Cosa significa circoncisione?

“Questi, quindi, sono gli organi genitali umani. In considerazione della loro grande delicatezza, complessità e sensibilità, si potrebbe immaginare che una specie intelligente quale quella umana li lasciasse in pace. Tristemente questo non è mai stato. Per migliaia di anni, in molte differenti culture, i genitali umani sono stati colpiti da una straordinaria varietà di mutilazioni e restrizioni. Organi capaci di darci un immenso piacere, sono stati causa di una incalcolabile dose di dolore.”

Con il termine circoncisione (dal lat. Circum, intorno e caedere, tagliare) si intende, in senso stretto, l’escissione parziale o totale del prepuzio nel maschio. Con accezione più ampia il termine si riferisce ad un’ampia gamma di procedure che possono comprendere la semplice incisione del prepuzio nell’uomo, la clitoridectomia e l’escissione delle labia minor nella donna, la cosiddetta circoncisione femminile.

Illustrazione 1 - Urologia

In ambito maschile si può ricondurre la circoncisione a tre tipi fondamentali. Il primo tipo di circoncisione viene eseguita per motivi religiosi, come rito di passaggio o iniziazione in età neonatale o prepuberale ed è definita circoncisione rituale.

Il secondo tipo è praticato per motivi di profilassi medica contro potenziali malattie future ed è definita circoncisione di routine o profilattica. Il terzo e ultimo tipo di circoncisione trova la sua indicazione in patologie conclamate in atto a carico del prepuzio e si definisce circoncisione terapeutica.

La presente trattazione, dopo il capitolo dedicato alle origini e ad una breve rassegna storica della circoncisione, verte su tutte e tre le tipologie di circoncisione esposte, tenendo conto che la terza di esse riveste carattere eminentemente medico-chirurgico. Attraverso una disamina storica e sociale si è cercato di ripercorrere l’evoluzione di questa procedura, originatasi come rituale ma entrata con forza nella pratica medica con particolare riferimento ai paesi di lingua inglese e, soprattutto, agli Stati Uniti.

Origini e breve storia della circoncisione

“Homo sapiens è la più prematura definizione mai data ad una specie” (O. Wilde). Esaminando la storia dell’umanità si può rilevare come quasi ogni parte visibile del corpo umano sia stata sottoposta a mutilazioni. Per esempio, alcune popolazioni preistoriche, a giudicare dalla loro arte murale, mutilavano le mani asportando parte delle dita. Ashley Montagu suggerisce di definire non più homo sapiens ma Homo Mutilans avendo da sempre sottoposto i propri simili a mutilazioni sia il corpo che la mente spesso in nome della religione, della tradizione, della morale e della legge.

Il dizionario Webster dei sinonimi dà la seguente definizione di mutilazione:” implica il taglio o la rimozione di una parte essenziale alla completezza, non solo di una persona ma anche di una cosa e alla loro perfezione, bellezza, interezza o soddisfacimento di una funzione”.
Sostanzialmente due sono le teorie che tentano di spiegare l’origine e la diffusione della circoncisione. La prima, sostenuta ad esempio da James De Meo, suggerisce una genesi unicentrica originatasi nel nord-est africano e Medio Oriente e da lì diffusa all’africa subsahariana, Oceania e Americhe attraverso conquiste militari, migrazioni e l’adozione conseguente della pratica da parte delle popolazioni conquistate. Anche l’egittologo inglese Sir Graham Elliot Smith sostiene la tesi unicentrica. La circoncisione, caratteristica fra le tante della civiltà “eliolitica”, sarebbe nata in Egitto e da lì diffusa nei vari continenti. Al contrario, alcuni antropologi sostengono che la circoncisione è nata indipendentemente in varie zone del mondo ed in culture diverse. Questa tesi sarebbe confortata dalla varietà delle tecniche, dalle finalità e dall’età molto differenti dei soggetti circoncisi.

Certamente il costume della circoncisione maschile rituale ha conosciuto una larghissima diffusione e si può dire, in sintesi generale, che si presenta in tutte le culture ad eccezione delle civiltà del gruppo linguistico indogermanico e di quelle asiatiche superiori non semitiche. Tale diffusione rende impossibile ricondurre ad un’unica e soddisfacente spiegazione la pratica della circoncisione. Come ha rilevato David Gollaher “con una pratica culturale come la circoncisione, come con la cipolla di Ibsen in Peer Gynt, uno può spelare via strato dopo strato in cerca del nucleo senza trovarlo. In verità, capire solo uno strato è già abbastanza difficile.”
Il termine moderno di circoncisione rende conto poi soltanto del significato tecnico della procedura non dicendoci nulla sul significato profondo, antropologico del rituale. Le parole arabe tahhara, circoncidere e tathir, circoncisione significano, per esempio, purificare e purificazione mentre un’altra parola araba, hatana, circoncidere, è significativamente vicina a hatuna, ovvero diventare consanguineo di qualcuno attraverso il sangue di sua moglie, ma anche padre della moglie, sposo novello, matrimonio alludendo a chi, come vedremo, eseguiva materialmente la circoncisione.

La parola hindu kula significa fiore o nettare ed era usata eufemisticamente per indicare la prima mestruazione della ragazza che la legava allo spirito del clan. Nelle isole Fiji la stessa parola descriveva il bambino appena circonciso la cui perdita genitale durante la circoncisione era concepita per collegarlo alla tribù e conferirgli fertilità magica come quella della ragazza kula.

La circoncisione era certamente conosciuta e praticata dagli antichi egizi come attesta il cosiddetto papiro di Ebers, reperito a Luxor nel 1862 dall’archeologo tedesco Georg Moritz Ebers. Il papiro fu venduto da un mercante che lo aveva trovato fra le gambe di una mummia a Tebe, mummia risalente al 3000 a.C.

Della stessa regione il bassorilievo visibile sulla tomba del faraone Ankh-Ma-Hor a Saqqara che è la più antica rappresentazione scultorea della circoncisione. Indubbiamente, la cultura egizia così avanzata nella conoscenza del corpo umano, così progredita nelle conoscenze astronomiche, matematiche ed architettoniche, fece sì che il fatto stesso di praticare la circoncisione fosse considerata procedura di straordinario prestigio e influenzasse sia le popolazioni vicine che quelle conquistate anche se alcuni autori avanzano l’ipotesi che tale pratica fosse stata introdotta in Egitto da alcune popolazioni provenienti dal sud.

Anche nel caso della civiltà egizia il significato della circoncisione rimane oscuro, rivestendo, forse, in questo caso il significato di purificazione, che rappresentava in quella civiltà una vera e propria ossessione. Uno degli scopi principali della medicina egizia era infatti purificare sia il corpo che la mente. Il prepuzio, contenente smegma, prodotto dalle ghiandole periglandulari, era visto come fonte di impurità e, come tale, da eliminare. Accanto al motivo igienico, esiste anche una spiegazione teogonica della circoncisione presso gli antichi egizi. Nel libro della morte, si può leggere che il dio del sole Ra si circoncide incidendosi il pene aiutato da altre due divinità Hu e Sia e, in tal modo, si origina l’universo e l’esistenza umana a partire dal sangue sgorgato dalla ferita.

Illustrazione 2 - Urologia

 

Dove viene praticata la circoncisione rituale?

Come già detto, ad eccezione dell’Europa e dell’asia non semitica, la pratica era diffusa in tutti i continenti. Nell’area medio-orientale la circoncisione era nota ai caldei sulle montagne dell’Armenia e del Kurdistan come documentato nelle tavolette di argilla ritrovate da Sir Henry Layard nel 1849 nelle rovine del palazzo reale di Nineveth. Nell’antico mondo biblico il libro di geremia elenca gli ebrei, edomiti, moabiti e ammoniti quali popolazioni praticanti la circoncisione (Ger. 9,25-26), ma non gli assiro-babilonesi e i filistei. La circoncisione era praticata su entrambe le coste africane, in Madagascar, nel centro africa e nel bacino del Nilo dove alcuni autori sostengono possa essere nata la circoncisione. In Australia tutti i nativi la praticavano ad eccezione degli abitanti della regione del sud-ovest, così come era diffusa in Melanesia, Polinesia, nord e sud America.

Modalità della circoncisione rituale. La più rudimentale forma di circoncisione maschile era un semplice sfregio al prepuzio. tale procedura sembra appannaggio del continente americano e delle isole del pacifico. In alcune isole, Tonga per esempio, si praticava una semplice lacerazione con l’unghia. Il rituale ebraico originale prevedeva l’escissione della parte più estrema del prepuzio. Procedure più radicali sono senz’altro l’ariltha o mika e l’incisione superiore. La prima, diffusa in Australia, prevedeva l’incisione per tutta la sua lunghezza dell’uretra peniena dal meato uretrale esterno alla radice dello scroto. La seconda prolungava l’incisione della parte superiore del prepuzio fino alla regione soprapubica. Un’altra grave forma di mutilazione era rappresentata da una sorta di asportazione cutanea, di denudazione della pelle del pene fino alla regione pubica in voga presso le coste del mar Rosso in Arabia e Yemen. Il rituale veniva praticato sui maschi candidati a sposarsi coinvolti in una prova estrema di resistenza. Colui che non mostrava segni di sofferenza ed emozione durante lo scuoiamento, riceveva la benedizione della comunità e poteva sposarsi.

Destino del prepuzio escisso. Il prepuzio escisso conosce i più vari destini e questo in relazione stretta con le finalità del rituale, finalità non sempre interpretabili dalla nostra prospettiva. Presso i Wakiku, popolazione dell’africa orientale, il prepuzio viene sepolto sotto la terra davanti al bambino circonciso, mentre presso la bara africani il padre del bambino lo lancia nel fiume. Sulla costa occidentale dell’africa il prepuzio, bagnato nell’acquavite, viene ingoiato dal bambino circonciso. Gli Hova in Madagascar lo avvolgono in una foglia di banano e lo danno in pasto ad una mucca. Sempre in Madagascar presso i sakalava l’operatore ingerisce il prepuzio che ha appena escisso. Presso le tribù centro-australiane il prepuzio viene sepolto sottoalberi totem. Accanto a queste strane e, per noi, incomprensibili destinazioni ammantate quantomeno di una visione cosmogonica, di un significato sul piano antropologico, oggigiorno il prepuzio, ottenuto dalla circoncisione neonatale, molto più venalmente, viene spesso trafugato nelle istituzioni ospedaliere e venduto a laboratori cosmetici privati, a laboratori di ingegneria tissutale e compagnie farmaceutiche.

 

Chi sono i circoncisori? 

Nei riti più primitivi la procedura era affidata ad un parente, spesso il padre. Nelle isole Marchesi, al contrario, il padre era interdetto dal rituale. Presso i Medianiti e i Sodomiti la pratica era affidata al futuro suocero, come sembrerebbe indicare la già citata parola araba, hatuna, ovvero diventare consanguineo attraverso il padre della sposa. I Mandingo in Africa Occidentale chiamavano gli anziani del villaggio all’esecuzione del rituale. In molte aree geografiche di diversi continenti (Marocco, Messico, Tahiti, Isole Marchesi e Sandwich) la circoncisione era affidata al sacerdote che, presso quelle popolazioni, rivestiva il doppio ruolo di sacerdote-sciamano. In Persia, Turkestan e Alto Egitto invece il compito era appannaggio del “barbiere” (affine al cerusico medievale).

In Sudan era il fabbro a praticare la circoncisione, mentre gli Ebrei, con il passare del tempo, affidarono l’esecuzione del rituale ad uno specialista, usualmente chiamato mohel (vedi avanti cerimonia Brit-Milah). Presso l’isola di Tikopia nella Polinesia occidentale i bambini verso la pubertà vengono circoncisi in gruppo dal fratello della madre andando dopo il rituale a festeggiare per tutta l’isola fieri di essere diventati uomini. Nell’isola di Ra’ivavae a 700 chilometri da Tahiti i ragazzi eseguono su stessi la procedura dell’incisione superiore ovvero l’incisione prolungata dal prepuzio alla regione sovrapubica seguendo la modalità di precedenti incisioni.

Per la natura del rituale di solito questo avviene solo in presenza di membri dello stesso sesso ed in un luogo appartato. Presso la popolazione dei Manuema nel Centro Africa, anche le donne sono ammesse alla circoncisione. I Totonacs in Messico circoncidono nel tempio mentre gli Ebrei dapprima nella casa paterna e, successivamente, nella sinagoga dopo il servizio religioso alla presenza di tutta la comunità. In Congo il rituale prende forma in una capanna adibita a tale scopo. In diverse popolazioni ad esempio gli Australiani, la circoncisione viene preceduta da un più o meno lungo periodo preparatorio.
 

A che età viene eseguita la circoncisione?

Ad eccezione degli Ebrei e i Totonacs del Messico, l’età della circoncisione coincide con l’età della pubertà o qualche anno prima oppure prima del matrimonio. Gli Ebrei circoncidono invariabilmente all’ottavo giorno dopo la nascita. I musulmani, in generale, prima dei dieci anni.
 

Quali sono i motivi della circoncisione?

Come già detto, risulta pressoché impossibile ricondurre ad un’unica e soddisfacente spiegazione la pratica della circoncisione.

Igiene

Già Erodoto avanzò l’ipotesi dell’igiene per quello che riguardava gli Egizi ed attualmente viene riservata solo per gli abitanti delle isole Samoa. Il motivo igienico torna stranamente in auge durante la Seconda guerra mondiale in Australia e Nuova Zelanda quando proprio per motivi igienici, ovvero il rischio di infezioni legate alla penetrazione della sabbia nel prepuzio, si pensò ad una circoncisione preventiva. I sostenitori di tale teoria arrivarono ad asserire che anche i soldati tedeschi dell’Africa Korps venivano circoncisi per lo stesso motivo. Quest’ultima affermazione venne smentita alcuni anni fa in una lettera dal figlio del generale tedesco Erwin Rommel, la “volpe del deserto”. Questo episodio è stato citato soltanto per ricordare come spesso nella storia della circoncisione le motivazioni a favore di tale pratica affondano le loro radici in leggende, abitudini e costumi privi di ogni fondamento razionale e, purtroppo, di qualsivoglia ragione strettamente medica.

Preparazione alla vita sessuale

Questa teoria resta una delle più fondate basandosi sulla frequentissima esecuzione in età puberale. Con questa motivazione viene eseguita presso tribù africane quali i Konso, i Kerre, i Gheleba e presso molte altre popolazioni in tutto il mondo. Naturalmente il concetto di preparazione alla vita sessuale varia di cultura in cultura e di religione in religione. La circoncisione è stata infatti concepita come passaggio all’età adulta e ad una sessualità matura, come preparazione al matrimonio, come prevenzione dei rischi legati alle relazioni sessuali, come riduzione ma anche come amplificazione del piacere sessuale.
-Benedizione. Presso i Merina in Madagascar la circoncisione, eseguita tra 1 e 2 anni, riveste il significato di benedizione, benedizione intesa non solo nei riguardi del destino del bambino ma anche della sua stirpe e di tutta la comunità.

Ariltha

Definita anche ipospadia artificiale o subincisione, rappresenta una delle più cruente mutilazioni eseguita presso gli Aborigeni in Australia. Comporta la completa apertura del canale uretrale dal meato uretrale esterno alla radice dello scroto. La subincisione, probabilmente ora non più praticata, era intesa come rimodellamento del pene sull’immagine della vulva. L’emorragia ottenuta era paragonata alla mestruazione che consentiva alle donne di disporre naturalmente degli umori cattivi accumulati nei loro corpi. Per ottenere lo stesso effetto i maschi periodicamente incidono il loro pene e l’emorragia così ottenuta la chiamano mestruazione (23).

Conformità ad una convinzione religiosa

Questo sarà oggetto di un approfondimento riguardante due tra le tre religioni monoteistiche: Ebraismo e Islamismo (vedi capitolo dedicato alla circoncisione rituale).

Distinzione sociale

Con questo scopo la circoncisione era applicata solo tra gli antichi egizi e gli Atzechi. Curiosa eccezione in questa visione è Tonga in cui il capo supremo era l’unico ad essere sottratto a tale pratica.

In rapporto alla reincarnazione

Come abbiamo già visto, presso alcune popolazioni aborigene il prepuzio viene sotterrato sotto alcuni alberi totem dove languono le anime umane tra la loro dipartita da un uomo morente e la loro rinascita in un bambino (24).

Marchio di schiavitù

L’uso della mutilazione per gli schiavi è antico. Nell’antico Egitto i guerrieri catturati venivano mutilati con il taglio delle dita e la castrazione. Questo, però, oltre a diminuire il valore dello schiavo, era fonte di complicazioni e la circoncisione rappresentò un compromesso che consentì l’umiliazione del soggetto senza alterarne la funzione manuale (25).

Rito di fertilità

In certe culture africane, la natura purificatrice della circoncisione si riferisce al membro maschile come fondamento della fertilità. Una volta eseguita, viene versata sulla ferita dell’acqua fresca, già attinta da un fiume tumultuoso e dalle acque copiose, tenuta nella notte in una zucca. Al carattere purificatorio dell’acqua si associa la natura immutabile del tempo eternamente in progressione rappresentata dal fiume il quale sopravvive ad ogni bambino. L’uso della zucca simboleggia la fertilità ricordando l’uovo, il guscio protettore; il padre, che sostiene il figlio durante il rituale indica l’importanza della virilizzazione permettendogli l’ingresso nel mondo maschile.

Come si può desumere da questo pur piccolo elenco di motivazioni, è impossibile ricondurre ad un’unica origine la circoncisione e con ogni probabilità non esiste un denominatore comune se non nel focalizzare sui genitali (maschili e femminili) la propria attenzione e volontà di mutilazione.

Nella sua interessante relazione, “Circumcision: A riddle of American Culture” presentata al primo simposio sulla circoncisione, tenutosi in California ad Anaheim nel marzo 1989, Reed Riner, antropologo statunitense, ha cercato, partendo dall’esame di 144 aggregati sociali dalla variabile complessità culturale, di desumere quelle che potevano essere caratteristiche comuni fra quelle praticanti mutilazioni genitali maschili e femminili. Dal punto di vista della distribuzione geografica solo 23 delle 144 culture esaminate praticava le mutilazioni genitali. Queste 23 comunità socioculturali sono distribuite in tre aree: Medio Oriente Semitico, Nord ed Est Africano, Melanesia Nuova Guinea ed Australia.

