Aritmie cardiache negli sportivi

Le aritmie ipercinetiche ventricolari (AIV) nell’atleta, specie le forme frequenti e complesse, da sempre costituiscono, forse, il problema più delicato che il medico dello sport deve affrontare nell’ambito del rilascio dell’idoneità sportiva agonistica. 

Illustrazione 1 - Medicina dello Sport


La difficoltà nell’esprimere tale giudizio medico-legale, reso obbligatorio in Italia dal Decreto Ministeriale del 18 febbraio 1982, consiste nel fatto che le AIV nell’atleta e più in generale nello sportivo agonista non sono in massima parte legate ad una chiara patologia cardiaca (aritmie “a cuore sano”).

Nonostante il medico e il cardiologo dello sport dispongano, da circa un decennio, dell’ausilio di alcuni validi mezzi, quali i protocolli del COCIS, che rappresentano uno strumento di grande utilità e di frequente consultazione per orientarsi sui comportamenti da tenere verso tutte le patologie e anomalie cardiache, e che recentemente sono stati aggiornati con l’uscita della terza edizione, è assolutamente auspicabile che tutti gli studiosi del settore continuino ad impegnarsi per arricchire le conoscenze sui meccanismi alla base degli eventi aritmici nell’atleta. 

In considerazione, inoltre, che le tachiaritmie ventricolari rappresentano il principale meccanismo patogenetico responsabile della morte improvvisa da sport, anche nei giovani atleti, si comprende come sia importante affrontare oltre le cause anche il problema della prognosi degli sportivi affetti da questa aritmia specie se queste sono presenti in assenza di un documentabile substrato patologico a livello cardiaco. 

Recentemente sono stati pubblicati alcuni studi sugli effetti a lungo termine delle AIV frequenti e complesse e delle AIV non complicate allo scopo di delineare fondamentalmente il rischio di morte improvvisa negli atleti e negli sportivi agonisti affetti da questa patologia. Con questo lavoro si intende dare un contributo al problema attraverso l’analisi, in un ampio campione di sportivi agonisti di tutte le età, dello stato di salute dei portatori di AIV frequenti e complesse e dell’andamento negli anni di queste aritmie. 

 

Materiali e metodi 

Sono stati esaminati 320 sportivi agonisti su un totale di 19.367 soggetti, di ambo i sessi, visitati nell’arco di un ventennio, e precisamente nel periodo giugno 1984 – marzo 2005, presso l’U.O. Complessa di medicina dello sport di Casalecchio di Reno (BO), centro pubblico di 2° livello dell’azienda USL di Bologna. 

La selezione è avvenuta in presenza dei seguenti criteri: 

  • Presenza di un numero >= 3 BEV nell’ECG a riposo a 12 derivazioni (n = 307); 
  • Storia clinica di palpitazioni (n = 13). 
Tutti i 320 sportivi agonisti sono stati sottoposti ad un ECG Holter delle 24 ore, comprendente una seduta atletica di allenamento, e un ecocardiogramma. È stato eseguito anche un test ergometrico massimale al treadmill o al cicloergometro (TEM) in molti atleti in ragione dell’età (over 40 anni) o della presenza di battiti ectopici ventricolari (BEV) anche durante la seduta di allenamento. In 157 atleti (49%) è stato eseguito almeno un controllo ECG Holter a distanza dal primo esame.

Alcuni atleti con AIV frequenti e complesse sono stati studiati con risonanza magnetica cardiaca (RMC) (n = 22), scintigrafia miocardica da sforzo (n = 8) e coronarografia (n = 5). 

Un atleta portatore di Wolf Parkinson White (WPW) è stato sottoposto anche a studio elettrofisiologico transesofageo (SETE). Nessuno degli 8 atleti con episodi di tachicardia ventricolare non sostenuta (TVNS) è stato sottoposto a studio elettrofisiologico (SEF) in quanto in 7 l’episodio di TVNS era isolato. Nel giovane con CAVD, invece, nel quale erano stati registrati più episodi di TVNS, non si è ritenuto necessario eseguire lo studio elettrofisiologico in quanto, con il disallenamento totale, anche gli episodi di TVNS non si erano più ripresentati, pur permanendo una AIV molto frequente con coppie e triplette. 

