Che indidenza ha il diabete in Sardegna?

Come una patologia attaccata al DNA dei sardi, popolazione isolata e geneticamente particolare data la sua millenaria caratteristica di insularietà che non ha consentito alcun significativo scambio genetico con altre popolazioni mediterranee. Il diabete da sempre è considerata quasi una malattia endemica dell’isola. In questi decenni la Sardegna ha condiviso il poco invidiabile primato di essere una delle regioni con la maggiore incidenza di casi di diabete di tipo 1 al mondo. È seconda, preceduta solo dalla Finlandia.

Un poco invidiabile primato che in tutti questi decenni l’isola non è riuscita a scrollarsi di dosso. Anche perché il diabete di tipo 1 è uno dei vulnus del DNA dei sardi. Nel 2022 i diabetici nell’isola sono 12mila, oltre 1500 sono under 18 e anche quest’anno sono stati diagnosticati 120 nuovi casi di diabete di tipo 1. Un dato costante negli ultimi anni. In Sardegna ogni 150 bambini uno è affetto da diabete di tipo 1.

Ma la malattia in questi anni si è evoluta. A spiegare la patologia è Marco Songini, senza dubbio il più grande diabetologo in Sardegna. «Quando ho iniziato i bambini affetti da rischio diabete di tipo 1 erano 15mila. Ora sono meno di 10mila – spiega –. Uno penserebbe che sia merito delle terapie, in realtà è un effetto, perverso, del crollo demografico. Nascono meno bambini e di conseguenza diminuiscono i casi infantili. Ma quello che conta è la percentuale della diffusione. È quella è rimasta costante anche se spostata su età più avanzate».

Illustrazione 1 - Endocrinologia

Il calo dei casi che effetto può avere?

In realtà il calo dei casi potrebbe avere un effetto controproducente. Perché questo calo non è legato all’effetto di una cura preventiva, ma solo al calo dei numeri dei soggetti a rischio. Questo potrebbe rendere meno stringente la necessità di affrontare la cura del diabete e meno conveniente per le case farmaceutiche investire in ricerca di una malattia meno diffusa. «Ma la Sardegna purtroppo resta una delle aree mondiali in cui la diffusione del diabete è più alta. E in particolare quello di tipo 1 ha un fattore genetico ed autoimmune come avviene in Sardegna per altre patologie autoimmuni:
 
  • celiachia;
  • tiroiditi;
  • sclerosi multipla;
  • malattia reumatica ed altre.
E un’aggressività che peggiora in modo sensibile la qualità della vita di chi ne è affetto».
 

Com’è cambiato il diabete negli anni?

Il diabete in questi anni in un certo senso ha cambiato pelle, si è adattato alla scarsa dinamicità demografica dell’isola. «Ora vediamo sempre di più casi di diabete di tipo 1 tra gli adulti – continua Songini – In passato il diabete di tipo 1 colpiva soprattutto i bambini. Che da tenera età diventavano insulinodipendenti. Perché dall’insorgenza della malattia alle complicanze metaboliche acute (chetoacidosi) passavano poche settimane. Perché l’esordio degli autoanticorpi contro le betacellule pancreatiche insulinoproduttrici è importante e in grado di distruggere in breve tempo tutte le betacellule del pancreas. Ecco che scatta da subito la assoluta necessità di utilizzare l’insulina per tenere sotto controllo la glicemia e garantire la sopravvivenza del bambino (coma chetoacidosico). Ma ora ci sono anche molti adulti con il diabete di tipo 1. E hanno una forma più subdola. Perché la distruzione delle betacellule del pancreas avviene in modo molto più lento. L’insorgenza del diabete di tipo 1 in questi casi ci mette anche 20 anni per palesarsi. E magari il paziente presenta un’iperglicemia che il medico potrebbe scambiare per un diabete di tipo 2 e quindi trattarlo quindi con antidiabetici orali invece di insulina. Ma oggi sappiamo che ci possono essere casi di diabete autoimmune anche in età molto avanzata (LADA o Diabete autoimmune dell’adulto)».
 

Che effetti ha l’insulina sui pazienti?

Un secolo fa, nel 1922, due medici canadesi hanno scoperto l’insulina, dando un’arma indispensabile per cambiare le prospettive di vita delle persone afflitte da diabete di tipo 1. «Di fatto prima del 1922 si moriva di diabete di tipo 1. – afferma Songini – La scoperta dell’insulina ha cambiato le prospettive per i pazienti. C’è da dire che oggi dobbiamo capire quali sono gli effetti sui pazienti a cui viene somministrata l’insulina per lunghi periodi.

