Quanto fa male il tabacco?

Tratto dal Libro "Una Mela al Giorno", casa editrice Priuli & Verlucca

Quando nel 1560 l'ambasciatore francese in Portogallo, Jean Nicot, importò in Europa la pianta di tabacco dalle Antille (che in suo onore venne denominata Nicotiana tabacum), facendone omaggio a Caterina de’ Medici, vedova del re di Francia Enrico II, non immaginava certo che stava introducendo ciò che sarebbe diventata nella nostra epoca e nella nostra società una delle principali cause di morte.

Il fumo di tabacco è attualmente la più importante causa di morte prematura nei Paesi sviluppati e, pertanto, uno dei più gravi problemi di sanità pubblica.
Al fumo sono attribuiti complessivamente oltre 4 milioni di morti premature ogni anno nel mondo, di cui 85 mila in Italia, con una perdita di vita media di circa 14 anni. Un fumatore su due muore a causa del fumo.

Questo è il motivo per cui l’OMS considera tale abitudine come la maggiore causa di morte prevenibile al mondo, sia per la diffusione che la per potenza d’azione.

Illustrazione 1 - Cardiologia


Qual è la percentuale di italiani che fumano?

Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Indagine DOXA-ISS, 2006), in Italia i fumatori sono 12,2 milioni, pari al 24,3 % della popolazione (6,9 milioni uomini, 5,3 milioni donne).
Se da un lato nel nostro Paese negli ultimi decenni si è avuto una progressiva riduzione del numero dei fumatori in generale, dall’altro si è assistito ad un aumento fra i giovani, soprattutto fra le ragazze. Dal 1993 al 1999 i fumatori maschi fra i 14 e i 16 anni sono aumentati circa del 33%, le femmine di pari età di circa il 70% e,  attualmente, nella fascia d’età intorno ai 18 anni le ragazze hanno ormai superato i ragazzi, con una quota del 35%.

Il fumo è dannoso ad ogni età, ma il rischio di contrarre una patologia ad esso correlata è strettamente dipendente dall’età d’inizio. Una persona che inizia a fumare a 15 anni ha una probabilità tre volte superiore di ammalarsi di tumore rispetto ad una che inizia a 20 anni.

 

Cosa succede se fumi tabacco?

Il fumo del tabacco è una miscela gassosa nella quale si trova disperso materiale corpuscolato di piccolissime dimensioni. La sua composizione chimica è complessa e variabile, dipendendo dalla qualità del tabacco, dalla lavorazione a cui è stato sottoposto e dal modo in cui viene fumato. I componenti del fumo non sono tutti presenti nelle foglie di tabacco, ma in massima parte si formano durante la combustione (a temperature che variano da 600° a 800° C) da altri composti presenti nelle foglie.

La deposizione delle particelle nell’apparato respiratorio dipende dalla profondità dall’aspirazione, dalla grandezza delle particelle e dalle caratteristiche individuali di assorbimento. Il fumo di sigaretta è considerato più dannoso di quello della pipa e del sigaro proprio per il diverso processo di aspirazione, più continuativo e intenso.

 

Quali sono le sostanze dannose del fumo?

Le sostanze nocive del fumo sono essenzialmente:

  • la nicotina, contenuta nelle foglie della pianta del tabacco;
  • il monossido di carbonio, prodotto dalla combustione;
  • gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), provenienti dalla combustione sia della carta sia del tabacco;
  • sostanze irritanti (acroleina, acetaldeide);
  • sostanze ossidanti.

Di tutte le sostanze contenute nel fumo di sigaretta la più insidiosa, in definitiva la vera causa di tutti i mali che questa abitudine produce, è la nicotina. Quest’ultima, una volta iniziato a fumare, induce dipendenza e rende estremamente difficile smettere. È, infatti, una droga a tutti gli effetti.

 

Perché il fumo crea dipendenza?

Fra tutte le droghe la nicotina è la più potente, sia perché penetra nelle cellule nervose con molta efficacia attraverso la membrana, sia perché la via di introduzione attraverso la respirazione è molto rapida.

Viene assorbita rapidamente in circolo e, raggiungendo le strutture encefaliche in otto secondi dall’inalazione, determina, come tutte le droghe, uno stimolo alla produzione di dopamina da parte del nucleus accumbens, il centro cerebrale del piacere.