L’organizzazione sociale di tutte e 23 le culture prevedeva un tipo di famiglia patrilineare, patrilocale e poligamica; inoltre, tali culture mostravano una forte, extrafamiliare solidarietà maschile che prendeva le forme di clan, di gruppi o società segrete. Sul piano psicosociale queste forme di organizzazione famigliare comportano, secondo Riner, delle conseguenze. In una società patrilineare, a differenza di quelle matrilineare, l’ansietà circa la legittimità paterna è forte e la condizione di bastardo è vissuta in modo drammatico. Inoltre, vi è un doppio legame padre-figlio derivato dal fatto che in un sistema patrilineare il padre deve rivestire e svolgere il doppio ruolo contraddittorio di affettuoso modello educatore maschile e, nello stesso tempo, fonte primaria di disciplina, di premio e punizione. La terza conseguenza psico-sociale è rappresentata dallo sviluppo di una crisi di identità sessuale nei maschi quando si avvicinano all’età virile in una vita dominata fino a quel momento dalla madre ma con lo spettro di un padre ambivalente, spesso assente ma onnipotente.

Infine, sul piano simbolico, il passaggio dall’adolescenza all’età virile è organizzato come rito di passaggio con modalità piuttosto stereotipate. Il bambino candidato al rituale è portato fisicamente e simbolicamente in una specie di circolo magico, solitamente un luogo isolato ad una certa distanza dal villaggio, separato dalla sua comunità natale. Attraverso l’azione di specialisti del rituale che agisce per conto della comunità il bambino passa invariabilmente attraverso l’ultimo pasto, la “morte”, la circoncisione e il suo indottrinamento.
 

Cos'è la circoncisione terapeutica?

“Chirurgia minore è quella che si esegue su qualcun altro” (Dr. Eugene Robin). 
La circoncisione terapeutica viene trattata per prima in quanto, pur appartenendo alla storia della moderna chirurgia e quindi certamente successiva in senso temporale alla circoncisione rituale e di routine, ci consente di definire non solo le attuali indicazioni a tale tipo di intervento e le sue complicazioni ma anche, e soprattutto, di parlare delle funzioni fisiologiche del prepuzio e di ripercorrere in senso storico-temporale il significato del termine fimosi. Il prepuzio è una struttura anatomica comune dell’apparato genitale esterno maschile (26) e femminile (27) di tutti i primati umani e non umani. Esso è presente nei primati da almeno 65 milioni di anni e sembra risalire a più di 100 milioni di anni come pare attestato dalla sua comunanza di caratteristica anatomica nei mammiferi (28).

Se una completa trattazione dell’embriologia, dell’anatomia e della fisiologia del prepuzio va al di là dei limiti del presente lavoro, alcuni cenni anatomo-funzionali su tale struttura anatomica sono necessari per comprendere appieno cosa viene asportato con la circoncisione e quali possano essere le conseguenze sul piano sessuale e psicologico per chi subisce tale intervento. Anzitutto alcune considerazioni di carattere terminologico e storico. Il prepuzio (dal lat. praeputium), come abbiamo detto, è parte integrante e normale dell’apparato genitale maschile e femminile, forma un fisiologico rivestimento del pene nell’uomo e del clitoride nella donna e rappresenta un tessuto mucoso-cutaneo di giunzione specializzato che segna il confine tra mucosa e cute, analogo a quello riscontrabile nelle palpebre, nelle labbra, e nelle labia minora.

Illustrazione 3 - Urologia

Lo sviluppo embriologico del prepuzio si completa alla sedicesima settimana di gestazione ed il tessuto così formato avvolge il glande senza apparente piano di separazione con esso e dovrebbe essere definito, alla nascita, prepuzio non retraibile anziché fimosi. Così le cosiddette “aderenze prepuziali” così spesso oggetto di cure da parte dei pediatri e di interventi precoci da parte dei chirurghi pediatrici rappresentano, al contrario, un fisiologico stadio dello sviluppo e non un processo patologico. Il prepuzio, lasciato libero nella sua formazione, diventa così completamente retraibile con facilità al compimento dello sviluppo, fatta eccezione per pochi casi in cui persiste la non retraibilità caratteristica dell’età dello sviluppo. Questi concetti evolutivi del prepuzio sono stati mirabilmente descritti in due lavori fondamentali: “The fate of the foreskin” di Douglas Gairdner (30) nel 1949 e “Further fate of the foreskin” di Jakob Oster nel 1968 (31). Tali lavori rappresentano due pietre miliari nella comprensione anatomo-funzionale del prepuzio e nell’ atteggiamento terapeutico da tenere nei suoi confronti.

Sinteticamente le funzioni del prepuzio si possono definire: protettive, immunologiche e sessuali. La prima funzione del prepuzio, protettiva, consente la copertura del glande, proteggendolo dall’esposizione delle feci e urine nel neonato e mantiene la sua superficie soffice, umida e sensibile. Il prepuzio, come tutte le mucose che rivestono gli orifizi corporei, rappresenta la prima linea di difesa immunologica attraverso le secrezioni di ghiandole dette apocrine. Le funzioni sessuali sono molteplici. La complessa e peculiare innervazione del prepuzio conferisce a questa area anatomica una particolare sensibilità molto più definita e raffinata rispetto al glande dove domina, al contrario, una sensibilità piuttosto grezza e mal definita e chiamata protopatica (32).

Tale innervazione rende il prepuzio e la regione frenulare zone erogene di straordinaria importanza. Inoltre, il prepuzio, durante l’erezione, attraverso il suo doppio strato mucoso e cutaneo, riveste funzione plastica fornendo la cute necessaria all’espansione dell’organo in erezione e consente lo scivolamento della cute sull’asta peniena e sul glande. Allo stesso tempo facilita il contatto e lo scivolamento delle mucose durante il rapporto sessuale.
Da questi brevi cenni si può comprendere che il tessuto escisso con la circoncisione non rappresenta solo un piccolo lembo di cute o, come disse Peter Remondino, crociato della circoncisione profilattica, “un inutile pezzo di carne” ma un’area mucoso-cutanea di straordinaria importanza nella fisiologia e nella vita sessuale del neonato prima e dell’adulto poi.

Il precedente accenno allo sviluppo fisiologico del prepuzio ci serve ora a definire con precisione le indicazioni alla circoncisione terapeutica partendo da quella che viene definita la principale indicazione a tale tipo di intervento: la fimosi. Come vedremo nel capitolo dedicato alla circoncisione di routine o profilattica, la medicina del diciannovesimo secolo attribuì al termine fimosi una deviazione morfologica da una mitica forma peniena dell’antichità. In realtà, come ha affermato Frederick Hodges (33), la concettualizzazione del termine fimosi ad opera di moltissimi medici, soprattutto nordamericani, come vedremo nel capitolo dedicato alla circoncisione profilattica, non corrispondeva affatto alla definizione datane dai Greci e, successivamente dai Romani.

In un già citato lavoro Hodges (34) ha infatti esaminato l’evoluzione estetica del prepuzio presso i Greci e i Romani nell’antichità. Presso i Greci il problema non era avere un prepuzio abbondante ma averne troppo poco. Quest’ultima condizione, soprattutto in relazione a chi aveva subito la circoncisione, veniva definita lipodermos (letteralmente: senza pelle). L’associazione tra prepuzio esuberante e rispettabilità era così forte che i Greci presero misure per prevenire l’accidentale esposizione del glande attraverso una continua trazione sul prepuzio esercitata dal kinodesme (letteralmente guinzaglio per cane) ovvero una sottile cinghia di cuoio indossata intorno al prepuzio che in tal modo veniva trazionato in avanti, legata con un fiocco intorno alla vita. Il kinodesme veniva indossato non solo dagli atleti che abitualmente si esibivano nudi nel “ginnasio” ma anche da partecipanti a feste e riti orgiastici (35). Il kinodesme non era l’unica terapia per correggere il lipodermos.

Dioscoride di Anazarbus (36) raccomanda le proprietà curative e lenitive del miele in associazione a ripetute abluzioni per rendere il prepuzio più morbido e consentirne il suo allungamento. Infine, anche la chirurgia era praticata per correggere il lipodermos e, ovviamente, gli uomini portatori di lipodermos di grado elevato in quanto circoncisi, provenienti da altri paesi come gli ebrei ed altri stirpi provenienti dal Medio Oriente e che, agli occhi dei Greci e, successivamente dei Romani, contrastavano con il loro ideale estetico di prepuzio. Tale tecnica chirurgica, descritta per primo da Celsus (37) e definita come de-circoncisione è stata ripresa dalla moderna chirurgia per i soggetti non risultati soddisfatti dopo la circoncisione (38, 39).Durante il regno dei Seleucidi e poi dei Romani l’ideale estetico di prepuzio eccedente venne confermato ed intensificato ad esempio sotto il regno di Antioco IV Epifane (175-165 a. C.) come riportato da Tacito (40) e volto a perseguire la superstizione dei Giudei e ad abolire la circoncisione rituale.

Come sottolineato da Hodges (41) la medicina greca, attraverso il concetto di lipodermos, diede alla civiltà greca una corroborazione scientifica alla sua disapprovazione delle mutilazioni genitali praticate nel Medio Oriente. La medicina e la legge crearono un mutuo supporto per cui la circoncisione era contro la legge non solo perché mutilava le sue vittime ma anche perché infliggeva la condizione di lipodermos alle sue vittime. Questo rappresenta il primo ma non ultimo esempio, come vedremo, degli stretti rapporti tra cultura e biologia, tra società e natura, acciaio e carne come li ha definiti Robert Darby e di come la storia della circoncisione intersechi inevitabilmente la storia della sessualità maschile.

Dopo questo excursus sulla fimosi, veniamo a trattare le indicazioni della circoncisione terapeutica che si basano non sul concetto di fimosi come prepuzio esuberante ma di fimosi, definita vera, come restringimento più o meno serrato dell’orifizio prepuziale causato dal lichen sclerosus atrophicus (LSA) conosciuto anche come balanitis xerotica obliterans (BXO), una rara affezione dermatologica ad eziologia sconosciuta (42). Si deve a Rickwood il concetto che il termine fimosi dovrebbe essere destituito del significato di prepuzio non retraibile, fisiologica aderenza balano-prepuziale o sinonimo di eccessiva lunghezza prepuziale. La definizione di fimosi vera si riferisce ad una condizione patologica in cui la parte terminale del prepuzio è cicatriziale ed indurita ed ha le caratteristiche istologiche della balanitis xerotica obliterans (43).

I dettagli tecnici della procedura non sono pertinenti con questa relazione ma si deve tenere presente che la circoncisione eseguita in ambito medico-chirurgico comporta l’ablazione più o meno completa del prepuzio, al contrario di quella rituale ebraica in cui ne viene escissa solo la parte estrema. Per inciso, il David di Michelangelo che sembrerebbe a prima vista non circonciso, in realtà appare circonciso con la metodica rituale ebraica (44). Anche la trattazione delle complicazioni della circoncisione esula dagli scopi del presente lavoro ma una loro breve esposizione serve a comprendere che tale atto rappresenta un intervento chirurgico a tutti gli effetti e, come tale, suscettibile di tutte le complicazioni della chirurgia (45): complicazioni legate all’intervento (emorragia, infezione, eccessiva ablazione di tessuto per errore tecnico) e alla fase postoperatoria (emorragia, sepsi, fistole uretrocutanea, gangrena del pene, morte del paziente). Se gli effetti psicologici e sulla funzione sessuale sono più difficili da quantificare, è indubbio che il trauma legato all’intervento e la sua natura cruenta, soprattutto per quello che riguarda la circoncisione rituale e quella profilattica, comportino modificazioni dello schema corporeo e del vissuto sessuale.

La letteratura relativa alle ripercussioni psicologiche della circoncisione è ormai vasta e piuttosto concorde nella valutazione negativa di tale pratica. Le aree di interesse sugli effetti della circoncisione sono diverse e possono comprendere:
  • gli effetti del dolore e del trauma perinatale sul bambino;
  • il dolore per la parte persa;
  • gli effetti del trauma precoce e della perdita nell’adulto;
  • gli effetti sui genitori;
  • gli effetti sulla società;
  • lo studio delle istanze dei genitori nella richiesta della circoncisione.
Si possono rilevare in letteratura diversi lavori che prendono in considerazione il vissuto sessuale negli uomini sottoposti a circoncisione (46, 47). Ciascuno di questi studi riporta, come prevedibile, variazioni in termini di riduzione della sensibilità e della soddisfazione sessuale, comparsa di disfunzione erettile di grado più o meno rilevante. Sostanzialmente, il pene perde sensibilità attraverso tre vie:
  • perdita secca delle diramazioni nervose contenute nel prepuzio; queste diramazioni comprendono da 10000 a 20000 terminazioni nervose di vario tipo, in grado di distinguere piccolissime variazioni della pressione e dell’allungamento, sottili cambi di temperatura e modificazioni della superficie mucosa; migliaia di recettori specializzati nella sensibilità di contatto, analoghi a quelli riscontrabili sulle estremità delle dita, chiamati corpuscoli di Meissner; 
  • danno del glande che, non più protetto dal cappuccio prepuziale perde parte della sua sensibilità attraverso l’ispessimento del suo rivestimento epiteliale;
  • perdita della mobilità cutanea durante il rapporto, ovvero il glande non è più stimolato dall’azione reciproca con il prepuzio in una sorta di autostimolazione, ma ha il contatto diretto con la mucosa vaginale; questo comporta l’attivazione di riflessi nocicettivi locali ed irritazione della mucosa con ispessimento epiteliale ed ulteriore perdita di sensibilità. La cosiddetta “banda rugosa” di Taylor ovvero quella parte mucoso-cutanea del prepuzio con struttura finemente pieghettata, rappresenta la zona erogena primaria del corpo maschile (48, 49).

“L’abitudine concilierà la gente con qualunque atrocità” (George Bernard Shaw).

Nel capitolo dedicato alla storia e alle origini della circoncisione abbiamo sommariamente indicato alcune motivazioni fra le tante emerse dalla letteratura. Una fra queste è rappresentata dalla conformità ad una convinzione religiosa e riguarda due grandi religioni monoteistiche: Ebraismo ed Islamismo.

La tradizione ebraica

“Una voce dal Paradiso dovrebbe essere ignorata se non è dalla parte della giustizia”
(Isaac Bashevis Singer)

“Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sarà circonciso ogni vostro maschio. Vi farete cioè recidere la carne del vostro prepuzio. E ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e voi.” - Genesi 17:10-11.

Si può affermare, anche se non vi è uniformità in tal senso, che l’antico Israele ereditò la pratica della circoncisione dall’Egitto: Mosè, che condusse gli Ebrei fuori dall’Egitto, conosceva bene i meccanismi della società egiziana, i suoi riti e istituzioni essendo stato adottato dalla corte dei Faraoni come trovatello.

Secondo il racconto biblico, Dio ordinò a Mosè di riscattare gli Ebrei dalla schiavitù in Egitto e di ripristinare la religione di Abramo, religione che prevedeva la circoncisione come rituale fondante. Mosè, pur nella sua straordinaria autorità o forse a causa di questa, resta una figura inafferrabile e per molti versi inspiegabile, non essendo stato circonciso per tutta la vita, non essendo mai entrato nella terra promessa e a cui venne negata la sepoltura in quella terra (50).

Il primo riferimento alla circoncisione nella Bibbia (non in senso di cronologia biblica ma di antichità come fonte) si trova in un racconto popolare associato appunto alla figura di Mosè: “E avvenne che nel cammino, durante la sosta notturna, il Signore lo raggiunse e cercò di farlo morire. Zippora prese una silice e tagliò il prepuzio di suo figlio, toccò i suoi piedi e disse: “Mio sposo di sangue sei per me”. E si ritirò da lui. Di qui il detto “sposo di sangue” per le circoncisioni.” - Esodo 4: 24-26.

Forse il riferimento a “sposo di sangue” riflette il rito della circoncisione prima del matrimonio. Così come la sposa vergine perde l’imene, testimoniato dalle lenzuola insanguinate della notte di nozze, (Deuteronomio. 22:13-19) l’ablazione del prepuzio rappresenta la corrispondente perdita da parte del marito (Larue Religious Traditions and circumcision). Ma questo stesso passo potrebbe far supporre, in riferimento alla sposa Medianita di Mosè, Zippora, il passaggio del rituale della circoncisione da popolazioni semitiche agli Ebrei. Presso i Semiti la circoncisione rivestiva già un carattere religioso e sociale. Il rituale veniva praticato di solito all’età della pubertà e in vista del matrimonio per assicurare la fertilità e scacciare gli spiriti maligni. La circoncisione rappresentava come una consacrazione, attraverso un sacrificio sanguinoso, della vita sessuale alla quale ormai è ammesso il giovane uomo (51).

È infatti possibile che nella fase più antica la circoncisione fosse praticata nell’età della pubertà e solo progressivamente si sia arrivati alla consuetudine dell’ottavo giorno. Anche per quello che riguarda il suo significato religioso gli studiosi sono d’accordo nel ritenere che ebbe un lento sviluppo. De Vaux scrive: “L’importanza religiosa della circoncisione non si affermò che lentamente. Le leggi del Pentateuco ne fanno cenno solo incidentalmente, a proposito della partecipazione alla Pasqua (Esodo 12,44-48), a proposito della purificazione della donna dopo il parto (Levitico 12,3), in paragone con i primi frutti degli alberi (Levitico 19,23). Solo durante l’esilio la circoncisione divenne il segno distintivo dell’appartenenza a Israele e a Jahweh” (52).

Il patto di Abramo fu, quindi, un’invenzione dei sacerdoti che eseguirono la prima manipolazione, fra le tante, nella storia della circoncisione, convertendola da rituale etnico ad atto teologico ordinato direttamente dalla divinità. È il segno dell’alleanza che deve essere trasmesso ad ogni neonato maschio all’ottavo giorno dalla nascita a testimoniare la loro inclusione nelle promesse divine. La mancata circoncisione segna la violazione, la rottura del patto (53).

