proprio da motivazioni estetiche ed è indirizzata verso le forme di obesità sottocutanea, quelle gluteofemorali, che oltre ad essere di gran lunga le meno pericolose da un punto di vista metabolico, sono anche le meno rispondenti alle terapie, avendo quel grasso, geneticamente determinato, addirittura delle connatazioni benefiche, per cui l'organismo non lo cede volentieri.
Cosa comporta l'obesità addominale?
L'obesità addominale predispone a:
- diabete;
- ipertensione;
- dislipidemia.
Sono tutte alterazioni che partecipano a comporre il quadro della "sindrome pluri-metabolica" (definita anche sindrome X) e che, in vario modo, aumentano il rischio cardio-vascolare.
Come si arriva alla sindrome metabolica?
Ecco in estrema sintesi cosa accade: il grasso addominale, costituito da trigliceridi, è il deposito di energia di più immediato utilizzo, e gli acidi grassi liberi (o NEFA, da Non Esterified Fatty Acid), che provengono dalla sua scissione, venendo immessi in circolo in gran quantità, entrano in "competizione" col glucosio quale materiale energetico per le cellule.
Ne consegue che il glucosio, meno utilizzato, tende ad accumularsi nel sangue, determinando un'iperglicemia. Questa, a sua volta, induce il pancreas a produrre una maggiore quantità di insulina allo scopo di riportare il livello glicemico nella norma.
Un'iper-produzione di insulina è anche richiesta dall'"insulina-resistenza" delle cellule adipose degli obesi, dotate di un minor numero dei "recettori" per tale ormone.
Bene: sono proprio queste modificazioni metaboliche (l'iperglicemia inziale, la iperinsulinemia di compenso e l'insulina-resistenza) i fattori in grado di innescare e mantenere le varie patologie costituenti la sindrome plurimetabolica.
Quando il grasso addominale è pericoloso?
Un pancreas che non sia geneticamente perfetto, non può sostenere per molto tempo una richiesta di iper-produzione insulinica per compensare i valori glicemici costantemente elevati, come si hanno nell'obesità addominale: prima o poi esaurirà le sue potenzialità produttive. La glicemia, in carenza dell'ormone che ne permette l'utilizzo da parte delle cellule, tenderà progressivamente ad aumentare, per evolvere verso un diabete mellito tipo 2 conclamato.
Un alto livello di insulina circolante, come si ha nell'obesità addominale, spinge attraverso molteplici meccanismi verso valori pressori elevati:
- aumenta il riassorbimento di sodio e di acqua a livello renale, incrementando in questo modo il volume plasmatico circolante;
- attiva il sistema nervoso simpatico, aumentando la produzione di adrenalina e noradrenalina responsabili di una maggiore vasocostrizione;
- stimola alcuni fattori di crescita (come l'insulin-like growth factor 1), che induce una proliferazione delle cellule muscolari lisce, determinando un ispessimento della parete delle arteriole, i cosiddetti "vasi di resistenza";
- aumenta gli ioni di calcio intracellulare, sensibilizzando le cellule muscolari lisce alla noradrenalina e all'angiotensina.
Una iperinsulinemia determina anche dislipidemia per un aumento dei trigliceridi a causa di una loro maggior sintesi e di un minor catabolismo delle lipoproteine che li trasportano nel sangue, e per una riduzione del colesterolo-HDL, a causa di una minor sintesi delle HDL nascenti.
È anche responsabile di alterazioni qualitative delle lipoproteine HDL e LDL, che diventano "piccole e dense", col risultato che le prime hanno un minor potere protettivo e le seconde un'esaltata capacità aterogena. Come un cane che si morde la coda, l'azione liposintetica e antilipolitica dell'insulina porta ad un aumento dei depositi dei grassi, che a sua volta determina ancora un'iperproduzione di insulina.
Come combattere l'obesità?
È dimostrato che la perdita di peso provoca una rapida riduzione dei livelli di insulina basale a digiuno, migliora la sensibilità periferica all'insulina e, quindi, la tolleranza al glucosio, migliora l'assetto lipidico, influenza favorevolmente i fattori pro-trombotici e riduce l'ipertensione, tutto in modo proporzionale al grado di dimagramento.Conoscere i motivi per cui l'obesità può creare problemi alla salute e come questi possano essere prevenuti, pone ognuno davanti a una scelta, libera perché consapevole, tra il persistere in stili di vita sbagliati e il porvi rimedio.
Bibliografia
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