Questa è un'area del cervello "specializzata" nel dare motivazioni fortemente gratificanti allo svolgimento di attività essenziali per la la vita del singolo e della specie, quali quella sessuale e quella di nutrirsi.

Un aumento artificiale di dopamina in questa zona del cervello aumenta lo stato di attenzione, la capacità di reazione e di risoluzione dei problemi, una riduzione di stati depressivi, ansiosi e di tensione.

Tuttavia, una stimolazione ripetuta, finisce per determinare una deplezione, cioè un esaurimento della produzione di tale neurotrasmettitore, per cui sopravvengono sensazioni opposte tra disforia ed una voglia imperiosa della sostanza.

Lo sfrenato desiderio di riprendere la sostanza (craving) non è solo determinato dalla necessità di alleviare gli effetti spiacevoli dell'astinenza (dipendenza fisica), ma anche di riprovare il piacere fornito dalla sostanza (dipendenza psichica).

Vi è, in altri termini, un desiderio compulsivo che comporta perdita di controllo nella ricerca della sostanza che produce piacere, pur nella consapevolezza delle conseguenze sulla salute. Il fatto che un fumatore medio fumi una sigaretta ogni 30-40 minuti non è legato al caso o all'abitudine, ma al fatto che l'effetto biologico di una sigaretta corrisponde a quel tempo, per cui l'individuo è portato a fumarne un’altra per riportare ad un livello soddisfacente il tasso di nicotina.

La nicotina, come le altre droghe, si sostituisce agli stimoli naturali. Gli adolescenti che non li hanno ancora sperimentati (per esempio esperienze sessuali) diventano dipendenti dalla nicotina ad una velocità sorprendente e con quantità di tabacco molto basse. Nelle ragazze la dipendenza sembra concretizzarsi ancora più velocemente dei ragazzi. Chi inizia a fumare presto ha più difficoltà a smettere.

 

I rischi del fumo

Quali tumori causa il fumo?

La cancerogenicità del tabacco deriva dal processo di combustione. Ogni materiale bruciato contiene idrocarburi policiclici aromatici (IPA), nello specifico benzopirene.

È dimostrata la relazione causa-effetto del fumo con le neoplasie di almeno sette organi:

  • polmone;
  • cavo orale; 
  • faringe;
  • laringe; 
  • pancreas;
  • vescica.

Si sospetta che vi sia un nesso causale anche per le leucemie, i tumori dello stomaco, del rene, del collo dell’utero.

Circa 25 mila decessi per tumore al polmone in Italia sono attribuibili ogni anno al fumo di sigaretta. Si ritiene che il 90% dei tumori polmonari abbia come causa il fumo, tanto che se questa abitudine fosse completamente abolita i tumori polmonari sarebbero estremamente rari. Si suppone che il benzopirene alteri nelle cellule polmonari il gene sentinella p53, la cui funzione è quella di sopprimere la crescita delle cellule portatrici di mutazioni genetiche, che evolveranno verso le cellule tumorali.

Il fumo contiene anche Polonio 210, possibile induttore tumorale in quanto le sue radiazioni produrrebbero un’azione lesiva sulle cellule.

È stato calcolato che il danno biologico per un fumatore di 20 sigarette al giorno in un anno equivale a quello di circa 300 radiografie del torace.

Per il rischio oncologico  è più importante la durata dell’abitudine al fumo del numero di sigarette fumate, per cui è errato pensare che sia tollerabile fumare relativamente poco (5-10 sigarette al giorno), se ciò avviene per molti anni.
 

Quanto fa male il fumo al cuore?

Fra i fattori favorenti lo sviluppo di malattie cardiovascolari legati allo stile di vita il fumo è il più potente, sia per la sua azione diretta, sia per l’azione sinergica con qualsiasi altro fattore di rischio associato. L’impatto del fumo sul rischio cardiovascolare è infatti esaltato dalla presenza di dislipidemia, diabete, ipertensione, sedentarietà.

