Autori: dott.A. Gizdulich, dott. F. Vicenzo

Occlusione patologica

L'occlusione patologica può essere definita come la

capacità di generare input propriocettivi che turbano la normale funzione muscolare e portano la mandibola in malposizione con il complesso mascellare del cranio. 


Che cos’è l’occlusione patologica?

Vere e proprie interferenze dentali causate da marcate malposizioni coronali così come semplici precontatti generano una risposta sensoriale, per lo più proveniente dai recettori parodontali, ma anche da tutti gli altri propriocettori stomatognatici, che informano il SNC dell'elemento di disturbo.

Sulla base di queste continue informazioni il SNC imposta un modello di funzione finalizzato ad evitare il contatto nocivo, che determina uno spostamento dell'osso mandibolare e una conseguente dislocazione condilare, di entità variabile ed assolutamente individuale: i muscoli masticatori così come quelli cervicali e ioidei, sono chiamati dunque a svolgere un lavoro aggiuntivo, dovendo operare in modo da originare e terminare ogni movimento masticatorio, fonatorio e di deglutizione integrando queste nuove informazioni.

Si realizza cioè un nuovo atteggiamento posturale della mandibola che dovrà essere mantenuto per tutte le 24 ore e che determinerà un ipertono muscolare di tutti i territori competenti.

Cosa rischio con l’occlusione patologica?

Il perpetuarsi di tale richiesta funzionale nel tempo dà avvio ad un sovraccarico capace di generare veri e propri danni strutturali con formazione di punti trigger miofasciali ossia di sarcomeri ipercontratti, accorciati fino a costituire dei piccoli noduli contenuti all'interno di bande muscolari, incapaci di rilasciarsi per esaurimento delle risorse energetiche.

Cosa significa meccanismo perpetuo?

La dislocazione mandibolare tuttavia genera nuove aree di interferenza dentale che agiranno creando a loro volta nuove informazioni propriocettive da integrare ed elaborare fino a quando il SNC stabilizzerà la mandibola nella cosiddetta posizione di massima intercuspidazione (PMI), ossia quella relazione intermascellare determinata dal maggior numero possibile di contatti dentali. Tale relazione cranio-mandibolare è regolata dal continuo equilibrio dinamico di organi sensoriali ed azioni neuromuscolari, legati in un meccanismo perpetuo.
 

Cosa sono i precontatti dentali?

I precontatti dentali, comunemente studiati in condizioni di statica, sono diffusamente intesi nella pratica comune come quelle aree di contatto prematuro che si realizza mantenendo la mandibola in posizione di occlusione abituale o in relazione centrica, seguendo un modello "precondizionato" di posizionamento della mandibola: l'identificazione di tali aree di primo contatto ed il loro ruolo patogenetico non può essere di grande significato se i rilevamenti sono eseguiti mantenendo la mandibola in una posizione indotta e condizionata soggettivamente dall'operatore o anche semplicemente nella posizione di occlusione abituale del paziente, non necessariamente fisiologica in quanto condizionata dalla memoria propriocettiva, adattativa, del paziente.

Tali analisi dunque dovrebbero essere coordinate con altre indagini funzionali in grado di dimostrare la posizione fisiologica della mandibola ed il suo movimento verso la posizione di massima intercuspidazione: questo permette di individuare la consequenzialità dei contatti dentali quando la mandibola si muove lungo la traiettoria neuromuscolare individuale, nel massimo bilanciamento muscolare.
 

Come si effettua una diagnosi da occlusione?

L'introduzione di una verifica occlusale tramite stimolazione TENS e applicazione di cere adesive si presta ottimamente allo scopo permettendo di ritrovare la traiettoria neuromuscolare individuale e di individuare i primi contatti deflettivi attraverso contrazioni muscolari involontarie.

Al contrario, indagare sulle prematurità con semplici carte di articolazione non potrà essere un atto realmente terapeutico, né la sola visione delle aree di contatto potrà realmente informare sull'equilibrio di lavoro dell'apparato masticatorio.
 

Si può vivere con l’occlusione patologica?