La circoncisione è il primo comandamento dato da Dio ad Abramo, il primo Giudeo, e riveste ruolo centrale nell’Ebraismo. Abramo, il padre del popolo ebreo, servì fedelmente per molti anni Dio ma fu solo dopo che si circoncise all’età di 99 anni su comando dell’Onnipotente che fu in grado di raggiungere l’ultimo livello della perfezione biblica. “Abram aveva 99 anni quando il Signore gli apparve e gli disse: “Io sono Dio onnipotente: cammina nella mia presenza e sii integro. Stabilirò la mia alleanza tra me e te, e ti moltiplicherò grandemente”. - Genesi 17:1-2.

Come sottolinea David Gollaher, la circoncisione non è soltanto il segno dell’alleanza; essa costituisce parte vitale della promessa stessa. La circoncisione letteralmente è l’alleanza (54). La circoncisione, citata ripetutamente nelle pagine della Bibbia, è stata discussa anche come una possibile metafora più che un fatto fisico vero e proprio. “Circoncidete il vostro cuore e non irrigidite più il vostro collo” - Deuteronomio 10:16. “Il Signore tuo Dio circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua discendenza, affinché tu ami il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e viva”. - Deuteronomio 30:6. Il tema viene ripreso da Paolo nella lettera ai Galati, indirizzata alle comunità cristiane, ebree e non, della Galazia durante la seconda e terza spedizione missionaria.

Paolo si pose il problema se fosse necessario essere circonciso per essere salvato in quanto la componente ebrea delle comunità riteneva che così dovesse essere anche per i gentili. La risposta di Paolo: “In Cristo Gesù, infatti, né la circoncisione né l’incirconcisione hanno alcun effetto ma la fede operante mediante la carità”. - Galati 5:6. “Quanti vogliono far bella figura seguendo la carne, questi cercano di costringervi a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. Infatti, nemmeno coloro che si fanno circoncidere osservano personalmente la legge ma vogliono che voi vi circoncidiate al solo scopo di avere un vanto sulla vostra debolezza”. - Galati 6:12-13.

Illustrazione 4 - Urologia

Bris o Brit Milah letteralmente significa circoncisione e rappresenta, come abbiamo visto, il patto eterno tra Dio e la nazione ebraica per sempre, patto che non si può rompere. Attraverso le generazioni, gli Ebrei sono stati inflessibili nel rispettare il patto. Spesso il rituale fu eseguito in segreto durante regimi ostili. Antioco Epifane durante il regno dei Seleucidi, l’Impero Romano, la Spagna durante il periodo dell’Inquisizione, la Russia comunista e la Germania di Hitler misero al bando la circoncisione. Essi compresero lucidamente che la circoncisione rappresentava la pietra miliare della fede ebraica e che la sua abolizione sarebbe stata la prima mossa verso l’eliminazione della stirpe ebraica.

La circoncisione rituale (Bris Milah) è eseguita sempre ed invariabilmente all’ottavo giorno dalla nascita anche se tale giornata cade durante lo Shabbatt o un giorno festivo. La cabala spiega che i sette giorni rappresentano il mondo fisico della creazione mentre, quando il neonato ha vissuto fino all’ottavo giorno è come se avesse trasceso il mondo fisico per quello metafisico. I protagonisti della cerimonia, oltre naturalmente il neonato, sono: Sandak, seduto su una speciale sedia chiamata Keesay shel Eliahu, tiene il neonato sul grembo mentre il bambino è circonciso; Kvatterin, la madrina, che prende il bambino dalla madre al kvatter; Kvatter, il padrino, che prende il bambino dalla kvatterin al Mohel; Mohel, è il circoncisore rituale che è stato addestrato alla procedura della circoncisione e che è profondamente partecipe del significato del rituale. Di solito alla cerimonia viene invitato il rabbino per condurre il servizio. La circoncisione consiste in tre momenti: milah, il taglio del prepuzio con il coltello, peri’ah, la recisione del prepuzio con l’unghia, mezizah, l’applicazione della bocca al pene sanguinante e la suzione del sangue dalla ferita.
  • Milah: il neonato, adagiato su un cuscino, è posto sul grembo del sandak; il mohel espone i genitali ed istruisce il sandak come tenere le gambe del bambino. Il mohel afferra il prepuzio tra il pollice e l’indice della sua mano sinistra (mano destra se mancino), esercita una trazione sul prepuzio per allontanarlo dal glande. A questo punto posiziona lo scudo riparatore infilando il prepuzio nella sua scanalatura, afferra il coltello e con un unico taglio recide il prepuzio. Questo completa il primo atto del rituale;
  • Peri’ah: dopo che è stata completata l’escissione, il mohel afferra la parte mucosa del prepuzio che riveste ancora il glande e lo lacera con l’unghia di un dito appositamente cresciuta e tagliata;
  • Mezizah: l’ultima fase del rituale prevede la suzione del sangue dalla ferita. Il mohel, con la bocca ripiena di vino, applica le sue labbra sulla ferita, ne sugge il sangue ed espelle la miscela di sangue e vino in una coppa apposita. La procedura viene ripetuta più volte e l’operazione viene completata dal controllo dell’emorragia e dalla medicazione.
Il servizio inizia quando il mohel chiama il Kvatter. La madre consegna il bambino alla Kvatterin. Quest’ultima porta il bambino nella sala della circoncisione e lo consegna al Kvatter. Quando il bambino entra nella sala del rituale, tutte le persone presenti si alzano ed esclamano “Baruch HaBa” (possa essere lui che viene benedetto).

Allora il mohel recita una preghiera che cita il patto con Abramo. Il mohel prende il bambino dal Kvatter e lo pone in grembo del Sandak, a sua volta seduto sulla sedia di Elijah. Elijah è considerato il custode del bambino nel momento della circoncisione e per tale motivo c’è una sedia speciale in suo onore. Il mohel quindi esclama “Questa sedia è dedicata a Elijah il profeta, possa essere il suo ricordo per sempre”. Il mohel recita la preghiera “Approvato da Te, o Signore, nostro Dio, Re dell’universo, che ci hai santificato con i Tuoi Comandamenti, e ci comandi il rito della circoncisione”. Quindi ha luogo la circoncisione. Il padre recita la preghiera “Approvato da Te, o Signore, nostro Dio, Re dell’universo, che ci hai santificato con i tuoi Comandamenti e ci hai concesso di farlo entrare nel patto di Abramo nostro padre. I presenti rispondono “Poiché è entrato nel patto, può essere introdotto allo studio della Torah, alla cerimonia nuziale, alle buone azioni”.

Il vino viene benedetto, e qualche goccia viene posta sulla bocca del bambino. Una preghiera per la salute del bambino e della famiglia viene recitata. Viene dato infine il nome Ebraico al bambino attraverso questa preghiera: “Creatore dell’universo. Possa la Tua benevola volontà considerare ed accettare questo, come se avessi portato questo bambino dinanzi al Tuo glorioso trono. E Tu, nella tua grande pietà, attraverso i santi angeli, dare un puro e santo cuore a… figlio di… che è stato appena circonciso in onore del Tuo grande nome. Possa essere il suo cuore aperto per comprendere la Tua santa Legge, cosicché possa imparare ed insegnare, osservare e praticare le Tue leggi”. Finito il rituale, segue il Seudat Mitzvah (pranzo festivo).

Bris Milah è andata incontro a varie modifiche nel corso degli anni diventando da un rituale domestico alla presenza dei famigliari ad una cerimonia eseguita in sinagoga alla presenza della comunità. Il rituale, inoltre, fu nel tempo arricchito come valore simbolico come riporta lo storico Ivan Marcus. La sedia di Elijah fu introdotta, ad esempio, per connettere il rito della circoncisione al passato dei profeti di Israele e al futuro messianico (55).

Proprio quando il carattere pubblico del rituale prese maggior piede, durante l’età medievale, Bris Milah divenne anche l’occasione per celebrazioni popolari, mescolando elementi sacri e profani. In Palestina il rituale divenne opportunità di feste e divertimento (56). Il carattere festaiolo e mondano che in certi casi assunse la cerimonia scatenò la reazione degli esponenti ultraortodossi. Vennero regolati gli accessi alla cerimonia e fu proibito l’uso di alcolici. La circoncisione è un comandamento (mitzvah) di Dio e non può essere discussa. Ciononostante, la bris milah ha dato luogo ad infinite speculazioni filosofiche e polemiche.

Uno dei più famosi ed autorevoli commentatori fu Moses Maimonide, conosciuto anche come Rambam, rabbino, medico e filosofo in età medievale. La sua opera principale, “Guida dei perplessi”, tende alla conciliazione della fede ebraica con la filosofia aristotelica. La sua competenza medica, inoltre, lo portava a considerare il taglio del prepuzio di un neonato come illogico e questo lo spinse ad elaborare un razionale che giustificasse la circoncisione. “Nessuno circonciderebbe sé stesso o suo figlio se non per pura fede” ovvero la circoncisione come atto indispensabile della legge ebraica e predisponente all’obbedienza della stessa. “Il supremo scopo della legge consiste nel domare gli impulsi della materia” (57). Quindi “il dolore provocato al pene dalla circoncisione è il vero scopo del rituale”. Il sangue, il disagio, la violenta ablazione della pelle che copre l’organo maschile indebolisce in modo permanente l’appetito sessuale dell’uomo ed attutisce il piacere che egli deriva dal rapporto sessuale” (58).
L’attenzione per i genitali e l’idea che, riducendo il piacere sessuale, si possa diminuire l’ossessione dell’uomo verso il sesso ritornerà come motivo dominante a proposito della circoncisione di routine affermatasi nell’Ottocento nei paesi di lingua inglese come rimedio contro la masturbazione.

L’accettazione della circoncisione rituale non è stata comunque totale e ha dato luogo a movimenti di opposizione più o meno dichiarati. La forma più precoce e formale di contrasto della circoncisione risale al 1843 a Francoforte (59). In questa città tedesca un partito di laici ebrei fondò la Società per gli Amici della Riforma. Lo scopo di questa società era quello di attaccare l’autorità del Talmud, di negare il valore delle tradizioni religiose attraverso anche il rifiuto del valore simbolico della circoncisione. “Bris Milah non era un comandamento di Dio ma una logora eredità di Israele ai primordi, un obsoleto atavismo della religione primitiva” (60).

L’opposizione alla Bris Milah è proseguita nella comunità ebraica fino ai giorni nostri. La sua messa in discussione si basa su varie argomentazioni. Dal punto di vista medico, le principali critiche vertono sulle complicazioni della procedura che, come abbiamo già visto a proposito della circoncisione terapeutica, non sono infrequenti e spesso risultano gravi fino ad arrivare alla morte del neonato. Ovviamente, la circoncisione rituale aumenta i rischi di infezione per la sua carenza di asepsi e per la possibile trasmissione di malattie infettive gravi come la sifilide, la tubercolosi e l’AIDS soprattutto attraverso la manovra della mezizah (la suzione della ferita da parte del mohel).

A tale proposito, va notato come il problema della potenziale diffusione di malattie infettive venne alla ribalta già nell’Ottocento quando, dopo le scoperte in campo batteriologico di Pasteur e Koch, le prove inoppugnabili della trasmissione della sifilide e della tubercolosi da parte dei mohels furono portate dai medici ebrei ai rabbini. In seguito a questo vi fu nel 1840, da parte di un famoso rabbino ungherese, Moses Sofer, la dichiarazione che la mezizah non era mai stata parte del rituale della Bris Milah ma solo un’invenzione dei cabalisti che proposero a suo tempo la nozione di mamtik ha-din (“bocca e labbra addolciscono la Legge”, 61). Ai giorni nostri, nel 1994, il Dipartimento della salute della città di New York fu sconcertato dal caso di un neonato ebreo che contrasse il virus dell’HIV nonostante la madre presentasse il test HIV negativo. Risultò molto difficile negare l’evidenza che il virus potesse essere stato trasmesso al bambino dal mohel durante la circoncisione nella manovra della mezizah.

Le obiezioni di carattere medico vertono anche sulla opinabilità delle indicazioni mediche. Una parte degli Ebrei non ortodossi ritiene che la circoncisione, comunque eseguita, abbia valore di igiene e medicina preventiva, riprendendo le indicazioni proposte nell'Ottocento a proposito della circoncisione profilattica in tema di prevenzione dell’onanismo, epilessia, asma, etc. Le attuali indicazioni alla circoncisione di routine, oltre ad essere oggetto di ampie discussioni e controversie, dovrebbero riguardare un soggetto adulto, adeguatamente informato e consenziente in grado di valutare i propri stili di vita e le scelte riguardanti il proprio corpo e non un neonato di otto giorni (62).

L’ultima riserva di carattere medico riguarda il dolore del bambino sottoposto alla circoncisione. Il rituale della Bris Milah non prevede l’anestesia sia per convinzione che il dolore debba far parte del rito sia per la convinzione che il neonato non abbia ancora sviluppato una distinta percezione del dolore. Per ciò che riguarda il concetto che il dolore sia parte integrante del rito e, anzi, tra i suoi scopi già gli storici dell’Ottocento sottolinearono che la circoncisione rappresentava un’antica forma di controllo sociale (63).

Essi sostenevano che l’incisione del pene di un uomo causante emorragia e dolore fosse teso a ricordargli il potere della Chiesa, per sottolineare il controllo sopra la sua caratteristica di essere uomo, sul suo piacere e sul suo diritto di riprodursi. Il rituale, inoltre, rappresenta anche un avvertimento per i genitori; il figlio che tu ci hai portato appartiene a noi, non a te. Gli psicologi hanno poi sviluppato queste teorie ed hanno parlato di “pain imprinting” (64) ovvero codificando la violenza nel cervello del neonato, il legame con la madre viene rotto ed un senso di tradimento viene instillato nel neonato. Ciò viene considerato un requisito che aumenterà l’abilità del soggetto a sopravvivere più tardi nella vita (65).

Il tema riguardante il dolore e i suoi effetti sul neonato rappresenta un campo di difficile esplorazione poiché il dolore è di solito definito come un fenomeno soggettivo (66). Allo scopo di oggettivare il dolore sono stati presi in considerazione parametri oggettivi quali la frequenza cardiaca e i livelli plasmatici di cortisolo, markers biologici in rialzo sotto stress. Fleiss, in una sua lettera a Lancet, considera i valori di cortisolo e la frequenza cardiaca dopo circoncisione compatibili con quelli riscontrati sotto tortura (67). Queste rilevazioni contrastano con le convinzioni di chi sostiene, all’interno della comunità ebraica, che si tratti solo di un taglietto che non fa male, che sia come cambiare il pannolino o tagliare le unghie del neonato (68). La bibliografia relativa a tale argomento è vasta e il tema va al di là dei limiti di questo studio.
Riporto solo, a conclusione di questo argomento, le considerazioni finali del lavoro di Anand et al.: “Numerose linee di evidenza suggeriscono che persino nel feto le vie nervose deputate alla trasmissione del dolore così come i centri sottocorticali necessari alla percezione del dolore sono ben sviluppati nelle ultime fasi della gestazione, e che i sistemi neurochimici ora conosciuti essere associati con la trasmissione del dolore e la sua modulazione sono intatti e funzionali. Le risposte fisiologiche agli stimoli dolorosi sono state ben documentate nei neonati di varie età gestazionali e sono riflessi in modificazioni ormonali, metaboliche e cardiorespiratorie simili ma maggiori di quelle osservate nei soggetti adulti. Altre evidenze nei neonati sono suggestive di risposte integrate sul piano emozionale e comportamentale al dolore che vengono ritenute nella memoria abbastanza a lungo da modificare i successivi modelli comportamentali (69).

Ma se anche tutte queste evidenze non fossero convincenti, perché, nel dubbio, far soffrire un essere umano? Forse perché non può esprimersi? La controversia relativa alla circoncisione rituale nel mondo ebraico riguarda anche altri due aspetti fondamentali: gli effetti sulla madre e le implicazioni etiche.

La madre, a otto giorni dalla nascita del figlio e spesso in condizioni di debolezza, viene messa di fronte ad un conflitto etico tra l’istinto di protezione, il desiderio di tenerezza nei confronti del neonato e la fedeltà alle tradizioni. Secondo la legge ebraica, è il padre ad essere comandato alla circoncisione del figlio, non la madre. In questi casi le madri hanno un ruolo passivo nella vicenda in quanto si tratta di un rito di vincolo maschile e, come tutti i riti simili in altre culture, ha lo scopo precipuo di separare il bambino dalla madre e rivendicarne l’appartenenza alla tribù. Questo rito vincolante è considerato sacro. Come ha sottolineato Pollack (70) le donne chiedono di ridefinire ciò che è sacro e sanno che non vi è nulla di sacro nel prendere un coltello contro i genitali di un bambino. “La circoncisione è fondamentale ai patriarchi, ma non è sacra” (71).

La questione etica riguarda naturalmente i diritti individuali del bambino come essere umano. La circoncisione rituale rappresenta certamente una violazione dei diritti individuali in quanto, senza il consenso del diretto interessato, viene asportata, senza peraltro evidente indicazione medica, una parte normale del suo corpo. L’argomento sarà oggetto di più approfondito esame nel capitolo dedicato a “Dal rito alla routine. La trasformazione medica di un rituale”.

Il lavoro, già citato, della Goodman (72) che è ebrea e si definisce al termine del suo bellissimo articolo “full-time mother”, descrive mirabilmente il dibattito all’interno della comunità ebraica nei confronti della circoncisione. Goodman ci parla dell’intreccio inestricabile tra circoncisione e identità ebraica, di come ogni sfida alla circoncisione venga vissuta, consapevolmente o meno, come un attentato all’essere ebreo, di come gli Ebrei tentarono di conservare questo rituale circoncidendo i neonati anche sui carri bestiame diretti ad Auschwitz. Ma, nello stesso tempo, pone, come madre e donna, il problema dell’identità ebraica. “Quale identità ebraica”, si chiede Goodman. Solo quella maschile, e l’affermare che la circoncisione sia vitale per l’identità ebraica equivale ad escludere il 52% della popolazione ebraica”.

