Cos’è la sindrome di Klinefelter?

Con l’espressione sindrome di Klinefelter o trisomia 46 viene definita una malattia genetica cronica, in cui un individuo di sesso maschile possiede un cromosoma X soprannumerario (47, XXY invece di 46, XY). Nel 67% dei casi, il cromosoma è di origine materna mentre nella restante parte è di origine paterna. Questa condizione prende il nome dal medico statunitense Harry Klinefelter, il quale nel 1942 pubblicò i risultati delle ricerche da lui effettuate su nove uomini che manifestavano testicoli ipotrofici, aumento del volume delle ghiandole mammarie e diminuzione o mancanza di peli sulla superficie corporea.

Illustrazione 1 - Urologia

Attualmente questa patologia ha un’incidenza molto alta (1 su 1000), anche se in realtà solo in pochi sviluppano una vera e propria sindrome relativa al proprio assetto cromosomico particolare, di conseguenza solo un quinto viene identificato. Questa malattia è causa d’infertilità per gli appartenenti al sesso maschile, oltre a presentare un’alta statura ed una notevole lunghezza degli arti.
 

Quali sono le cause?

Questo disturbo colpisce 1 su 750 maschi alla nascita. Normalmente si eredita un cromosoma per ciascun genitore (X e Y) mentre in questo caso abbiamo ben 3 cromosomi sessuali (2X e 1Y), anomalia causata da un “incidente biologico” durante la meiosi. Il cromosoma X in più comporta nella cellula copie extra di geni che, interferendo con lo sviluppo dei testicoli, determinano la produzione di meno testosterone rispetto ai livelli normalmente presenti.

L'informazione genetica contenuta nel cromosoma X supplementare può interessare ogni cellula del corpo, oppure solo alcune come nella sindrome di Klinefelter a mosaico, presente in meno del 10% dei pazienti. In oltre la metà dei casi, l’anomalia origina da un errore della divisione della cellula uovo (meiosi) materna che determina la presenza di una X in più. Al momento della fecondazione, quindi, la fusione di uno spermatozoo Y con un’ovocellula XX darà vita ad un feto con corredo cromosomico XXY. Meno frequentemente, sarà lo spermatozoo a contenere il cromosoma X in più, così uno spermatozoo XY fecondando una cellula uovo X darà vita ad un feto XXY con la sindrome di Klinefelter.

Questo processo, sia nella cellula uovo, sia nello spermatozoo, sembra accada in modo casuale. Se si ha già un figlio con la sindrome di Klinefelter, la probabilità di averne un altro con la stessa condizione è molto bassa. Le cause di tale meccanismo non sono tuttavia ancora del tutto note ma sono da ricercare in una sorta di “incidente” biologico durante la meiosi, al termine della quale le due cellule figlie hanno un numero di cromosomi pari a quelli posseduti dalla madre. Per questo, i soggetti di sesso maschile dovrebbero avere un corredo cromosomico di 46 cromosomi con un cromosoma X ed un cromosoma Y (46, XY), invece di (47, XXY). In questo caso i due cromosomi X derivano nell’88% dei casi da mancata disgiunzione della prima divisione meiotica (paterna o materna), nel 9% dei casi da mancata disgiunzione della seconda divisione meiotica e nel 3% dalla mancata disgiunzione mitotica post-zigotica.

Esistono, infine, delle varianti di Klinefelter dovute a “mosaicismo (46, XX/47, XXY) in cui alcuni tratti fenotipici appaiono più sfumati ed i valori di testosterone sono solitamente più elevati. La sindrome non è ereditaria ma insorge spontaneamente in seguito alla mancata disgiunzione meiotica dei cromosomi durante la gametogenesi. Tra i fattori predisponenti potrebbe avere un certo ruolo l’età materna avanzata, superiore ai 35 anni, che costituisce però solo lievemente un fattore d’incidenza maggiore nell’aumento della casistica. L’anomalia cromosomica XXY ha una frequenza di 1 nascita su 500; nonostante ciò molti uomini che ne sono portatori vivono senza mai sospettare di avere un cromosoma supplementare
 

Quali sono i sintomi?

