Cos’è il diabete mellito?

Il Diabete Mellito (DM), inizialmente considerato come una alterazione della glicemia, gli studi ne hanno poi evidenziato la complessa patologia che contraddistingue ed interessa in profondità il metabolismo. Si stima che, come vera pandemia, affliggerà globalmente 642 milioni di persone entro il 2040 e 783 entro il 2045.

Viene suddiviso nelle sue forme primitive in:
 
  • DM tipo 1 (DM-1);
  • LADA (acronimo dall’inglese: Latent Autoimmune Diabetes in Adults).
Entrambi sono dovuti alla incapacità per distruzione autoimmune delle betacellule pancreatiche di produrre insulina, in DM tipo 2 (DM-2) dovuto primariamente a resistenza periferica alla insulina e in DM tipo 3 o cerebrale (DM-3 varietà ancora in via di definizione).  È tipico quest’ultimo dell’età anziana ed è caratterizzato da iperglicemia e demenza per deficit di insulina a livello cerebrale (numero di casi in Italia poco conosciuto ma probabilmente non piccolo e confusi fra i soggetti con diabete tipo 2) (ref. Bollettino OMECA 2019 n.1).

Illustrazione 1 - Endocrinologia
 

Cosa ci dice una ricerca svedese?

Un recente lavoro, i cui risultati sono stati pubblicati da poco, realizzato in Svezia, finanziato dalla Swedish Research Council, dalla European Research Council ed altre strutture e fondazioni, partendo dal presupposto obiettivo che il DM-2 è altamente eterogeneo ha valutato la possibilità che possano esistere dei sottogruppi. Questi, potrebbero essere estremamente utili per individualizzare il trattamento e identificare, già al momento della diagnosi di prediabete, le persone con un aumentato rischio di complicanze. Utilizzando una complessa procedura, hanno condotto un’analisi dei cluster (gruppi o raggruppamenti spaziale) basata sui dati di 8.980 pazienti con diabete di nuova diagnosi utilizzando la Swedish All New Diabetics della attuale contea della Scania, in Svezia. I cluster si basavano su sei variabili. I ricercatori sono così riusciti a identificare sei cluster replicabili di pazienti con disglicemia o diabete, che avevano caratteristiche e rischio di complicanze diabetiche significativamente diverse.

In particolare, gli individui nel gruppo 3 (con una resistenza maggiore all’insulina) avevano un rischio di nefropatia diabetica significativamente più elevato rispetto agli individui nei gruppi 4 e 5, sebbene il trattamento prescritto fosse simile. Il cluster 2 (carenza di insulina) ha evidenziato il rischio più elevato di retinopatia. A supporto del clustering, le associazioni genetiche nei cluster differivano da quelle osservate nel diabete tradizionale di tipo 2. Questi risultati potrebbero rappresentare un ulteriore passo verso la medicina di precisione nel diabete.

Un simile approccio è stato assunto recentemente anche nel diabete autoimmune tipo 1 con tre stadi autoimmuni come è scaturito dal recente evento Brainstorming 2021, che ne ha delineato:
 
  • diffusione epidemiologica;
  • storia naturale e predizione/prevenzione con gradazione degli autoanticorpi (teplizumab?);
  • associazione con altre endocrinopatie autommuni (cdt  cluster autoimmune);
  • precoce comparsa di iperglicemia postprandiale;
  • ruolo del microbiota intestinale;
  • complicanze quali la retinopatia diabetica ma anche la frequente comorbidita con disturbi alimentari;
  • nuovi modelli assistenziali anche alla luce della cdt sindemia con il Covid che pare associarsi con entrambe le forme tipo 1 e con il tipo 2, quindi nuovi modelli diagnostici e terapeutici di possibile prevenzione di questa malattia purtroppo così frequente in Sardegna.
 

Cos’è il Mody?