In secondo luogo, viene messa in discussione la circoncisione come segno di identità precipuo degli ebrei e questo non corrisponde a verità in quanto anche gli Aborigeni, gli Africani e i Musulmani circoncidono. Infine, la credenza da parte dei rabbini che la circoncisione mantenga i maschi “nel gregge” non ha impedito che molti giovani ebrei abbiano abbandonato la loro fede. Al termine della sua disamina, Goodman descrive nell’ambito della comunità ebraica britannica la possibilità di riti non violenti, di cerimonie di benvenuto per i neonati di entrambi i sessi in alternativa alla circoncisione, auspicando che questa visione possa essere accolta in tutta la comunità ebraica mondiale.

La tradizione musulmana

La circoncisione era pratica comune nell’Arabia preislamica e vi sono riferimenti nella poesia preislamica e nella prima poesia islamica come attestato da poeti quali Hudhayl, Farazdak ed altri (73). Sembra quindi che la circoncisione rituale sia una vecchia usanza araba ma non introdotta dall’Islam. Questo viene confermato anche dal fatto che nel libro sacro islamico, il Corano, la circoncisione non viene mai citata. Se nella tradizione ebraica la circoncisione e la sua motivazione sono chiaramente indicate nella Bibbia e l’imperativo alla circoncisione è assoluto, la tradizione islamica è più sfumata e rimane avvolta nel mistero. 

L’Islam divide con le altre due grandi religioni monoteiste, Ebraismo e Cristianesimo, l’origine medio-orientale. Inoltre, Ebrei e Musulmani ritengono Abramo il loro padre spirituale e si considerano suoi discendenti, i primi attraverso il figlio Isacco, i secondi attraverso l’altro figlio di Abramo, Ismaele. Nelle società islamiche la pratica viene attribuita al profeta Maometto e, in tale veste, la circoncisione ha assunto il carattere di Sunnah, ovvero la tradizione del profeta (74). Viene inoltre riconosciuta nell’hadith (detti ed azioni del Profeta). Il più comune hadith attribuito al Profeta comprende la circoncisione, citata sotto il titolo di Tahara ovvero pulizia o purificazione, in una lista di pratiche conosciute come fitrah, sorta di religione naturale.
“Cinque cose sono fitrah: la circoncisione, il taglio dei baffi, il taglio delle unghie, la depilazione delle ascelle, la rasatura dei peli pubici”. La Sharia è la legge divina per l’Islam e comprende ogni aspetto della vita privata, dei rituali, dei comportamenti sociali di un musulmano. La Sharia ha le sue radici nel Corano, nell’hadith e nella Sunnah. Tutti questi rappresentano per i musulmani la fonte della legge islamica.

La Legge islamica definisce gli atti in cinque categorie: proibito, riprovevole, permesso, consigliabile e obbligatorio. Ciò che differenzia e divide spesso i musulmani è l’applicazione di tali principi. La principale divisione è quella tra Sunniti e Sciiti. Tali differenze hanno portato alla nascita di sei scuole di legge islamica: Hanafite, Jafarite, Malikite, Hanbalite, Shafiite e Zaidite. Solo la scuola Shafiite considera la circoncisione obbligatoria (wajib) mentre le altre la considerano solo raccomandata (75). Le risoluzioni proposte dalle varie scuole rappresentano la igtihad, canoni delle varie scuole islamiche, che vengono diffuse attraverso fatwas, opinioni dei dotti religiosi islamici. Anche tra le scuole più intransigenti, comunque, la circoncisione non viene considerata, legalmente parlando, obbligatoria per diventare un musulmano. Anche se una persona si converte all’Islam non è obbligata alla circoncisione (76). La parola araba per la circoncisione maschile è khitan, quella per la circoncisione femminile è khfad, anche se nel linguaggio quotidiano il termine khitan comprende entrambe.

Vi sono, tra i lavori degli autori arabi contemporanei, diversi detti di Maometto relativi alla circoncisione maschile e femminile. La più frequente narrazione citata riporta un dialogo tra Maometto e Um Habibah. Quest’ultima era l’equivalente del circoncisore per le femmine schiave. Avendola vista, Maometto le chiese se continuasse a praticare la sua professione. Ella rispose affermativamente aggiungendo: “a meno che sia proibito e tu ordini di fermarmi.”
Maometto replicò: “Si, è permesso. Vieni più vicino così posso insegnarti”. “Taglia leggermente e non esagerare (ashimmi wa-la tanhaki). Perché è più piacevole (ahza) per la donna e meglio (ahab) per il marito”. In un altro punto Maometto disse: “La circoncisione è sunnah (conforme) per gli uomini e makrumah (atto onorevole) per le donne”. I riferimenti alla circoncisione sono contenuti in altre detti. Qualcuno andò da Maometto e si convertì davanti a lui. Maometto gli disse: “Taglia i tuoi capelli di miscredente e fatti circoncidere”. Maometto disse: “Lasciatelo circoncidere perché diventi un musulmano, anche se è vecchio”. Uno chiese a Maometto se un uomo non circonciso potesse recarsi in pellegrinaggio. Egli rispose: “No, finchè non è circonciso” (77).

Maometto, secondo alcune tradizioni, sarebbe nato circonciso, mentre altre sostengono che è stato circonciso al settimo giorno. Secondo i dotti musulmani, la circoncisione dovrebbe interessare l’intero prepuzio. Il dotto al-Mawardi sostiene: “Il metodo ideale è rimuovere la pelle a partire dal glande e la condizione minima è che non sia lasciato niente a coprire l’estremità del glande”. In molti casi, comunque, la circoncisione secondo rito musulmano risulta meno radicale rispetto a quella ebraica (78). Tra gli stessi giuristi, non vi è accordo sull’età in cui dovrebbe essere praticata la circoncisione: ad ogni età, alla pubertà, prima dei 10 anni, a 7 anni, al settimo giorno dalla nascita come il Profeta analogamente a quanto sostenuto da alcune tradizioni.

In Pakistan, ad esempio, i bambini nati in ospedale vengono circoncisi nei primi giorni di vita mentre per i bambini nati al di fuori dell’ambito ospedaliero l’età della circoncisione può variare tra i 3 e 7 anni (79). Mentre nella tradizione ebraica il rito della circoncisione è diventato parte integrante dell’identità ebraica e usanza condivisa in tutta la comunità ebraica diffusa in tutto il mondo, la tradizione musulmana, pur riconoscendo l’automaticità della circoncisione, non è sfociata in un rituale comune da eseguire ad una precisa ed inderogabile età. Anche il diverso giudizio etico delle diverse scuole religiose ha influenzato la pratica e molti sono stati e sono i tentativi di corroborare l’esecuzione della circoncisione da parte dei leaders musulmani. Alcuni dotti sostengono, per esempio, che il prepuzio imprigioni impurità, altri sostengono che i cadaveri trovati su un campo di battaglia hanno diritto alla preghiera e alla sepoltura in un cimitero musulmano solo se circoncisi (80).

La scuola Shafiite, la più integralista tra le varie correnti come abbiamo visto, diffusa soprattutto nell’Africa orientale e in Indonesia, sostiene la costrizione alla circoncisione. Gli Ibaditi ribadiscono la nullità del matrimonio con un uomo circonciso. Al-Sukkari ha sottolineato il diritto delle donne ad annullare il matrimonio con uomini non circoncisi in quanto il prepuzio è potenziale sorgente di contagio (81). Ma se il ricorso ai motivi religiosi nell’indicazione alla circoncisione è stato frequente e pressante, altrettanto forte è stato il ricorso alla legittimazione della circoncisione sul piano medico, in quella alleanza tra potere religioso, politico con la medicina che avevamo già riscontrato nell’antica Grecia.

In quel caso l’intreccio tra cultura, società e biologia era indirizzato verso la motivazione opposta, l’abolizione della circoncisione allo scopo di integrare nella civiltà greca altri popoli, ma l’uso disinvolto e ideologico della biologia a fini sociali, politici e religiosi resta lo stesso. Durante la Prima Conferenza Internazionale sugli aspetti scientifici del Corano e Sunnah, tenuto ad Islamabad, Pakistan, nel 1987, i giuristi islamici revisionarono una serie di studi pubblicati su riviste mediche nordamericane in cui si portavano prove a sostegno della circoncisione come misura profilattica contro le infezioni urinarie e il cancro del pene (82). “L’esecuzione della circoncisione e la pratica della Sunnah Al-Fitra come raccomandato in Islam è benefica dal punto di vista medico, e riflette la saggezza delle asserzioni islamiche” (83).

Negli ultimi decenni, inoltre, la circoncisione è stata utilizzata da parte dei fondamentalisti come simbolo unificante e spesso come marchio di conquista religiosa (84). Come sottolinea V.S. Naipaul: “Non c’è mai stato probabilmente un imperialismo come quello islamico. La circoncisione è un simbolo vitale di questo imperialismo religioso che unisce popoli disparati attraverso la graduale inclusione del loro sacro passato in una sorta di religione islamica popolare. Nell’Islam la circoncisione è soprattutto un rito personale, una misura di purificazione individuale, un segno indelebile, ad imitazione del Profeta: esso impegna per sempre un uomo alla sua fede” (85).

Come vedremo a proposito della circoncisione profilattica negli Stati Uniti, la mutua legittimazione tra religione e biologia, tra società e natura funziona in entrambe le direzioni. Ma, se nel caso islamico la coincidenza tra politico e religioso comporta l’interferenza inevitabile del potere nella vita delle persone e la predominanza dello stato teocratico sui diritti individuali, nel caso statunitense l’affermazione della circoncisione routinaria fondata su basi mediche ancora ritenute perlomeno discutibili, viola, in una moderna e avanzata democrazia, l’integrità del corpo della persona e ne lede i diritti individuali. Questo sarà oggetto di discussione più approfondita nel prossimo capitolo.

Come già accennato, la circoncisione nel mondo musulmano non è sfociata in un unico rituale formalizzato ed eseguito sempre alla stessa età in tutti i bambini. Nel mondo musulmano, ad esempio, non esiste l’equivalente figura del mohel ebraico. Il taglio del prepuzio è affidato alle figure più varie. In Pakistan il 90-95% circa delle circoncisioni viene eseguito da circoncisori abituali, dai barbieri del villaggio e da personale paramedico, mentre il restante 5-10% è eseguito in ambito ospedaliero da personale medico; la procedura, quando eseguita in ambito extra ospedaliero, non prevede l’anestesia locale, l’uso di suture e strumenti sterili, l’emostasi è affidata alla cenere. In Turchia, nelle campagne, la circoncisione è praticata nell’85% dei casi da circoncisori non medici mentre in Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi vige la situazione opposta con l’85% delle operazioni eseguite in ambito ospedaliero da medici (86).
Le circoncisioni praticate nelle comunità musulmane residenti in paesi occidentali quali il Regno Unito o gli Stati Uniti avvengono perlopiù in ospedale. A tale proposito, nel nostro paese, c’è stato recentemente, su iniziativa della Regione Piemonte, l’avvio della circoncisione rituale per bambini musulmani in ambito ospedaliero in regime di day-surgery. La sperimentazione ha sollevato, come prevedibile, polemiche sul piano politico ma ha anche, allo stesso tempo, diviso i medici interessati portando all’obiezione di coscienza l’80% dei sanitari.

Come in tutta la storia della circoncisione, anche in questo caso l’intreccio tra appartenenze etniche, fedi religiose, retaggi culturali, diritti individuali e buona pratica medica è complesso e spesso le diverse esigenze sono inconciliabili tra loro. La volontà di integrazione in una società multietnica, come ormai quella del nostro paese, e il rischio che la procedura venga comunque eseguita da mani inesperte e in ambiente non idoneo si contrappongono alla salvaguardia dei diritti individuali del bambino e al mantenimento da parte dei medici del primo fondamentale comandamento: “primum non nocere”. Vedremo più avanti, nel capitolo “Dal rito alla routine: la trasformazione medica di un rituale” come le problematiche relative alla circoncisione di massa negli Stati Uniti abbiano aperto un vastissimo fronte di dibattito antropologico, sociale, culturale, religioso oltre che, ovviamente, medico.

Anche la stessa natura del rituale può variare grandemente tra i vari paesi musulmani, andando da circoncisioni eseguite su singolo bambino senza alcun cerimoniale particolare, alla circoncisione “medica” eseguita in ospedale in Iran e Arabia Saudita, alle circoncisioni di massa seguite da feste e cerimoniali della durata di diversi giorni. La circoncisione di massa viene praticata in Indonesia, in Africa e in Turchia. In quest’ultimo paese la circoncisione è sempre stata considerata sia un evento sociale che una pietra miliare nella vita di un uomo. Nella cultura turca, specialmente nel periodo ottomano, il rituale era inserito in cerimonie fastose come quelle descritte da Derin Terzioglu (87) e da Ayhan Verit et al. (88) per i figli dei Sultani.

Illustrazione 5 - Urologia

 

Circoncisione di routine o profilattica?

Circoncisione profilattica: “un’operazione in cerca di una malattia?” (Kirsten Bell)
“Messa semplicemente, tutte le forme di mutilazione genitale maschile inclusa la circoncisione neonatale, sono antichi rituali di sangue associati a religioni primitive ed assoluzione del maschio. Il rituale non ha niente a che fare con la medicina, salute o scienza praticamente in tutti i casi. Il fatto che così tanti uomini americani circoncisi, madri, infermieri ed ostetriche sono pronti a difendere la pratica a dispetto dell’opposta evidenza epidemiologica è una rivelazione involontaria da nascondersi, motivi inconsci ed emozioni disturbate circa il pene e la sessualità in generale. Questo non è un piccolo punto, poiché prima che tali dolorose e traumatiche mutilazioni possano essere percepite come “buone” e sostenute sia da alte caste sacerdotali che dalla gente comune, certi altri fattori sessuofobi e contro i bambini devono essere già presenti ed allignare” (89).

La cosiddetta circoncisione “profilattica” o di “routine” nasce nel XIX secolo, quando l’etiologia della maggior parte delle malattie era sconosciuta. Come scrive Edward Wallerstein (90) “entro il miasma del mito e dell’ignoranza, emerge la teoria che la masturbazione causa molte e varie affezioni. Sembrò logico ad alcuni medici praticare la chirurgia genitale su entrambi i sessi per interrompere la masturbazione; la principale tecnica applicata ai maschi era la circoncisione. Questo era vero specialmente nei paesi di lingua inglese poiché si accordava con l’atteggiamento dell’età medio Vittoriana verso il sesso considerato come peccaminoso e debilitante” (91).

Un anonimo nel 1710 a Londra pubblicò un pamphlet “Onania or the Heinous Sin of Self-Polluction and all its frightful Consequences in both sexes, considered”. Il titolo prende origine dal personaggio biblico di Onan che sparse il proprio seme sulla terra (Genesi 38). L’autore, forse un medico, nelle sue intenzioni volle lanciare un allarme contro i rischi dell’onanismo che avrebbe distrutto l’amore coniugale, pervertito la naturale inclinazione ed avrebbe annullato la speranza della posterità. I masturbatori avrebbero progressivamente perso interesse per le proprie mogli e si sarebbero dedicati alla sodomia, rinunciando alla procreazione.
L’anonimo autore sosteneva che le proibizioni contenute nella Bibbia contro la sodomia si applicassero anche contro la masturbazione. Come la punizione capitale soppresse la sodomia, egli sosteneva che l’assenza di sanzioni legali contro la masturbazione avrebbe reso inconsapevoli i masturbatori circa i rischi a cui andavano incontro. “In effetti i rischi sono gravi”, scriveva. “Gli onanisti sono destinati a soffrire di cecità, demenza, crescita stentata e, a meno di rinsavimento, morte”. È possibile che l’autore di Onania fosse un ciarlatano, un guaritore. Il testo parla infatti anche di una “tintura rinforzante” e di una “polvere prolifica”. Il pamphlet fu venduto in molte copie ed almeno una fu pubblicata negli Stati Uniti nel 1724. Onania non fu il primo libro ad indicare i presunti rischi della masturbazione.

Nel 1670, un medico tedesco scrisse che la masturbazione poteva essere la causa della gonorrea e, nel 1708, il famoso medico olandese Hermann Boerhave mise in guardia sui pericoli circa la perdita di qualsivoglia liquido corporeo, sangue, sudore o sperma che fosse. Nel 1760 il medico svizzero Simon-Auguste-Andre- David Tissot pubblicò il suo influente trattato “Onanism: Or a Treatise Upon the Disorders produced by Masturbation: Or the dangerous Effects of Secret and Excessive Venery”.

L’idea che il sesso inteso come puro piacere e al di là dello scopo riproduttivo fosse una pratica non solo sconveniente ma anche pericolosa fu ripresa dal medico svizzero e basata su criteri più sofisticati. Egli riprese le teorie della medicina greca antica sull’equilibrio corporeo basato sull’armonia dei quattro umori principali: sangue, flegma (o muco), bile gialla e bile nera. La perdita di liquidi, comunque prodotta, comporta, secondo Tissot, uno squilibrio nella dinamica corporea. Il liquido seminale perso con il rapporto sessuale rappresenta un fatto negativo ma le perdite di sperma con il sesso anale, il sesso orale, il sesso con contraccezione e la masturbazione sono ancora più gravi.

Egli definì queste pratiche “pericolose” con il termine di onanismo. Le pratiche onanistiche causano una serie di affezioni quali emorroidi, foruncolosi, tubercolosi, cecità e, naturalmente, la morte. Tissot respinse le tesi sostenute dall’anonimo autore di Onania in quanto basate su fonti bibliche e non sulle tradizionali basi mediche dell’antica Grecia. Come altri intellettuali di lingua francese della metà del Settecento, Tissot era un illuminista. Egli creò una teoria della moralità sessuale basata su cause fisiche e sociali, non su proibizioni divine. In modo involontario, egli convertì il pregiudizio morale basato sulla religione tradizionale contro il sesso non procreativo in un sistema secolarizzato che rimosse il divino e lo sostituì con la “natura” come sua giustificazione. L’onanista peccaminoso di una volta fu visto invece come la vittima di un processo di malattia morale.