Data la scarsa propensione della sindrome di Klinefelter a causare disturbi evidenti, l’accertamento della condizione viene effettuato spesso in occasione di analisi eseguite per altre problematiche come, ad esempio, l’infertilità di coppia. Sin dall’infanzia può comportare:
  • problemi d’apprendimento (calcolo, ortografia, attenzione);
  • timidezza;
  • bassa autostima;
  • dislessia lieve;
  • tono muscolare ridotto;
  • difficoltà a socializzare o a esprimere i propri sentimenti.
Ad ogni modo la sindrome di Klinefelter non viene associata, di solito, a disturbi intellettivi. In questi pazienti, infine, vi è un'aumentata incidenza di alcune patologie tumorali quali il carcinoma mammario, la leucemia linfatica acuta e alcune neoplasie delle cellule germinali. La sintomatologia relativa alla malattia è molto varia, si va infatti dall’ ipotrofia testicolare, l’eccessivo sviluppo delle ghiandole mammarie (ginecomastia), l’ipogonadismo, gli squilibri ormonali (con insufficiente produzione di testosterone) e scarsa virilizzazione.

Queste condizioni provocano infertilità e azoospermia. Spesso, i ragazzi affetti possono presentare testicoli di piccole dimensioni e di consistenza aumentata. Spesso, i ragazzi affetti possono presentare testicoli di piccole dimensioni (atrofia testicolare) e di consistenza aumentata.

La pubertà si presenta, di solito, all'età abituale ma spesso si ha ridotta distribuzione dello sviluppo pilifero e la distribuzione dell'adipe è di tipo femminile (adiposità ginoide). I primi sintomi della sindrome di Klinefelter compaiono durante la pubertà, influenzandone la normale evoluzione. Il processo puberale, infatti, subisce un allentamento e una conclusione anticipata. Le manifestazioni cliniche principali sono l'ipogonadismo (cioè testicoli di piccole dimensioni) e un alterato processo di maturazione degli spermatozoi (spermatogenesi).

Nell'età prepuberale (infanzia e preadolescenza), solo alcuni pazienti mostrano degli indizi che inducono a sospettare la sindrome di Klinefelter. Si tratta di manifestazioni alquanto vaghe, perché comuni ad altre patologie o perché non così evidenti da attirare le attenzioni. Inoltre, i soggetti con sindrome di Klinefelter presentano:
  • sovrappeso;
  • aumentato rischio di osteoporosi;
  • disordini autoimmuni della tiroide;
  • diabete mellito di tipo 2.
Con l'aumento del numero dei cromosomi X, aumenta anche la gravità dell'invalidità intellettuale e delle malformazioni.
 

Come si effettua la diagnosi?

La diagnosi della sindrome di Klinefelter è basata sullo studio genetico del cariotipo. Può essere accertata o diagnosticata in epoca prenatale con indagini come l’amniocentesi sul campione di liquido amniotico che può mettere in evidenza un’eventuale alterazione cromosomica. La diagnosi precoce è fondamentale per evitare danni irreversibili alla spermatogenesi e consentire un intervento tempestivo volto alla crioconservazione del seme.

La sindrome spesso però passa inosservata sino all’adolescenza o all’età adulta. Pertanto, solo un terzo dei malati sa di averla. Nei bambini un campanello d’allarme è rappresentato dalle dimensioni, inferiori alla norma, dei testicoli e del pene; negli adolescenti, dal ritardo nella comparsa dei caratteri sessuali secondari (peli, barba, etc.). In molti casi, la sindrome di Klinefelter è scoperta solo in occasione dell’esecuzione di un test di fertilità. Può essere definita con certezza solo mediante l'analisi citogenetica, cioè attraverso lo studio dei cromosomi.

Con l'aumento del numero dei cromosomi X, aumenta anche la gravità dell'invalidità intellettuale e delle malformazioni. La diagnosi genetica deve essere accompagnata da uno studio ormonale completo. Sono infine indispensabili uno studio testicolare con eco-color-doppler e un esame del liquido seminale. In assenza di tali manifestazioni, la diagnosi viene generalmente posta in età fertile, quando, dopo diversi tentativi infruttuosi di concepimento, i pazienti si rivolgono ad un andrologo.
 

Quali sono i rischi?

Le persone con sindrome di Klinefelter hanno una maggiore tendenza all’obesità e possono presentare ginecomastia (prevalentemente bilaterale). Questa malattia può portare diverse complicanze, dovute principalmente ai disturbi ormonali che riguardano il testosterone.

