Farmaci e SLA

Rimonabant, antagonista dei recettori cannabinoidi (CB), è un nuovo farmaco promettente nel trattamento dell’aterosclerosi e di altre patologie, incluso l’etilismo. Da esperimenti effettuati, si è visto, tuttavia, che gli agonisti dei recettori cannabinoidi (CB) proteggono dall’insorgenza e dalla progressione di patologie neurodegenerative quali la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), caratterizzata clinicamente da debolezza ed atrofia muscolare generalizzata e devastante. 

Illustrazione 1 - Medicina Interna

 

Caso clinico

Una donna di 61 anni, in terapia con ormone tiroideo e calcio per bocca in seguito a resezione tiroidea, ha ricevuto Rimonabant per bocca per 12 mesi durante uno studio clinico avente per obiettivo l’abbassamento dei lipidi. Durante il trial, essa ha riferito crampi muscolari, e alcuni mesi dopo la terapia con Rimonabant, ha sviluppato debolezza ad entrambi gli arti inferiori, debolezza che si è poi estesa progressivamente a tutta la muscolatura scheletrica accompagnata da atrofia muscolare. 

Un anno dopo, accertamenti neurologici comprendenti l’elettromiografia, neuroimaging ed EON, hanno dimostrato segni di compromissione del I e del II motoneurone insieme ad una disfunzione cognitiva, con conseguente diagnosi di SLA accertata associata a deficit delle funzioni cognitive frontali. La paziente ha progressivamente peggiorato le proprie difficoltà deambulatorie, con comparsa di disfagia, disfonia e dispnea notturna 15 mesi dopo la fine della terapia a base di rimonabant. Questa paziente può rappresentare il primo caso di SLA conseguente a terapia prolungata con antagonisti dei recettori CB. 

 

Introduzione

Poiché il principale effetto farmacologico di Rimonabant è il blocco dei recettori agonisti cannabinoidi, i quali, stimolati dagli endocannabinoidi hanno una dimostrata efficacia neuroprotettiva contro l’eccitotossicità da glutammato, si può desumere che Rimonabant, bloccando il sistema dei recettori CB1, nelle persone predisposte possa essere la causa scatenante di gravi patologie degenerative del sistema nervoso centrale, come la Sclerosi Multipla, la malattia di Alzheimer o la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Vi sono, infatti, alcuni casi riportati di sclerosi multipla in pazienti trattati con Rimonabant ma questo è il primo caso di SLA connesso all’assunzione prolungata di Rimonabant. 

Il caso di SLA descritto, riguarda la sig.ra B.R., 61 anni, con una storia clinica che suggerisce una possibile concausa iatrogena della patologia. La paziente in questione era seguita dal 2003 presso il dipartimento di endocrinologia all’ospedale S. Orsola di Bologna, per la valutazione periodica della terapia sostitutiva con L-tiroxina e supplementi di calcio a causa di una pregressa tiroidectomia associata ad ipoparatiroidismo post ablativo. 

Nel settembre 2005, su raccomandazione dello stesso centro di endocrinologia, la paziente accetta l’inclusione in uno studio clinico multicentrico internazionale randomizzato denominato “Adagio Lipids” che prevede l’assunzione in doppio cieco di Rimonabant cpr. 20 mg/die per bocca Vs. placebo. Il proposito di questo studio è quello di dimostrare l’efficacia di Rimonabant 20 mg (antagonista dei recettori CB1 degli endocannabinoidi) sui livelli plasmatici delle HDL (high density lipoprotein) del colesterolo totale e dei trigliceridi (TG) nell’arco di tempo di un anno quando prescritto associato ad una dieta ipocalorica (con un deficit di 600 Kcal/die) nei pazienti affetti da obesità addominale e dislipidemia aterogena (basse HDL e/o alti livelli di TG plasmatici). Il secondo obiettivo era di valutare specifici parametri metabolici, il grasso viscerale e la sicurezza e tollerabilità dell’assunzione per un anno di 20 mg/die di Rimonabant. 

Dal 14 settembre 2005 al 21 settembre 2006 la signora B.R. è quindi inserita, col numero sequenziale 008 e numero progressivo 91293 in questo studio sperimentale, presso lo stesso istituto di endocrinologia dell’ospedale S. Orsola di Bologna. Durante l’esperimento, la signora B.R. prosegue anche la sua terapia di base, che comprende il trattamento sostitutivo con L-Tiroxina (Eutirox 150 mcg/die, calcio carbonato, Irbesartan 150 mg/die per l’ipertensione arteriosa ed Esomeprazolo cpr. 20 mg/die per MRGE. Per la persistenza di dislipidemia, ad un controllo effettuato nell’aprile 2006, gli stessi medici che gestiscono il protocollo multicentrico, le prescrivono una terapia a base di statine (Rosuvastatina 10 mg/die), ma questa terapia viene sospesa nel maggio 2006 per la comparsa di crampi muscolari associati ad incremento di CPK. 