Perché la masturbazione e il sesso inteso come piacere senza scopo procreativo sono stati oggetto di critica e demonizzazione da parte di numerosi intellettuali e fonte inesauribile di una serie infinita di divieti, avvertimenti, minacce e proscrizioni? La risposta può essere solo speculativa ma, almeno per quello che riguarda le società occidentali, può risiedere, in parte, nella profonda e tradizionale avversione cristiana della lussuria. La lussuria è uno dei sette peccati capitali ed avversata dalla Chiesa sin dal Medioevo ed associata ad un altro dei peccati capitali, l’accidia.

Tali convinzioni e pregiudizi circa la sessualità si diffusero in tutta Europa e negli Stati Uniti, influenzando in modo decisivo anche l’educazione dei bambini. In uno suo lavoro, Alice Ryerson (92) ha analizzato i testi e i manuali di educazione dei figli pubblicati in Europa e negli Stati Uniti in un periodo compreso tra il 1550 e il 1900 trovando una progressiva preoccupazione circa la masturbazione, con un picco riguardante quelle appartenenti all’ultimo quarto del diciannovesimo secolo. I genitori cercavano i medici per le risposte a tali quesiti e i medici non si sottrassero a questo compito. Nel periodo compreso tra il 1850 e il 1900 avvenne quella che Michel Foucault definisce la “medicalizzazione” del sesso. Secondo Foucault a partire dal XVIII secolo si possono distinguere quattro grandi insiemi strategici che sviluppano a proposito del sesso dispositivi specifici di sapere e potere:
  • isterizzazione del corpo della donna, visto come corpo saturo di sessualità;
  • pedagogizzazione del sesso del bambino; tutti i bambini hanno un’attività sessuale e questa attività è illecita e porta con sé pericoli fisici e morali; i genitori, gli educatori, i medici devono occuparsi di questo germe sessuale prezioso e soggetto a rischi. Questa pedagogizzazione si manifesta soprattutto nella guerra all’onanismo che è durata in Occidente quasi due secoli;
  • socializzazione delle condotte procreatrici;
  • psichiatrizzazione del piacere perverso: l’istinto sessuale è stato isolato come istinto biologico e psichico autonomo (93).
Foucault, proseguendo nella sua disamina, ammette che probabilmente le relazioni sessuali hanno dato luogo, in ogni società, ad un dispositivo di alleanza: sistema del matrimonio, dello sviluppo delle parentele, della trasmissione dei nomi e dei beni. Le società occidentali moderne hanno inventato a partire dal XVIII secolo un nuovo dispositivo accanto a quello di alleanza: il dispositivo di sessualità. Il dispositivo di alleanza, continua Foucault, è finalizzato, probabilmente, ad una omeostasi del corpo sociale, che ha la funzione di mantenere; di qui il suo legame privilegiato con il diritto.
Il dispositivo di sessualità trova la sua ragion d’essere nel proliferare, nell’innovare, nel penetrare i corpi in modo sempre più minuzioso (94). I medici, nel tentativo di allargare le proprie competenze e di acquisire un maggiore rispetto professionale, andarono incontro a queste esigenze fornendo una serie numerosa e spesso fantasiosa di soluzioni al problema della masturbazione. Furono via via proposte diete, esortazioni morali, idroterapia, il matrimonio fino ad arrivare a terapie più drastiche come l’uso di minacce, restrizioni fisiche e punizioni. Alcuni medici suggerirono di coprire il pene con il gesso di Parigi o con la gomma; altri fecero indossare delle specie di cinture di castità o anelli chiodati. Nei casi estremi fu proposta la castrazione (95).

In questo quadro, a volte tragico, la circoncisione rappresentava quasi un atto di pietà. William Acton nel suo libro “The functions and Disorders of the Reproductive Organs” del 1857, descrive i danni legati alla perdita di sperma con le polluzioni notturne, la masturbazione e la spermatorrea, una affezione di fantasia in cui il soggetto perderebbe sperma in modo involontario, proponendo uno strumento da introdurre nel canale uretrale allo scopo di provocare dolore attraverso ustione. Ma dove la Medicina acquisì il massimo prestigio in questa epoca fu nel trattamento delle malattie mentali includendo in una serie interminabile di classificazioni ogni forma di aberrazione sessuale coniando, ad esempio, nel 1869 da parte di Karl Westphal il termine di inversione sessuale per indicare l’omosessualità e trovando il suo culmine nella monumentale opera di Krafft-Ebing, “Psicopatia sessuale” pubblicata nel 1886.

Perché l’onanismo era considerato così pericoloso?

Lo storico Thomas Laqueur ha teorizzato che l’onanismo rivestì un interesse speciale nel diciottesimo secolo in Francia a causa dell’ansietà per la rapida urbanizzazione e i cambiamenti nella vita famigliare. Il timore dei governanti era che gli uomini anziché dedicarsi al lavoro e ai doveri della vita famigliare, preferissero una vita di piacere e di lussuria facendo crollare in tal modo la struttura portante della nazione rappresentata dal nucleo famigliare (96).
In un suo articolo R.P. Neuman (97) sostiene che la demonizzazione della masturbazione fu un tentativo di salvaguardare la trinità: lavoro, famiglia e autorità paterna contro le tensioni familiari interne e le minacce esterne di un’economia in rapido cambiamento. Probabilmente, come scrive Karen Ericksen Paige (98) la circoncisione ha risolto in quel preciso momento storico il confronto fra le famiglie della classe media americana e la nuova classe medica statunitense non ancora pienamente affermata e alla ricerca del più ampio consenso.
Alla fine del Novecento, i medici assunsero enorme prestigio tra l’opinione pubblica, divenendo una sorta di confessori secolarizzati (99). Come sottolinea Geoffrey Miller, attraverso l’insieme di carisma e conoscenza professionale, i medici furono in grado di consigliare, ottenendo concreti risultati, cambiamenti nelle abitudini sociali su una base medica (100). Ivan Illich parla di “medicalizzazione” della vita ottenuta attraverso quella che egli definisce un processo di “iatrogenesi sociale” ovvero “quando le menomazioni della salute sono dovute a quei cambiamenti socio-economici che sono stati resi desiderabili, possibili o necessari dalla forma istituzionale assunta dalla cura della salute” (101). La circoncisione può aver rappresentato lo sforzo combinato di autodifesa della medicina e della famiglia contro le incertezze della nuova era industriale.

Per tutta questa serie di motivi esposti e di circostanze tra loro coincidenti, la circoncisione come prevenzione della masturbazione rappresentava intorno al 1860 un dogma nella pratica medica del Regno Unito. Negli Stati Uniti la diffusione della pratica fu più lenta ma, in compenso, gettò radici più solide rimanendo in voga ancora oggi come vedremo nel prossimo capitolo dedicato agli Stati Uniti. Nel 1860 Athol A.W. Johnson scriveva: “Nei casi di masturbazione noi dobbiamo, io credo, rompere l’abitudine inducendo una sofferenza locale tale che impedisca la prosecuzione della pratica. A questo proposito, se il prepuzio è lungo noi possiamo circoncidere il paziente con vantaggio attuale e probabilmente futuro; l’operazione, inoltre, non dovrebbe essere praticata sotto cloroformio, cosicché il dolore provato possa essere associato con l’abitudine che intendiamo eradicare” (102).

Questo, quindi, era il clima culturale e sociale dove nacque e si diffuse nella seconda metà dell’Ottocento la circoncisione profilattica nei paesi di lingua inglese: Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Mentre nei primi quattro paesi citati, la pratica della circoncisione crebbe e declinò con l’acquisizione di maggiori conoscenze mediche che ne spazzarono via le discutibili indicazioni, negli Stati Uniti la percentuale di maschi circoncisi crebbe progressivamente. Nel 1860 nelle città del Nord-Est tale percentuale era 0,01; nel 1900 tale cifra saliva al 25% per arrivare nel 1971 al 90 %, facendo definire ad Edward Wallerstein la circoncisione come “il singolare enigma medico americano” (103).

Come abbiamo visto, la lotta contro la masturbazione fu il vessillo innalzato dalla società nordamericana per il controllo della sessualità maschile, ottenuto attraverso la circoncisione. Ma la masturbazione non fu l’unica indicazione all’intervento. Per dare un’idea del clima culturale dell’epoca, riporto una citazione di W. G. Steele del 1902: “Ho ripetutamente visto casi di convulsioni, pianto costante nei bambini, malattie simulate dell’anca, ritardo negli studi, enuresi, marasma, incoordinazione muscolare, paralisi, masturbazione, neurastenia e persino l’epilessia, curati o molto migliorati da una corretta esecuzione della circoncisione” (104).
La storia medica della circoncisione negli Stati Uniti inizia con precisione a New York il 9 febbraio 1870 (105). Il dottor Lewis A. Sayre (1820-1900), uno dei massimi esponenti della chirurgia ortopedica dell’epoca, titolare della prima cattedra negli Stati Uniti di chirurgia ortopedica presso il Bellevue Medical College, venne convocato quella mattina per un consulto da un eminente ginecologo di New York, il Dottor James Marion Sims. Si trattava del caso di un bambino di 5 anni di aspetto delicato, pallidissimo, incapace di reggersi in piedi e di camminare, con le ginocchia piegate a 45 gradi. Dopo attento esame, Sayre concluse che la deformità era dovuta a paralisi ma l’origine di tale paralisi era sconosciuta.

Intenzionato ad applicare la corrente elettrica sugli arti inferiori allo scopo di testare i riflessi del bambino, scoprì il ragazzo e, nel farlo, fu avvertito di prestare attenzione al pene del paziente. Incuriosito, esaminò i genitali e rilevò che il glande, arrossato sul meato uretrale esterno, era costretto da un prepuzio contratto e non retraibile. L’infermiera presente avvertì il dottor Sayre che il più piccolo sfregamento della parte provocava irritazione e una dolorosa erezione. Come folgorato, intuì che un’eccessiva attività masturbatoria potesse essere fonte di prostrazione fisica ed esaurimento nervoso, producente talora paralisi. Egli propose a quel punto la circoncisione per dare sollievo al pene imprigionato e irritato (106). Il giorno dopo egli eseguì la circoncisione al Bellevue Hospital davanti ai suoi studenti. Dopo pochi giorni, il bambino riprese colore, appetito e, soprattutto, riprese a camminare. Incoraggiato dall’esito dell’intervento, egli applicò la pratica ad altri casi analoghi di paralisi concludendo che l’irritazione dei genitali era la sorgente di molte varietà di paralisi e che potevano essere risolti con la circoncisione (107).

La fama e l’attendibilità di un luminare della medicina di quell’epoca aprì la strada alla circoncisione come rimedio universale, “an omnibus procedure” che, ritenuta efficace per decine di affezioni, si prestò facilmente alla diagnosi sessuale e, a sua volta, aiutò a completare la transizione alla cura routinaria dei neonati maschi (108). Il dottor Lewis A. Sayre non fu, comunque, l’unico paladino di questa campagna a favore della circoncisione. Nel 1888 il Dottor John Harvey Kellogg (1852-1943), rispettabile medico e fondatore della famosa omonima compagnia di cereali, scriveva: “Un rimedio per la masturbazione che risulta sempre efficace nei bambini piccoli è la circoncisione. L’operazione dovrebbe essere eseguita senza anestesia in modo che il breve dolore provocato dall’intervento abbia un salutare effetto sulla mente, specialmente se connesso con l’idea della punizione” (109).

A prescindere dal razionale attuale della circoncisione, la procedura descritta da Kellogg nel 1888 riproduce la pratica odierna della circoncisione neonatale: senza anestesia, senza consenso informato, in assenza di patologia evidente, come profilassi non dimostrata di malattie future e senza alcun riguardo per i diritti di un innocente.

Ma il più strenuo sostenitore della circoncisione universale fu certamente Peter Charles Remondino (1846-1926) medico e pubblico ufficiale. Nato a Torino da padre lombardo e madre ligure, la sua famiglia apparteneva alla comunità valdese. Emigrò con la famiglia negli Stati Uniti nel 1854 stabilendosi nel Minnesota e divenne medico, trasferendosi, successivamente, in California. Qui il dottor Remondino divenne uno dei più autorevoli ed influenti medici del tempo, ricoprendo varie cariche come la presidenza del San Diego Board of Health e la vicepresidenza della Società Medica Californiana.

Fu autore di numerose pubblicazioni e libri, ampiamente diffusi in tutto il paese. Tra le sue varie opere, “History of circumcision from the earliest time to the present: Moral and physical reasons for its performance” del 1891 riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella storia della circoncisione negli Stati Uniti. Verso il 1880 egli incontrò per caso il dottor Lewis A. Sayre che celebrò come “il Colombo del prepuzio”, l’esploratore scientifico che “ha tracciato una rotta in questo territorio dimenticato da Ippocrate e Galeno”. La sua storia della circoncisione rappresenta un violento pamphlet sui pericoli fisici e morali del prepuzio. I titoli di alcuni paragrafi del suo libro sono eloquenti: “Il prepuzio come illegalità, e i suoi pericoli per il glande”, “Il prepuzio è un’appendice naturale fisiologica?”, “La neurosi riflessa e il prepuzio”, “Malattie generali sistemiche indotte dal prepuzio”.

Illustrazione 6 - Urologia

Remondino rappresentò perfettamente lo spirito del tempo, l’incarnazione dell’età Vittoriana, che vedeva nella masturbazione il pericolo per la crescita dei ragazzi e lo sviluppo della nazione. Remondino così descrive il prepuzio nel suo stile retorico vittoriano: “Il prepuzio sembra esercitare un’influenza maligna in molte ed apparentemente non correlate maniere, come i geni del male o gli spiriti dei racconti arabi, esso può raggiungere da lontano l’oggetto della sua malignità […] facendolo diventare oggetto di tutti i tipi di malattie, sofferenze e tribolazioni, rendendolo inadatto al matrimonio e alla cura degli affari, facendolo diventare un miserabile ed oggetto di continuo rimprovero e punizione nell’infanzia, attraverso tormenti e l’enuresi notturna; più tardi cominciando ad affliggerlo con ogni tipo di alterazione fisica ed indisposizione, polluzioni notturne, ed altre condizioni miranti ad indebolirlo fisicamente, mentalmente e moralmente; per gettarlo, forse, in prigione o persino in un manicomio” (110).

Infine, con una connotazione fortemente razzista, Remondino propose la circoncisione come rimedio contro le violenze carnali dei neri sulle donne bianche. Già alcuni anni prima la circoncisione era stata proposta per i neri come misura profilattica della sifilide, in ragione della loro “irrimediabile promiscuità” e carenza di igiene. Nel 1890 alcuni medici proposero la sommaria castrazione dei neri sorpresi ad usare violenza sulle donne bianche (111).

Remondino si inserì in questo movimento e propose, naturalmente, la circoncisione preventiva per i bambini neri allo scopo di contenere la loro naturale lussuria entro termini ragionevoli: “Un’irritante e copiosa secrezione sebacea e un prepuzio generalmente robusto comporterà un’esuberante ed impaziente virilità, qualcosa che scatenerà le loro congeste e distese vescicole seminali. Dalle nostre osservazioni ed esperienze in questi casi, noi ci rendiamo del tutto garanti nel proporre la circoncisione di massa per la razza nera come efficace rimedio nel prevenire l’innata predisposizione allo stupro della razza nera. Abbiamo visto questo atto come una valida misura preventiva nei casi dove un irragionevole e compulsivo desiderio carnale” (112).

La proposta di Remondino fu pubblicata su importanti giornali quali il National Popular Review e supportata da numerose riviste mediche come il Maryland Medical Journal e il Boston Medical and Surgical Journal, l’attuale e prestigioso New England Journal of Medicine. La circoncisione preventiva era nata quindi negli Stati Uniti su questi opinabili presupposti teorici, su considerazioni mediche vaghe e non confortate dall’evidenza e, talora, con connotazioni apertamente razziste. Ma, come vedremo nel prossimo capitolo, tutto questo non fu casuale.

 

La trasformazione medica di un rituale

“Non è etico per un medico amputare tessuto normale da un bambino normale” (John P. Warren).

Il pediatra trascorse ore nel rianimare e stabilire i danni in un bambino che era nato incapace di respirare, senza polso apprezzabile, con l’omero rotto e fratture craniche da depressione per parto eseguito con forcipe. Quindi parlò con la madre, la cui prima domanda fu: “Quando può essere circonciso?” (113).

Come è stato possibile che una chirurgia rituale, spesso tribale, che affonda le sue radici nelle ere preistoriche, possa essere entrata pienamente nella pratica medica quotidiana statunitense e si sia radicata così saldamente nell’immaginario del popolo americano? E come tale operazione, i cui benefici sono ancora oggetto di ampio e rovente dibattito, sia sopravvissuta nell’America odierna e rappresenti una pietra miliare nella cultura americana?
La circoncisione profilattica nata per combattere la masturbazione, come abbiamo già visto, si inserisce a pieno diritto in questo clima di rigore morale e di intransigenza verso una sessualità libera e praticata senza scopi procreativi al di fuori del matrimonio. Ma, verso gli anni Trenta del XX secolo, il razionale della prevenzione della masturbazione, con il progredire delle conoscenze mediche, venne messo in discussione e, successivamente, discreditato. Il testimone della circoncisione profilattica allora fu impugnato dalla prevenzione e dalla lotta al cancro.

Illustrazione 7 - Urologia

Attraverso l’ossessione per l’igiene, si cominciò a suggerire ed indicare la circoncisione come misura preventiva del cancro del pene. Questa teoria, che riprendeva la tesi sostenuta nel 1878 da John Ashurst, professore di Clinica Chirurgica all’Università della Pennsylvania (114) fu lanciata da Wolbarst nel 1932 con un articolo apparso su Lancet (115). In questo articolo, l’autore, basandosi su un precedente lavoro di John Billings apparso su North American Review nel 1890 (116), raccolse una casistica tratta da 205 ospedali statunitensi e compresa tra il 1925 e il 1930; in questa serie apparivano 830 casi di carcinoma del pene, uno solo di questi casi era ebreo e non era stato circonciso.