Si ha inoltre un rischio maggiore di sviluppare patologie autoimmuni come:
 
  • il diabete mellito di tipo 2;
  • osteoporosi;
  • il lupus eritematoso sistemico (LES) e l’artrite reumatoide;
  • l’ipotiroidismo;
  • disturbi del linguaggio;
  • alcuni tumori e disturbi psichiatrici, quali ansia, nevrosi, psicosi e depressione, dal momento che si percepiscono le differenze dai coetanei sani e si risponde, di conseguenza, con atteggiamenti caratterizzati da: introversione, sudditanza, ansia, oltre ad un aumento del rischio di osteoporosi e disordini autoimmuni quali tiroiditi, artrite reumatoide e sindrome di Siogren.
Inoltre, i maschi con sindrome di Klinefelter sono maggiormente colpiti, rispetto ai maschi sani, da carcinoma mammario. In questi pazienti, infine, vi è un'aumentata incidenza di alcune patologie tumorali quali: carcinoma mammario, leucemia linfatica acuta e neoplasie delle cellule germinali.

Esiste inoltre il rischio di trombo-embolia e malattie cardiovascolari. Si deve segnalare anche la tendenza dei maschi con questa sindrome ad essere maggiormente colpiti, rispetto ai maschi sani, da tumore al seno.
 

Quali sono i trattamenti possibili?

Per quanto concerne le possibilità di cura esistenti per la sindrome di Klinefelter, attualmente non esiste una terapia specifica. La mutazione genetica che ne è all’origine è irreversibile e può essere curata esclusivamente con una serie di terapie a seconda dei sintomi che si presentano.

Una diagnosi tempestiva è la condizione imprescindibile per trovare una cura, oltre ad attenuare di molto le manifestazioni di tale sindrome. Nei pazienti a rischio, in particolare nel caso di gravidanze oltre i 35 anni di età, esistono degli esami che potrebbero migliorare la vita recuperando spermatozoi da crioconservare per il futuro (tramite biopsia testicolare).

Si suggerisce un monitoraggio endocrinologico a partire dall’età puberale e, nei soggetti con deficit di testosterone, la terapia sostitutiva ormonale. Le tipologie di terapia utilizzabili sono divise in tre tipologie: farmacologiche, chirurgiche e psicologiche.

La terapia farmacologica è di tipo ormonale, deve essere sempre indicata dallo specialista e si avvale dell’uso di cerotti, gel o fiale a lento rilascio. I farmaci da assumere vengono rilasciati gratuitamente in quanto malattia rara.

La chirurgia trova indicazione solo in caso di ginecomastia significativa (10% dei casi). Infine, rimane la terapia psicologica, volta soprattutto ad evitare l’isolamento del paziente dal momento che test clinici hanno avvalorato l’ipotesi che in questi soggetti vi sia una certa vulnerabilità ai tratti autistici. Il problema della sindrome di Klinefelter, non sono le possibilità di cura ma la mancata diagnosi. Infatti, ciò consentirebbe di individuare disturbi che se presi in tempo potrebbero essere trattati ma che nel lungo periodo hanno conseguenze serie sulla vita riproduttiva dell’uomo.

Per quanto riguarda questo trattamento della malattia, si deve considerare l’utilità di iniziare la terapia sostitutiva con testosterone quando si documenta un aumento della concentrazione delle gonadotropine, già in epoca peri-puberale, al fine di favorire un regolare sviluppo dei caratteri sessuali secondari, di ottenere un’adeguata struttura muscolare e raggiungere un normale picco di massa ossea.

Nei pazienti con scarsa virilizzazione può rivelarsi utile la somministrazione di androgeni; tuttavia, questa terapia, in alcuni casi, può paradossalmente aggravare la ginecomastia probabilmente a causa dell'aumento del substrato androgenico per la sintesi periferica di estrogeni. Generalmente grazie alla terapia con testosterone i livelli plasmatici di LH ritornano alla normalità anche se solo dopo molti mesi. Talvolta però, nonostante tutti gli sforzi terapeutici, gli ormoni ipotalamici non tornano affatto alla normalità. L'intervento chirurgico rappresenta il trattamento principale per eliminare la ginecomastia mentre, purtroppo, non esistono a tutt'oggi metodi efficaci per correggere l’infertilità, alcuni studi suggeriscono il recupero degli spermatozoi con eventuale crioconservazione già a partire dal compimento dalla maggiore età, poiché quest’ultima gioca un ruolo significativo nei tassi di recupero degli spermatozoi.

 

Bibliografia

  • Lanfranco F, Kamischke A, Zitzmann M, Nieschlag E. Klinefelter's syndrome. Lancet. 2004 Jul 17-23;364(9430):273-83.
  • Lanfranco F, Kamischke A, Zitzmann M, Nieschlag E. Klinefelter's syndrome. Lancet. 2004 Jul 17-23;364(9430):273-83.