Cosa si intende per malattie funzionali in oftalmologia?

Per malattie funzionali in oftalmologia si intendono quei processi morbosi in cui si riscontrano disturbi di vario grado dell’apparato della vista nel suo complesso, senza alterazioni patologiche corrispondenti per entità e gravità. Ciò può avvenire: 

  • per esagerazione di disturbo sensorio motorio rilevato/misconosciuto; 
  • per effetto mascheramento con richiamo d’attenzione in altra direzione. 

Trend in crescita della componente funzionale: (2012 -16% 2014 - 27% 2017 38%).  Ad esempio, le ultime statistiche neurologiche dell’UK riportano aumento del 30% dei disturbi funzionali negli ultimi 5 anni. 

Quanti di questi casi sono risolvibili o almeno mitigabili, riducendo o eliminando la componente oculistica anche minima rilevata?  Quali sono i difetti visivi sensorio-motori prevalenti che innescano tali risposte esagerate o anomale sul piano comportamentale con evidente richiamo d’attenzione prima di divenire patologie reali di interesse neuropsichiatrico? Quando l’oculista deve fermarsi ed inviare allo specialista neuropsichiatra competente? 

Illustrazione 1 - Oculistica


Cosa succede se queste malattie non vengono curate?

                                                                                                                          
Le malattie funzionali, se non curate, possono o 

  • guarire spontaneamente (grazie ai meccanismi di difesa insiti nel corpo umano) 
  • aggravarsi a tal punto da divenire malattie organiche e, cioè, con lesioni anatomiche evidenti. 

Questo argomento di difficile trattazione è tipicamente borderline con altre discipline (quali Psicologia, Psichiatria, Psicoanalisi, Medicina legale, Antropologia, Sociologia e Medicina alternativa). Come noto, la visione è un fenomeno neurofisiologico e neuropsicologico, quindi psiche e fisico sono altamente correlati.

 

Quali sono le cause?

C’è un evidente trend di crescita di questo fenomeno. La concezione psicosomatica è un tentativo di annullare la divisione tra malattie funzionali e organiche.  Essa si fonda sul concetto che la persona, rappresenta una inscindibile unità biologica, fatta di corpo e mente, cioè di fattori psichici ed emotivi che svolgono un ruolo determinante nello sviluppo delle malattie organiche. Nei disturbi psicosomatici l’alterazione è duratura, funzionale oppure organica: essa è, quindi, la trasposizione sul piano somatico di un disagio psico/affettivo.
In tali pazienti, per ragioni personologiche o ambientali, il paziente non  è in grado di riconoscere o esprimere verbalmente, sviluppando:

  • disturbo da sintomi somatici;
  • disturbo da ansia di malattia;
  • disturbo di conversione;
  • fattori psicologici che influenzano altre condizioni mediche;
  • disturbo fittizio;
  • disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati con altra specificazione;
  • disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati senza specificazione;
  • uno o più sintomi di alterazione della funzione motoria volontaria o sensoriale.
 

Quali sono i sintomi di una malattia funzionale?

I risultati clinici forniscono le prove dell’incompatibilità tra il sintomo e le condizioni neurologiche o mediche rilevate. Il sintomo o il deficit non sono meglio spiegati da un altro disturbo medico o mentale. Il sintomo o il deficit causano disagio clinicamente significativo o compromissione del comportamento in ambito sociale , lavorativo o in altre aree importanti, oppure richiedono una valutazione medica. 

In effetti, si nota un aumento significativo negli ultimi anni di denuncia di fenomeni - più o meno reali - quali: 

  • dislessia e disgrafia
  • disturbi della coordinazione;
  • emicrania oftalmica;
  • spasmo accomodativo;
  • disturbi astenopeici di varia entità;
  • tic oculo palpebrali;
  • alterazioni movimenti oculari con tremori;
  • anisocoria;
  • visione confusa o doppia transitorie;
  • cecità (amaurosi isterica);
  • depersonalizzazione visiva (vedere come tra le nuvole); 
  • derealizzazione visiva (vedersi «dall’esterno»);
  • visione confusa;
  • disturbi del comportamento per sforzo visivo;
  • disturbi dell’apprendimento ed altro. 

Molte volte subentrano disturbi comportamentali all’inizio inspiegati ma, in seguito, documentati perché causati da rifiuto psicologico per la proposta o prescrizione di terapia ottica od occlusiva o, ancora, per programmazione di intervento chirurgico o riabilitazione faticosa.

  • Tipologia del paziente e del contesto: non prevalenza di genere;          
  • livello intellettivo: medio alto;                   
  • ceto sociale: ininfluente; 
  • scolarità: media; 
  • uso incongruo apparato della vista per eccesso d’uso di  Tv, Pc, Ipad, Smartphone, etc;
  • sensorialità (difetto visivo): ametropia medio bassa: +/-  1.50, con difetti prevalenti disturbanti quali quelli causati prevalentemente da ipermetropia, astigmatismo, strabismo: esotropia accomodativa di grado medio basso non corretta oppure exoforia-tropia-deficit convergenza variabile, …
  • personalità del paziente: ansioso;
  • contesto (famiglia , scuola , lavoro): ansiogeno;
  • iper medicalizzazione con moltissime visite ed accertamenti (pareri medici contrastanti o assenti o omissivi);
  • associazione frequente «disturbi psicosomatici» extraoculari di entità variabile (colite, cefalea, vomito ciclico….).

Illustrazione 2 - Oculistica 

 

Quali sono le cure e i trattamenti?

Vi è la necessità di un’attenta anamnesi per valutazione sia del paziente, che del contesto. Si procede con:
  • eliminazione clinica e strumentale di patologie conclamate dell’apparato della vista con terapia adeguata (anche nel caso per effetto placebo);
  • attenta valutazione della eventuale sproporzione sintomo/alterazione rilevata;
  • individuazione del disturbo di mascheramento come, ad esempio, nei casi di intolleranza al trattamento terapeutico riabilitativo proposto o in atto. Dimostrare e, possibilmente, raggiungere le situazioni limite, predisponenti o scatenanti il disturbo in sede ambulatoriale con medico presente; 
  • ottimizzazione del rapporto oculista, ortottista, paziente, contesto del paziente (famiglia, scuola,lavoro); 
  • ricerca della massima collaborazione con possibile presenza di tutte le componenti ad inizio e fine cura;
  • insegnare ad «auto-aiutarsi» con istruzione esercizi a domicilio;
  • feedback adeguato con oculista riferimento;
  • pianificazione del follow up oculistico ed ortottico.

I risultati ottenuti sono, generalmente, molto incoraggianti con evidente gradimento e risoluzione dei sintomi nella maggioranza assoluta dei casi. L’invio a psichiatria è raro e, prevalentemente, accade per casi di autismo o di sindrome di Tourette, quindi nei casi di conversione. In genere, il pediatra o il generalista, li classifica prima dell’invio all’oculista.


 

Bibliografia

  • Caputo, Roberto, et al. "Novità in Oftalmologia pediatrica." INDICEN. 183 (2016): 216.
  • Castronovo, Avv Giuseppe. "Quando la riabilitazione fa Centro."
  • Compare, Angelo, and Enzo Grossi, eds. Stress e disturbi da somatizzazione: Evidence-Based Practice in psicologia clinica. Springer Science & Business Media, 2012.
  • Internazionale, Agenzia, et al. Oftalmologia Sociale. Diss. Ospedale San Raffaele-Milano, 2009.