I fumatori hanno, nei confronti dei non fumatori, un rischio 10 volte superiore di morte improvvisa a causa di un’aritmia parossistica; vanno incontro a infarto del miocardio da 2 a 3 volte di più, indipendentemente da altri fattori di rischio; incorrono in  incidenti cerebrovascolari (ischemia, emorragia cerebrale e subaracnoidea) 2,5 volte di più rispetto ai non fumatori.
Il rischio cardiovascolare aumenta parallelamente al numero di sigarette fumate al giorno.
L’azione del fumo nel determinismo del danno cardiovascolare è da ricondursi soprattutto agli effetti combinati dell’ossido di carbonio e della nicotina.

 

Cosa fa il monossido di carbonio delle sigarette?

L’ossido di carbonio che si sviluppa durante la combustione della sigaretta:

  • si lega all’emoglobina (il pigmento contenuto nei globuli rossi che trasporta l’ossigeno ai tessuti) con un'affinità 25 volte superiore a quella dell'ossigeno, formando carbossiemoglobina, per cui si ha un sangue meno ossigenato. La minore disponibilità di ossigeno per i tessuti esacerba un' eventuale ischemia cardiaca e cerebrale;
  • rende la membrana dei globuli rossi più rigida, meno deformabile, per cui la perfusione del microcircolo avviene con maggiore difficoltà, con ulteriore compromissione dell’ossigenazione dei tessuti, in particolare del cervello;
  • esercita un’azione lesiva sull’endotelio delle arterie determinandone una disfunzione, per cui si ha una ridotta produzione di prostacicline e di ossido nitrico (fattori ad azione antiaggregante e vasodilatatrice), dell’attivatore del plasminogeno (ad azione anti-trombotica) mentre, invece, aumenta il fibrinogeno (ad azione pro-trombotica). Ne deriva che nei fumatori si sviluppa una patologia vascolare periferica (causa di una claudicatio intermittens) con una frequenza 2-3 volte superiore rispetto ai non fumatori. 

Anche poche sigarette concentrate possono comportare un rischio di eventi ischemici, considerando l’effetto acuto del fumo sull’aggregazione piastrinica, sul tono vascolare coronarico e sul contenuto di emoglobina dei globuli rossi. Particolarmente esposte al rischio di trombosi sono le fumatrici che fanno uso di contraccettivi orali, per un sinergismo negativo sui fattori della coagulazione.

 

Cosa causa il fumo sull'apparato circolatorio?

La nicotina, oltre a creare dipendenza dal fumo, esercita un’azione diretta sul sistema cardio-circolatorio:

  • stimola il sistema nervoso simpatico determinando, attraverso l’aumentata liberazione di adrenalina e noradrenalina, un aumento della pressione arteriosa, tachicardia, induzioni di aritmie e spasmo delle coronarie. E’ stato calcolato che, per ogni sigaretta fumata, si ha un aumento medio della pressione di 11 mmHg per la sistolica e di 9 mmHg di diastolica (sia nei normotesi che negli ipertesi ), che si protrae per 20-40 minuti. Vi è inoltre un aumento della frequenza cardiaca. Tali effetti sono potenziati dalla contemporanea assunzione di caffè, con una durata che raggiunge in questo caso un'ora-un'ora e mezza.Ne consegue che un fumatore di 15-20 sigarette al giorno ha valori elevati di pressione per 8-10 ore al giorno, cosa che costituisce un indiscutibile rischio cardiovascolare. L’elevazione pressoria, in alcuni soggetti, può essere molto marcata (ipertensione parossistica da tabacco). E’ buona norma, quindi, non misurare la pressione arteriosa prima che sia trascorsa un'ora dall'ultima sigaretta;
  • stimola la liberazione dei grassi di deposito, aumentando la quota circolante di lipidi e peggiorando un eventuale quadro dislipidemico per aumento dei trigliceridi e riduzione delle HDL;
  • svolge un’azione endotelio-lesiva, determinando un aumento dell’aggregazione  piastrinica (che facilita la trombosi, sia a livello cardiaco che cerebrale) e  dell’ossidazione delle lipoproteine LDL;
  • aumenta l’insulino-resistenza, probabilmente secondaria alla liberazione di catecolamine, facilitando l’insorgenza del diabete mellito.
 

Quanto influisce il fumo sulla respirazione?

