Vittorio Sambri - Dipartimento di Medicina Clinica, Specialistica e Sperimentale - Sezione di Microbiologia. Alma Mater Studiorum - Università di Bologna.
1 Preparazione del campione mediante lisi meccanica e purificazio9ne del DNA dal sangue intero;
2 Reazioni (3 separate per batteri Gram positivi, Gram negativi e miceti) di amplificazione con tecnologia Real-Time e successiva identificazione degli ampliconi eventualmente presenti mediante sonde specifiche;
Sono risultati positive 85 campioni di sangue ottenuti da 50 pazienti con sospetto clinico di sepsi, raccolti durante un totale di 65 differenti episodi febbrili. 22 campioni, corrispondenti a 20 episodi febbrili, sono stati identificati come positivi mediante emocoltura: in 18 casi su 20 campioni, i batteri isolati dall'emocoltura erano patogeni comunemente associati a sepsi (CoNS e Staphylococcus aureus). 14 campioni su 22 risultati positivi all'emocoltura sono stati identificati in 3 casi (corrispondenti a 3 episodi febbrili singoli) il patogeno identificato era S.aureus In tutti questi casi il tempo di positivizzazione era statisticamente ridotto per il test in PCR rispetto all'emocoltura (p<<0.01; Tab.I). In altri 56 campioni (corrispondenti a 40 episodi febbrili) i due metodi usati erano concordanti in senso negativo pur mantenendo un vantaggio temporale per il test molecolare (p<<0.01; Tab. I). In 8 casi di sepsi identificati come positivi mediante emocoltura il test SeptiFast ha dato esito negativo: in 3 di questi 8 episodi, il metodo RT-PCR ha permesso di identificare la presenza di CoNS come contaminanti, suggerendo un risultato clinicamente falso positivo per l'emocoltura. Questi dati di laboratorio hanno trovato conferma sul versante clinico grazie al fatto che la terapia empirica cui i pazienti erano sottoposti, iniziata sulla base delle linee guida internazionali per le febbri d'origine sconosciuta (Hughes, et al 2002), che non includeva antibiotici attivi verso i CoNS, si è dimostrata in grado di risolvere completamente l'episodio di iperpiressia in 2-3 giorni. In 3 degli 8 episodi febbrili discordanti, SeptiFast ha dato risultati negativi, mentre l'emocoltura è risultata positiva per CoNS. In uno di questi casi, è stato identificato S. aureus in due campioni prelevati contestualmente da un catetere venoso centrale ed il paziente è stato trattato con teicoplanina ottenendo una completa risoluzione dei sintomi entro 36 ore dall'instaurazione del trattamento antibiotico. Vista la efficacia del farmaco impiegato sia verso S. aureus sia nei confronti di CoNS, la eziologie di questo episodio febbrile resta non accertata con sicurezza. Nel secondo caso d'episodio con risultati discordanti fra emocoltura e PCR, basandosi sulle condizioni cliniche gravi del paziente e sulla positività all'emocoltura, il paziente è stato trattato con una terapia combinata a base di piperacillina/tazobactam e teicoplanina che ha risolto l'episodio febbrile in 3 giorni. Di conseguenza questo caso è stato considerato come un fallimento diagnostico del SeptiFast. Nel terzo caso di un risultato positivo all'emocoltura non confermato in PCR è stata eseguita sul paziente una radiografia del torace, nello stesso giorno del prelievo ematico, che ha dimostrato un quadro radiologico suggestivo per infezione fungina. L'identificazione di CoNS all'emocoltura è stata di conseguenza considerata una contaminazione ed
la febbre entro 3 giorni. Visto che il paziente non ha ricevuto terapia specifica per CoNS, in questo caso è stato assunto che il risultato positivo dell'emocoltura sia stato generato da una contaminazione che non è stata determinata dalla PCR. SeptiFast ha inoltre identificato 7 campioni positivi che sono risultati negative all'emocoltura (Tab II). In 3 di questi (corrispondenti a 3 diversi episodi febbrili) sono stati identificati batteri Gram negativi in assenza di positività microbiologica in altri siti di prelievo o di segni di positività radiologica suggestivi per altre infezioni. Poiché i risultati della PCR erano disponibili nelle prime 24 ore dal prelievo, tutti questi pazienti sono stati trattati con terapia antibiotica specifica ottenendo la risoluzione dell'episodio febbrile dopo un tempo medio di 3.5 giorni. La risoluzione clinica di questi episodi indica con forza che i risultati ottenuti con l'impiego di SeptiFast devono essere considerati rilevanti dal punto di vista clinico. Fra i restanti campioni che hanno dato risultato negativo all'indagine colturale, SeptiFast ha permesso di identificare in 3 casi S. aureus e CoNS in un campione. Questi prelievi sono stati ottenuti in corso di follow up di pazienti che erano stati precedentemente identificati come positivi per S.aureus o CoNS mediante emocoltura o PCR. Questi risultati trovano chiaramente spiegazione nel fatto che il metodo molecolare è in grado di identificare la sequenza di DNA target anche in assenza di microrganismi vitali e che la persistenza del DNA dei microrganismi verosimilmente è abbastanza prolungata nel sangue periferico dei pazienti anche in seguito alla scomparsa dei sintomi clinici ed alla risoluzione microbiologica dell'infezione. L'analisi statistica dei risultati ottenuti ha dimostrato una sostanziale differenza dei due test studiati per la capacità di identificare qualunque tipologia di germe agente eziologico di sepsi. (Kendall¬tau=0.4817445, p<<0.01). L'analisi statistica condotta raggruppando i campioni ematici secondo gli episodi febbrili, i risultati hanno dimostrato che le due metodiche avevano performance cliniche differenti (Kendall-tau=0.445702, p<0.001). Di conseguenza, il test real-time PCR e l'emocoltura hanno data risultati clinicamente differenti che hanno pertanto alla dimostrazione che I due metodi non sono intercambiabili fra di loro per la diagnosi microbiologica di sepsi.