Ma in questi decenni la conoscenza di questa patologia è cresciuta particolarmente. Si è capito nel tempo che è una malattia autoimmune cronica che si manifesta clinicamente in maniera acuta, ma può comparire anni prima. In particolare se gli autoanticorpi si producono ma ci impiegano anni e allora il diabete si sviluppa clinicamente in fase adulta. Perché per un lungo periodo c’è una fase silente in cui gli anticorpi prodotti dai linfociti vanno ad attaccare le betacellule del pancreas perché non le riconoscono (autoimmunità). Le distruggono e non rendono più possibile la produzione dell’insulina. Ecco che insorge il diabete di tipo 1 e si manifesta quando questo processo è avanzato e non più recuperabile. La velocità con cui agiscono queste cellule killer determina la rapidità dell’insorgenza clinica della malattia.
 

Il diabete è ereditario?

Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune. In altre parole non è il metabolismo del soggetto a generare la patologia, ma è un errore dell’organismo a generare il diabete. Per vari motivi non vengono più riconosciute le cellule del pancreas che producono l’insulina e vengono uccise dal fuoco amico dei linfociti. «Ma dobbiamo stare attenti – afferma Songini –, spesso si parla di ereditarietà, e questo è vero solo in parte. Non basta avere un parente con il diabete di tipo 1 per essere certi di ammalarsi. Anche se il fattore genetico ha il suo peso e di certo più è forte la componente ereditaria prima compare l’autoimmunità (autoanticorpi antibetacellule detti ICA e GADA). Non ci si accorge di avere il diabete dalla sete, dalla stanchezza o dalla perdita di peso. Quando si verificano queste condizioni significa che si ha già la malattia clinica.

La vera frontiera è fare la diagnosi di rischio. Perché abbiamo identificato gli anticorpi che sono i responsabili della distruzione delle betacellule. Se in famiglia si hanno casi di diabete di tipo 1 si può fare uno screening precoce del diabete di tipo 1 con il dosaggio di ICA e GADA.

Il diabete di tipo 2

Il diabete di tipo 2 è del tutto diverso, perché ci sono sintomi precoci. Il soggetto, sempre un adulto, aumenta di peso, ha una vita sedentaria e mangia cibo spazzatura. In molti casi una visita specialistica serve a capire da subito che c’è necessità di spezzare questo cerchio. In questo tipo di diabete non si fanno iniezioni di insulina, ma si interviene sullo stile di vita e sulla dieta o anche con compresse di antidiabetici orali. La corsa o le lunghe passeggiate e lo stretto controllo sul cibo portano a una regressione della patologia. Al contrario il tipo 1 rimane per ora incurabile.

L’attività fisica è fondamentale per la cura e prevenzione del diabete di tipo 2, è invece inutile o addirittura controproducente per quello di tipo 1. Spesso sento dire che i bambini con il tipo 1 si devono muovere, al contrario il bimbo a cui manca insulina se fatto muovere troppo può andare incontro prima in acidosi metabolica. Il diabete di tipo 2 si può prevenire, la correzione dei fattori di rischio con attività fisica e dieta ipoglicidica fa regredire del tutto iperglicemia. il diabete di tipo 1 è invece ad oggi ancora incurabile.

Il diabete di tipo 1 ha una componente genetica e una natura autoimmune. È quello che vede la Sardegna al secondo posto al mondo come numero di casi in proporzione alla popolazione. Preceduta solo dalla Finlandia. Il diabete tipo 1 è la conseguenza di una distruzione rapida autoimmune delle cellule del pancreas che producono insulina. Per una sorta di errore di lettura dei linfociti gli anticorpi attaccano e distruggono le proprie cellule del pancreas che producono l’insulina.  La distruzione viene fatta da anticorpi prodotti dalle cellule del sistema immunitario dell’organismo.
 

Bibliografia

  • Gillespie KM. Type 1 diabetes: pathogenesis and prevention. CMAJ. 2006 Jul 18;175(2):165-70. doi: 10.1503/cmaj.060244. PMID: 16847277; PMCID: PMC1489998.
  • Acharjee S, Ghosh B, Al-Dhubiab BE, Nair AB. Understanding type 1 diabetes: etiology and models. Can J Diabetes. 2013 Aug;37(4):269-276. doi: 10.1016/j.jcjd.2013.05.001. Epub 2013 Aug 2. PMID: 24070892.