Un discorso simile pare verificarsi anche nel cdt MODY. Oltre al diabete di tipo 1 e a quello di tipo 2 e 3, esiste una particolare condizione, più rara delle precedenti, detta MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young). 

Si tratta di un diabete clinicamente simile a quello non insulino-dipendente (tipo 2), ma che insorge in età infanto - giovanile. I criteri per la definizione di tale forma di diabete comprendono:
 
  • una età di insorgenza inferiore ai 25 anni
  • un controllo metabolico senza necessità di insulina per oltre due anni dall’esordio
  • diabete rintracciabile nell’albero familiare nell’arco di tre generazioni.
Si tratta infatti di una forma ad ereditarietà di tipo autosomico dominante (carattere geneticamente trasmissibile), senza preferenza di trasmissione da padre o madre a progenie di ambo i sessi. 
Si stima che in Italia la frequenza del MODY sia di 100-150.000 casi. 

Usando i criteri stabiliti è raro che sul piano pratico si possa avere il dubbio se porre diagnosi clinica di MODY. 

Tuttavia, esistono situazioni particolari che sfuggono alla definizione classica, quali:
 
  • il riscontro del tutto fortuito, in assenza di sintomi, di iperglicemia (glicemia basale oltre i 99 e 125 mg/dl rispettivamente cutoff per prediabete-IFG e per diabete) oltre i 25 anni di età;
  • la terapia insulina iniziata fin dalla diagnosi di diabete;
  • la coesistenza di MODY e di diabete di tipo 2 (ma anche di tipo1) nella stessa famiglia;
  • il manifestarsi come diabete gestazionale in madri portatrici della mutazione genica che determina il MODY.

Quali forme di Mody esistono?

Esistono diverse forme di MODY, causate da una mutazione di geni diversi (sino ad ora ne sono stati identificati cinque) e che avrebbero alcune differenze cliniche in termini di livelli di glicemia, tipo di trattamento, complicanze a lungo termine.

Il cosiddetto MODY 2 (dovuto ad un difetto del gene della glucochinasi) ed il MODY 3 (dovuto ad un difetto del gene del fattore nucleare epatocitario 1 alfa) rappresentano oltre il 50 % dei casi, in proporzioni differenti a seconda della popolazione studiata.

I MODY 1, 4, 5 dovuti ad altri difetti genici rappresenterebbero invece solo il 2-3% dei casi e pertanto è evidente che altri geni MODY devono ancora essere identificati.
Tutti i difetti genetici alla base del MODY determinano comunque una compromissione della secrezione pancreatica di insulina, sia pure con differenti gradi di gravità a seconda del difetto genetico, senza alterazione dell’azione della insulina.

I pazienti con MODY 2 hanno tipicamente modesti problemi metabolici e la iperglicemia è riscontrabile in età precocissima (diabete neonatale), intorno ai 6 anni; nella maggior parte dei casi il controllo glicemico è ottenibile con la sola dieta e le complicanze sono rare. 

Negli altri casi di MODY invece, i livelli di glicemia tendono ad essere più elevati ed è più frequente l’uso iniziale della terapia con insulina per ottenere il controllo metabolico. Anche le complicanze sarebbero più frequenti, senza comunque assumere carattere peculiare rispetto al classico diabete di tipo 2. Nei rarissimi casi descritti in letteratura di MODY 5 sono riportati anche problemi genito-urinari. 

Come avviene la diagnosi di Mody?

Al momento, la diagnosi genetica del MODY non ha ancora assunto il carattere di routine e viene effettuata solo per motivi di ricerca in laboratori specializzati. Tuttavia, questa potrebbe essere utile sia ai fini di una corretta impostazione della terapia e di una prognosi delle complicanze che per un corretto suggerimento genetico in caso di genitori portatori della mutazione genica.
 

Cos’è il diabete gestazionale?

Una forma di diabete di particolare importanza ed in aumento è poi il diabete gestazionale (GDM).