I crampi, tuttavia, persistono anche dopo la sospensione della Rosuvastatina, così come l'aumento del CPK. Il 21/09/2006, il CPK era 348 U/L, e si sa che i livelli di questo enzima sono elevati dal 50% al 75% dei casi di pazienti affetti da patologia del motoneurone, soprattutto SLA. Dal 12 maggio al 13 giugno 2006, la signora B.R. ha assunto anche acidi grassi omega-3. Dovremmo chiederci come sia possibile giustificare l’aggiunta di una statina e di omega-3 in un protocollo sperimentale che avrebbe dovuto avere come obiettivo il miglioramento del profilo lipidico, ma questo non è l’argomento di questa discussione. 

Dopo sei mesi di trattamento sperimentale Rimonabant vs. placebo sotto il protocollo Adagio Lipids, la perdita di peso ottenuta dalla paziente è minima (BMI da 38,79 a 36,5; circonferenza vita ridotta da 116 a 114 cm). Lo studio viene comunque continuato per ulteriori sei mesi, fino al settembre 2006, senza ottenere nessun abbassamento ulteriore del BMI e una circonferenza vita finale di 115 cm. 

Nonostante i risultati ottenuti sul BMI, circonferenza fianchi e parametri metabolici della paziente siano stati tanto scarsi, la sig.ra B.R. risulta appartenere al gruppo che ha ricevuto 20 mg al giorno di Rimonabant anziché placebo. Durante i dodici mesi del protocollo Adagio Lipids, i medici sperimentatori hanno segnalato i seguenti sintomi riferiti dalla paziente (classificati da quegli stessi medici come sintomi minori): 

  • vaginite;
  • proctalgia (prolungata e trattata con diossina e mesalazina); 
  • tachicardia; 
  • epigastralgia;
  • diversi episodi di riacutizzazione di lombosciatalgia (trattata a più riprese con diclofenac, tiocolchicoside, ibuprofene, betametasone);
  • disturbi della visione (prolungati); 
  • cistite acuta; 
  • crampi muscolari (prolungati);
  • sensazione di parestesie alle mani (prolungata e trattata con supplementi di potassio e calcio). 

Dopo la fine del protocollo sperimentale, la sig.ra B.R. si sottopone a due ulteriori visite ambulatoriali, e in entrambe le occasioni riferisce crampi muscolari persistenti (sappiamo che i crampi possono rappresentare un sintomo precoce della SLA, e possono anche precedere di mesi o anni la debolezza muscolare). 
 

Illustrazione 2 - Medicina Interna


Alcuni mesi dopo, la paziente manifesta una debolezza progressiva con crampi agli arti inferiori (Sx>Dx), sintomi che sono attribuiti ad una patologia compressiva delle radici dei nervi sciatici di cui la paziente soffre da lungo tempo. A maggio 2007, dopo il peggioramento di tale sintomatologia, sono praticati due blocchi epidurali in L2-L3 e L5-S1 senza ottenere tuttavia alcun beneficio. Nel giugno 2007, la sig.ra B.R. si sente estremamente stanca; improvvisamente cade a terra senza riuscire a rialzarsi e viene quindi ricoverata d’urgenza presso l’ospedale Dossetti di Bazzano. 

Qui viene eseguita una TC dell’encefalo che non dimostra lesioni e dopo alcuni giorni B.R. viene dimessa con diagnosi di AIT dovuto ad accesso ipertensivo. Nei mesi seguenti alla dimissione, i familiari riferiscono la comparsa di difficoltà ad articolare le parole (riferiscono in particolare che B.R. in alcuni momenti sembrava parlare con la bocca piena di cibo) e la comparsa di difficoltà di pensiero, quindi compare disfagia. Il 12 settembre 2007, la sig.ra B.R. viene quindi ricoverata presso il reparto di neurologia dell’ospedale Maggiore di Bologna, dove l’esame obiettivo neurologico riporta: 

  • paziente vigile, collaborante;
  • facies lievemente ipomimica. Bradicinesia. Ipostenia;
  • 4/5 PL, EPA e TA di sn. ROT diffusamente vivaci, ipoevocabili-assenti gli Achillei; 
  • Riflessi di liberazione frontali presenti (grugno, palmo-mentoniero, blinking inesauribile). Riflesso masseterino vivace. Marcia steppante a sin.;
  • esami di laboratorio sono normali tranne: Colesterolo totale 229 mg/dl, LDL colesterolo 159 mg/dl, Acido urico plasmatici 6,6 mg/dl. AST 39 U/L ALT 40 U/L CPK 323 U/L LDH 503 U/L., calcemia 7.4 mg/dl (8,5-10,5);
  • EEG: tracciato sprovvisto di anomalie ben caratterizzate; 
  • EMG: segni di denervazione acuta e potenziali di fascicolazione nei muscoli dei 4 arti con segni di sofferenza assonale motoria e risparmio delle fibre sensitive nei nervi esaminati dei 4 arti. 