Il campione di sportivi selezionato apparteneva a 27 discipline sportive diverse: calcio (30,7%), ciclismo (13,5%), basket (10,6%), pallavolo (9%), podismo (8,5%) e tennis (6,9%) sono quelle più rappresentate. L’età media del campione di atleti con AIV era di 28.0 ± 15.7 anni (range 7 – 68 anni) al momento della prima registrazione Holter. 

Tutti gli atleti sono stati seguiti nel tempo per un periodo variabile che va dai 2 ai 21 anni (follow-up medio 8.5 ± 4.5 anni), con controlli ravvicinati, a secondo del quadro clinico, anche di 3 mesi. 

Inoltre, si è valutato retrospettivamente il comportamento delle AIV in quegli atleti (157/320) nei quali era stato eseguito almeno un Holter di controllo. I criteri usati per la diagnosi di cardiopatia aritmogena del ventricolo destro (CAVD) sono stati quelli raccomandati, mentre per quanto riguarda i casi di miocardite la diagnosi è stata basata solo sui dati clinici e umorali e non si è ritenuto di dover procedere all’esame bioptico. La diagnosi di cardiopatia ischemica (CI), infine, ha trovato conferma nell’esame coronarografico in 5 casi; nei restanti 3 casi attraverso la scintigrafia miocardica da sforzo. 

 

Analisi statistica

L’età è stata espressa come media ± DS (deviazione standard). Tutte le altre variabili sono riportate come distribuzioni di frequenza. Le differenze tra i sottogruppi sono state analizzate utilizzando l’ANOVA a una dimensione di Kruskal-Wallis. È stata considerato come livello di significatività statistica un valore di p uguale o inferiore a 0.05 (test a due code). Il software utilizzato per l’analisi statistica è STATA (v9.0 Stata corporation, College station, Texas).

 

Quali sono le caratteristiche delle tachiaritmie ventricolari? 

In base alle caratteristiche delle AIV evidenziate dall’ECG Holter delle 24 ore, i 320 atleti (1,6% del totale di atleti visitati in 21 anni presso il centro di medicina dello sport di Casalecchio di Reno sono stati raggruppati in 3 gruppi per renderli confrontabili con i 355 atleti del lavoro di Biffi, che si presta al confronto per molte similitudini fra i 2 lavori: 

 

  • il gruppo A comprende 166 sportivi agonisti che presentavano AIV frequenti (>= 2000/24h) e/o complesse (coppie e/o triplette e/o TVNS); 
  • il gruppo B comprende 65 atleti con AIV frequenti (>=100 e <=2000/24h); 
  • il gruppo C comprende 89 atleti con BEV poco frequenti (<=100/24h) e non complessi (Tab. 1). 
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Illustrazione 2 - Medicina dello Sport

 

Illustrazione 3 - Medicina dello Sport

 

Risultati 

Gruppo A

I 166 atleti di questo gruppo, in netta maggioranza di sesso maschile (83%) ed età media 29.9 ± 16.9 sono stati poi suddivisi, in base alle caratteristiche delle AIV, in 3 sottogruppi: 

 

  • sottogruppo A1 con 57 atleti con BEV molto frequenti (>=2000/24h) e complessi (coppie, triplette e/o TVNS); di questi solo 5 sportivi presentavano cardiopalmo; gli episodi di TVNS durante la registrazione Holter erano presenti in 3 soggetti;
  • sottogruppo A2 comprendente 49 sportivi con BEV frequenti (>= 2000/24h) ma senza forme complesse. Di questi solo 2 riferivano cardiopalmo e 1 episodi lipotimici;
  • sottogruppo A3 con 60 sportivi con BEV complessi (coppie e/o triplette e/o TVNS) ma poco frequenti. Di questi 6 riferivano cardiopalmo, 2 altri sintomi cardiaci e 5 avevano uno o più episodi di TVNS all’Holter. 

