Cos’è la fibrillazione atriale?

La fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo cardiaco che si manifesta con una completa irregolarità del battito del cuore.

Se normalmente la cadenza dei battiti è regolare, con la fibrillazione diventa caotica, ossia l’intervallo tra un battito e l’altro è continuamente diverso.

Illustrazione 1 - Cardiologia

Cosa causa la fibrillazione atriale?

Nel cuore normalmente ogni battito inizia in un punto ben preciso dell’atrio destro, in cui ha sede un gruppo di cellule specializzate capaci di mandare ciclicamente impulsi elettrici (60-80 al minuto in condizioni di riposo) che si propagano in tutto il muscolo cardiaco, provocandone la contrazione.

Nel cuore in fibrillazione atriale tanti piccoli gruppi di cellule dislocati nei due atri inviano impulsi in maniera disordinata e indipendente, ma dei tanti impulsi, solo alcuni riusciranno a propagarsi nelle restanti zone del cuore (ventricoli) provocando un numero di contrazioni al minuto irregolari e variabili.

È come se al posto di un singolo interruttore di una lampadina ce ne fossero tanti che si accendono e spengono caoticamente, così da far accendere la lampadina in maniera disordinata.
 

La fibrillazione atriale può colpire chiunque?

Teoricamente sì; infatti, sia le persone con cuore sano che quelle con cuore malato possono andare incontro a questa aritmia.

Più precisamente le probabilità di insorgenza aumentano progressivamente con l’età, sono quasi nulle nei bambini e nei giovani non cardiopatici, mentre nella popolazione adulta e anziana riscontriamo una incidenza che va dall’ 1 al 6% tra i 60 e gli 80 anni. Gli uomini ne sono più colpiti.
 

In quali malattie è più frequente?

Ovviamente nelle malattie cardiache quali i difetti delle valvole del cuore, in particolare la stenosi mitralica; nei soggetti con cardiopatia ischemica, ossia quelli affetti da stenosi delle coronarie che abbiano avuto o no l’infarto; nei soggetti con ipertensione arteriosa da lunga data specie se non perfettamente curata; in caso di pericardite, e ancora nelle persone sottoposte ad interventi di cardiochirurgia (sostituzioni valvolari, by-pass aorto coronarico). Abbiamo poi delle malattie extracardiache che possono comportare fibrillazione atriale, tra queste l’ipertiroidismo, le malattie digestive (gastrite, ulcera, ernia jatale, calcoli della cistifellea), l’embolia polmonare, l’abuso di alcol, fumo, droghe.


Quali sono i sintomi?

Alcune persone, una minoranza, non hanno sintomi, e l’aritmia può essere un riscontro casuale durante una visita di routine o in occasione di malattie emboliche come l’ictus cerebrale o le ischemie acute degli arti inferiori. Nelle persone sintomatiche, si possono avere:

  • palpitazioni;
  • affanno;
  • stanchezza per sforzi anche lievi; 
  • gonfiore delle gambe;
  • raramente svenimenti.
 

Quanto dura la fibrillazione atriale?

Qui abbiamo una grande variabilità, infatti l’aritmia può durare pochi secondi, minuti, ore, giorni, mesi, anni fino a diventare permanente o cronica e che durerà, quindi, tutto il resto della vita della persona.
 
A seconda della durata si parla di fibrillazione isolata (1 singolo breve episodio), di fibrillazione parossistica (che dura al massimo 7 giorni e passa da sola), di fibrillazione persistente (durata di oltre 1 settimana che passa grazie ai farmaci o alla cardioversione elettrica) e di fibrillazione cronica non più passibile di cura.


Come si cura la fibrillazione atriale?

Per far tornare il cuore al suo ritmo normale, detto sinusale, abbiamo a disposizione i farmaci antiaritmici, la cardioversione elettrica e l’ablazione.

I farmaci hanno una buona probabilità di efficacia nei casi in cui l’aritmia è insorta da pochi giorni fino a 3-6 mesi. La cardioversione elettrica è altamente efficace anche nei casi di più lunga durata, diciamo da 6-18 mesi, si effettua in anestesia generale di pochi minuti e richiede un breve ricovero di 24-36 ore.