Rilievi compatibili con sofferenza diffusa del II motoneurone. La scintigrafia cerebrale dimostra una ipocaptazione del tracciante di grado moderato/severo a livello delle regioni frontali e fronto/parietali di entrambi gli emisferi cerebrali, con associata riduzione dello spessore corticale. Prove di funzionalità respiratoria: marcata sindrome disventilatoria restrittiva. Test neuropsicologici: prestazioni deficitarie in prove di attenzione visiva, prassia costruttiva, ragionamento logico-deduttivo, memoria visuo-spaziale immediata e, lievemente, di logica verbale. Tali dati sono compatibili con una prevalente compromissione delle funzioni esecutive, in assenza di un chiaro deterioramento mentale globale. Si segnala depressione del tono dell’umore di lieve entità. 

La sig.ra B.R. viene quindi dimessa con diagnosi di malattia del motoneurone (Sclerosi Laterale Amiotrofica) in paziente con deficit delle funzioni cognitive frontali. Un successivo ricovero presso l’istituto Carlo Besta di Milano nel novembre 2007 conferma la diagnosi di malattia del motoneurone (SLA) associata a demenza fronto/temporale. Nel gennaio 2008, la sig.ra B.R. fu nuovamente ricoverata presso l’ospedale Bellaria di Bologna e dimessa con la medesima diagnosi di malattia del motoneurone e quindi presa in cura dal team SLA dell’ospedale Bellaria. 

A febbraio 2008, la sig.ra B.R. ha difficoltà a mantenere la stazione eretta. Cammina trascinandosi le gambe con un girello e per mantenere la schiena eretta è obbligata ad indossare un busto contenitivo con stecche. L’espressione facciale è ipomimica con sorriso pseudobulbare. Presenta un calo ponderale di 15 kg, avvenuto negli ultimi due mesi con perdita di autonomia nelle normali attività quotidiane della vita, disfonia, difficoltà ad articolare le parole, disfagia e dispnea notturna ingravescente. 

 

L’importanza dei recettori cannabinoidi

Leggendo la storia clinica sopra riportata, si può stabilire un nesso tra l’assunzione continuativa per un anno di Rimonabant e la Sclerosi Laterale Amiotrofica? 

Il farmaco Rimonabant è stato posto recentemente in commercio per il trattamento dell’obesità in molti paesi dell’Unione Europea con il nome commerciale Acomplia, dalla casa farmaceutica Sanofi-Aventis. Occorre sottolineare che nel giugno 2007 l’FDA non ha permesso la commercializzazione della stessa molecola negli Usa per le seguenti ragioni: L’azienda produttrice francese Sanofi Aventis non ha dimostrato la sicurezza d’impiego di Rimonabant. 

Il farmaco Rimonabant ha un’emivita variabile: da sei a nove giorni negli uomini e donne con BMI normale e sedici giorni qualora abbiano un BMI>30; ha un metabolismo prevalentemente epatico con eliminazione fecale. È il capostipite di una nuova classe di farmaci che agiscono bloccando i recettori cannabinoidi
 

Illustrazione 3 - Medicina Interna


I recettori cannabinoidi sono recettori G-protein-coupled della membrana cellulare che sono legati attraverso la famiglia di proteine Gi/o al segnale di traduzione delle vie nervose inclusa l’inibizione dell’adenilciclasi e la regolazione dei canali del calcio e del potassio; pertanto, gli effetti cumulativi delle segnalazioni dei recettori CB possono avere importanti implicazioni nel controllo della sopravvivenza e morte della cellula

Attualmente, si conoscono due tipi di recettori cannabinoidi: CB1 e CB2. I recettori CB1 sono situati principalmente sulle cellule nervose del midollo spinale e del sistema nervoso periferico. Molti recettori CB1 sono espressi sulle terminazioni dei neuroni del sistema nervoso centrale e periferico e la loro stimolazione inibisce il rilascio di altri neurotrasmettitori. Pertanto, l’attivazione dei recettori CB1 da parte degli endocannabinoidi protegge il sistema nervoso centrale da sovrastimolazione o sovra inibizione da parte dei neurotrasmettitori. In aggiunta a questo effetto neuroprotettivo, il sistema cannabinergico potrebbe avere anche un importante ruolo nello sviluppo dell’encefalo. Ad esempio, l’espressione degli endocannabinoidi e dei recettori cannabinoidi nel cervello è regolata in base all’età dello sviluppo e i cannabinoidi promuovono la sopravvivenza dei progenitori degli oligodendrociti.