Ogni essere umano può facilmente convivere con il proprio assetto funzionale, ancorché alterato o patologico, e tale assetto può essere elaborato negli anni in una percezione di salute più o meno assimilabile alle condizioni fisiologiche ideali, ma può anche improvvisamente ed inspiegabilmente esaurire le individuali capacità di adattamento, iniziando a manifestare sintomi algico-disfunzionali tipici dei disordini cranio-mandibolari (DCM). 
 

Sintomi

L'insorgenza della sintomatologia dolorosa e disfunzionale avviene con modi e tempi assolutamente imprevedibili, rendendo impossibile alcuna correlazione tra grado di disfunzione ed entità della sintomatologia.

Il rapporto di correlazione tra prematurità e DCM non è tuttavia riconosciuto in modo univoco: ad esempio alcuni gruppi di studio hanno testato interferenze dentali sperimentali su soggetti "sani" con lo scopo di studiarne gli effetti disfunzionali muscolari a 8 giorni di distanza, ma purtroppo i parametri clinici ed i tempi di latenza individuali con cui insorgono i sintomi non hanno potuto chiarire molto a riguardo; solo nel momento in cui sono stati presi in considerazione dati strumentali oggettivi (EMG), è stato possibile evidenziare un'alterazione funzionale muscolare, anche in assenza di sintomatologia dolorosa.
 

Tecniche kinesiografiche per la diagnosi di occlusione?

Appare dunque sempre più chiara l'importanza di una verifica obiettiva del grado di bilanciamento muscolare, anche per le più comuni riabilitazioni odontoiatriche.

A tale scopo sono in uso da tempo le tecniche kinesiografiche di analisi della cinetica mandibolare ed elettromiografiche (EMG), con ausilio di TENS, che rappresentano i mezzi di indagine funzionale non invasivi più affidabili per misurare lo stato fisiopatologico dell'apparato masticatorio. 

Un'analisi completa dovrebbe però includere anche la valutazione delle aree e dei carichi di pressione realizzati nel contatto dentale, che rappresenta la verifica finale del corretto bilanciamento stomatognatico. È evidente che la sola dimostrazione del buon combaciamento morfologico delle arcate o la visione delle superfici di contatto tra denti antagonisti non possa essere di per sé sufficiente a dimostrare lo stato fisiopatologico dell'apparato masticatorio, ma rappresenta un'indispensabile verifica finale di ogni terapia odontoiatrica il cui successo ortopedico non può essere evidentemente raggiunto senza garantire un'adeguata distribuzione dei contatti dentali.
 

Caso clinico

Scopo del presente studio è dunque quello di osservare, in un caso algico disfunzionale pilota, le aree di contatto ed i relativi carichi occlusali in differenti condizioni d'intercuspidazione dentale: su una dentatura naturale in condizione di occlusione patologica, e con correzione ortopedica dell'occlusione dentale (ortotico neuromuscolare di Jankelson) utilizzato come riferimento di occlusione dentale fisiologica.

In particolare sono valutati l'intensità e la continuità di esercizio della forza espressa nel massimo serramento, l'analisi visiva delle aree di contatto dentale, l'intensità e la consequenzialità temporale dei contatti realizzata a carico dei singoli denti.

Anamnesi ed esame clinico

E' stato preso in considerazione il caso di B.J. (anni 35, femmina), con dentatura completa e rapporto molare di II classe lieve a destra e seconda classe netta a sinistra, deviazione della linea interincisiva inferiore di 1 mm verso sinistra in occlusione abituale. La pz riferisce episodi di cervicalgia e dolore continuo in regione zigomatica sinistra con coinvolgimento dell'articolazione temporo-mandibolare omolaterale.

La visita clinica assistita dalla visione dei reperti radiologici delle arcate dentali e della colonna vertebrale mostra la presenza di segni di irregolarità del piano occlusale,associati ad anteriorizzazione della testa, evidenti festonature del margine linguale e ispessimenti genieni da morsicamento (linea alba). Si registrano alterazioni della motilità articolare sinistra, dolente in massima apertura orale. L'esame obiettivo dimostra la presenza di marcata dolorabilità muscolare dei muscoli masseteri e pterigoidei esterni e un tono dei muscoli cervicali giudicato clinicamente normale.