Secondo l’autore questo stava a dimostrare come la circoncisione preventiva praticata nella popolazione ebraica rappresentasse una difesa contro tali forme di neoplasia. Wolbarst attribuiva allo smegma e al suo ristagno prepuziale il ruolo di agente cancerogeno. La controversia sul ruolo della circoncisione come prevenzione del tumore del pene dura tuttora.
In realtà, sono stati riconosciuti nel tempo come fattori di rischio del cancro del pene la scarsa igiene locale e tutti gli stimoli irritativi ad essa legati, soprattutto in caso di prepuzio parzialmente o non retraibile: il fumo di tabacco (117, 118, 119) e il papilloma virus umano. (HPV) (120, 121, 122).

È possibile, quindi, che la cancerogenesi in questi casi sia multifattoriale e che la fimosi giochi un ruolo favorente soprattutto in persone con scarsa igiene personale o che per motivi psicologici non si rivolgano con tempestività al medico in presenza di sintomi irritativi locali. Anche la teoria che gli uomini non circoncisi potessero favorire attraverso l’azione cancerogena dello smegma l’insorgenza del cancro del collo uterino nelle donne è stata avanzata a favore della circoncisione rituale.

Nel 1947 W. S. Handley ipotizzò che la principale causa del cancro cervicale uterino fosse la trasmissione di materiale cancerogeno dall’uomo alla donna durante il rapporto sessuale (123). Tale ipotesi fu ripresa nel 1954 da E. L. Wynder che, solo più tardi si accorse di un errore sistematico che invalidava il suo studio: le donne prese in esame non erano in grado di dire se i propri mariti fossero circoncisi o meno. Ma, ormai, era tardi e le successive smentite e confutazioni da parte dell’autore non impedirono la diffusione del contenuto del lavoro originale e la teoria del ruolo cancerogeno dello smegma si affermò (124).

In base a questa teoria pochi anni dopo, S.I. Mc Millen poté affermare che 13000 morti annuali per cancro cervicale uterino avrebbero potuto essere evitate “seguendo le istruzioni che Dio diede ad Abramo” (125). In realtà, successivamente, si è attribuito all’infezione da papillomavirus genitale trasmessa dal maschio alla femmina durante il rapporto sessuale l’insorgenza di lesioni precancerose e di cancro cervicale (126, 127).

A conclusione del paragrafo dedicato ai rapporti tra valore preventivo della circoncisione nei confronti del cancro del pene e del collo dell’utero, peraltro sottoscritto per decenni, riporto una lettera indirizzata nel 1996 all’Accademia Americana di Pediatria da parte dell’American Cancer Society: “Come rappresentanti dell’American Cancer Society, noi vorremmo scoraggiare l’Accademia Americana di Pediatria dal promuovere la circoncisione routinaria come misura preventiva del cancro del pene e del collo dell’utero.”

In realtà, i lavori a favore della circoncisione non appaiono conclusivi come spesso accade nei lavori scientifici a carattere medico e, forse più propriamente, tale pratica appare sproporzionata alla frequenza del tumore e gravata da complicazioni anche importanti per giustificare il suo uso a scopo profilattico.

La prevenzione del cancro del pene attraverso la circoncisione faceva parte di un più vasto e profondo atteggiamento culturale americano verso l’igiene e la pulizia. Dando nuovo vigore al detto di John Wesley “la pulizia è vicina alla devozione”, si faceva sempre più coincidere nella società americana della seconda metà dell’Ottocento l’idea che alla pulizia e all’igiene personale corrispondessero buone doti morali e una fervente fede religiosa (128). Il moralista Vittoriano William A. Alcott affermava “Chi trascura la propria persona e l’abbigliamento, sarà trovato in fondo alla scala morale” (129).

La pulizia personale, in poche parole, divenne una discriminante, un criterio di rispettabilità sociale. La scarsa cura di sé, l’insufficiente igiene personale sono visti come rischio morale, e quindi sociale, i cui pericoli la gente dovrebbe sforzarsi di evitare (130). La teoria batterica di alcune malattie iniziata con gli studi di Louis Pasteur (1822-1895) e portata avanti da Robert Koch (1843-1910), che può essere considerato il fondatore della moderna batteriologia medica, provocò nella comunità medica americana dell’epoca l’idea che il corpo umano fosse il mezzo di trasmissione di ogni genere di pericolosi microbi. La fobia verso i germi aiuta a spiegare l’ossessione popolare nei confronti della sporcizia associata alle funzioni corporali degli esseri umani: feci, urine, pus, sangue ed altre secrezioni (131). L’associazione degli organi genitali, anche in buona salute, con l’idea di “sporco” fu automatica e l’idea di “purificare” attraverso la circoncisione divenne vincente.

In una società come quella americana di fine Ottocento, dominata da rigide gerarchie sociali ed attraversata da una profonda visione razzista, la pulizia, l’igiene e la cura della propria persona divennero elementi di distinzione tra le stesse classi della società di origine anglosassone ma anche, e soprattutto, rispetto ai neri, alle popolazioni indiane autoctone e all’enorme massa di immigrati provenienti da tutto il mondo che aveva invaso gli Stati Uniti.
La circoncisione divenne un segno di appartenenza alla classe sociale che distingueva i “veri” Americani dalle “insalubri” masse di immigrati. Il rituale divenne così inerente alla cultura americana che i testi chirurgici del primo Novecento descrivevano e disegnavano il pene senza prepuzio. In questa atmosfera di ossessione per l’igiene e di aspirazione verso classi sociali più elevate, i genitori che decidevano di non circoncidere i propri figli maschi erano considerati criminalmente negligenti e bizzarri anticonformisti.

La campagna pro-circoncisione proseguì durante tutta la prima metà del Novecento, trovando nuovo slancio durante gli anni della Guerra Fredda quando tecnologia, medicina e “big business” indirizzarono i loro interessi all’istituzionalizzazione delle nascite, in un’ideale convergenza tra le esigenze dell’ideologia politica e quelle della tecnologia medica (132). Laumann et al. (133) usando dati provenienti dal National Health and Social Life Survey concernenti l’incidenza di circoncisioni negli Stati Uniti dall’anno 1932 al 1971, riportano una percentuale media del 77% andando dal 31% del 1932 all’85% del 1965. In questi anni la circoncisione profilattica neonatale assunse il carattere di massa e nella cultura americana era impensabile che un neonato non venisse circonciso.

Vennero anche ideati nuovi strumenti che consentissero un’esecuzione rapida e sicura della circoncisione. Ancora adesso, la Gomco-clamp, il dispositivo Plastibell e la Morgen-clamp restano tra i più popolari dispositivi in uso per la circoncisione rituale. L’invenzione della Gomco-clamp (morsetto di Gomco) è stata descritta da George Denniston durante il Terzo Simposio Internazionale sulla Circoncisione, tenuto nel 1994 presso l’Università del Maryland (US). La Gomco-clamp è stata inventata dal dottor Hiram Yellin, medico ostetrico e da Aaron Goldstein inventore (134).

Il dottor Yellin stava mettendo un morsetto stringitubi sul radiatore della sua automobile quando fu chiamato per una ferita sanguinante per circoncisione. Sulla strada per l’ospedale, egli concepì, collegandosi a quanto stava facendo poco prima, un morsetto che potesse fermare l’emorragia da circoncisione. La Gomco-clamp era stata concepita. Nella sua concezione, per assicurare l’integrità del pene, la Gomco-clamp viene posizionata in modo tale da asportare il prepuzio alla base del pene e non alla sua estremità, ottenendone così una radicale asportazione.

Il passaggio alla circoncisione di massa da parte di una società ad impronta fortemente religiosa in senso cristiano, in seno alla quale tale pratica era ristretta alla comunità ebraica, può risultare strano e tale genere di innovazione apparire molto peculiare. Il graduale avvicinamento alla circoncisione avvenne anche grazie ad alcune pubblicazioni da parte di John S. Billings il quale sulla prestigiosa North American Review nel 1891 riportò uno studio epidemiologico sugli ebrei americani.

Rilevandone la minore morbilità e mortalità rispetto ad altri gruppi etnici si chiese quali fattori potessero agire in tal senso (135). Questo lavoro ispirò altri studi epidemiologici tendenti a spiegare tale osservazione. Naturalmente la conclusione fu che era la circoncisione il fattore determinante nel proteggere gli ebrei dal cancro e da malattie infettive come la sifilide e la tubercolosi e a conferire loro una maggiore longevità. Ma il rituale della Bris Milah, già descritto nel capitolo della circoncisione rituale, appariva primitivo, brutale nella sua esecuzione e non scevro da rischi e complicazioni.

Fu qui, come afferma Gollaher (136) che i medici americani cominciarono a tracciare una netta linea di demarcazione tra il rito ancestrale e la moderna pratica della circoncisione classificando la Bris Milah come atto senza finalità medica. La circoncisione doveva essere praticata solo da personale medico e secondo tecniche chirurgiche codificate. Da questo momento il mondo medico sentì l’esigenza di convincere l’opinione pubblica che la circoncisione era una pratica chirurgica minore, non pericolosa e praticamente indolore, agevolata in tal senso dalle recenti acquisizioni in tema di asepsi e di anestesia (137).

Come avviene una moderna circoncisione neonatale?

Il neonato è legato supino a braccia e gambe divaricate su di un supporto di plastica modellato sul suo corpo; gli arti sono tenuti fermi da cinghie di velcro. La zona viene pennellata con soluzione sterile e coperta con lenzuola sterili con un foro centrale da cui fuoriesce il pene. Il tocco dei genitali per la disinfezione spesso provoca, per riflesso, un’erezione che viene sfruttata per definire meglio l’esatto limite del glande e garantirne l’integrità durante la procedura. Le “aderenze”, definite sinechie tra il glande e il prepuzio vengono lacerate con pinze (138).

A questo punto vi sono vari strumenti a disposizione, come abbiamo visto, che consentono di amputare il prepuzio. Nel caso della Gomco-clamp, questa viene lasciata alcuni minuti per promuovere l’emostasi e, quindi, il prepuzio viene tagliato lungo la linea di amputazione. La procedura viene conclusa con il bendaggio della ferita ed il suo avvolgimento nel pannolino. La ferita aperta rimane a contatto con l’urina e le feci fino al momento della sua guarigione tissutale.

Come abbiamo già visto e vedremo nei prossimi paragrafi, il dibattito e la controversia sulla circoncisione profilattica ha suscitato e suscita schieramenti nettamente contrapposti e poco predisposti all’ascolto delle ragioni dell’altro. Come ha affermato Lise Johnson, pediatra americano, “tutte le volte che tu metti insieme medicina, religione, cultura e pene, sei destinato a suscitare grandi sentimenti. Ci piacerebbe dire che operiamo in un vuoto lontani dalla nostra cultura, dalla nostra società e dalle sue priorità ma non lo facciamo. E probabilmente non lo faremmo” (139).

In ogni caso, tutte le volte che la circoncisione profilattica viene messa in discussione da revisioni, studi prospettici o analisi relative a costi-benefici, emerge prepotentemente un nuovo razionale all’intervento sostenuto con zelo, talora fino al fanatismo, da paladini poco propensi ad una discussione obbiettiva. Negli Stati Uniti, negli anni 70 e primi anni 80, sembrò affermarsi un movimento intellettuale e culturale sfavorevole alla circoncisione neonatale. I movimenti universitari americani degli anni 60, la cultura hippie affermatasi in quegli anni, portarono ad una maggiore libertà di costumi e ad un minor rispetto per le tradizioni. I genitori cresciuti negli anni 60 tendevano a non condividere la deferenza dei loro genitori per il mondo medico, anch’esso messo in discussione dall’onda dell’anticonformismo (140). Ma anche nello stesso ambiente medico si cominciò ad avanzare dubbi e perplessità sugli effettivi benefici della circoncisione neonatale.

Così, dopo la masturbazione e la prevenzione del cancro, la prevenzione delle infezioni urinarie e delle malattie trasmesse sessualmente divenne la nuova bandiera della circoncisione preventiva e il Dottor Thomas E. Wiswell, il suo profeta. Il Dottor Wiswell, pediatra appartenente all’Esercito Americano ed operante presso il Brook Army Medical Center a Fort Sam Houston in Texas faceva parte nel 1975 dell’American Academy of Pediatrics Task Force on Circumcision che concluse i suoi lavori affermando che non vi erano indicazioni mediche per la circoncisione profilattica. I controlli eseguiti negli anni seguenti la risoluzione dell’Accademia presso i registri degli ospedali militari confermarono che il numero di circoncisioni era effettivamente diminuito (141). Ma, secondo Wiswell e coll., alla diminuzione delle circoncisioni corrispose un aumento vertiginoso delle infezioni urinarie (142, 143).

Rifacendosi ad un lavoro a carattere retrospettivo sulle pielonefriti nei neonati maschi del 1982 (144) in cui si riportava che il 95% dei pazienti con questa diagnosi era non circonciso, Wiswell iniziò una serie di pubblicazioni a favore della circoncisione preventiva nei riguardi delle infezioni urinarie. (145, 146, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 153, 154).
Le pubblicazioni riguardanti il ruolo preventivo della circoncisione nei confronti delle infezioni urinarie maschili sono numerosissime e, per lo più, a favore di tale pratica. Però, come ha sottolineato il dottor Martin S. Altschul, questi lavori sono a carattere retrospettivo e soffrono dei difetti connaturati in questo genere di studi: variabili non controllate, soggettività e interpretazioni opinabili. Concludendo il suo editoriale sull’American Family Physician, Altschul afferma: “Mostrare associazioni di malattie non è sufficiente. Esse devono provare causa ed effetto. Inoltre, devono provare, e non congetturare, che i vantaggi della circoncisione superano i rischi” (155).

I lavori e le osservazioni di Wiswell hanno riacceso la controversia sulla circoncisione preventiva e il suo ruolo in ambito medico ed hanno dato la stura ad una serie infinita di pubblicazioni specifiche nella letteratura medica che dura tuttora (156). Esula dagli scopi della presente pubblicazione riportare nel dettaglio la vastissima bibliografia che include, come avviene sempre su questo argomento, accesi sostenitori su entrambi i fronti pro e contro la circoncisione profilattica. Solo a scopo esemplificativo, sul sito intitolato “Benefits of circumcision” (157) sono indicati nella bibliografia 410 tra pubblicazioni e siti in favore della circoncisione neonatale di routine. 

Il fronte anti-circoncisione negli Stati Uniti prese le mosse, come abbiamo visto, negli anni 60 in un clima culturale particolare creatosi in quel periodo, gli anni dell’“immaginazione al potere”, e culminato con i movimenti studenteschi dei campus universitari americani di Berkeley e della Colombia University e le manifestazioni del Maggio Francese nel 1968. Fu proprio in quegli anni di contestazione globale che cominciarono le critiche anche alla circoncisione preventiva negli Stati Uniti vista come violazione dei diritti individuali e considerata parte integrante del sistema sociale.

Il Dottor John M. Foley fu tra i primi in ambito medico ad avanzare perplessità su tale pratica e lo fece attraverso la pubblicazione di un articolo apparso nel 1966 su “FACT”, un periodico non specialistico medico, dove sfidò la tesi, allora dominante, del ruolo protettivo della circoncisione nei confronti del cancro del pene ed evidenziò i potenziali risvolti in tema di responsabilità legale nell’esecuzione della circoncisione routinaria (158).

Alcuni anni dopo, nel 1976, il medico francese Frederick Leboyer, ginecologo ed ostetrico, riconobbe l’importanza di un parto non violento associato ad una delicata esperienza perinatale, attribuendo a questi primi momenti di vita un’importanza fondamentale sullo sviluppo emozionale e psicologico del neonato (159) e influenzando così il nursing perinatale e le pratiche ostetriche relative opponendosi ad una completa medicalizzazione dell’esperienza del parto e della nascita.

Il movimento anti-circoncisione si organizzò progressivamente in varie associazioni molto attive attraverso pubblicazioni, libri, pamphlet, produzione di video, siti Internet. N.O.C.I.R.C. (National Organization of Circumcision Information Resource Center) rappresenta senza dubbio una delle più importanti organizzazioni contro la circoncisione ed in generale contro le mutilazioni genitali dei bambini con centri internazionali in tutto il mondo, diverse organizzazioni affiliate fra le quali “Attorney for the Rights of the Child”, gruppo di avvocati che fornisce assistenza legale in cause legate agli interventi di circoncisione, “Doctors Opposing Circumcision” (D.O.C.), medici anti-circoncisione, “Jews Against Circumcision”, “National Organization of Restoring Men”(N.O.R.M.), organizzazione che si propone attraverso tecniche di chirurgia plastica di restaurare il prepuzio asportato, Circumcision Resource Center, National Organization to Halt the Abuse and Routine Mutilation of Males (N.O.H.A.R.M.M.). I siti Internet di queste associazioni sono riportati nella bibliografia (160).

N.O.C.I.R.C. è stata fondata nel 1985 da Marylin Milos, un’infermiera che divenne famosa per aver reso nota la sua esperienza di testimone di una circoncisione: “Finirò al cimitero ascoltando le urla di quel bambino tormentato nelle mie orecchie. Come guardai incredula, cominciai a piangere. Il medico mi guardò e disse: Non c’è nessuna ragione medica per fare questo”. Marylin Milos fu licenziata nel 1985 per aver parlato a dei genitori avvertendoli dei rischi della circoncisione ed informandoli sulle modalità dell’intervento.

Nel discorso di accettazione di un premio legato alla sua attività come infermiera, ella disse: “Come infermiera, dissi ai genitori che avrei voluto che qualcuno mi parlasse prima che i miei figli fossero circoncisi. Pensavo che ogni genitore avesse il diritto e il dovere di essere completamente informato. Mi fu detto di tenere la bocca chiusa. Così feci un video di una circoncisione per i genitori. Mi fu detto che era troppo per i genitori da vedere. Forse, dissi, quindi è troppo anche per il bambino da sopportare! Il video fu censurato e, nel 1985, fui censurata per l’ultima volta. Fui licenziata.”

Il movimento pendolare che caratterizza il dibattito pubblico e scientifico sulla circoncisione negli Stati Uniti non lascia margine ad una discussione razionale e i fronti opposti negano ogni validità di affermazioni, pubblicazioni o iniziative dell’avversario in un atteggiamento di forte fanatismo e di delegittimazione dell’altrui pensiero (161). I movimenti anti-circoncisione descrivono i paladini della pratica come appartenenti a lobby legate ad un preminente interesse economico; i sostenitori della circoncisione definiscono gli attivisti di NOCIRC “adoratori del prepuzio”.