La neurogenesi, ossia la nascita di nuovi neuroni, continua ad avvenire anche durante la crescita e nell’età adulta, ed alcune evidenze suggeriscono che i segnali dei cannabinoidi possono essere implicati in questo processo. Primo, i recettori CB1 sono altamente espressi nelle aree cerebrali nelle quali la neurogenesi persiste anche nell’età adulta. Secondo, i recettori CB1 si trovano pure nella zona subgranulare del giro dentato dell’ippocampo dei mammiferi (DG) che costituisce una delle due principali aree neuro-proliferative del cervello adulto dei mammiferi. Terzo, il segnale cannabinergico media alcuni effetti del fattore di crescita-2 dei fibroblasti uno dei fattori di crescita più attivi nella neurogenesi. I recettori CB1 sono espressi principalmente nelle regioni del cervello responsabili del movimento (gangli basali, cervelletto) dei processi mnesici (ippocampo, corteccia cerebrale) e della modulazione del dolore (alcune aree del midollo spinale, la sostanza grigia periacqueduttale). 

Questo sistema ha una grande importanza per il normale funzionamento dell’organismo, ed è un sistema molto antico. Infatti, è stato identificato nei mammiferi, uccelli, anfibi, pesci, molluschi, ricci di mare e sanguisughe, ed è proprio questo importante sistema recettoriale che Rimonabant va a bloccare. Per la diffusione dei recettori CB1 a livello cerebrale, i disturbi psichici prodotti dal Rimonabant non rappresentano una sorpresa. In letteratura sono riportati diversi casi di depressione maggiore e di suicidio legati alla terapia con Rimonabant, tanto che la depressione rappresenta una controindicazione a tale trattamento. 

 

Antagonisti dei recettori cannabinoidi e malattie degenerative

L’eccitotossicità sembra essere coinvolta in numerose patologie neurodegenerative. Nella Sclerosi Laterale Amiotrofica, vi sono evidenze neuropatologiche, biochimiche e patofisiologiche che indicano come il meccanismo eccitotossico sia implicato nella patogenesi della malattia e ciò spiegherebbe anche la selettiva vulnerabilità del sistema neuromotorio umano. A conferma di ciò, un farmaco anti-glutammato, il riluzolo, recentemente ha dimostrato una discreta efficacia nel rallentare la progressione della SLA. 

Studi in vivo, hanno dimostrato che la proliferazione dei progenitori neurali dell’ippocampo e la neurogenesi sono abrogate nei topi con deficienza dei recettori CB1 e nei topi ai quali fosse somministrato l’antagonista dei recettori CB1 Rimonabant. Anche l’alta incidenza di SLA riportata in passato nell’isola di Guam sembra correlata ad un cibo tradizionale della popolazione locale con effetti eccitotossici a base di un vegetale locale: la Cyca circinalis. La beta-N-metilamino-L-alanina contenuta in tale pianta, ha una dimostrata azione pro-convulsivante (proprio come Rimonabant) oltre ad effetti eccitotossici, dimostrati sul cervello dei topi. 

Quindi, poiché l’effetto farmacologico principale del Rimonabant è il blocco dei recettori agonisti cannabinoidi, che stimolati dagli endocannabinoidi hanno una dimostrata azione neuroprotettiva nei confronti dell’eccitotossicità da glutammato, si può desumere che rimonabant, bloccando il sistema CB1, nelle persone predisposte possa essere la causa scatenante di serie patologie degenerative del SNC come la Sclerosi Multipla, la malattia di Alzheimer, o la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Ci sono stati, in effetti, alcuni casi riportati di Sclerosi Multipla in pazienti trattati con Rimonabant (FDA 2007) ma questo è il primo caso riportato di SLA connesso a prolungata assunzione di Rimonabant. 