Esami funzionali

La diagnosi clinica di disordine cranio mandibolare è stata perfezionata con l'ausilio di esami kinesiografici dei movimenti mandibolari (K6I Myotronics, Seattle, U.S.A.®) (Fig. 1), eseguiti in condizioni abituali e dopo stimolazione TENS (J3 Myotronics, Seattle, U.S.A.®) del V nervo cranico, secondo il protocollo operativo in uso per la realizzazione del dispositivo ortopedico intraorale di occlusione in equilibrio neuromuscolare (ortotico secondo Jankelson).

Illustrazione 1 - Odontoiatria
Fig. 1 - Kinesiografo integrato K6I (Myotronics).

L'analisi dei contatti occlusali è stata eseguita con il sistema T-scan II (Tekscan Occlusal Diagnostic System, Tekscan Inc®) (Fig. 2), costituito da un sensore a circuito stampato spesso
100µm alloggiato su una forchetta di supporto e collegato ad un computer, che visualizza le aree di contatto ed il grado di pressione raggiunto.

Illustrazione 2 - Odontoiatria
Fig. 2 ? Sensore T-scan (Tekscan) alloggiato fra le arcate.

L'analisi vettoriale delle forze occlusali studiate permette di calcolare il baricentro mandibolare e le sue oscillazioni durante il serramento dentale. L'analisi quantitativa e temporale di tali contatti dentali permette di identificare l'estensione, la posizione e la sequenza delle aree di contatto, oltre che l'intensità e la continuità della forza che viene esercitata.

L'ortotico, alloggiato all'arcata inferiore, è stato realizzato, secondo il protocollo di Jankelson3, in modo tale da garantire un combaciamento dentale anatomico con i denti mascellari (di tipo cuspide-fossa e con contemporaneità dei contatti in occlusione) e una relazione intermascellare di occlusione miocentrica, ossia in coincidenza con la traiettoria neuromuscolare individuale, peraltro con una dimensione verticale tale da mantenere uno spazio libero fisiologico in posizione di riposo.

Le strumentazioni sono state impiegate per ottenere una misura dello stato fisiopatologico della paziente in condizione di occlusione su dentatura naturale (test 1) e per verificare le differenti prestazioni ottentute occludendo con l'ortotico in posizione di equilibrio neuromuscolare (test 2). I Test Kinesiografici sono contrassegnati dalla lettera "K" e quelli occlusali dalla lettera "T".

Tutte le misure sono state ottenute nella stessa visita senza dover ricorrere a particolari accorgimenti di taratura dei sensori.

Risultati

L'esame kinesiografico iniziale su denti naturali (Test 1K) dimostra un'apertura orale ridotta per estensione (22.3 mm), senza evidente laterodeviazione in fase di apertura. Il diagramma di velocità rivela una bradichinesia diffusa (velocità mandibolare media 71 mm/s), che orienta la diagnosi verso una limitazione dell'apertura orale da spasmo della muscolatura masticatoria (Fig. 3) piuttosto che da patologie intrinseche delle articolazioni temporo-mandibolari.

Fig. 3 Analisi kinesiografica dei movimenti mandibolari massimi abituali (con dentatura naturale). Visione laterale, frontale e diagramma di velocità.

L'analisi dello spazio libero individuale, osservabile dopo stimolazione trigeminale TENS di 45 minuti, mostra uno spazio libero individuale nella norma (1.8 mm), ma una lieve retrusione mandibolare (0.6 mm) ed una laterodeviazione sinistra (0,5 mm) dell'occlusione centrica rispetto alla traiettoria neuromuscolare ideale rilevata dalla stimolazione TENS.
Dunque è stato costruito l'ortotico di Jankelson, con posizione di occlusione in coincidenza con la traiettoria neuromuscolare individuale3 e con una dimensione verticale tale da mantenere uno spazio libero in posizione di riposo pari ad 1mm.