Gruppo B

I 65 atleti di questo gruppo, per il 75% maschi, avevano un’età media di 24.1 ± 13.1, inferiore a quella del gruppo A. 6 soggetti riferivano cardiopalmo e 5 altri sintomi cardiaci. 

Gruppo C

Gli 89 atleti di questo gruppo avevano un’età media di 27.4 ± 14.6, intermedia rispetto ai due gruppi A e B. Sono per l’83% maschi. 6 riferivano cardiopalmo e 2 altri sintomi cardiaci. 

 

Qual è il rapporto fra anomalie cardiovascolari e aritmia? 

Nella Tab. 2 sono illustrate le cardiopatie o anomalie cardiache riscontrate nei 320 atleti selezionati. 

Dei 320 atleti, 260 (81%) non presentavano cardiopatie o anomalie cardiache significative (aritmie a “cuore sano”). Negli altri 60 sono state diagnosticate 1 cardiopatia aritmogena del ventricolo destro (CAVD) negli atleti del gruppo A1, 25 prolassi valvolari mitralici (PVM), di cui 8 nel gruppo A, 1 nel gruppo B e 16 nel gruppo C. Nel gruppo A sono state rinvenute anche 5 cardiopatie ischemiche (CI), 1 cardiopatia ipertensiva, 1 quadro di cardiomiopatia ipertrofica (Cmorte improvvisa), 3 miocarditi, 3 aorte bicuspidi insufficienti (VAB con IAO) e 8 quadri di ipertensione arteriosa senza cardiopatia. 

Negli sportivi del gruppo B oltre il caso di PVM è stata riscontrata 1 miocardite, 1 caso di difetto interatriale (DIA) operato, 1 stenosi polmonare (STP) di grado lieve e 1 forma di ipertensione arteriosa. Nel gruppo C le patologie riscontrate sono state complessivamente 25, in gran parte PVM (16 casi), 1 pericardite, 3 CI e 5 forme di ipertensione arteriosa senza riscontro di cardiopatia.

Complessivamente le anomalie cardiovascolari sono risultate rare (19%), più frequenti negli atleti del gruppo C (25/89, pari al 28,1%) rispetto a quelli del gruppo A (30/166, pari al 18,1%) e a quelli del gruppo B (5/65, pari al 7,7%). 

 

Illustrazione 4 - Medicina dello Sport

Per quanto concerne la morfologia dei BEV (Tab. 1) è risultata prevalente quella a tipo BBS (58.4%), senza differenze significative fra i 3 gruppi. Nelle figure 1 e 2 vengono illustrati gli ECG di 2 atleti con episodi di TVNS. 

Illustrazione 5 - Medicina dello Sport

 

Illustrazione 6 - Medicina dello Sport

Riguardo l’idoneità sportiva agonistica la linea seguita è stata quella di negarla ai casi con le forme aritmiche più gravi (BEV molto frequenti, presenti anche da sforzo e BEV complessi tipo coppie di BEV con intervallo di accoppiamento minore di 400 millisecondi, triplette e tutti gli 8 casi con episodi di TVNS). 

Nelle forme meno gravi, in cui i BEV anche se frequenti scomparivano durante la seduta di allenamento atletico e non c’era riscontro di cardiopatia sottostante, l’idoneità è stata concessa per brevi periodi con controlli ravvicinati con ECG Holter delle 24 ore. 

Complessivamente i soggetti dichiarati “non idonei” sono stati 86 (Tab. 1) con netta prevalenza, e differenza significativa, di quelli del gruppo A (70, pari al 42%), 7 “non idonei” nel gruppo B (11%), 9 “non idonei” nel gruppo C (10%). 

Come detto, in presenza di BEV da sforzo gli atleti sono stati esclusi per periodi più o meno lunghi dalle competizioni sportive e ciò spiega la presenza di soggetti “non idonei” anche nei gruppi B e C. I soggetti con AIV presenti durante sforzo sono 33 (20%) nel gruppo A, 7 (11%) nel gruppo B e 12 (13%) nel gruppo C (Tab. 1). 