Il diabete mellito gestazionale (GDM) è un disordine metabolico caratterizzato da intolleranza al glucosio (disglicemia) diagnosticata per la prima volta durante la gravidanza che, nella maggior parte dei casi, si risolve dopo il parto, ma se non adeguatamente trattato comporta complicanze sia per la madre che per il feto. Le donne con GDM hanno un aumentato rischio di sviluppare nuovamente GDM nelle successive gravidanze e diabete di tipo 2 nel corso della vita; l’eccessiva adiposità, dovuta specialmente ad errati stili di vita, aumenta notevolmente questi rischi.

Il GDM rappresenta, di fatto, l’alterazione metabolica più comune in gravidanza e, se non correttamente riconosciuto e adeguatamente trattato, si associa a un’elevata morbilità materno-fetale, legata essenzialmente all’eccessiva crescita fetale. Una corretta gestione del percorso di screening del GDM è fondamentale oltre che per ottimizzare l’assistenza di queste gravide a rischio, anche per migliorare la sorveglianza a distanza di una patologia che, se non diagnosticata, può causare conseguenze negative per la salute della paziente e del prodotto del concepimento.

Quali sono i fattori di rischio e come si previene?

La diagnosi di GDM, infatti, permette di riconoscere donne a rischio futuro di diabete tipo 2 e di malattie cardiovascolari, su cui sarebbe auspicabile poter attuare una reale strategia di prevenzione. Nonostante l’aumentata prevalenza del diabete gestazionale negli ultimi decenni (sovrappeso e obesità sono fattori di rischio noti per il diabete gestazionale, che oggi si riscontra almeno nel 17% delle gravidanze a livello globale) la conoscenza dei meccanismi responsabili di questo disordine è ancora frammentaria.

Certamente un adeguato stile di vita che includa una dieta equilibrata ricca di frutta, verdura e cereali integrali (dieta Mediterranea) rappresenta la strategia terapeutica primaria per contrastare l'insorgenza e lo sviluppo di disturbi metabolici nelle donne con GDM. 

Come si divide il Diabete gestazionale?

Infine, per Diabete Mellito Neonatale (DMN) intendiamo una forma di diabete con esordio entro i 6 mesi dalla nascita. Questo intervallo temporale è stato fissato in base al fatto che la quasi totalità dei casi con esordio così precoce è causata da un difetto genetico in un singolo gene (diabete monogenico) e non è associato a diabete tipo 1, di natura poligenica. Si distinguono due forme cliniche:
 
  • il Diabete Mellito Neonatale Permanente (DMNP);
  • il Diabete Mellito Neonatale Transitorio (DMNT): quest’ultimo ha la caratteristica di andare in remissione con una mediana di 3 mesi dall’esordio.
Il DMN può essere asintomatico o manifestarsi come iperglicemia persistente accertata oppure con iperglicemia severa e chetoacidosi anche molto grave. Si associa di solito a basso peso alla nascita.


Cos’è il diabete secondario? 

È il diabete che insorge a causa di altre malattie fra cui: 
 
  • obesità (tanto che è stato coniato il termine diabesità); 
  • pancreatite cronica;
  • cirrosi epatica; 
  • acromegalia; 
  • Sindrome di Cushing;
  • oppure causato da interventi chirurgici sul pancreas (per esempio, pancreasectomia);
  • dall’utilizzo protratto di farmaci/sostanze chimiche (per es. cortisone, farmaci antiretrovirali, etc.) (circa 50 mila persone in Italia).
Diabete inserito in sindromi complesse (per es. Sindrome di Down, leprecaunismo, etc) (circa 5 mila casi in Italia).


Bibliografia

  • Gillespie KM. Type 1 diabetes: pathogenesis and prevention. CMAJ. 2006 Jul 18;175(2):165-70.
  • American Diabetes Association: Standards of Medical Care in Diabetes. Diabetes Care 44 (Supplement 1): 1-259, 2022.