L’ablazione consiste nella eliminazione delle vie elettriche anomale tramite applicazione di calore con cateteri che raggiungono l’interno del cuore attraverso una vena della gamba, si effettua in sale operatorie appositamente attrezzate in centri specialistici, non richiede quasi mai l’anestesia generale, necessita di ricovero di 2-3 giorni; le possibilità di guarigione nel lungo periodo sono variabili dal 40 all’80% dei casi.


Quali rischi comporta la fibrillazione atriale?

I pericoli del convivere con l’aritmia sono prevalentemente legati alla formazione di trombi all’interno del cuore da cui possono staccarsi dei frammenti e determinare il cosiddetto fenomeno dell’embolia.

Gli emboli possono andare ad occludere piccole e medie arterie del cervello, delle gambe, degli organi interni, determinando i quadri clinici dell’ictus cerebrale o delle ischemie degli arti.

Anche il cuore, ovviamente, soffre della presenza della fibrillazione potendosi quindi deteriorare la sua funzione peculiare di pompa del sangue e comportare nel tempo il quadro dello scompenso cardiaco con affanno e gonfiore delle gambe. Ciò non toglie che molte persone riescano a vivere normalmente anche per anni e anni con la fibrillazione.

 

È possibile limitare il rischio dell’embolia?

Oggi è consolidato l’uso dei farmaci anticoagulanti, capaci quindi di fluidificare il sangue e sciogliere i trombi che si possono formare nelle cavità cardiache. Sono altamente efficaci ma richiedono una grande attenzione nel seguire i giusti piani di terapia. Per il Sintrom e il Coumadin occorre infatti una precisa assunzione delle dosi prescritte e un periodico controllo del grado di fluidità del sangue che possiamo misurare con un prelievo ematico quindicinale (dosaggio dell’INR). 

L’uso dei nuovi farmaci anticoagulanti (cosiddetti NAO), quali il Pradaxa, l’Eliquis, il Lixiana e lo Xarelto  non richiede il controllo dell’INR ma solo dei valori della funzione renale ed epatica ogni 3-4 mesi. Il cardiologo valuterà la possibilità di assunzione dei farmaci suddetti e di quale tipo in base alle caratteristiche cliniche del singolo paziente.
 

Cosa deve fare chi soffre di fibrillazione atriale?

Certamente deve farsi seguire dal medico di medicina generale e dallo specialista cardiologo per concordare la terapia più giusta che varierà in relazione alla durata dell’aritmia, alle possibili cause, alle malattie concomitanti cardiache e non cardiache, alla presenza di fattori in grado di aumentare il rischio tromboembolico. La strategia della terapia andrà ritagliata come un vestito sul singolo soggetto che ne è affetto secondo delle linee guida approvate e riconosciute dalle società cardiologiche italiane e internazionali. 

 

Quali esami diagnostici occorre effettuare?

 A giudizio dello specialista la persona che soffre di fibrillazione atriale dovrà sottoporsi a visite cardiologiche periodiche con elettrocardiogramma.
 
Altri esami utili sono la registrazione dell’elettrocardiogramma di lunga durata con l’Holter delle 24 ore e l’ecocardiogramma con la valutazione della capacità contrattile del cuore e di eventuali vizi valvolari.

In casi selezionati sarà utile effettuare la TAC o la risonanza magnetica cerebrale per svelare eventuali zone ischemiche nonché studiare la circolazione delle arterie carotidi e delle gambe.
 

Quanto possiamo tranquillizzare chi ne soffre?

Da una parte, il medico deve informare e sensibilizzare la persona che ne è affetta sul significato dell’aritmia, sui rischi che si corrono, sui motivi dei controlli periodici e dei farmaci da assumere, dall’altro si può essere tranquillizzanti, considerando le capacità diagnostiche e terapeutiche di cui oggi disponiamo.

Bibliografia

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