Cos’è la calcolosi urinaria?

La calcolosi urinaria, da sempre considerata patologia di esclusiva pertinenza chirurgica, deve più propriamente essere ritenuta una malattia di interesse multidisciplinare. Il miglioramento delle tecniche laboratoristiche e strumentali ha, infatti, consentito di ampliare le nostre conoscenze sulla fisiopatologia della nefrolitiasi mettendo in evidenza una serie di “anomalie” sia urinarie sia sistemiche la cui correzione può essere in grado di influenzare il decorso della malattia litiasica e delle sue complicanze.

Si sono così andate delineando, in maniera progressivamente più chiara, le caratteristiche di un approccio medico alla malattia che affianchi ed integri quello chirurgico. Di fatto però, nonostante l’esistenza di Linee Guida specialistiche sull’argomento, accade spesso che il paziente affetto da nefrolitiasi trovi, ancora oggi, difficoltà nell’individuare le figure professionali cui affidarsi per una valutazione clinica più ampia, e che il medico di medicina generale si trovi spesso impreparato anche per un approccio di primo livello.

Illustrazione 1 - Urologia

Il gruppo di studio multidisciplinare per la calcolosi renale, che da tempo organizza incontri annuali, ha fatto propria l’esigenza di tracciare un percorso diagnostico terapeutico comune da utilizzare per il paziente con calcolosi urinaria, e da destinare alle figure professionali più coinvolte, a partire dal medico di medicina generale ma anche all’urologo, al nefrologo o all’internista. Attraverso un percorso di lavoro interdisciplinare, si è così giunti alla redazione di un documento, ispirato alle linee guida esistenti, che ambisce essere un aiuto di semplice, rapida e agile lettura ed applicazione, indirizzato alla buona pratica clinica nel paziente con calcolosi renale.
 

Introduzione

La calcolosi urinaria è una malattia ampiamente diffusa nella popolazione generale, con una prevalenza nella popolazione adulta che varia fra l’1% ed il 10% in Italia e nei paesi industrializzati.

La sua naturale tendenza alle recidive determina costi individuali e sociali derivati dalla clinica e dai necessari provvedimenti diagnostici e terapeutici. La calcolosi non va comunque intesa come malattia esclusiva delle vie urinarie, ma comporta anche rischio di malattia renale cronica fino all’insufficienza renale per le complicanze o le patologie di base che inducono la nefrolitiasi. Inoltre, la calcolosi calcica ha un elevato rischio anche di malattia metabolica ossea. Questi sono i motivi per i quali ogni paziente affetto da nefrolitiasi deve essere sottoposto sin dal primo evento della malattia a valutazione morfo-funzionale renale e clinico-metabolica, con lo scopo di impostare una terapia che avrà lo scopo non solo di ridurre il rischio di recidive ma anche il rischio di malattia renale cronica od ossea.
 

Come si classifica la calcolosi urinaria?

La classificazione adottata si basa sulla composizione del calcolo, perché i diversi tipi hanno patogenesi ed etiologie differenti che condizionano un diverso approccio terapeutico. In base alla storia clinica della malattia, è inoltre importante distinguere nell’ambito di tale classificazione, le forme recidivanti o meno e quelle a rischio di complicanze sistemiche quali la CKD e la MBD.

Definiamo come “paziente recidivante” quello che ha avuto >3 nuovi episodi di calcolosi negli ultimi 5 anni: anche un paziente al primo episodio o recidivante occasionale, che presenti, però, alle indagini di imaging altri calcoli mono/bilaterali, va classificato come paziente recidivante.

Come si diagnostica?

L'anamnesi ha lo scopo di fornire informazioni relative a:

  • grado di attività della malattia: numero totale di episodi litogeni negli ultimi cinque anni;
  • presenza di familiarità;
  • abitudini dietetiche e stile di vita: anche se una completa indagine nutrizionale implica la partecipazione di personale specializzato e l’utilizzo di software dedicato, un approccio anamnestico di primo livello può consistere nella formulazione di poche domande volte ad evidenziare i principali disordini alimentari implicati nel rischio litogeno ed a suggerire l’eventuale invio del paziente ad una indagine nutrizionale di livello successivo. L’anamnesi dietetica deve raccogliere informazioni inerenti all’apporto calorico, alla quantità e al tipo dei liquidi e dei seguenti nutrienti: sale; proteine animali; calcio ossalato; carboidrati; potassio;
  • patologie causa di rischio di MBD e/o CKD: i pazienti con calcolosi calcica che abbiano seguito dieta ipocalcica (limitazione severa di latticini ovvero <800 mg/die di calcio) per i periodi protratti possono sviluppare osteopenia. Questo tipo di dieta è in linea generale da evitare. Oltre a ciò, vi sono altre condizioni di rischio per osteopatia, le quali possono essere sospettate/individuate durante la raccolta anamnestica o nel corso dell’iter diagnostico minimo consigliato. Tali condizioni sono riportate in tabella ii ove sono elencati anche i principali fattori di rischio per CKD dovuti a calcolosi urinaria;
  • farmaci con potenziale effetto litogeno: cortisonici, alcalinizzanti, uricosurici (sulfinpirazone, probnecid, losrtan), lassativi, supplementi di calcio, acetazolammide, vitamina D, indinavir, atazanavir, ceftriaxone, efedrina, sandostatina, topiramato;
  • indagini strumentali eseguite;
  • procedure urologiche: ESWL, URS, PCNL, ureterolitomia, nefrolitotomia, nefrectomia parziale, nefrectomia totale.
 Illustrazione 2 - Urologia

Il medico di Medicina Generale è la figura professionale più frequentemente coinvolta per prima nell’iter diagnostico-terapeutico della malattia. Con un’anamnesi ben condotta ed un numero limitato di esami di laboratorio, che definiamo di primo livello, si possono:

  • individuare alcune forme di calcolosi secondaria;
  • selezionare i pazienti a maggior rischio di CKD;
  • selezionare i pazienti a maggior rischio di MBD.

  Esami di primo livello

  • Esami ematici: creatinina, urea, glucosio, acido urico, Na, K, Cl, calcio, fosforo, assetto lipidico;
  • esami urinari: esame delle urine completo, urino coltura per germi comuni;
  • esami strumentali: ecografia ed eventuale diretta all’addome, entrambe dopo accurata toilette intestinale;
  • esame della composizione del calcolo espulso o di frammenti, quando possibile.
Un tale approccio di primo livello, per la semplicità di esecuzione ed il basso costo, ha la caratteristica di poter essere applicato sulla quasi totalità dei pazienti affetti dalla malattia, e consente di selezionare i pazienti da avviare ad una valutazione di secondo livello. Lo studio di secondo livello potrà essere gestito dal MMG stesso o in collaborazione con uno specialista.

Esami di secondo livello

  • Esami ematici: oltre agli esami del primo livello, se non eseguiti, PTH, 25 e 1,25 vitamina D, emogasanalisi, magnesio, fosfatasi alcalina.
  • esami urinari 24 ore: urea, creatinina, acido urico, Na, K, Cl, Mg, calcio, fosforo, ossalato, citrato, pH, solfato e ammonio, Test di Brand.

Nel caso di una calcolosi calcica in base alla storia clinica, possono essere opzionali, per l’acquisizione di informazioni inerenti alla patogenesi dell’ipercalciuria e/o altre alterazioni metaboliche, un esame di densitometria ossea e la contemporanea valutazione di un campione urinario spot della malattia, dopo digiuno di almeno 12 ore, con il dosaggio di calcio, creatinina, pH, markers di turnover osseo.
 

Appropriatezza dello screening metabolico

Per ottenere la massima affidabilità dello studio si raccomanda:
  • programmare lo studio metabolico a distanza di almeno un mese da eventuali episodi di colica o interventi urologici; inoltre, lo studio non deve coincidere con indagini di imaging che richiedano preparazione intestinale;
  • istruire correttamente il paziente sulle modalità di esecuzione della raccolta delle urine delle 24 ore;
  • il campione urinario delle 24 ore può essere ottenuto da una sola raccolta differenziata in due taniche contenenti rispettivamente acido cloridrico e disinfettante tipo clorexidina; l’urina di ogni minzione andrà suddivisa in parti eguali nei due diversi contenitori urinari o, in alternativa, il campione può essere ottenuto tramite due raccolte effettuate in giorni diversi; essenziale è in ogni caso l’indicazione precisa della quantità totale delle urine emesse durante il periodo di raccolta;
  • la composizione del calcolo urinario può essere determinata mediante analisi chimico-fisica semiquantitativa;
  • l’esame con spettrometria agli infrarossi o Rx è da considerarsi comunque il gold standard.
 