Compromette in modo irreparabile le capacità respiratorie, determinando:

  • bronchiti acute e croniche;
  • enfisema;
  • asma bronchiale.
 

Il fumo aumenta il rischio di impotenza?

Gioca un ruolo negativo sulla fertilità e sulla funzione sessuale: smettere di fumare dovrebbe essere il primo passo di qualsiasi terapia dell'impotenza e la motivazione sessuale potrebbe rivelarsi un buon deterrente, più delle motivazioni cardiologiche e oncologiche. L’associazione tra fumo e impotenza è molto forte perché l’elasticità del tessuto erettile è ridotta nei forti fumatori. Basta una sola sigaretta per danneggiare la qualità dell’erezione. Il fumo, come già detto, altera il microcircolo, determinando una ipo-ossigenazione permanente del tessuto cavernoso che predispone alla sua fibrosi. Nei fumatori c’è una riduzione del testosterone. Le cellule che lo producono, infatti, riducono la loro funzione quando le piccole arterie che le irrorano si restringono a causa di un vasospasmo. Una sola sigaretta riduce il flusso di sangue al pene di circa il 30% per 3 ore per effetto della vasocostrizione esercitata dalla nicotina.

 

Una sigaretta produce radicali liberi?

Il fumo è una notevole sorgente di radicali liberi (responsabili di invecchiamento e aterosclerosi precoci). I livelli nel sangue degli antiossidanti (beta-carotene, vitamina C, vitamina E) sono ridotti nei fumatori ai minimi termini, per il maggiore consumo che se ne ha.    

 

Le sigarette light fanno meno male?

Le caratteristiche delle sigarette sono cambiate a partire dagli anni Cinquanta. Il tabacco biondo ha sostituito quello nero, le sigarette con filtro hanno in gran parte sostituito quelle senza filtro, il contenuto medio di catrame (idrocarburi aromatici policiclici, ecc.) e di nicotina è stato ridotto, ma percentualmente è aumentato quello di altre sostanze (nitrosamine). È provato che le concentrazioni di monossido di carbonio e di sostanze cancerogene nel sangue dei fumatori di sigarette light è uguale a quello dei fumatori di sigarette normali.

È anche cambiato il modo di fumare, perché il fumatore aspira  più profondamente per avere la stessa dose di nicotina, permettendo ai cancerogeni di raggiungere la parte più profonda dei polmoni.

Per tale motivo se sono diminuiti i tumori spinocellulari della laringe e del polmone, sono aumentati gli adenocarcinomi, per cui è inesatto considerare le sigarette light a basso rischio.

 

Come riparare i danni del fumo?

A differenza degli altri fattori di rischio cardiovascolare, per i danni prodotti dal fumo non vi è altra terapia che la sua cessazione.

Smettere di fumare conviene sempre e prima si smette, meglio è. I vantaggi sono sia immediati che tardivi.

 

Cosa succede subito dopo aver smesso di fumare?

La completa cessazione del fumo può determinare nei primi giorni sensazioni spiacevoli da astinenza, più intensi nelle prime due settimane (ansia, irrequietezza, insonnia, difficoltà di concentrazione, aumento dell’appetito, mal di testa, stipsi) che andranno riducendosi spontaneamente.

Dopo un po’ inizieranno i benefici: i cibi sembreranno avere un altro sapore e gli odori saranno molto più intensi; il respiro sarà più profondo.

Dopo una settimana ci si accorge di avere più fiato, più forza, più voglia di fare; dopo tre settimane ci si sente più attivi sul lavoro; dopo quattro settimane l’attività sessuale migliora.
Dopo la cessazione del fumo vi può essere un incremento ponderale per un rallentamento del metabolismo calcolato in media di 2,8 chilogrammi negli uomini e di 3,8 chilogrammi nelle donne. Ma i benefici per la salute che derivano dalla cessazione del fumo sono superiori ai rischi dell'eventuale aumento di peso associato, che comunque potrebbe essere neutralizzato attraverso una dieta modicamente ipocalorica e un programma di regolare attività fisica.
Un aumento di peso maggiore è da attribuire al ricorso di cibi e dolciumi come “compenso”.
Il rischio cardiologico e oncologico si riduce in tempi relativamente brevi. Chi smette prima dei 35 anni ha un’aspettativa di vita simile a quella di chi non ha mai fumato; cessare a 40 anni evita la quasi totalità del rischio di tumore, oltre che di malattie vascolari e respiratorie. Ma  anche chi smette entro i 65 anni ha una riduzione del rischio del 30%.