Negli ultimi 20 anno la gestione clinica della sepsi ha fatto enormi passi in avanti verso il miglioramento della prognosi grazie ad un sostanziale miglioramento delle capacità di trattamento antibiotico specifico, fermo restando che la diagnosi microbiologica si basa ancora essenzialmente sui risultati dell'emocoltura. Questo quadro clinico prognostico si colloca nel trend epidemiologico d'aumento che la sepsi ha dimostrato in pari periodo (Martin, et al 2003). I tentativi di aumentare la sensibilità dell'emocoltura sono stati numerosi nello stesso periodo e si sono soprattutto focalizzati sulla riduzione del tempo necessario per la positivizzazione e il rilascio del risultato definitivo: tutti questi studi e proposte di modifica metodologica si sono rivelati sostanzialmente inefficaci, lasciando invariato il valore di sensibilità del metodo Nel paziente oncoematologico, sono svariati i fattori che rendono l'emocoltura un test microbiologico incompletamente soddisfacente: l'elevata incidenza di infezioni fungine e di infezioni catetere correlate cause da CoNS, il fatto che (Peters, et al 2004). Il ritardo, o anche la completa impossibilità a determinare l'eziologia della sepsi porta, come principale conseguenza, ad un trattamento antibiotico inadeguato in una percentuale di casi stimata attorno al 25% del totale con un sostanziale incremento del rischio di mortalità (Carrigan, et al 2004). A questo proposito si deve ricordare come esistano svariati e molteplici studi che dimostrano come un trattamento antibatterico inadeguato costituisca un'importante fattore di mortalità e d'amento di rischio per effetti collaterali avversi (incluso un aumento delle resistenze antibatteriche del germe responsabile)-. Tutti questi fattori contribuiscono in modo sostanziale all'aumento dei costi di gestione del paziente affetto da sepsi in ambiente ospedaliero (Harbarth, et al 2003, Kollef 2003, Kollef, et al 1999, Lodise, et al 2003). La possibilità di applicare le metodologie molecolari basate sull'amplificazione enzimatica termostabile degli acidi nucleici alla diagnosi di sepsi, come alternativa ai classici metodi colturali, è stata già valutata in passato (Peters, et al 2004). Una delle più consistenti limitazioni di questo approccio diagnostico consisteva nella difficoltà di potere ottenere simultaneamente in tempi brevi risultati che potessero coprire l'ampio spettro di patogeni potenzialmente coinvolti nell'eziologia della sepsi, a causa della difficoltà caso d'applicazione pratica di una tecnologia in grado di identificare simultaneamente circa il 90% dello spettro dei potenziali agenti eziologici di sepsi in una popolazione di pazienti neoplastici neutropenici con sospetto clinico di sepsi. Fra i principali vantaggi dell'impiego di SeptiFast in questa popolazione deve essere sicuramente ricordato quello del vantaggio temporale per ottenere una identificazione eziologia del patogeno responsabile. Va da sé che il solo dato molecolare non potrà essere da solo sufficiente vista la necessità di conoscere i dati di antimicrobico sensibilità dei singoli isolati batterici o fungini: resta però il fatto che la conoscenza aggiornata delle mappe epidemiologiche di resistenza dei singoli reparti ospedalieri consente una precisa e pronta terapia (che potremmo definire SeptiFast-guidata) che, in questo studio si è dimostrata ampiamente ed efficacemente capace di risolvere buona parte degli episodi febbrile dei pazienti studiati, ben prima della disponibilità del dato eziologico ottenuto con emocoltura. Un altro consistente vantaggio che l'applicazione del test SeptiFast porta alla diagnosi eziologia di sepsi, consiste nella capacità del metodo di identificare le contaminazioni da batteri "irrilevanti" presenti nel campione e dovute principalmente ad errori od imprecisioni nell'esecuzione del prelievo stesso. Per la natura stessa dell'emocoltura questo non è possibile se la diagnosi si esegue con metodo colturale. Il tasso d'emocolture positive per la presenza di questa tipologia di microrganismi (principalmente CoNS) arriva anche ad un terzo del totale dei risultati positivi in un ospedale che esegua un notevole numero d'emocolture/anno. Tale alto numero di risultati "clinicamente irrilevanti" genera un aumento del costo totale di gestione della diagnosi di sepsi che si potrebbe evitare utilizzando in modo contestuale il test SeptiFast.
Il metodo molecolare, ha anche dimostrato di avere una maggiore sensibilità e specificità clinica, rispetto all'emocoltura, per l'identificazione dei germi Gram negativi. Il limite più consistente dell'impiego del metodo PCR alla diagnosi di sepsi, come sopra accennato, risiede nella impossibilità di ottenere il dato relativo alla sensibilità antimicrobica del germe. Sulla base di questa consapevolezza è totalmente irragionevole pensare che il test SeptiFast possa sostituirsi ed uso contemporaneo delle due metodiche che sono complementari. L'utilizzo simultaneo di questi due metodi diagnostici consente, infatti, i massimi valori di rapidità, sensibilità e specificità clinica nella diagnosi microbiologica di sepsi.
In conclusione, il test SeptiFast ha dimostrato di essere un metodo rapido ed altamente sensibile per la diagnosi di sepsi nel paziente neoplastico immunocompromesso, che solo in un limitato numero di casi ha dimostrato discordanza rispetto al risultato ottenuto con l'emocoltura, a tutt'oggi percepita come il gold standard in questo ambito diagnostico.
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