Nell’antica civiltà contadina si era soliti dire che “del maiale non si butta niente” intendendo in tal modo sottolineare l’estrema versatilità di utilizzo delle diverse parti di questo prezioso animale. Recenti evidenze della letteratura scientifica sembrano rendere ipotizzabile un parallelismo tra le statine ed il nobile suino. Le statine, infatti, farmaci ipocolesterolemizzanti che hanno ampiamente mostrato la capacità di ridurre morbidità e mortalità da cardiopatia ischemica sia in prevenzione primaria che secondaria sia negli ipercolesterolemici che nei soggetti con colesterolemia nella norma, sembrano avviate a rivestire, con meccanismi non ancora completamente compresi, un ruolo di primo piano anche nella terapia di altre patologie quali quelle neurologiche e tumorali.

In ambito neurologico vi sono infatti iniziali evidenze a supporto della sicurezza e dell’efficacia dell’utilizzo delle statine nella terapia non solamente dell’ictus ma anche di vari altri disturbi neurologici come la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla ed alcuni tumori cerebrali primitivi.

In campo oncologico ad un precedente studio caso-controllo pubblicato nel 2005 in cui l’uso delle statine era associato ad una riduzione relativa del 47% del rischio di neoplasie del colon e del retto si affiancano i dati recentemente pubblicati dalla Duke University relativi a 1.319 uomini sottoposti a prostatectomia radicale per tumore della prostata. Il 18% dei pazienti di questa casistica assumeva statine al momento dell’intervento chirurgico e l’utilizzo di tali farmaci ha comportato una riduzione del 30% del rischio di recidiva biochimica della neoplasia.

In conclusione, quindi, se tali dati dovessero trovare ulteriore conferma potrebbe essere a ragione associato alle statine il celebre slogan della nostra televisione di stato: statine, di tutto di più!!

 

Bibliografia

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