Ricercatori dell’Università di Bonn hanno dimostrato che giovani ratti (6-7 settimane) con una delezione genica dei recettori CB1 si comportano come ratti normali o anche meglio in una serie di test d’apprendimento e memoria. Invece, la performance di topi più vecchi (3-5 mesi) privati dei recettori CB1 era peggiore rispetto ai ratti normali della stessa età. In molti test, questi topi davano risultati simili a quelli di età più avanzata (14-17 mesi) suggerendo che il declino delle performance cognitive venga accelerato dall’assenza dei recettori CB1. 

Questo rapido declino negli animali con deficit di recettori CB1 era accompagnato dalla perdita di cellule nervose dell’ippocampo. Questi risultati suggeriscono che l’assenza di recettori CB1 causano un’accelerata riduzione delle funzioni cognitive. Andreas Zimmer ha sottolineato come questi risultati possano avere implicazioni per l’uso medico prolungato degli antagonisti dei recettori CB1. In un’altra pubblicazione, un cannabinoide sintetico che si lega selettivamente ai recettori cannabinoidi, ha dimostrato di prolungare la sopravvivenza di topi affetti da SLA. La SLA è una malattia che usualmente porta a morte entro cinque anni dalla sua comparsa. Iniezioni quotidiane con l’agonista selettivo dei recettori cannabinoidi AM-1241 nei topi, ha prolungato la loro sopravvivenza del 56% dall’inizio della malattia. I ricercatori ne hanno dedotto che gli agonisti dei recettori cannabinoidi possono rallentare la degenerazione dei motoneuroni e mantenere la funzione motoria e rappresentano quindi una nuova modalità terapeutica della SLA. 

Sembra quindi logico assumere che se la stimolazione di tali recettori prolunga la sopravvivenza del 56% dei topi affetti da SLA, l’inibizione di quegli stessi recettori può essere la causa scatenante della SLA nei soggetti predisposti. In base a quanto esposto, è quindi fondato il sospetto che la SLA che ha colpito la sig.ra B.R. sia stata scatenata dallo studio sperimentale con Rimonabant considerando anche il concomitante stato precario di salute nel quale versava la paziente al tempo dell’inclusione nel protocollo Adagio Lipids: con severi disturbi metabolici dovuti a precedente tiroidectomia e paratiroidectomia. 
 

Illustrazione 4 - Medicina Interna

 

Il ruolo del calcio nella vita delle cellule

Dall’epoca di tale intervento chirurgico, infatti, la sig.ra B.R. era soggetta ad una grande variabilità della calcemia, con episodi anamnestici di tetania da ipocalcemia dovuta alla carenza di paratormone, corrette dall’assunzione quotidiana d’abbondanti dosi di calcio carbonato per bocca. Uno dei paradossi che riguardano il calcio è che esso rappresenta un segnale sia di vita che di morte per la cellula. Sebbene elevazioni del calcio siano necessarie perché possa agire come segnale, un incremento prolungato del calcio può, infatti, essere letale, e i neuroni del SNC dei mammiferi normalmente resistenti alla tossicità da glutammato sono resi più sensibili ad esso da un’elevata concentrazione extracellulare di Ca++. Se il calcio normalmente immagazzinato entro il reticolo endoplasmatico dei neuroni viene a scarseggiare, si origina un segnale di stress che attiva i geni associati alla morte cellulare. 

L’aumento dei livelli di calcio mitocondriale, d’altra parte, comporta un alterato metabolismo mitocondriale, evento che anch’esso porta all’attivazione della morte cellulare programmata conosciuta come apoptosi. La concentrazione del calcio intracellulare è quindi importantissima, e sappiamo che a livello neuronale è regolata anche dai recettori CB1. In uno studio sperimentale, è stato visto che l’endocannabinoide anandamide, induce una deplezione di ioni calcio a livello del reticolo endoplasmatico accompagnata da facilitazione della capacità degli ioni calcio ad entrare nella cellula e una transitoria elevazione del Ca++ mitocondriale. 

La perfusione sperimentale con un agonista CB1, infatti, aumenta il calcio intracellulare in colture di neuroni ippocampali. Tale incremento è bloccato dalla concomitante presenza di antagonisti CB1. La presenza di antagonisti dei recettori CB1 com’è appunto Rimonabant, comporta quindi una maggior concentrazione extracellulare di calcio, che, come abbiamo visto, sensibilizza i neuroni all’eccitotossicità da glutammato.

In conclusione, nel caso clinico presentato, l’assunzione per via orale di Rimonabant per un lungo periodo, insieme con una grande variabilità della calcemia (causata da concomitante carenza di PTH e assunzione di calcio carbonato per bocca) potrebbe essere stata la causa scatenante per l’insorgenza della SLA. Questo caso clinico potrebbe anche aiutarci a determinare meglio alcuni meccanismi patogenetici di questa terribile malattia. 


 

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