Illustrazione 7 - Medicina dello Sport


Follow-up 

In termini di prognosi quoad vitam tutti i 320 sportivi sono stati seguiti negli anni (follow-up medio 8.5 ± 4.5 anni) con anche un controllo Holter delle 24 ore nel 49% del campione (157 atleti). Nell’estate 2005 è stato infine verificato lo stato di salute di oltre un terzo del campione (126 atleti, di cui 94 del gruppo A, 14 del gruppo B e 18 del gruppo C) dei quali non si avevano notizie da almeno 1 anno, con particolare attenzione ai soggetti giudicati “non idonei” che sono stati tutti intervistati almeno telefonicamente. 

Solo nell’ambito del gruppo A, ci sono stati 1 caso di morte improvvisa e 1 caso di arresto cardiaco resuscitato. La morte improvvisa ha riguardato un ciclista di 55 anni, deceduto dopo 5 anni dal primo riscontro di AIV, che presentava all’ecocardiogramma una lieve insufficienza mitralica isolata in assenza di cardiopatia e all’Holter alcune coppie non da sforzo (sottogruppo A3) che erano diminuite all’Holter di controllo. La morte è avvenuta a riposo, dopo il pasto serale, e, in assenza di reperto autoptico, è stata attribuita a infarto miocardico acuto (IMA) inferiore per la presenza di forte dolore in sede epigastrica. 

L’anamnesi familiare era positiva per morte improvvisa di entrambi i genitori, rispettivamente a 66 e 75 anni di età. L’altro caso ha riguardato un soggetto che quest’anno, all’età di 52 anni, nell’agosto del 2005, mentre si trovava in spiaggia è stato colto da sincope con arresto cardiaco e resuscitato grazie al tempestivo intervento con defibrillatore da parte del bagnino e successivamente dell’ambulanza medicalizzata. Al soggetto praticante sub (sottogruppo A1) è stato applicato uno stent ad un ramo della coronaria sinistra per stenosi superiore al 50%. All’esame ecocardiografico eseguito nel 1997 non si erano evidenziate anomalie cardiache, mentre all’Holter furono registrate oltre 6.000 BEV monomorfi che, dopo 8 anni nel 1992, si erano ridotti a 300 circa. Al primo ECG Holter erano presenti anche diverse coppie monomorfe. 

Gli altri atleti intervistati raccontano di essere in buone condizioni fisiche, in particolare gli 8 atleti con riscontro di tachicardia ventricolare non sostenuta (TVNS) e, nella stragrande maggioranza, di continuare un’attività sportiva a livello agonistico (84 atleti, pari al 67%) o almeno amatoriale (32 sportivi pari al 25%); solo 10 soggetti (13%) hanno dichiarato di non svolgere più alcun tipo di attività sportiva. Anche i soggetti più anziani riferiscono di stare bene. Solo 1 podista di 68 anni è stato operato da un anno di 3 bypass aorto-coronarici per il riscontro di alterazioni elettrocardiografiche in assenza di sintomi cardiaci. 

Negli atleti, poi, nei quali è stato eseguito almeno un controllo con ECG Holter (157, pari al 49% del campione con AIV) abbiamo valutato il comportamento delle aritmie a distanza di diversi anni (da 1 a 20 anni per un follow-up medio di 3.8 ± 3.6 anni) (Tab. 3). 

Negli atleti del gruppo A l’evoluzione delle AIV è stata favorevole nel 54.6% dei casi (scomparsa o riduzione delle AIV sotto i 1.000 BEV/24h), mentre sono rimasti nel 22.2% (2.000-5.000 BEV/24h) e aumentati nel 23.1% dei casi (>= 5.000 BEV/24h). 

Per quanto riguarda gli sportivi del gruppo B risulta maggiore (61.5%) la percentuale dei soggetti nei quali si è avuta una scomparsa o riduzione delle aritmie (< 500 BEV/24h) mentre i casi nei quali le AIV si sono mantenute costanti (1000-2000 BEV nelle 24h) o sono aumentate (> 2000 BEV/24h) è risultata identica in percentuale (19.2%). 