Il rischio di cardiopatia ischemica si riduce di circa il 50% dopo solo 2 anni di astinenza; il rischio di ictus ritorna al valore di chi non ha mai fumato dopo 5-15 anni e il rischio di arteriopatia periferica si dimezza rispetto ai fumatori.

Il vantaggio riguarda anche il forte fumatore e quello che ha già manifestato sintomi riferibili alle patologie da fumo. L’astinenza dal fumo è particolarmente efficace in fase di prevenzione secondaria nei pazienti che abbiano avuto un infarto: dopo 5 anni l’ex fumatore ha un rischio di recidiva ridotto di quasi il 50% rispetto a coloro che hanno continuato a fumare. Smettere di fumare riduce anche l’incidenza di diabete, ipertensione, enfisema, bronchite, ulcera peptica. Innalza, inoltre, l’età della menopausa.   

Passare al sigaro o alla pipa comporta soltanto un lieve vantaggio, sicchè sarebbe opportuno smettere di fumare in modo definitivo.

 

Cosa succede se respiri il fumo passivo?

Le indagini sugli effetti del fumo passivo sono molto complesse a causa dell'interferenza di molti co-fattori confondenti. Per molto tempo è stato giudicato soltanto un fastidio, una sostanza irritante per gli occhi o il naso.  

Tuttavia, l'insieme dei dati emergenti sembra attestare in modo inconfutabile che il fumo passivo provoca più danni di qualsiasi altro inquinante ambientale prodotto dall'uomo, in modo proporzionale all'entità e alla durata dell'esposizione. I soggetti costretti a subirlo hanno, infatti, un rischio più elevato di incorrere in malattie cardiovascolari, respiratorie e oncologiche. Se ne deduce che è necessario che la popolazione nel suo insieme,  ma in particolare i bambini, i malati e gli anziani, sia protetta dall’esposizione a tale inquinante.

Illustrazione 2 - Cardiologia


Quanto fa male?

Un rapporto della European Respiratory Society stima che nell’anno 2002 il fumo passivo sia stato responsabile della morte di circa 80.000 adulti in Europa, di cui circa 7000 sui luoghi di lavoro. Si stima che per questa causa ogni anno muoiano in Italia 700 persone per tumore polmonare e 1000  per infarto del miocardio.

È stata evidenziata una riduzione significativa del numero di ricoveri ospedalieri per infarto miocardio acuto nel periodo subito successivo all’introduzione in Italia della legge che proibisce il fumo nei locali pubblici (gennaio 2005).

 

Qual è la differenza tra fumo attivo e passivo?

Si intende per fumo passivo l’esposizione di individui non fumatori in ambienti chiusi più o meno ristretti o semiaperti ad aria contaminata dal fumo di altre persone.

Esistono due tipi di fumo passivo: quello espirato dal fumatore e quello prodotto dalla combustione spontanea della sigaretta accesa.

Le flessuose, sinuose volute di fumo che si diffondono nell’aria da una sigaretta accesa sono le più pericolose poiché non “filtrate” dai polmoni del fumatore. In più, essendo la temperatura della combustione spontanea molto inferiore rispetto a quella raggiunta durante la “tirata”, si forma una maggiore quantità di composti (ammoniaca, benzene, monossido di carbonio, naftilamina, benzantracene e benzopirene) che hanno un maggior potere carcinogenetico.

Una componente del fumo passivo è il particolato sottile (PM), materiale solido di piccolissime dimensioni (diametri di pochi micron) che si forma in seguito alla combustione e resta a lungo sospeso nell’aria sotto forma di aerosol. I termini PM10 e PM2,5 indicano particelle di diametro di 10 e 2,5 micron.  

 

Cosa causa il fumo passivo sull’apparato cardio-circolatorio?