Esami strumentali: quali sono?

Numerose tecniche diagnostiche sono oggi a disposizione per essere utilizzate con appropriatezza:
  • RX diretta addome ed ecografia: l’esecuzione di queste metodiche permette di riconoscere la patologia litisiaca in oltre il 90% dei casi superando i limiti delle due metodiche da sole;
  • Eco-ColorDoppler: la misura dell’indice di resistenza <0.7 ed il rilievo di una differenza tra gli IR dei due reni sono indicativi di ostruzione renale. Il “twinkling artefact” o artefatto da luccichio, consente di confermare le immagini sospette. l’assenza o riduzione del “jet ureterale” in vescica, può essere interpretata come segno indiretto di ostruzione mono o bilaterale;
  • urografia: è ormai impiegata solo prima del trattamento chirurgico, endoscopico e di litotrisia od in altri casi particolari;
  • TC Spirale: la TC spirale, senza iniezione di mezzo di contrasto, è oggi utilizzata nella diagnostica d’urgenza nei pazienti con colica renale. La TC spirale permette di individuare direttamente tutti i tipi di calcolo o i suoi segni indiretti (idronefrosi, edema della giunzione uretero-vescicale, ostruzione uretrale, infiltrazione del grasso perirenale ecc.), che consentono la diagnosi di calcolosi; la TC spirale è anche in grado di discriminare una diagnostica differenziale con altre patologie. In particolare, nei soggetti recidivanti o in quelli di sesso femminile in età fertile, è da considerare il rischio derivante dall’uso indiscriminato della TC spirale in ogni episodio sospetto per colica renale;
  • uro TC: è una metodica di studio che sostituisce a tutti gli effetti il vecchio esame urografico. Consiste nell’esecuzione di un normale esame TC dell’addome sfruttando la fase precoce di impregnazione per lo studio dei reni e della vescica e la fase di eliminazione (dai 5 ai 10 minuti dopo l’iniezione di mdc per un esame urografico convenzionale la cosidetta IVP, introvenous pielography o pielografia di eliminazione). Ha il vantaggio di non richiedere la preparazione intestinale, e permette la valutazione anche di eventuali patologie extraurinarie. I limiti stanno nel costo maggiore e soprattutto nella maggiore esposizione alle radiazioni che può essere anche quattro volte maggiore rispetto all’urografia;
  • pielografia ascendente (retrograda) o discendente (anterograda): per il carattere di invasività dovrebbe essere eseguita soltanto nel contesto di una procedura operativa di ureterenoscopia o di posizionamento di una nefrotomia percutanea derivativa;
  • scintigrafia renale sequenziale: lo studio funzionale con isotopi resta la metodica più affidabile nella valutazione della compromissione della singola unità renale e della presenza e grado dell’ostruzione eventualmente presente,
  • risonanza magnetica: l’utilizzo della RM riduce il numero dei pazienti da sottoporre a studio TC e di conseguenza il carico di radiazioni. Trova la sua indicazione nei pazienti a maggior rischio di esposizione ai raggi X (pazienti in gravidanza, in età pediatrica.
 

Qual è la terapia della calcolosi?

Per tutti i tipi di calcolosi renale, la terapia medica ha lo scopo di prevenire l’accrescimento o la nuova formazione (recidive) di calcoli. Nel caso della calcolosi di acido urico, è possibile la riduzione o la dissoluzione dei calcoli presenti nelle vie escretrici. L’identificazione della composizione dei calcoli e/o dei fattori metabolici di rischio, rende possibile applicare terapie specifiche; quando questo non accade, possiamo applicare norme generali, comunque valide, allo scopo di prevenire le recidive e correggere anche i fattori di rischi per CKD o MBD. In particolare, sarà comunque utile la correzione del peso corporeo, la normalizzazione della pressione arteriosa e la correzione di altre patologie concomitanti quali: dislipidemia, iperuricemia, intolleranza glucidica, ecc. Per le forme di calcolosi secondaria, la terapia di scelta consiste, ove possibile, nel trattarne la patologia di base.