L’evoluzione della circoncisione profilattica negli Stati Uniti copre un periodo di circa 150 anni. Dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni nostri, la circoncisione routinaria, pur conoscendo momenti di difficoltà, ha rappresentato un punto fermo nella civiltà e cultura statunitense prima ancora che una pratica medica-chirurgica. Il suo sviluppo in un certo clima culturale, sociale e religioso è stato sottolineato così come la sua messa in discussione a più riprese. Le interpretazioni sull’affermazione e sul successo duraturo della circoncisione preventiva, a dispetto delle sue frequenti e spesso motivate delegittimazioni, sono molte e svolte secondo prospettive culturali diverse.

Rich Winkel (162) offre una teoria sociale delle mutilazioni genitali. Secondo Winkel la circoncisione, così come altre mutilazioni genitali, è strettamente correlata con culture autoritarie, monoteistiche, patrilineari e militariste dove i bambini, le donne e le minoranze sono svuotati di valore, la stratificazione in classi molto definita e, in alcuni casi, viene praticata anche la mutilazione genitale nelle femmine. In questa ottica, la circoncisione è un’aggressione non solo all’individuo ma anche alla sua futura famiglia e, quando praticata in massa, anche alla potenzialità della comunità verso una fiducia reciproca ed auto-organizzativa (163, 164, 165).

Secondo Winkel la mutilazione genitale maschile è una componente importante di quei processi sociali auto organizzati, reciprocamente rinforzantesi che facilitano la perdita di potere, la dissociazione e l’integrazione della comunità umana nel corpo dello stato. Winkel suggerisce che neppure George Orwell avrebbe potuto concepire uno strumento migliore sul piano dei costi-benefici per il controllo sociale. La visione foucaultiana di Winkel pone l’accento sulla sistematica oppressione della società e sulla banalizzazione dei diritti umani e del patrimonio emotivo degli individui. Il processo di alienazione e la cancellazione delle emozioni è cruciale nella diversione dell’energia e della creatività dalla famiglia e dalle relazioni interpersonali verso ruoli maschili stereotipati indotti dall’establishment. Secondo Winkel “la colonizzazione e il reclutamento dei corpi e delle menti comincia con le mutilazioni genitali maschili”.

Geoffrey Miller (166) nella sua analisi culturale-legale della circoncisione parte dal concetto che il diritto è parte della cultura. Le differenze macroscopiche che intercorrono fra i regolamenti di un’agenzia bancaria federale americana e il rituale di un sacrificio animale in un villaggio africano sono apparenti, in quanto entrambe rappresentano mezzi attraverso i quali gli esseri umani organizzano la loro vita sociale all’interno di una cornice culturale condivisa. Per studiare e comprendere il diritto nel suo divenire nella cultura bisogna estendere il proprio sguardo a campi esterni al dominio tradizionale del diritto. I giornali, i periodici, le usanze popolari, la musica popolare, l’arte, il teatro, i mezzi radiotelevisivi, la ricerca medica, le soap opera tra gli altri ci aiutano a capire il significato antropologico delle leggi; in poche parole, il diritto stesso è un’espressione della cultura circostante, un prodotto culturale non astratto che non può distanziarsi troppo dalle norme non scritte della società. Miller enfatizza il ruolo delle polarità nell’organizzazione delle varie culture affermando la loro universalità transculturale e la tendenza delle società ad organizzare i loro modelli e concezioni del mondo in termini di opposizioni polari.

Tra queste polarità le più importanti sono: purezza e contaminazione, salute e malattia, sé e altro, naturale e non naturale, bellezza e deformità, maschio e femmina, ordine e caos, buono e cattivo, vero e falso. In questa prospettiva, Miller divide l’atteggiamento occidentale e, più specificamente americano, nei confronti della circoncisione in tre periodi. Prima del Novecento, nella società americana venivano circoncisi solo gli Ebrei; la Chiesa Cristiana aveva un atteggiamento di neutralità verso la circoncisione ma, sostanzialmente, deplorava la circoncisione ebraica pur non impedendola. Dalla seconda metà dell’Ottocento in poi, attraverso l’opera di manipolazione dei medici, vi fu un cambiamento completo di questo panorama culturale, quasi un cambio di paradigma kuhniano, che portò a dipingere il prepuzio come fonte di impurità, innaturale, femmineo e, nello stesso tempo, a considerare la circoncisione come buona, pulita e ordinata.

Nel 1977 la circoncisione era diventata la più comune operazione chirurgica maschile negli Stati Uniti (167). Negli anni Ottanta, come abbiamo già visto, la contestazione radicale della circoncisione ad opera di attivisti appartenenti a movimenti quali NOCIRC, NOHARMM, NORM ha cercato di ribaltare il quadro delle polarità definendo il pene intatto come puro, sano, maschile, naturale e la circoncisione falsa, cattiva ed innaturale. Non manca chi, come Joseph Zoske, ha tentato una lettura della controversia intorno alla circoncisione nel contesto dell’identità sessuale (168). Le implicazioni della circoncisione di massa attengono ad una profondità personale, culturale e oltre.

Kipnis (169) suggerisce che la circoncisione faccia parte di un più ampio processo di socializzazione che colpisce l’identità di genere nei maschi: “Ad ogni stadio dello sviluppo maschile c’è un imprinting negativo circa l’aspetto fallico della mascolinità. Gli uomini sono spesso ammaestrati che vi è qualcosa di sbagliato, cattivo o persino di malvagio nel pene. Spesso una piccola parte di esso viene tagliata via quando nascono”. Sempre Zoske, citando Sam Keen, parla del ruolo della circoncisione come sacramento nella nostra cultura che inizia gli uomini al copione della vita basato su relazioni di potere, violenza e mentalità guerriera. Secondo Keen “La circoncisione rimane un atto mitico il cui reale significato è ostinatamente sepolto nell’inconscio. Quale incancellabile messaggio è scolpito nel tuo corpo? La mascolinità richiede una ferita del corpo, un sacrificio della dote naturale della sensualità e della sessualità. Un uomo è modellato attraverso un processo di sottrazione. Noi guadagniamo la mascolinità attraverso la volontà di sopportare una mutilazione” (170).

Sarah Waldeck (171) offre un’analisi raffinata di come le norme influenzino in modo rilevante i comportamenti personali in tema di calcolo costi-benefici e di come anche la decisione di circoncidere i propri figli rientri in questa ottica. Il marchio infamante affibbiato al pene non circonciso in una società dove la grande maggioranza dei maschi viene circoncisa gioca un ruolo importante, soprattutto alla luce della considerazione che molti genitori non hanno una chiara idea del motivo per cui fanno circoncidere i propri figli. Spesso una delle motivazioni addotte attiene alla supposta necessità di assomigliare al padre, lasciando le motivazioni di salute e i potenziali benefici medici in secondo piano. Waldeck evidenzia come la scelta dei genitori non avviene per lo più su un piano razionale ma sulla spinta emotiva e su retaggi culturali difficilmente oggettivabili.

Le interpretazioni sociologiche, culturali, psicoanalitiche della circoncisione in generale e della circoncisione routinaria in particolare, sono numerose e, probabilmente, colgono ciascuna una parte del problema, evidenziano una faccia del poliedro circoncisione. Il tentativo di trovare, ammesso che esista, un filo conduttore che aiuti a comprendere che cosa si muova realmente dietro il dibattito scaturito dallo sviluppo della circoncisione routinaria negli Stati Uniti viene in qualche modo agevolato dalla prospettiva “neutrale” di osservatore europeo. Cercherò, nei prossimi paragrafi, di superare la contrapposizione frontale, quasi ideologica degli schieramenti pro e contro la circoncisione distinguendo, se possibile, in mezzo a questo guazzabuglio di pubblicazioni, pamphlet, libri, articoli apparsi su quotidiani e periodici, siti Internet e nella stragrande maggioranza dei casi apertamente schierati dall’una o dall’altra parte, i fatti dalle opinioni per tentare di arrivare a quello che John Duckett, urologo pediatra di Philadelphia, definisce “un approccio temperato alla circoncisione neonatale” (172).

Il primo aspetto che balza evidente ad un osservatore esterno è il carattere interamente statunitense della contesa. Il dibattito, spesso polemico ed acceso nei toni, avviene in modo quasi esclusivo sul “pianeta” America. Se la bontà delle motivazioni a favore della circoncisione routinaria fosse così cogente, come potrebbe il resto del mondo e, in particolare la comunità medica internazionale, non recepire le indicazioni scaturite da una così enorme mole di studi sul tema? Il fatto appare ancora più curioso se pensiamo che nei restanti paesi di lingua inglese, dove si era affermata la circoncisione routinaria, quali il Canada, la Nuova Zelanda, l’Australia e la Gran Bretagna, l’incidenza della circoncisione preventiva è andata progressivamente calando.

Le associazioni mediche in questi paesi hanno fornito a più riprese nel corso degli anni valutazioni in tema di circoncisione preventiva e ratificato le loro posizioni. La posizione più definita e netta è quella del Royal Australasian College of Physicians (RACP): “Non vi è indicazione medica per la circoncisione preventiva neonatale” (173). Altrettanto negativa nei riguardi della circoncisione neonatale è la Società Pediatrica Canadese (174). La stessa American Academy of Pediatrics (AAP) asserisce: “L’esistente evidenza scientifica dimostra i potenziali benefici medici della circoncisione neonatale; comunque, questi dati non sono sufficienti a raccomandare la circoncisione routinaria neonatale” (175). Posizione antitetica alla AAP da parte dell’American Urological Association (AUA) che, nella sua revisione del 1995, supporta la circoncisione neonatale dal punto di vista urologico (176).

La posizione della British Medical Association (BMA) operando una distinzione tra circoncisione terapeutica, praticata per trattare un problema medico, e circoncisione non terapeutica, praticata per ogni altro motivo che non sia un beneficio medico, risulta più articolata e meno netta e dedica alla circoncisione preventiva un piccolo paragrafo dove afferma che la circoncisione ad esclusivo scopo preventivo non sia giustificata: infatti l’evidenza concernente il beneficio in termini di salute derivante dalla circoncisione preventiva risulta insufficiente per giustificarne, da sola, l’esecuzione (177).

Appellandosi ai principi di buona pratica medica, la BMA indica che i medici devono utilizzare le loro capacità nel promuovere l’interesse del paziente; essi devono agire entro i confini della legge e della loro coscienza e valutare il peso dei benefici e dei rischi della circoncisione per ogni specifico bambino. Per ciò che riguarda la circoncisione non terapeutica il comitato etico della BMA asserisce: “La circoncisione non è fondata su statuto, comunque la revisione giudiziaria assume che, stante il consenso di entrambi i genitori, la circoncisione non terapeutica è legale”. Poche righe dopo affermano: “A dispetto dell’assunzione della legge comune che, fornito il consenso di entrambi i genitori, la procedura sia legale, questa non è considerata incontrovertibile ed è stata sfidata da qualcuno”.

Il paragrafo fa riferimento esplicito all’intenso dibattito insorto sulle motivazioni etiche della circoncisione non terapeutica ed il lavoro apparso su “Law, Ethics and Medicine” nel 2005. In tale lavoro gli Autori sostengono che “in assenza di inequivocabile evidenza di beneficio sul piano medico, sia eticamente inappropriato sottoporre un bambino ai rischi riconosciuti della circoncisione. Avendo raggiunto questa posizione, il consenso emergente, attraverso il quale la scelta dei genitori appare dominante, risulta indifendibile; né, dati i principi emergenti e la pratica che governa le decisioni in campo medico, riguardo i bambini, non c’è nessuna autorità legale convincente che possa affermare che tale pratica sia legale” (178).

Già nel 2003 però, prima della revisione della BMA del 2006, Benatar e Benatar avevano sollevato la questione affermando che “la circoncisione non terapeutica dei bambini è materia adatta alla discrezionalità dei genitori e i fattori religiosi e culturali, sebbene sottoposti preferenzialmente a valutazione critica, possono giocare un ruolo” (179). Queste affermazioni hanno innescato una furiosa polemica nell’ambito bioetico evidenziata sui lavori apparsi sull’ “American Journal of Bioethics” da parte dei difensori dei diritti del bambino. Steven Svoboda, sulla stessa rivista, replica che “i medici non possono agire come “cultural brokers” in quanto la circoncisione non terapeutica non è eticamente e culturalmente una pratica neutra suscettibile di essere lasciata al capriccio dei genitori, ma piuttosto una violazione di numerosi principi centrali della medicina, dell’etica, della legge e dei diritti” (185).

In conclusione, la BMA afferma che il miglior interesse del paziente deve guidare l’operato dei medici; sottolinea l’importanza del punto di vista del bambino, anche se in minore età; stabilisce la non validità della volontà dei genitori come unica motivazione per la circoncisione; inquadra le motivazioni dei genitori all’interno di una valutazione in termini di miglior interesse del bambino; ritiene importanti lo stile di vita ed una corretta educazione e li considera fattori di valutazione ai fini della decisione.

Le posizioni articolate della BMA e il relativo dibattito in campo bioetico hanno evidenziato, a mio avviso, almeno due aspetti fondamentali della questione. Per primo, che cosa si intende per interesse migliore del bambino? Si deve indicare per tale l’aderenza culturale identitaria al proprio gruppo etnico sancita dalla circoncisione non terapeutica, pena, magari, l’esclusione dal proprio ambito culturale e religioso o, invece, la salvaguardia dei diritti del bambino come individuo, l’integrità fisica del quale ne costituisce parte integrante? Un bambino nasce prima di tutto ebreo o musulmano o appartenente a qualsivoglia credo religioso o nasce come individuo irripetibile nella sua unicità e possessore, in quanto tale, di diritti inalienabili?

Illustrazione 8 - Urologia

In poche parole, va dato maggior peso ai contingenti fattori culturali, religiosi, etnici e alla loro ripercussione sullo sviluppo del bambino o va salvaguardato il principio, astraendo dai fattori contestuali, dell’intangibilità dei diritti individuali? La circoncisione rituale e preventiva, se ritenuta una mutilazione, va considerata come non negoziabile rispetto ai relativi valori culturali e religiosi? La connotazione decisamente negativa data, nell’articolo già citato, da Svoboda al termine “mediatori culturali” forse non è giustificata in quanto il medico si trova realmente a mediare in questi casi tra esigenze inconciliabili fra loro compreso il proprio fondamentale comandamento della pratica medica “primum non nocere” e qualunque possa essere la sua scelta, anche di obiezione di coscienza, essa sarà sempre comunque incompleta, imperfetta, parziale e gravida di conseguenze per il futuro del bambino.

Il medico spesso media nel difficile processo decisionale da parte di famiglie straniere provenienti da civiltà dove i diritti individuali non sono riconosciuti e dove spesso esiste non esiste separazione tra Stato e Chiesa e li aiuta in una non semplice transizione verso una società basata sull’autonomia e sul rispetto dei diritti individuali. La mediazione culturale non dovrebbe essere, però, a senso unico come accade negli Stati Uniti. La circoncisione neonatale viene, infatti, consigliata a famiglie provenienti da culture che praticano la circoncisione allo scopo di integrarle nella società americana, ma, allo stesso tempo, la circoncisione viene offerta a famiglie provenienti da culture non praticanti la circoncisione come portatrice di beneficio sul piano medico non rispettandone così l’identità culturale.

L’altro aspetto è relativo alla dichiarazione da parte della BMA dell’insufficiente evidenza del beneficio scaturito dalla circoncisione preventiva. Dopo decenni di dibattito relativo al valore preventivo della circoncisione neonatale, centinaia di pubblicazioni su riviste internazionali di primissimo piano affermanti la validità della circoncisione neonatale, le associazioni mediche internazionali smentiscono nella maggioranza dei casi con le loro affermazioni tutto questo. Dove è la verità? È realmente possibile che, come ha scritto Edgar Schoen, uno dei crociati a favore della circoncisione neonatale, l’Europa stia ignorando l’evidenza medica? (186). O la circoncisione neonatale deve essere considerata un “rito sociale con un pizzico di origine medica” come ha sostenuto Rowena Hitchcock nel commento europeo al lavoro di Schoen (187).

Se la circoncisione preventiva ha davvero un ruolo nella prevenzione di alcune malattie, ciò di cui si sente la necessità allora sono studi prospettivi randomizzati, attendibili sul piano statistico, e non studi retrospettivi suggerenti associazioni in perenne ed affannosa ricerca di una conferma. Come sostiene Ronald Goldman, alcuni medici possono usare “l’attività intellettuale come un apparato estremamente intelligente precisamente per evitare i fatti, come un’attività che distrae dalla realtà” (188). L’argomentazione e il valore della circoncisione come prevenzione di malattie future, a fronte dei rischi riconosciuti legati all’intervento, devono essere forti, non soggetti a controversie, con un consenso dell’intera comunità medica internazionale. In assenza di questo, la circoncisione neonatale potrebbe essere configurata come abuso di minore (189).

I nodi legali e costituzionali legati alla circoncisione sono molteplici. Se, come sostiene Poland (190) i parenti devono essere informati non solo sui rischi e i benefici della procedura in sé, come in qualunque altra procedura medica, ma dovrebbero essere anche consapevoli dello stato della conoscenza medica al riguardo, stato che non può definirsi omogeneo e unanime, la decisione può basarsi su considerazioni non mediche. Ma se tale decisione si appoggia su motivi non medici, allora la circoncisione routinaria neonatale deve essere considerata una pratica medica non giustificata. E perché, invece viene considerata legale? Perché si definisce medicina preventiva. (191).

Questo cortocircuito legale-linguistico viene riportato da Szasz per definire l’astigmatismo culturale che definisce la rimozione di parti dell’apparato genitale femminile mutilazione e la rimozione del prepuzio maschile circoncisione routinaria neonatale. L’abuso di minore, definito comunemente come l’uso intenzionale, non accidentale della forza fisica che esita in un danno al bambino, viene universalmente condannato dal diritto. Nella valutazione legale della circoncisione neonatale e rituale praticata al di fuori del nativo contesto culturale e sociale, intervengono altri importanti fattori nell’abituale triangolazione bambino-medico-genitori. William Brigman nella sua analisi giuridica della circoncisione include i diritti costituzionali dei genitori, la natura della famiglia e la libertà di religione, il diritto alla privacy (192).