Nel test 2K il dispositivo ortopedico neuromuscolare appena inserito conferisce un'apertura orale più ampia (33,1 mm), più agevole (velocità mandibolare media 95 mm/s) e confortevole già dopo pochi minuti di applicazione (Fig. 4).
 
Illustrazione 3 - Odontoiatria
 
Fig. 4 Analisi dei movimenti mandibolari massimi con ortotico. Visione laterale, frontale e diagramma di velocità.

I risultati a distanza di alcune settimane (test 3K) dimostrano un completo recupero funzionale con apertura orale costantemente mantenuta a 50.6mm, velocità media dei movimenti di 157 mm/s e ripristino della possibilità di effettuare un movimento di scivolamento in retrusione di 3mm, precedentemente impossibile. Compare inoltre una irregolarità sul piano frontale dovuta ad una escursione condilare sinistra maggiore rispetto a quella di destra, che precedentemente risultava occultata dalla limitazione muscolare all'apertura orale (Fig. 5).
 
Illustrazione 4 - Odontoiatria

Fig. 5 Analisi dei movimenti mandibolari massimi su ortotico a 1 mese. Visione laterale, frontale e diagramma di velocità. ANALISI T-SCAN Nel Test 1T (Fig. 6a e 6b) si osserva un primo contatto in corrispondenza degli elementi.


Illustrazione 5 - Odontoiatria

Fig. 6a  Analisi T-scan a bocca vuota. Aree di primo contatto.



Illustrazione 6 - Odontoiatria

Fig. 6b Analisi T-scan a bocca vuota. Aree di contatto in massimo serramento.

In massimo serramento si osservano invece numerose ed estese aree di contatto sui versanti occlusali esterni di sinistra (tipo interferenze di I e II classe secondo Jankelson, ad effetto retrusivo sulla mandibola), lato verso il quale il baricentro mandibolare risulta lievemente decentrato. A destra il contatto dentale appare concentrato sull'intera area cuspidale con particolare interessamento del versante linguale (tipo interferenze di III classe secondo Jankelson, ad effetto protrusivo sulla mandibola).

E' interessante notare come i contatti tipo interferenze secondo Jankelson messi in evidenza dal test1 sulla dentatura naturale spiegano pienamente la deviazione della linea interincisiva inferiore di 1 mm verso sinistra in occlusione abituale, osservabile clinicamente: le interferenze ad effetto retrusivo sull'emiarcata inferiore sinistra e quelle ad effetto protrusivo sull'emiarcata inferiore destra provocano una torsione mandibolare con rotazione sul piano orizzontale (beccheggio) verso sinistra.

Si osserva infine che la paziente è in grado di raggiungere la massima forza esercitata in serramento molto lentamente, senza peraltro essere in grado di mantenerla a lungo.

Nel Test 2T (Fig. 7a e 7b) l'ortotico neuromuscolare garantisce un evidente incremento del numero dei contatti iniziali, che appaiono più bilanciati nella distribuzione su entrambi i lati. In massimo serramento il baricentro cade nel centro ideale, prossimo alla linea mediana all'altezza del secondo premolare.

Si osserva inoltre che i contatti degli elementi latero-posteriori sono praticamente tutti di tipo cuspide-fossa, e non sui versanti: dunque non ci sono interferenze di alcun tipo, ne' ad effetto protrusivo ne' ad effetto retrusivo, ed in effetti clinicamente si osserva un riallineamento delle linee interincisive in occlusione sull'ortotico; questo conferma che in occlusione abituale la paziente presentava una torsione mandibolare con rotazione verso sinistra sul piano orizzontale, che è stata corretta dall'ortotico.

Si osserva infine che la paziente è in grado di raggiungere la massima forza esercitata entro pochi istanti dall'inizio del serramento e di mantenerla costante per tutto il tempo necessario. Dunque il dispositivo ortopedico intraorale di occlusione in equilibrio neuromuscolare (ortotico secondo Jankelson), dotato di una modellazione dentale anatomica, seppur essenziale, e regolato con l'ausilio di TENS, garantisce migliori prestazioni in termini di bilanciamento dei contatti e di forza lavoro. La particolare attenzione dedicata alla modellazione occlusale fornisce un valido supporto per completare il contatto delle arcate con notevole aumento del numero delle aree di contatto occlusale.