Illustrazione 3 - Urologia

 

Norme generali

  • Terapia idroponica: un provvedimento aspecifico ma valido per qualsiasi paziente con storia di calcolosi non ostruente. La quantità da definire non è l’acqua da bere ma il volume di diuresi da ottenere in 24 ore. È necessario quindi introdurre una quantità di liquidi tale da indurre una diuresi costantemente superiore ai due litri al dì. Come provvedimento generale viene consigliata un’acqua oligominerale distribuita durante la giornata e sempre prima di coricarsi;
  • prescrizioni dietetiche: si può consigliare, oltre alla terapia idroponica, una DIETA a contenuto controllato in proteine animali, sale, e zuccheri semplici. Con questo provvedimento è ragionevolmente possibile attendersi una riduzione dell’escrezione urinaria di promotori come il calcio e l’acido urico, con aumento dell’escrezione di inibitori come il citrato, tutte modificazioni che vanno in senso antilitogenico. Quindi possiamo consigliare una dieta intorno a 0.8-1.0/kg/p.c. ideale/die di proteine, con apporto di sale inferiore ai 6 g al dì, e con ampio uso di alimenti di origine vegetale. In pratica una dieta “mediterranea” che comprenda uso di pane, pasta, riso, cereali, latticini, verdura, frutta, limitando il quantitativo di carni o pesce (indicativamente intorno a 150g). Si può anche suggerire di limitare l’assunzione di alimenti molto ricchi di ossalato. Invece, si consiglia di mantenere l’introduzione raccomandata di calcio (1.0-1.2 g al di), senza escludere totalmente i latticini dalla dieta.

Calcolosi di cistina

Obiettivo prioritario del trattamento della calcolosi cistinica è la riduzione della sua soprasaturazione urinaria, mediante l’aumento della diuresi e del pH urinario; se non sufficiente si potrà ricorrere a farmaci capaci di aumentare la solubilità urinaria della cistina. Può essere utile anche la riduzione dell’apporto dietetico di metionina (carni, pesce, uova, latticini, ecc) precursore della cistina. Poiché il pH urinario dovrà essere mantenuto sopra 7.0, è necessario un suo regolare controllo domiciliare.

Calcolosi infetta

Obiettivo principale è la sterilizzazione del tratto urinario, generalmente possibile solo dopo risoluzione urologica della calcolosi, con completa bonifica delle vie urinarie:
  • terapia idroponica;
  • trattamento antibiotico mirato, quando possibile;
  • profilassi delle infezioni urinarie (acidificanti, cicli di antibiotici a basso dosaggio o “pulse”).

Follow-up

Il follow-up minimo nei pazienti con calcolosi urinaria recidivante consiste nel controllo dell’esame urine completo, urino coltura ed ecografia rene e vie urinarie almeno ogni 6 mesi, insieme ad un regolare controllo del peso corporeo e della pressione arteriosa. Inoltre, per chi presenta fattori di rischio specifici, dovranno essere previsti controlli per valutare l’efficacia dei provvedimenti terapeutici e la necessità di eventuali modifiche.

Naturalmente, sulla base delle suddette diverse tipologie di pazienti, i controlli saranno arricchiti dagli esami ematochimici e urinari specifici del caso e realizzati con frequenza variabile sempre in base alle necessità cliniche.
 

In sintesi

La storia naturale della calcolosi urinaria comporta un rischio di recidiva e di malattia cronica renale e/o ossea. Per questo motivo una valutazione clinico-metabolica del paziente è di grande importanza sin dalla prima osservazione della malattia, con lo scopo di individuare il tipo di calcolosi presente, i fattori di rischio ad essa correlati, e quello di impostare un appropriato trattamento preventivo. Il percorso diagnostico-terapeutico descritto comprende:
  • un’anamnesi accurata riguardante la presenza di calcolosi secondaria e di principali fattori di rischio per malattia renale cronica e ossea;
  • l’esecuzione di una valutazione metabolica articolata su più livelli secondo la gravità della malattia e la presenza o meno di fattori di rischio;
  • l’esecuzione di indagini strumentali appropriate. Le informazioni così raccolte consentono di impostare un trattamento preventivo consistente in norme di carattere generale, se necessario, interventi farmacologici specifici.
 

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