Infine, nel gruppo C si registra la più alta percentuale di riduzione (< 50 BEV/24h) o scomparsa delle aritmie (69.5%), contro un 30.5 % di persistenza (< 100 BEV/24h) delle AIV. 

 

Qual è il trattamento farmacologico? 

Dei 166 sportivi del gruppo A i 5 con CI sono stati trattati farmacologicamente e poi operati di by-pass aorto-coronarico (n=2) o di angioplastica (n=3); il giovane affetto da una forma lieve di CAVD (Fig. 2) ma con oltre 30.000 BEV al giorno a tipo BBS, che scompaiono con lo sforzo, è stato sottoposto per un certo periodo a terapia con sotalolo (con netta riduzione dell’aritmia, peraltro soggettivamente non avvertita); lo sportivo con cardiopatia ipertensiva a terapia con ace-inibitore e betabloccante e alcuni dei soggetti ipertesi dei 3 gruppi (tutti over-40) sono stati trattati in monoterapia con ace-inibitori (n = 14).

Infine, nel gruppo dei soggetti con PVM, 1 atleta del gruppo A, in terapia con betabloccanti, è stato operato con successo di valvuloplastica nel 2004 e altri soggetti hanno trovato giovamento dalla terapia con betabloccanti (n = 3) che ha portato in tutti ad una riduzione dell’aritmia. Pochi sono gli atleti del gruppo B e del gruppo C che sono stati trattati farmacologicamente: 3 soggetti con CI, del gruppo C, che sono stati operati di angioplastica e alcuni soggetti ipertesi.

 

Discussione

Recentemente sono apparsi alcuni contributi in letteratura riguardo il significato clinico e la prognosi delle AIV. In particolare, il presente lavoro ha inteso confrontarsi con la casistica di Biffi e collaboratori, perché altamente significativa e raffrontabile per numerosità del campione. Mentre il lavoro di Biffi prende in considerazione una numerosa popolazione sportiva aritmica di altissimo livello agonistico (355 atleti olimpici o nazionali), il nostro campione riguarda una popolazione di sportivi più eterogenea per età e livello agonistico praticato, ma ugualmente numerosa. 

Se infatti sono numerosi i lavori che hanno documentato l’alta prevalenza di AIV frequenti e complesse in atleti anche giovani a cuore sano, minori sono i dati sulla prognosi a distanza di queste aritmie. 

Illustrazione 8 - Medicina dello Sport


Dal momento, poi, che il problema della morte improvvisa da sport è strettamente collegata alle tachiaritmie ventricolari negli atleti e che le tachiaritmie pericolose per morte improvvisa (morte improvvisa) sono quasi sempre sintomatiche e da sforzo e legate ad una cardiopatia sottostante, ne consegue l’importanza di monitorare l’evoluzione di queste aritmie negli sportivi a tutti i livelli. 

Volendo fare un raffronto fra il nostro campione di soggetti aritmici e quello di Biffi e coll. occorre sottolineare le differenze che riguardano principalmente il livello agonistico e l’età del campione. Il campione di Biffi si riferisce infatti ad una popolazione di giovani adulti, specie di sesso maschile, con un’età media di 25 anni circa e di altissimo impegno agonistico, mentre il nostro campione è più eterogeneo comprendendo sportivi di diverso impegno agonistico e con una certa rappresentatività di soggetti master e giovanissimi, anche se l’età media è appena più alta (28 anni) e la percentuale di soggetti di sesso maschile è la stessa (80% circa). 

I risultati in comune nei 2 studi riguardano la prognosi di questi atleti affetti da tachiaritmie ventricolari frequenti e complesse che è risultata buona anche nel nostro studio in cui si registra, al pari di Biffi, 1 solo caso di morte improvvisa, non però da sforzo bensì a riposo, in soggetto adulto di 55 anni esente da evidente cardiopatia o anomalia cardiaca. C’è concordanza sull’appartenenza del soggetto al gruppo A, con tachiaritmie più severe. 