 
 
Illustrazione 7 - Odontoiatria

Fig. 7a - Analisi T-scan su ortotico. Aree di primo contatto.

Illustrazione 8 - Odontoiatria

Fig. 7b - Analisi T-scan su ortotico. Aree di contatto in massimo serramento.

Discussione

È interessante notare che usualmente si parla di occlusione "normale" o "bilanciata" in soggetti sani basandosi su ispezioni visive dei rapporti tra le arcate, verificando i rapporti tra cuspide e fossa con carte articolari e confrontando numero e similarità dei segni tra le due emiarcate tali metodi di indagine sono da ritenersi però insufficienti a determinare in modo attendibile il bilanciamento dell'apparato che può essere confermato solo con analisi quantitative delle forze espresse e da misure funzionali ripetibili.

L'analisi visiva con carte da articolazione infatti permette di identificare le aree di massimo sfregamento quando la mandibola ha già assunto il rapporto cranico più stabile: nel caso preso in esame infatti le aree di contatto prematuro anteriore non sarebbero state rilevate nel corso di una normale visita; inoltre la loro rimozione, usuale in una certa comune prassi odontoiatrica, non sarebbe stata evitata qualora non si fosse eseguita un'analisi funzionale completa (integrando T-scan e analisi kinesiografica cranio-mandibolare con ausilio di TENS) che invece ha dimostrato la perdita di dimensione verticale di occlusione, già presente nella paziente e che un eventuale "molaggio selettivo" empirico avrebbe certamente peggiorato.

Avremmo quindi osservato il contatto dentale completo individuando al massimo le aree di maggior sfregamento, mancando l'obiettivo diagnostico reale e quindi riabilitativo individuale corretto e quindi efficace per la paziente.

L'ausilio visivo dell'analisi dei carichi occlusali eseguita con il T-scan II si è dimostrato perciò di grande interesse per la possibilità di verificare la consequenzialità dei contatti oltre che l'effettivo bilanciamento delle forze espresse dai muscoli durante il serramento; ciò nonostante, come detto, avremmo potuto incorrere in un ulteriore errore diagnostico se avessimo pensato alla sola possibilità di eliminare tali prematurità riducendo per sottrazione il contatto anteriore.

L'analisi kinesiografica condotta con l'ausilio della TENS è stata infatti capace di mostrare come le interferenze dentali anteriori costituissero il solo piano di scivolo della mandibola verso una posizione di occlusione retrusa e mantenuta dagli elementi latero-posteriori ad una dimensione verticale inadeguata, seppur di poco.

L'integrazione della superficie occlusale dei denti posteriori, operata nell'immediato con ortotico neuromuscolare, completa pienamente l'iter diagnostico fin qui svolto. L'ortotico possiede infatti, seppur in maniera essenziale e provvisoria, quelle caratteristiche anatomiche che sono necessarie al ripristino della capacità occlusale lesa.

Conclusioni

Risulta chiaro che la presenza di un'alterata posizione della mandibola non sia dimostrabile con le sole indagini cliniche di routine e appare altrettanto chiaro che la completa correzione occlusale debba originare dalla corretta conoscenza della posizione ortopedica della mandibola (cioè della corretta relazione intermascellare), ed essere secondariamente completata con il giusto adeguamento della morfologia dentale e cuspidale, necessari al mantenimento della posizione fisiologica di massima intercuspidazione.

Si conferma inoltre che il bilanciamento muscolare ed articolare, espresso dal miglioramento dell'apertura orale sia nel grado che nella fluidità di movimento, può essere raggiunto e mantenuto riducendo al minimo l'input propiocettivo derivante da contatti sui versanti cuspidali (interferenze secondo Jankelson) Tali contatti infatti generano forze con componenti tangenziali ai denti in grado di danneggiarne i tessuti ed obbligare una regolazione neuromotoria che, provocando un'alterazione della posizione spaziale della mandibola rispetto a quella di equilibrio neuromuscolare, innesca il quadro di disordine cranio-mandibolare.

 

Bibliografia

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