Che cos’è?
La vasculopatia cerebrale cronica rappresenta la seconda causa di demenza nel mondo ed è il risultato di molte cause di disturbi circolatori nel cervello. Possiamo distinguere diverse forme: la  sottocorticale, la CADASIL, la vasculopatia correlata all’ictus, la demenza mista. 
La demenza vascolare sottocorticale (SVaD) è un tipo di demenza vascolare che risulta da un danno ai piccoli vasi sanguigni nelle regioni subcorticali del cervello, con conseguente compromissione insidiosa della funzione cognitiva e delle caratteristiche neurologiche comportamentali e cliniche. Due sottotipi di questa variante sono gli infarti lacunari multipli e la malattia di Binswanger. Il primo è caratterizzato da infarti lacunari, mentre il secondo è caratterizzato da lesioni diffuse. L’arteriopatia cerebrale autosomica dominante con infarto sottocorticale e leucoencefalopatia (CADASIL) è invece una condizione vascolare causata dalla presenza di mutazioni patogene nel gene NOTCH3 sul cromosoma 19.
Altra forma di demenza vascolare è quella che si sviluppa dopo un evento ictale. Molti pazienti, pur riprendendo l’autonomia fisica dopo l’evento acuto, continuano ad avere sostanziali menomazioni, limiti e cambiamenti nel funzionamento cognitivo e nel comportamento.
La demenza mista è un termine che letteralmente significa "la combinazione di molteplici cause di demenza indipendentemente dal loro tipo". È per lo più riconosciuto come i casi che hanno combinato evidenza clinica e/o patologica di Malattia di Alzheimer (AD) e malattia cerebrovascolare. La demenza mista, insieme all'AD, è ora considerata il tipo più comune di demenza nella popolazione anziana.
 
Cause
Noti sono i fattori di rischio non modificabili come l’età avanzata, il sesso maschile e la familiarità, e i fattori modificabili, come il fumo di sigaretta, la sedentarietà, l’obesità, il diabete, la dislipidemia, l’ipertensione arteriosa, le stenosi carotidee, la fibrillazione atriale e altre cardiopatie, la sindrome delle apnee ostruttive notturne. Anche i disturbi della tiroide possono causare una perdita delle prestazioni cognitive, legate a un calo della triiodotironina totale nel sangue (TT3) e triiodotironina libera (FT3), nonché un aumento dei livelli sierici di TSH.
Quando parliamo di decadimento cognitivo ci riferiamo alla compromissione stabile delle funzioni cerebrali superiori acquisite con incapacità da parte dell’individuo affetto di rispondere alle proprie esigenze quotidiane come prendersi cura di sé stessi, cucinare, badare alle cure della casa, usare il telefono, etc.
 
Sintomi
Nella prima fase della vasculopatia cerebrale severa che evolve verso la demenza possono prevalere i disturbi comportamentali e cambiamenti di personalità prima dell’evidenza dei sintomi cognitivi.
I sintomi comportamentali e psicologici della demenza (BPSD) variano: irritabilità con crisi di rabbia, deliri di persecuzione, disturbi del sonno, depressione con apatia, rifiuto delle terapie farmacologiche, opposizione ai sanitari o ad eventuali ricoveri ospedalieri. Tali sintomi possono rendere impossibile le cure necessarie per altre problematiche cliniche come lo scompenso cardiaco o respiratorio. 
Un sintomo clinico come la febbre o un dolore osteo articolare o fisico puo’ diventare un ulteriore fattore di disagio sul già precario equilibrio psicologico.
Il paziente puo’ assumere FANS e antidolorifici in quantità eccessive senza prescrizione dei medici con la convinzione delirante di autocurarsi, rifiutando invece farmaci mirati alla cura di problemi clinici cardiaci, renali o polmonari.  I deficit della vista e dell’udito possono aggravare la frustrazione del paziente e ulteriormente compromettere la sua collaborazione.  
Ovviamente, la presenza di un disturbo di personalità preesistente, aggrava ulteriormente il quadro clinico rendendo ancora più difficoltosa la gestione dei parenti più stretti determinando il cosiddetto “burden del caregiver”, ovvero stanchezza ed esaurimento emotivo di colui che accudisce in prima persona l’ammalato.
 
Cure e trattamenti
La prevenzione è ovviamente la prima cosa da suggerire: in primis il controllo della pressione arteriosa, abolizione del fumo di sigaretta, controllo del diabete con stile alimentare sano e povero di grassi, eventualmente aggiungere statine o integratori per correggere ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia, monitorare l’arteriosclerosi carotidea, valutare i disturbi del ritmo cardiaco e la terapia antiaggregante o anticoagulante su indicazione del medico. Evitare il sovrappeso e la sedenterietà.
Il primo approccio deve essere non farmacologico: innanzitutto i familiari devono comprendere che il paziente non fa “capricci”, né è “scontroso”, non “vuole attirare l’attenzione”, né “ha bisogno di amore” ma presenta i sintomi della malattia cerebrovascolare.
E’necessario evitare i conflitti in presenza del paziente, soprattutto quando il contenuto del pensiero dell’ammalato è delirante paranoico. Mai mettere in dubbio davanti al paziente le cure o l’assistenza ricevuta. Se gli approcci non farmacologici falliscono è opportuno ricorrere all’uso di farmaci per le persone che con il loro comportamento oppositivo mettono in pericolo la loro stessa vita.
Bisogna affidarsi agli specialisti in neurologia, geriatria o psichiatria per conoscere rischi e benefici ed evitare di affidarsi al dr. Google per evitare inutili conflitti con il curante, insinuando dubbi sull’efficacia del trattamento al paziente.
Bisogna distendere il clima familiare e cooperare per il bene esclusivo dell’ammalato affidandosi agli specialisti nel campo per la gestione della posologia e degli effetti collaterali.
Fra i farmaci antipsicotici usati per controllare l’ostilità e la mancanza di cooperazione ricordiamo in primis il risperidone, poi la quetiapina, l’aripiprazolo, l’olanzapina e la clozapina. Come antidepressivi e per gestire l’irritabilità e la labilità emotiva il citalopram, la sertralina, la paroxetina e il trazodone.
Per i disturbi del sonno non responder ai comuni ipnotici, è possibile utilizzare antistaminici, talora in associazione alla promazina.
La decisione di usare antipsicotici deve essere considerata con estrema cautela valutando il potenziale rischio di ictus e il medico curante deve confrontarsi con i parenti e concordare la terapia più giusta con serenità per il bene del paziente.
In sintesi, laddove il paziente presenti disturbi cognitivi, alterazioni dell’umore e del comportamento in presenza di una vasculopatia cerebrale, bisogna rivolgersi ad uno specialista, neurologo o geriatra per una valutazione clinica e neuropsicologica. Lo specialista suggerirà approfondimento diagnostico con studio elettrocardiografico, eco doppler dei TSA, TC cerebrale, RM encefalo o PET. La terapia deve essere iniziata il prima possibile.
La mancanza di collaborazione fra caregivers, familiari e curante compromette inesorabilmente il successo della terapia.