Anche la frequenza di cardiopalmo o altri sintomi cardiaci risulta sovrapponibile nei 2 studi. Diversamente dallo studio di Biffi nel nostro campione le cardiopatie non prevalgono nel gruppo A bensì nel gruppo C anche se nel gruppo A ci sono quelle più rilevanti in termini di gravità. Al contrario, in generale, le patologie cardiache riscontrate da Biffi risultano diverse per la presenza di un maggior numero di cardiomiopatie, mentre nel nostro campione (Tab. 2) sono più frequenti le cardiopatie ischemiche e le anomalie cardiache legate all’ipertensione arteriosa, patologie che riguardavano gli sportivi ultraquarantenni, praticamente assenti tra gli atleti esaminati da Biffi. Allo stesso modo si può spiegare il maggior riscontro di anomalie elettrocardiografiche ed ecocardiografiche, specie le forme minori, nel nostro campione. 

Diverso è apparso anche l’atteggiamento medico-legale usato nei 2 campioni con una maggiore severità usata da Biffi e coll. Che hanno escluso dalle competizioni tutti gli atleti del gruppo A. La spiegazione può essere sia nella maggiore gravità delle tachiaritmie riscontrate da Biffi e collaboratori, i quali hanno escluso tutti gli atleti dalle competizioni agonistiche sia nell’alto livello di impegno psicofisico di questi atleti, tutti olimpionici o appartenenti a squadre nazionali. Il nostro gruppo nel decidere sul rilascio o meno dell’idoneità sportiva agonistica ha sempre fatto riferimento ai vari protocolli COCIS che si sono succeduti negli anni, dando sempre particolare attenzione al comportamento delle AIV durante la seduta di allenamento o durante lo sforzo massimale al treadmill test. 

Oggi, tuttavia, esistono delle perplessità se, in assenza di cardiopatia, considerare assolutamente benigne le aritmie che scompaiono da sforzo in quanto la scomparsa dei BEV durante sforzo potrebbe essere legata al fenomeno di soppressione da “overdrive”. 

Nel nostro studio, comunque, le aritmie ventricolari da sforzo, pur presenti in tutti i 3 gruppi, sono nettamente più frequenti nel gruppo A (20%) caratterizzato da AIV più severe (Tab. 1). 

Un’ultima considerazione sul presente studio riguarda il follow-up di queste tachiaritmie. In Tab. 3 si evidenzia come il comportamento di queste aritmie nel tempo rispecchi il grado di severità delle aritmie. Infatti, negli atleti del gruppo A, con aritmie più severe, le AIV sono rimaste stazionarie o sono aumentate negli anni in una discreta percentuale (45.4%) e in termini statisticamente significativi rispetto agli altri 2 gruppi. 

Al contrario, l’evoluzione più favorevole si è avuta nel gruppo C, con aritmie rare e non complesse, dove la percentuale di riduzione o scomparsa delle aritmie è arrivata al 69.6%, rispetto al 61.6% del gruppo B e al 54.6% del gruppo A. Esiste una significatività statistica, anche se minore, riguardo la riduzione delle aritmie nel gruppo C rispetto agli altri 2 gruppi. 

A fronte del quadro di complessiva benignità che emerge dalle AIV di questo studio non si può trascurare il problema della “morte improvvisa” specie nei giovani atleti. Questa sarebbe quasi sempre da ricondurre ad una patologia cardiaca che a volte può essere misconosciuta.

Anche negli atleti con AIV “a cuore sano” possono essere riscontrate AIV minacciose. Così come non bisogna dimenticare che lo sforzo strenuo correlato all’attività sportiva è sempre potenzialmente aritmogeno in soggetti predisposti dalla presenza di patologie spesso misconosciute e può aumentare il rischio di morte improvvisa. Alcuni autori dalla comparazione di atleti sintomatici per tachicardie ventricolari “a cuore sano” con altri atleti e soggetti non sportivi hanno trovato differenze solo per un aumento della dispersione del QT negli atleti con tachicardie ventricolari. 

Comunque, è assolutamente dimostrato che la morte improvvisa nei giovani atleti è quasi sempre legata ad una patologia cardiaca, sia che si tratti di forme congenite, di cardiomiopatia ipertrofica o di altre patologie. 