Una metanalisi di 29 studi condotti dal 1995 al 2005 effettuata da due cardiologi dell’Università di San Francisco, pubblicata sulla prestigiosa rivista Circulation, ha evidenziato che il fumo passivo può provocare a livello cardio-circolatorio: 

  • aumento dell’aggregabilità piastrinica
  • disfunzione endoteliale, contribuendo alla vasocostrizione, all’aterogenesi e alla trombosi; 
  • rigidità delle pareti arteriose
  • aumento dello stress ossidativo sia per una maggiore produzione dei radicali liberi, sia per riduzione dei meccanismi difensivi antiossidanti; 
  • aumento degli indici di infiammazione
  • induzione di spasmi coronarici;
  • riduzione della produzione energetica del muscolo cardiaco
  • riduzione del tono parasimpatico intrinseco del cuore.

Effetti che, con gradi diversi tra loro, cominciano a manifestarsi già dopo un’esposizione di soli 20 minuti.

 

Il fumo passivo può danneggiare i polmoni dei non fumatori?

Nello studio è stato anche messo in evidenza un netto rapporto tra il fumo passivo ed il rischio di tumore del polmone nei non fumatori.

Si stima che il rischio cumulativo di morte per tumore del polmone dovuto all’esposizione involontaria al fumo altrui sia dell’ordine di 1/1000. Il rischio, ovviamente enormemente inferiore a quello dei fumatori attivi (superiore a 350/1000), è tuttavia maggiore a quello dei rischi ambientali ritenuti accettabili nei paesi sviluppati (i rivestimenti di amianto vengono rimossi dagli edifici per un rischio di 1/100.000).  

 

Per chi è nocivo il fumo passivo?

A farne maggiormente le spese sono i coniugi e i colleghi sul posto di lavoro. Il problema riveste una rilevanza etica maggiore quando a subirne le conseguenze sono i bambini, molti dei quali sono abitualmente esposti al fumo passivo nelle mura domestiche, soprattutto nelle famiglie di condizione sociale più bassa.

Un’indagine recente ha mostrato che i bambini e ragazzi del Centro-Nord sono esposti per il 32% al fumo della madre e per il 43% al fumo del padre. Si ritiene che almeno 30.000 mila casi di asma infantile siano dovuti al fumo dei genitori, che determina un aumento della iperreattività bronchiale

Se la donna fuma o è esposta al fumo passivo durante la gravidanza, si ha  una maggiore probabilità che venga alla luce un bambino con un basso peso, che aumenti l’incidenza di mortalità neonatale e di morte improvvisa del neonato (la cosiddetta “morte in culla”), ma anche che insorgano tumori in età pediatrica. Nel nostro Paese si contano circa 15 milioni di fumatori passivi, il 12% dei quali ha meno di 14 anni. È possibile conoscere la quantità di nicotina assorbita aspirando il fumo delle sigarette altrui determinando nelle urine la concentrazione di cotonina, una sostanza che deriva esclusivamente dalla trasformazione della nicotina quando brucia.

 

Come proteggere i non fumatori dal fumo passivo?

L'Oms considera di grande rilevanza la lotta al fumo passivo, e attraverso il gruppo di lavoro sulla qualità degli ambienti confinati IAQ (Indoor Air Quality) ha raccomandato, fin dal 1989, di vietare il fumo nei luoghi pubblici, sui mezzi di trasporto pubblico e negli uffici. Quindi bisogna sostenere le norme a tutela dal fumo passivo (legge 3/2003). Una legge obbliga il datore di lavoro a valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, compreso quindi anche il fumo passivo, altrimenti commette culpa in vigilando.

 

Quanto fa invecchiare il fumo?

Si può leggere sul viso se una persona è schiava delle sigarette oppure no. Numerosi studi hanno infatti confermato che il fumo è un fattore di rischio reale per una precoce comparsa di rughe. Sapere ciò può costituire un deterrente in grado di convincere maggiormente alcune persone a non iniziare o a smettere di fumare, più di quanto possa fare il sapere del rischio di infarti e tumori. Il volto da fumatore è un'entità scientificamente dimostrata.

Le sue “stimmate” sono un colorito pallido, grigiastro e una precoce comparsa di rughe su tutto il volto, ma soprattutto nella regione peri-orbitaria.

 

Quanto incide il fumo sulla pelle?