La questione dei diritti costituzionali dei genitori può essere riassunta con una domanda: un genitore ha il potere legale per consentire una procedura chirurgica che non ha motivazione medica? E, invertendo i termini del problema, ha il diritto di negare, per motivi religiosi, cure mediche ritenute indispensabili per la salute del bambino? (193). Per ciò che riguarda la libertà di religione, il quesito si può riassumere: se lo Stato considera la circoncisione neonatale e rituale una mutilazione e quindi perseguibile sul piano penale, può la convinzione religiosa costituire un’eccezione per i membri di comunità che la praticano? Come sottolinea ancora Brigman, la modificazione irreversibile dei genitali e il dolore fisico sopportato dal bambino costituiscono lesioni definitive, non rimediabili a differenza di altri campi decisionali a carico della famiglia come, ad esempio, l’orientamento educativo, dove il danno può essere ritenuto reversibile e rimediabile.

Anche in questo caso, gli esperti di bioetica, chiamati a costruire una politica biomedica, si scontrano nella società pluralista con la nozione non condivisa di bene migliore per il soggetto, in questo caso il bambino, ovvero di ciò che costituisce la soluzione migliore per il suo benessere (194). Infine, la preservazione della privacy nel rapporto medico-paziente assume, in questo particolare frangente, una connotazione particolare in quanto la denuncia dell’abuso su minore da parte del medico ricevente la richiesta dei genitori lo vede, paradossalmente, nella veste di esecutore materiale dell’abuso (195).

Hellsten, inserendosi in tale dibattito, sostiene che discutere circa lo scontro fra diritti individuali e identità culturali può portarci fuori strada se non si invalidano le fallacie che persistono dietro il processo di razionalizzazione della mutilazione genitale. Hellsten ritiene che non vi possa essere dibattito morale sulla persistenza delle mutilazioni genitali se non giustificandole per ogni momento storico e non solo per uno specifico. Inoltre, tale processo di razionalizzazione rappresenta fumo negli occhi per nascondere i veri motivi economici, politici, sociali alla base della mutilazione genitale. Infine, riconoscendo la complessità delle questioni etiche e culturali coinvolte nella giustificazione della mutilazione genitale, ciò può essere di aiuto nello sbarazzarci dei falsi motivi per tale pratica (196).

Viens, nel suo già citato lavoro, solleva un’ulteriore pertinente questione. Se, infine, la circoncisione rituale, pur praticata da personale medico qualificato venisse dichiarata fuorilegge per l’insussistenza degli scopi medici e configurata come abuso di minore, quale scenario si aprirebbe davanti a noi? È difficile credere che centinaia di milioni di musulmani ed ebrei rinuncino all’improvviso ad un segno inconfondibile di identità religiosa ed etnica solo perché è stato considerato illegale dalle norme di un diritto laico, spesso solo parzialmente riconosciuto da popolazioni provenienti da altre latitudini non solo geografiche. La circoncisione eseguita in clima di illegalità e clandestinità porterebbe al diffondersi di pratiche non qualificate sul piano medico puntualmente sorte per coprire il difetto di offerta con esiti prevedibilmente non favorevoli nei migliori dei casi sulla salute del bambino. Impossibile non riandare con la memoria alle tragedie dell’aborto clandestino (197).

Come abbiamo visto, l’intreccio su piani diversi e non necessariamente convergenti rappresentato dalla circoncisione è complesso così come la società in cui viviamo. I toni accesi, il fanatismo e l’intransigenza finora dimostrate non aiutano a sciogliere il nodo rappresentato dalla circoncisione neonatale preventiva e dalle problematiche aperte dall’introduzione della circoncisione rituale nella società occidentale. La circoncisione rituale rappresenta un tale retaggio culturale, sociale e religioso che è impensabile risolvere in modo definitivo e nell’arco di pochi anni. Le stesse sofisticate analisi dei costi e dei benefici relativi alla circoncisione routinaria neonatale (198, 199, 200) rappresentano il moderno strumento nel campo decisionale medico in termini di politica economica (201) ma stratificano ed omogeneizzano i pazienti in un campo dove, ancora più di altri, il singolo caso rappresenta un’unicità non solo medica ma psicologica, sociale, geografica.

Un ultimo, ma non per questo secondario, “fatto”. La circoncisione negli Stati Uniti rappresenta anche (per alcuni solo) un affare economico. Può sembrare curioso che una pratica chirurgica urologica venga in realtà eseguita dai ginecologi-ostetrici e dai pediatri. L’invenzione della Gomco-clamp, uno degli strumenti più usati per la circoncisione neonatale negli Stati Uniti, è dovuta, come abbiamo visto, a un ginecologo. L’idea di un dispositivo che consentisse una semplice e rapida procedura da parte dei ginecologi e pediatri, evitando l’intromissione di costosi e indaffarati chirurghi ed urologi si rivelò vincente e consentì loro l’appropriazione di questa ricca ed inesauribile “fetta di mercato”. 

Quale è il costo reale della circoncisione neonatale negli Stati Uniti? L’Accademia Pediatrica Americana stima un costo annuale tra i 150 e i 270 milioni di dollari; considerando 1.300.000 circa di circoncisioni annuali, il costo per singola circoncisione si aggira tra i 125 e i 225 dollari per singolo intervento. Nella loro analisi sui fondi Medicaid Craig e coll. (202) hanno riscontrato che la diminuzione del numero delle circoncisioni corrispondeva esattamente alle zone dove il rimborso per tale intervento non era più garantito. “Quando dicono che non è il denaro che… è il denaro”.

Considerazioni finali

“La scienza è una cosa meravigliosa. Si può ottenere un tale ampio ritorno di congetture per il trascurabile investimento di un fatto” (Mark Twain – Life on the Mississipi).

Il controllo della sessualità umana ha sempre fatto parte del processo di civilizzazione e di ogni cultura conosciuta. In particolare, secondo Michel Foucault, il Cristianesimo ha instaurato un tipo di potere che controllava gli individui attraverso la loro sessualità (203). Mentre, talora, questo controllo è stato apertamente dichiarato attraverso la mutilazione genitale, in altri casi il processo di razionalizzazione della pratica è stato più sofisticato e sottile ed anteposto come schermo giustificativo (204). Tutte le società hanno legittimato la mutilazione genitale nel corso dei secoli appellandosi a motivazioni di ordine religioso, politico, sociale o, più subdolamente nelle società occidentali a prevalente impronta individualistica, motivandola con il beneficio per la salute personale.

La medicina e la cultura medica hanno avuto una parte importante nella storia della circoncisione, soprattutto nell’età moderna e contemporanea. Il loro ruolo, in una prospettiva critica, non è stato sempre trasparente ed esente da critiche. Come ogni altra impresa umana, anche l’agire medico non si svolge in un vuoto storico ma, al contrario, in un contesto sociale, economico, politico, etico e religioso. Nella contingente situazione storica degli Stati Uniti nel XIX secolo, i medici, desiderosi di raggiungere una posizione sociale ed economica importante, rivestirono un ruolo sociale che coincise perfettamente con i dettami etici e il clima culturale dell’epoca.

Illustrazione 9 - Urologia

La medicina avrebbe dato il cambio alla religione, secondo quanto afferma Foucault, e avrebbe riconvertito il peccato in malattia (205). In tal modo, la medicina, sarebbe diventata uno dei fondamentali dispositivi di diffusione delle norme, all’interno di una “nuova economia di potere” che funziona ormai secondo l’“universalità del potere” (206, 207). Questa “sacra alleanza” tra establishment e classe medica produsse la circoncisione preventiva contro la masturbazione e, successivamente, la circoncisione routinaria neonatale per la prevenzione del cancro del pene, del cancro del collo dell’utero, delle malattie trasmesse sessualmente, delle infezioni urinarie, dell’AIDS. Lo sviluppo della controversia legata a questa pratica è stato esaminato nei suoi aspetti medici, sociali, bioetici ed antropologici.

Ma lo studio della storia della circoncisione preventiva negli Stati Uniti, in precedenza a me in gran parte sconosciuta, è stato anche un modo obbligato per focalizzare la mia attenzione sull’agire medico. Lo statuto epistemologico della medicina sembra non poter offrire spazio al suo interno a dubbi circa gli scopi ultimi dell’attività medica in termini di conservazione e ripristino dello stato di salute. Il concetto di salute viene definito nella Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), World Health Organization (WHO) in inglese, come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia” ed è considerato un diritto alla stregua di tutti gli altri fondamentali diritti degli individui. Quando, però, dai principi assoluti e forse un po’ astratti, si passa alla realtà della medicina calata in un determinato contesto sociale, religioso, politico, le cose si complicano non poco e l’agire medico diviene azione umana, soggetta per sua natura ad errori ed omissioni, talora vincolata ad interessi non sempre trasparenti, vittima a volte di retaggi culturali e pregiudizi, influenzata dalla cornice sociale dove opera, pressata da un mercato farmaceutico e tecnologico regolato da una ferrea logica economica (208).

La medicina, “l’arte lunga” come viene definita da Giorgio Cosmacini (209) nasce con l’uomo, con il suo bisogno di cura e di risposta rassicurante circa la propria tutela fisica. Nell’antichità tale funzione veniva espletata dai sacerdoti, come accadeva ad esempio in Egitto, nel doppio ruolo di protettore dell’anima e del corpo e in quella coincidenza fra tecnica ed antropologia che, in età moderna, sarà sempre più difficilmente riscontrabile nella singola figura del medico.
La rinuncia alla mediazione antropologica ed umanistica del medico tra tecnologia ed applicazione etico-sociale della stessa grava sulla medicina moderna in termini di spersonalizzazione del rapporto medico-paziente, ricordando sempre la differenza sottolineata da Timothy Ferris: “La scienza teoricamente ha a che fare con la conoscenza, la tecnologia con il potere” (210). Il rapporto che lega scienza, tecnica e potere, già sottolineato nel pensiero baconiano, non è limitato al semplice rapporto uomo-natura ma implica anche “la sottomissione di alcuni uomini al potere di altri, per tacere della sottomissione di tutti ai bisogni e alle dipendenze creati dalla tecnica stessa” (211).

Si pensi soltanto alle nuove frontiere proposte dall’ingegneria genetica dove si è passati da una fase osservativa-conoscitiva del patrimonio genetico degli esseri viventi ad una fase manipolativa e financo predittiva. Le conseguenze di queste acquisizioni sono ambivalenti. Da una parte, la maggiore conoscenza porta ad una diagnosi più agevole delle malattie ereditarie con possibilità di screening di massa; ma, dall’altra, l’uso di test genetici potrebbe comportare la selezione nell’accesso al lavoro, condizionare la stipula di assicurazioni o la fruizione dei servizi sanitari (212).

Anche in questo caso, risulta evidente il conflitto tra il diritto individuale di non venire a conoscenza del proprio destino genetico-esistenziale e la pressione della società sul singolo soggetto in nome della salute pubblica e della prevenzione. Come efficacemente sottolineato da Adriano Pessina nella conclusione del suo libro già citato, “la medicalizzazione dell’esistenza rischia di avallare una concezione puramente salutista della vita umana, direttamente funzionale alle logiche utilitaristiche di quell’economia che permette lo sviluppo della medicina e della tecnologia, sempre più incapaci di ritrovare il significato umanistico delle loro rispettive origini” (213).

Il retaggio della concezione positivista della scienza ha influenzato in modo decisivo il concetto che la gente comune ha nei suoi confronti. L’idea di un progresso rettilineo e di un accrescersi progressivo della conoscenza hanno rafforzato nell’opinione pubblica l’immagine di un inesorabile avanzamento scientifico. Questa visione rassicurante e consolatoria della scienza è stata messa in crisi da molte discipline scientifiche durante il Novecento.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg, il teorema di incompletezza di Godel, il falsificazionismo di Popper, l’incommensurabile distanza fra le idee espresse nel linguaggio e gli stati di cose reali nel mondo evidenziata da Wittgenstein, le pulsioni più nascoste dell’animo umano rivelate da Freud, hanno allontanato l’idea di una verità oggettiva ed eterna, solo parzialmente afferrabile dall’uomo. Ma, nel caso della scienza medica, la prospettiva di progresso e di disciplina volta necessariamente al bene sono sopravvissute se non altro in virtù di un egoistico ed umano desiderio di sopravvivenza.

L’opinione del medico consultato per risolvere un caso ha ancora valore quasi assoluto per l’impellenza e la pregnanza del problema e per la condizione di minorità psicologica e tecnica propria di chi cerca una soluzione per la propria salute. In realtà, la scienza medica, come ogni altro impresa scientifica, è fallibile e il suo sapere procede per tentativi, sia pure eseguiti in regime di scientificità, passa attraverso fallimenti, vive di ritorni e rivalutazioni, la sua conoscenza avviene attraverso acquisizioni graduali mai definitive. Come sottolinea David Gollaher nella prefazione del suo testo già più volte citato, la medicina è ossessionata da come arrivare a comprendere ciò che funziona e ciò che non funziona. E da quanto dell’attività clinica medica si radica fermamente nella scienza (214).

La presunta neutralità della scienza è stata ampiamente messa in discussione durante il Novecento in quanto l’osservatore “vede” il fenomeno da osservare non in modo neutrale ma secondo la propria cornice intellettuale. La peculiarità della scienza medica consiste nel fatto che il “fenomeno” da osservare è un essere umano come l’osservatore e, in quanto tale, oltre a non essere neutrale, richiede ascolto, attenzione e, se possibile, cura (215) attivando in questo modo quei circuiti emozionali che costituiscono l’aspetto più profondo del rapporto medico-paziente e connotano la Medicina non solo e non più come scienza ma come arte.
Ogni studente di medicina e ogni medico dovrebbe conoscere il saggio di Francio Peabody “La Cura del Malato”. “La pratica della Medicina nel suo senso più ampio comporta un completo rapporto del medico con il suo malato. È un’arte, basata in misura crescente sulla scienza medica ma comprende anche molto che ancora rimane fuori il dominio di qualunque scienza. L’arte della Medicina e la scienza della Medicina non sono antagoniste ma complementari” (216).

Nella sua vertiginosa evoluzione, la medicina sembra più incline al dispiegamento tecnologico e, al contrario, scarsamente propensa ad una riflessione critica circa i propri metodi e i propri risultati. Ciò che dovrebbe legare il medico ed il paziente, al di là dell’irrinunciabile bagaglio di conoscenze tecniche specifiche, è, o dovrebbe essere, un filo conduttore antropologico che ponga il medico in funzione non solo di esecutore tecnico ma anche di intermediario tra il paziente e la tecnologia diagnostica e terapeutica, sempre più complessa ed affascinante, ma, nello stesso tempo, foriera di ansie e paure per il paziente. Nella parola “cura” non si intendono solo i rimedi usati per guarire da una malattia ma anche la sollecitudine ed il pensiero che il paziente deve suscitare in chi si occupa di lui. Ed è significativo che tra i derivati di cura vi sia “curioso” che, nella sua accezione latina, non significa solo interessato ma anche premuroso, accurato, preciso, avido di conoscere e pronto a farsi sorprendere dai dati che non rientrano nella sua esperienza e a mettere in discussione le sue conoscenze.

Curioso sembra forse l’aggettivo più appropriato per definire la corretta attitudine di un medico che si prende cura di un paziente. Nel “prendersi cura” viene sottolineata l’assunzione di responsabilità da parte del medico nei confronti del paziente. È sempre più facile e comodo prescrivere qualcosa che cercare di capire cosa stia esattamente succedendo al paziente.
“La storia di questi pochi millimetri di pelle è assolutamente affascinante” (Z.S. Prucha).
 

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134) [N.d.A.]: Il dispositivo fu brevettato nel 1940, prodotto e commecializzato da Goldstein attraverso la sua compagnia privata, la Goldstein Manifacturing Company, GOMCO).
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138) [N.d.A.]: Le “aderenze” descritte nella procedura in realtà, come magistralmente evidenziato da Douglas Gairdner nel lavoro già citato (voce bib. 5 Cap 2), non sono tali ma rappresentano l’assenza nel neonato e per la maggior parte nell’età dello sviluppo di un piano di clivaggio tra glande e prepuzio.
139) Smith Stephen: “To cut or not to cut”. The Boston Globe, Oct 16, 2006.
140) Gollaher D.L. Circumcision. A history of the world’s most controversial surgery. cit., pag. 152.
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161) [N.d.A.]: Per avere un’idea della contrapposizione senza mediazione tra i due schieramenti e la delegittimazione della parte avversa si suggerisce la consultazione del sito Internet già citato alla voce bib. 53 del capitolo 5 Benefits of circumcision. Ovviamente, in questo caso, si tratta dell’esaltazione dei vantaggi della circoncisione preventiva.
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208) [N.d.A.]: Il libro di Marcia Angell, già direttrice del prestigioso New England Journal of Medicine, intitolato “Farma & co” Edizioni Il Saggiatore 2006, rappresenta un impietoso e crudo spaccato dell’industria farmaceutica e descrive in modo lucido il business che fa capo alle rappresentanti di “Big Pharma”.
209) Cosmacini G.: “L’arte lunga”. Bari Laterza 1997.
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212) Pessina A.: Bioetica. L’uomo sperimentale. Milano Bruno Mondadori 1999, pag. 107.213) Pessina A.: Bioetica. L’uomo sperimentale. Milano Bruno Mondadori 1999, pag. 171.
213) Pessina A.: Bioetica. L’uomo sperimentale. Milano Bruno Mondadori 1999, pag. 171.
214) Gollaher D.L. Circumcision. A history of the world’s most controversial surgery. cit., Preface XIII.
215) [N.d.A.]: L’iscrizione sulla statua eretta in onore di Francis Trudeau, medico canadese, recita: “Guarire qualche volta, alleviare spesso, confortare sempre”.
216) Peabody F.W.: “The care of patient”. J.A.M.A. 88:877, 1927.