Pubblicato su 'LA STAMPA - Tutto Scienze Tecnologia' MERCOLEDÌ 13 SETTEMBRE 2006

SE L’UOMO SUPERA I 102 CENTIMETRI DI CIRCONFERENZA E LA DONNA GLI 88, SCATTA LA SINDROME METABOLICA


Se avete un metro, misurate la vostra circonferenza addominale (a metà distanza tra l’ultima costola e la parte più alta del bacino, dopo un’espirazione e con l’addome rilassato): se supera i 102 centimetri (per un uomo) o gli 88 (per una donna), avete un eccesso di grasso viscerale (anche se il vostro peso corporeo è nella norma) e, per questo, correte un rischio accresciuto, in un futuro più o meno prossimo, di seri problemi metabolici e cardiovascolari.

È sempre più chiaro, infatti, che non è tanto l’entità della massa adiposa a incidere negativamente sulla salute quanto la distribuzione del grasso nel corpo. È l’obesità viscerale addominale (la distribuzione «a mela»), predominante negli uomini e nelle donne in post menopausa, quella più gravata di complicanze.

Molto di più dell’obesità sottocutanea gluteo-femorale (la distribuzione «a pera»). Questo è il motivo per cui l’aumento della circonferenza addominale è un predittore del rischio cardiovascolare più significativo dell’Indice di Massa Corporea (l’IMC), che esprime il peso in relazione all’altezza.

La diffusione dell’obesità (in massima parte viscerale) e l’evidenza delle sue complicanze hanno stimolato le ricerche e sovvertito il concetto della funzione del tessuto adiposo, facendolo passare dal rango di riserva energetica a quello di «organo endocrino» in grado di produrre numerose sostanze attive: alcune (leptina e neuropeptide Y) sono addette al controllo del comportamento alimentare e del bilancio energetico dell’organismo, mentre altre (le adipochine) sono in grado di interagire con altri sistemi ormonali, determinando un disordine fisiopatologico e clinico che produce la «SindromeMetabolica».

Qui sta il nocciolo del problema: la «Sindrome» è una condizione clinica complessa caratterizzata dalla contemporanea presenza di più alterazioni metaboliche, quali diabete mellito, ipertensione arteriosa, alterazione del profilo lipidico, iperuricemia, aumento dei «marker» dell’infiammazione e della coagulazione, aumento della microalbuminuria, ognuna delle quali è di per sé un fattore di rischio cardiovascolare. È ovvio che la combinazione di più fattori, che agiscono sugli stessi organi (cuore, cervello, rene), si trasformi in uno dei maggiori problemi di salute nel mondo occidentale.

È convinzione diffusa tra i ricercatori che l’alterazione iniziale che innesca le altre sia uno stato di insulino-resistenza prodotto, appunto, dall’obesità addominale.

L’insulina non riesce a svolgere efficacemente la sua funzione, che è quella di facilitare l’utilizzo a scopo energetico del glucosio da parte delle cellule. Da ciò si innescano le alterazioni metaboliche. Il glucosio non utilizzato si accumula nel sangue, determinando iperglicemia. Questa, a sua volta, stimola una maggiore produzione di insulina da parte del pancreas e si crea una condizione di iper-insulinemia.

Il pancreas non regge per molto al superlavoro e dà segni di esaurimento, producendo meno insulina: così si ha un aumento della glicemia e compaiono i segni di un diabete mellito. L’iper-insulinemia è protagonista anche dell’induzione di ipertensione

arteriosa e di dislipidemia. Aumenta i valori della pressione attraverso meccanismi diversi: dall’aumento del riassorbimento di sodio e di acqua a livello renale all’attivazione del sistema nervoso simpatico. Induce anche l’alterazione del quadro lipidico, stimolando il fegato alla produzione di lipoproteine VLDL ed LDL, cariche di trigliceridi e colesterolo e inducendo la riduzione di HDL (lipoproteine ad effetto protettivo).

Il rischio cardiovascolare associato alla «Sindrome Metabolica» impone interventi precoci e tempestivi. La pluri-prescrizione di farmaci per correggere ciascuno dei disordini metabolici risulta poco efficace. Il male dev’essere affrontato alla radice ed essendo la «Sindrome» un’entità complessa, che ha tuttavia come causa fondamentale l’insulino-resistenza, causata a sua volta dall’obesità addominale, è a quest’ultima condizione che vanno indirizzati i tentativi terapeutici iniziali. I mezzi più efficaci sono il dimagramento e l’attività fisica. Assistiamo, invece, al paradosso che, mentre le ragazze si angosciano per migliorare il profilo dei fianchi, le madri e gli uomini di tutte le età accarezzano con «leggerezza» il profilo dei loro addomi, del tutto inconsapevoli dei rischi.