Alla base di AIV minacciose possono esserci anche patologie cardiache come la cardiomiopatia dilatativa (CMD) o malattie del ventricolo destro specie negli atleti di endurance. Negli atleti anziani, ben rappresentati nel nostro campione, è nota una maggiore variabilità della frequenza cardiaca rispetto a soggetti anziani non sportivi. 

Ciò comporterebbe un maggior rischio di morte improvvisa per la maggiore facilità di bradiaritmie e tachiaritmie complesse. Tuttavia, secondo altri autori, l’esercizio fisico anche intenso non è correlabile ad una maggiore prevalenza di AIV nei soggetti anziani. Studi molto recenti sembrano dimostrare come le AIV in atleti senza anomalie strutturali cardiache non influenzano le dimensioni e la massa del ventricolo sinistro. Tuttavia, paradossalmente, sembrerebbe che atleti con AIV maggiori mostrino un minore grado di ipertrofia cardiaca rispetto ad atleti con AIV meno frequenti o senza aritmie. Altri autori invece affermano esserci una correlazione fra ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) e AIV in quanto con l’ipertrofia cardiaca si avrebbe un’alterata dispersione della ripolarizzazione ventricolare e un aumentato automatismo alla base dell’insorgenza delle AIV. Infine, per quanto riguarda gli effetti del disallenamento uno studio recente ha dimostrato che le AIV frequenti e complesse in giovani atleti, con o senza cardiopatia, sono sensibili a brevi periodi di disallenamento (3-6 mesi). 

Negli atleti con cardiopatia la scomparsa delle AIV con il disallenamento può ridurre il rischio di morte improvvisa, mentre negli atleti a cuore sano tale scomparsa può rappresentare la prova della benignità di queste aritmie che potrebbero pertanto essere ricompresse nel quadro della sindrome del “cuore d’atleta”. 

L’esperienza derivante dal nostro campione concorda sul fatto che il disallenamento riduce sempre tutte le aritmie e quindi anche le AIV nei soggetti con cardiopatia. L’importanza di una diagnosi accurata diventa perciò fondamentale dal momento che nelle forme con cardiopatia il rischio di morte improvvisa permane, anche se attenuato, con la diminuzione delle AIV a seguito del disallenamento. 

 

Conclusioni 

Anche se non appare del tutto chiarito se e in che misura i BEV siano collegati all’attività sportiva, da questo studio appare evidente che in un’alta percentuale di atleti sono presenti non solo innocue aritmie sopraventricolari ma anche aritmie ventricolari e non di rado in forma complessa (1,6% su 19.367 sportivi agonisti), pur in assenza di evidenti anomalie cardiache (81% dei casi).

Lo studio evidenzia l’importanza di esami cardiologici, ormai di routine, come l’ECG Holter e l’ecocardiogramma, che spesso sono sufficienti ad inquadrare lo sportivo aritmico. Lo studio sulla prognosi delle AIV nello sportivo agonista rappresenta un momento indispensabile nell’approccio non solo causale di queste aritmie, allo scopo di trovare soluzioni al rischio di morte improvvisa da sport che in soggetti affetti da questi tipi di tachiaritmie ventricolari è sempre presente e rimane l’aspetto di maggiore preoccupazione. 

Illustrazione 9 - Medicina dello Sport


Questo studio si allinea, tuttavia, a quello di Biffi e di altri studi recenti che sembrano rassicurare in termini di prognosi per la vita e fa ritenere che non solo le aritmie sopraventricolari bensì anche quelle ventricolari “a cuore sano” possano rientrare nel quadro della “sindrome del cuore d’atleta” in considerazione dell’effetto proaritmico dell’allenamento.

È tuttavia consigliabile proporre sempre, almeno nelle forme di AIV più frequenti e complesse, un periodo di disallenamento di 3-6 mesi in quanto, come detto, alla riduzione delle AIV corrisponde un minor rischio di eventi aritmici minacciosi e di morte improvvisa. 


 

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