Una ricerca dell'Università di Salt Lake City ha dimostrato attraverso fotografie della regione temporale che chi consuma più più di 50 pacchetti l'anno ha un'incidenza di rughe 4,7 volte maggiore dei non fumatori.

L'effetto è moltiplicato se c’è una contemporanea super-esposizione solare: fumare nuoce alla pelle a causa della vasocostrizione indotta dalla nicotina. La vasocostrizione, provocando una riduzione della circolazione e, quindi, dell'apporto di ossigeno, determina un'alterazione quantitativa e qualitativa delle fibre collagene ed elastiche del derma, elementi fondamentali della tonicità della cute e favorisce la formazione delle rughe. La comparsa delle rughe periorbitarie è anche favorita dal cronico strizzare gli occhi irritati dal fumo.

Il benzoalfapirene, uno dei 4000 tossici presenti nel fumo di una sigaretta, agisce anche riducendo i livelli di vitamina A, che ha ruolo protettivo sulla pelle.

 

La pelle delle fumatrici

Nelle donne fumatrici è stata anche descritta una maggiore pelosità del volto, attribuita a turbe ormonali, la cui effettiva presenza è testimoniata dalla precocità (di circa 5 anni) della menopausa nelle forti fumatrici.

Il deposito di microparticelle e la ridotta circolazione del cuoio capelluto rendono i capelli fragili e opachi.

Così come i depositi di catrame alterano il colore dello smalto dei denti e il difetto circolatorio crea alterazioni a carico dei tessuti gengivali.

Il rischio di mandare “in fumo” il proprio fascino è proporzionale al numero di sigarette e al periodo di esposizione.

 

Alcuni falsi miti per non smettere di fumare

  • “Solo chi fuma molte sigarette deve necessariamente smettere di fumare”. Fumando meno di 5 sigarette al dì i rischi sono ridotti, ma non annullati, quindi è meglio smettere se si fuma da molti anni;
  • “se si smette di fumare si ingrassa”. si può avere un aumento del peso (dipendendo dal fatto che il cibo è più saporito in quanto il suo aroma non viene mascherato dal gusto di sigarette), ma l’incremento ponderale può essere contenuto grazie ad accorgimenti dietetici ed a un incremento dell’attività fisica, non limitato dal fumo;
  • “l’astensione dal fumo compromette la concentrazione”: dopo un primo momento in cui la dipendenza è ancora forte (riducibile con terapia sostitutiva con nicotina), si ha un progressivo miglioramento del rendimento intellettivo;
  • “fumare non incide sulle prestazioni fisiche”: fumare significa respirare più faticosamente e, di conseguenza, diminuisce il proprio rendimento fisico; si ha una bassa tolleranza allo sforzo e si recupera con maggiore difficoltà;
  • “il fumo passivo è meno dannoso del fumo attivo”: il fumo passivo è tra le cause comprovate dello sviluppo di rinofaringiti, otiti, sinusiti e bronchiti recidivanti e cancro. Rappresenta, inoltre, un fattore di importante di rischio cardiovascolare e coinvolge l’intera famiglia;
  • “fumare qualche sigaretta in gravidanza non è poi così rischioso”: continuare a fumare durante la gravidanza aumenta l’incidenza di basso peso alla nascita, di mortalità neonatale e di morte improvvisa del neonato (la “morte in culla”);
  • “fumare sigarette leggere è meglio”: il rischio di cancro è uguale, ma la patologia si presenta solo in modo diverso, infatti chi fuma “leggero” può arrivare a arrivare a inalare quantità di nicotina e di condensato di catrame fino a più del doppio di quanto indicato sul pacchetto perché aspira più a fondo e più frequentemente.
 

Bibliografia

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  • Karila, L. "Disturbi da uso di tabacco." EMC-AKOS-Trattato di Medicina 25.3 (2023): 1-8.
  • Malizia, Velia. "Esposizione a fumo di tabacco e malattie respiratorie infantili." Tabaccologia 19.3 (2021): 27-32.
  • Pacifici, Roberta, Ilaria Palmi, and Luisa Mastrobattista. "Il fumo di tabacco degli italiani." DOXA-ISS Tabaccologia 2 (2017).
  • Tripodina, Antonio. Una mela al giorno. Rimedi e segreti per vivere meglio e più a lungo. Priuli & Verlucca, 2010.